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Diritto del Lavoro

Mobilità intercompartimentale: la corretta retribuzione

Un dipendente pubblico, trasferito dal settore Sanità a un Ministero, ha contestato il suo inquadramento economico inferiore. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19912/2025, ha stabilito che in caso di mobilità intercompartimentale, per determinare la corretta retribuzione, è necessario un confronto analitico tra i contratti collettivi dei due comparti, basato su mansioni, responsabilità e prossimità degli stipendi tabellari, al fine di evitare la dequalificazione del lavoratore. La sentenza d’appello è stata annullata con rinvio.

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Sbarco per avvicendamento: non è un licenziamento

Un marittimo con contratto a tempo indeterminato chiedeva la retribuzione per i periodi a terra. La Cassazione chiarisce che lo sbarco per avvicendamento è una sospensione legittima del rapporto, non un licenziamento, e la retribuzione non è dovuta se non prevista da un contratto in regime di continuità (CRL).

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Onere della prova: no indennità senza prove

Due dipendenti pubblici hanno richiesto una maggiorazione retributiva per lavoro festivo, ma la loro domanda è stata respinta a tutti i livelli di giudizio. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, sottolineando la totale mancanza di adempimento dell’onere della prova da parte dei lavoratori. Essi, infatti, non avevano fornito alcuna documentazione, come buste paga o fogli presenza, a sostegno delle loro pretese, limitandosi a una richiesta generica. La Corte ha ribadito che i poteri istruttori del giudice non possono sopperire a una completa inerzia probatoria della parte.

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Prescrizione crediti lavoro: inammissibile in Cassazione

Un ex dirigente sindacale ha richiesto il pagamento di indennità di fine mandato. L’organizzazione sindacale si è opposta eccependo la prescrizione crediti lavoro quinquennale. Le corti di merito hanno dato ragione al sindacato. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso del dirigente inammissibile, poiché i motivi erano mal formulati e introducevano per la prima volta questioni legali mai discusse nei precedenti gradi di giudizio, come la natura ‘associativa’ anziché ‘lavorativa’ del rapporto.

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Omessa pronuncia e restituzione spese: la Cassazione

Una società ricorre in Cassazione dopo che la Corte d’Appello ha parzialmente riformato una sentenza di primo grado in materia di lavoro. La Suprema Corte ha rigettato il motivo sulla compensazione tra crediti, ma ha accolto quello relativo all’omessa pronuncia sulla richiesta di restituzione delle spese legali pagate in base alla sentenza di primo grado, poi modificata. La sentenza è stata cassata con rinvio al giudice d’appello per decidere sulla domanda di restituzione.

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Estinzione giudizio Cassazione: cosa accade?

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio di Cassazione in un caso in cui la parte ricorrente non ha dato seguito alla proposta di definizione del ricorso formulata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. L’inerzia del ricorrente, protrattasi per oltre quaranta giorni dalla comunicazione, è stata interpretata come una rinuncia al ricorso, portando alla chiusura del procedimento e alla compensazione delle spese processuali tra le parti.

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Punteggio graduatoria: 12 punti per servizio e TFA

Il Tribunale di Venezia, in funzione di Giudice del Lavoro, ha accolto il ricorso di alcuni docenti precari. L’amministrazione scolastica aveva negato loro l’attribuzione di 12 punti per il servizio prestato nell’anno scolastico 2023/2024, poiché svolto contemporaneamente alla frequenza del corso di specializzazione per il sostegno (TFA). Il giudice ha stabilito che il divieto di valutazione del servizio contestuale, previsto da una circolare del 2020, si applica solo ai percorsi di abilitazione e non a quelli di specializzazione sul sostegno. Pertanto, ha riconosciuto il diritto dei docenti al corretto punteggio in graduatoria, ordinando all’amministrazione la rettifica e il conseguente riposizionamento nelle Graduatorie Provinciali per le Supplenze (GPS).

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Cambio appalto: diritti e tutele dei lavoratori

La Corte di Cassazione interviene su un complesso caso di successione di aziende in un contratto di servizi, noto come cambio appalto. L’ordinanza annulla la precedente decisione di merito che aveva convertito i contratti a termine dei lavoratori in contratti a tempo indeterminato, ravvisando una carenza di motivazione. La Corte sottolinea la necessità per i giudici di spiegare in modo approfondito perché le ragioni poste a base di un contratto a termine sono illegittime e chiarisce i limiti della responsabilità solidale tra le imprese coinvolte.

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Aliunde percipiendum e onere della prova del datore

La Corte di Cassazione conferma che, in caso di licenziamento illegittimo, spetta al datore di lavoro l’onere di provare l’aliunde percipiendum, ovvero quanto il lavoratore ha guadagnato o avrebbe potuto guadagnare altrove. La mera allegazione della negligenza del lavoratore nella ricerca di un nuovo impiego non è sufficiente; il datore deve fornire prove concrete sulle opportunità lavorative disponibili e sulla professionalità richiesta, dimostrando che il lavoratore avrebbe potuto essere assunto.

