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Diritto del Lavoro

Onere della prova nel lavoro: Cassazione conferma

Un lavoratore ha richiesto il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato, ma la Corte d’Appello ha respinto la domanda per prove incerte. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, ribadendo che spetta al lavoratore soddisfare l’onere della prova e che la Suprema Corte non può riesaminare i fatti, ma solo la corretta applicazione della legge.

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Mancata assunzione: quando il ricorso è inammissibile

Una giornalista ha ottenuto un risarcimento per mancata assunzione da parte di una società editoriale subentrante. I giudici di merito hanno ritenuto che l’azienda non avesse applicato correttamente i criteri di selezione, in particolare quello della ‘funzionalità al piano editoriale’, poiché tale piano non era definito al momento dei colloqui. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’azienda, sottolineando che non può riesaminare nel merito la valutazione delle prove, compito che spetta esclusivamente ai giudici dei gradi inferiori.

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Estinzione del giudizio: la guida completa

Una società di trasporti ha presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello. La Suprema Corte, applicando la procedura semplificata, ha formulato una proposta di definizione del giudizio. A seguito della mancata richiesta di decisione sul ricorso da parte della società ricorrente entro il termine di 40 giorni, il Collegio ha dichiarato l’estinzione del giudizio, interpretando il silenzio come una rinuncia all’impugnazione e condannando la società al pagamento delle spese legali.

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Restituzione indebito pubblico impiego: quando è dovuta

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha affermato un principio cruciale in materia di restituzione indebito pubblico impiego. Un Comune aveva richiesto a un proprio dirigente la restituzione dei ‘diritti di rogito’ percepiti per anni, poiché tale compenso non era previsto dal contratto collettivo applicabile. La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Comune, stabilendo che qualsiasi emolumento erogato a un dipendente pubblico deve trovare fondamento esclusivo nella contrattazione collettiva. I pagamenti effettuati al di fuori di tale cornice sono considerati ‘sine titulo’ e devono essere restituiti, anche se percepiti in buona fede.

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Indennità preavviso: quando il datore non ha diritto

La Corte di Cassazione ha stabilito che un’azienda non può trattenere l’indennità sostitutiva preavviso dalle somme di fine rapporto se, al momento delle dimissioni del lavoratore, non ha più alcun interesse concreto a ricevere la prestazione lavorativa. Nel caso specifico, l’azienda aveva perso un appalto, cessato l’attività e già esonerato i dipendenti dal lavoro, rendendo illegittima la trattenuta.

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Decadenza contratti a termine: la Cassazione chiarisce

Una lavoratrice ha contestato la successione abusiva di contratti a termine con enti pubblici. La Corte di Cassazione ha chiarito che il termine di decadenza per proporre l’azione legale decorre dalla fine dell’ultimo contratto, non da ciascuno di essi. Nonostante questa precisazione, il ricorso della lavoratrice è stato respinto perché il termine era comunque scaduto. La sentenza rafforza il principio che la decadenza contratti a termine si applica anche in caso di superamento della durata massima complessiva del rapporto di lavoro.

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Estinzione del giudizio: la rinuncia al ricorso

Una società di vigilanza privata aveva presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza che riconosceva a due dipendenti un’indennità. Durante il processo, la società ha rinunciato al ricorso e i lavoratori hanno accettato. La Corte ha quindi dichiarato l’estinzione del giudizio, compensando le spese e specificando che tale esito esonera la parte ricorrente dal versamento del doppio contributo unificato.

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Errore di fatto revocatorio: quando è inammissibile

Un lavoratore, licenziato per recidiva a seguito di diverse sanzioni disciplinari, ha intrapreso una lunga battaglia legale. Dopo vari gradi di giudizio, il suo ricorso per revocazione contro una precedente ordinanza della Cassazione è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha stabilito che i motivi presentati non integravano un errore di fatto revocatorio, ma miravano a una nuova valutazione del merito, ossia a un errore di giudizio, non consentita in sede di revocazione.

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Trasferimento ramo d'azienda: licenziamento e manleva

Una lavoratrice veniva licenziata nel contesto di una complessa operazione di trasferimento di ramo d’azienda che coinvolgeva tre società. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18805/2025, ha chiarito importanti principi. Ha stabilito che l’impugnazione del licenziamento va rivolta al datore di lavoro che lo ha emesso e a quello in carica al momento in cui l’atto ha prodotto effetto. Soprattutto, ha affermato la piena validità della clausola di manleva tra le società, specificando che essa non pregiudica i diritti del lavoratore ma regola solo i rapporti economici interni tra le imprese coinvolte nel trasferimento ramo d’azienda.

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Licenziamento giusta causa per violazione sicurezza

Un caposquadra viene licenziato per gravi violazioni della sicurezza sul lavoro e per aver falsamente attestato il rispetto delle norme in un verbale. La Corte di Cassazione conferma il licenziamento per giusta causa, sottolineando che la condotta del lavoratore, aggravata dal suo ruolo di responsabilità e dalla falsa attestazione, ha irrimediabilmente compromesso il vincolo fiduciario con il datore di lavoro. La sentenza chiarisce anche la validità di una contestazione disciplinare che richiama documenti noti al dipendente.