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Sanatoria procura: i limiti retroattivi secondo la Corte

Un lavoratore ha agito contro la propria azienda, una società di trasporti, per ottenere il riconoscimento di una qualifica superiore e le relative differenze retributive. La Corte d’Appello aveva respinto la domanda ritenendo prescritti i crediti, non considerando valide le lettere interruttive della prescrizione a causa di un difetto di procura. La Corte di Cassazione, accogliendo parzialmente il ricorso, ha chiarito che la sanatoria procura, introdotta dalla L. 69/2009, non ha efficacia retroattiva per atti compiuti prima della sua entrata in vigore. La Corte ha inoltre cassato la decisione sulla valutazione delle prove testimoniali, rinviando il caso alla Corte d’Appello per un nuovo esame.

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Estinzione processo cassazione: guida alla rinuncia

Una società di servizi aveva impugnato in Cassazione una sentenza d’appello che la condannava a pagare un elemento retributivo a un gruppo di lavoratori. Durante il giudizio, le parti hanno raggiunto un accordo sindacale e la società ha rinunciato al ricorso. La Suprema Corte ha quindi dichiarato l’estinzione processo cassazione. La decisione chiarisce che, in caso di estinzione per rinuncia, non si applica il raddoppio del contributo unificato e non vi è condanna alle spese se la controparte non si è costituita.

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Rapporto convenzionato: no a paga ACN senza contratto

La Corte di Cassazione ha stabilito che un rapporto di lavoro con la Pubblica Amministrazione, anche se di fatto continuativo e assimilabile a un rapporto convenzionato, non dà diritto al trattamento economico previsto dal relativo Accordo Collettivo Nazionale (ACN) in assenza di un contratto formale. L’illegittimità dei contratti a termine utilizzati per coprire carenze di organico non è sufficiente a estendere automaticamente le tutele economiche del rapporto convenzionato, per il quale è necessaria una specifica procedura di stipula. Il professionista potrà tutt’al più agire per il risarcimento del danno o per ingiustificato arricchimento.

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Anzianità di servizio: la Cassazione sul blocco 2013

Una docente ha richiesto la corretta ricostruzione di carriera includendo il servizio prestato all’estero. Le corti di merito avevano applicato il blocco stipendiale per gli anni 2010-2013, riducendo l’anzianità riconosciuta. La Corte di Cassazione ha stabilito che il blocco sull’anzianità di servizio per l’anno 2013 ha solo effetti economici e non giuridici. Gli anni 2011 e 2012 erano già stati recuperati tramite contrattazione collettiva. La sentenza d’appello è stata quindi annullata con rinvio.

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Indennità chilometrica: CCNL privato per dipendenti

La Cassazione ha confermato il diritto all’indennità chilometrica per un dipendente di un’agenzia pubblica. Decisiva l’applicazione di un CCNL del settore privato per il trattamento economico, nonostante la natura pubblica del rapporto di lavoro. Rigettate le censure dell’ente.

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Estinzione ricorso per silenzio: le conseguenze

Un decreto della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze dell’inerzia del ricorrente a seguito di una proposta di definizione del giudizio. La mancata richiesta di decisione entro 40 giorni comporta la presunzione di rinuncia e la conseguente estinzione del ricorso per silenzio, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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Indennità sostitutiva reintegrazione e pensione

Un dirigente medico, licenziato illegittimamente, opta per l’indennità sostitutiva della reintegrazione. L’azienda sanitaria nega il pagamento sostenendo che il rapporto si era risolto per il pensionamento del dipendente, avvenuto dopo il licenziamento ma prima della sentenza. La Corte di Cassazione conferma il diritto del lavoratore all’indennità, sottolineando l’autonomia tra rapporto di lavoro e rapporto previdenziale. La percezione della pensione di anzianità non impedisce la reintegrazione né il diritto all’indennità sostitutiva reintegrazione, che ne deriva.

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Estinzione del giudizio: mancata opposizione e costi

Un lavoratore ricorre in Cassazione contro una grande azienda di servizi. La Corte, a seguito della mancata richiesta di decisione da parte del ricorrente dopo la proposta di definizione del giudizio, dichiara l’estinzione del giudizio. Il decreto stabilisce che la parte ricorrente, pur ammessa al gratuito patrocinio, debba pagare le spese legali alla controparte, poiché il beneficio non copre i costi della parte vittoriosa.

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Conversione contratto pubblica amministrazione: no

Una lavoratrice ha richiesto la conversione dei suoi contratti di collaborazione pluriennali con un ente pubblico in un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ribadendo il principio secondo cui la conversione contratto pubblica amministrazione è vietata. Anche in caso di abuso, il lavoratore non ottiene la stabilizzazione, ma ha diritto solo a tutele di tipo economico e contributivo per il lavoro effettivamente svolto.

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Ripristino del rapporto: dove deve avvenire?

Un lavoratore, dopo aver ottenuto la conversione di contratti di somministrazione in un rapporto a tempo indeterminato, è stato reintegrato in una sede diversa e più lontana. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna dell’azienda al risarcimento del danno, chiarendo che il ripristino del rapporto di lavoro deve avvenire nel luogo in cui il dipendente prestava la sua ultima attività. Qualsiasi successivo trasferimento deve essere giustificato da comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive, la cui prova spetta al datore di lavoro.

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Estinzione del giudizio: la Cassazione decide

Una società di trasporti ha presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello. La Suprema Corte ha formulato una proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. Poiché la società ricorrente non ha chiesto una decisione sul ricorso entro il termine di 40 giorni, il suo silenzio è stato interpretato come una rinuncia. Di conseguenza, la Corte ha dichiarato l’estinzione del giudizio, condannando la società al pagamento delle spese legali.

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