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Reiterazione contratti a termine: la decadenza

Un lavoratore ha citato in giudizio un’amministrazione pubblica per l’abusiva reiterazione di contratti a termine per oltre vent’anni. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, chiarendo un principio fondamentale: in caso di reiterazione di contratti a termine, il termine di decadenza per l’impugnazione decorre dalla cessazione dell’ultimo contratto. Tuttavia, nel caso specifico, il lavoratore non aveva rispettato nemmeno questo termine, portando all’inammissibilità della sua domanda.

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Contrasto tra motivazione e dispositivo: nullità

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte d’Appello per un insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo riguardo alla compensazione delle spese legali. Mentre la motivazione indicava una compensazione integrale, il dispositivo la stabiliva solo per metà, determinando la nullità del provvedimento per la parte viziata.

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Estinzione del giudizio: la rinuncia tacita al ricorso

Una pubblica amministrazione sanitaria ha presentato ricorso per Cassazione avverso una sentenza della Corte d’Appello. A seguito della proposta di definizione del giudizio, la parte ricorrente non ha chiesto la decisione entro il termine di 40 giorni, comportando una rinuncia tacita. La Corte ha quindi dichiarato l’estinzione del giudizio, condannando l’ente al pagamento delle spese legali a favore della controparte.

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Estinzione del giudizio: la Cassazione decide

Una società di trasporti ha presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello. A seguito della proposta di definizione del giudizio formulata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la società non ha chiesto la decisione del ricorso entro il termine di 40 giorni. La Corte di Cassazione ha quindi dichiarato l’estinzione del giudizio, condannando la società ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della controparte.

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Licenziamento disciplinare: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha confermato un licenziamento disciplinare di una dipendente per aver divulgato informazioni aziendali riservate. Il ricorso è stato respinto perché ritenuto generico e non specifico nel contestare le decisioni dei giudici di merito. La Corte ha ribadito che una direttiva aziendale scritta prevale su eventuali prassi informali e che l’esito di un procedimento penale non vincola il giudice civile, che valuta autonomamente la condotta ai fini del rapporto di lavoro.

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Anzianità di servizio: imprescrittibile per la Cassazione

Una lavoratrice del settore universitario ha richiesto la ricostruzione della sua carriera e l’adeguamento retributivo basati sulla sua anzianità di servizio maturata fin dal 1979. I tribunali di merito avevano respinto la domanda, ritenendola prescritta. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo un principio fondamentale: l’anzianità di servizio, in quanto mero fatto giuridico, non è soggetta a prescrizione. Mentre i diritti economici derivanti, come gli arretrati, possono prescriversi, il diritto all’accertamento della corretta anzianità non si estingue. La Corte ha inoltre chiarito che l’eccezione di rinuncia alla prescrizione può essere sollevata per la prima volta anche in appello.

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Giurisdizione nomina dirigenti: quando decide il G.O.

In un caso riguardante la nomina del Direttore Generale di un ente pubblico economico, le Sezioni Unite della Cassazione hanno stabilito la giurisdizione del giudice ordinario del lavoro. La decisione si fonda sulla natura non concorsuale della procedura di selezione, assimilabile a una scelta di carattere imprenditoriale e privatistico, e sull’assenza di un atto di macro-organizzazione, confermando un importante principio sulla giurisdizione nomina dirigenti.

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Indennità ferie non godute: spetta anche per colpa?

Una dirigente pubblica, il cui incarico è stato revocato per “lesione del vincolo fiduciario”, si è vista negare in appello il pagamento delle ferie non godute. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, affermando che l’indennità ferie non godute spetta anche in caso di cessazione del rapporto per colpa del lavoratore. Il diritto alla monetizzazione viene meno solo se il datore di lavoro dimostra di aver formalmente invitato il dipendente a fruire delle ferie, avvisandolo della loro possibile perdita.

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Estinzione del giudizio: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio a carico di una società di trasporti. La decisione è scaturita dalla mancata richiesta di decisione sul ricorso entro il termine di quaranta giorni dalla comunicazione della proposta di definizione, come previsto dalla procedura civile. Tale inerzia è stata interpretata come una rinuncia al ricorso, comportando la chiusura del caso e la condanna della società al pagamento delle spese legali.

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Contributo solidarietà: illegittimo senza legge

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una cassa di previdenza privata, confermando l’illegittimità del contributo di solidarietà imposto sulle pensioni senza una specifica base legislativa. La Corte ha ribadito che tale prelievo costituisce una prestazione patrimoniale riservata alla legge dalla Costituzione e non può essere introdotta da regolamenti interni dell’ente. È stato inoltre confermato il termine di prescrizione di dieci anni per la restituzione delle somme indebitamente trattenute.

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