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Diritto del Lavoro

Estinzione giudizio di Cassazione: la mancata istanza

Una società di trasporti ha proposto ricorso in Cassazione. A seguito della proposta di definizione del giudizio, la società non ha chiesto la decisione del ricorso entro 40 giorni. La Corte ha quindi dichiarato l’estinzione del giudizio di cassazione, condannando la ricorrente al pagamento delle spese legali a favore della controparte.

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Indennità vacanza contrattuale: quando è dovuta?

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’indennità di vacanza contrattuale non costituisce un diritto soggettivo esigibile se il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) ne demanda la negoziazione alla contrattazione regionale e quest’ultima, a sua volta, ne posticipa la quantificazione e l’erogazione a causa di difficoltà economiche del settore. La Corte ha rigettato il ricorso di una lavoratrice, confermando che il rinvio operato dalle parti sociali non crea un diritto immediatamente azionabile in giudizio.

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Tardività ricorso cassazione: termini perentori

Un ex dirigente medico ha visto il suo appello contro una ASL respinto dalla Corte di Cassazione. Il tribunale ha dichiarato il ricorso inammissibile a causa della sua tardività, essendo stato presentato oltre il termine di sei mesi previsto per le controversie di lavoro, per le quali non si applica la sospensione feriale dei termini.

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Estinzione giudizio di cassazione per silenzio

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio a causa del silenzio della parte ricorrente. A seguito di una proposta di definizione del giudizio formulata dalla Corte, la società che aveva promosso il ricorso non ha chiesto una decisione entro il termine di quaranta giorni. Tale inerzia, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata interpretata come una rinuncia tacita al ricorso, portando all’estinzione giudizio di cassazione e alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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Indennità di buonuscita multipla: si può cumulare?

Un lavoratore pubblico, che ha svolto contemporaneamente due distinti rapporti di lavoro versando contributi a due diverse casse previdenziali (INADEL ed ENPAS), ha richiesto il ricalcolo della sua indennità di buonuscita. Dopo una decisione favorevole in primo grado e una riforma in appello, la Corte di Cassazione ha ritenuto la questione di particolare rilevanza. Nello specifico, il caso solleva dubbi sulla possibilità di maturare una pluralità di trattamenti di fine servizio. Data la complessità, la Corte ha rinviato la causa a una pubblica udienza per una discussione approfondita, senza ancora decidere nel merito.

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Giuramento decisorio: quando si perde il diritto alla prova

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di due lavoratori che contestavano la decadenza dal diritto di utilizzare la prova del giuramento decisorio. La Corte ha stabilito che l’assenza ingiustificata della parte all’udienza fissata per l’assunzione della prova comporta correttamente la perdita di tale facoltà, in ossequio al principio di celerità del processo e all’onere di diligenza che grava sulle parti processuali.

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Legittimazione TFR fallimento: chi può agire?

Un lavoratore si vede negare l’insinuazione al passivo per le quote di TFR trattenute ma non versate al fondo pensione dal datore di lavoro, poi fallito. Le corti di merito ritenevano che la legittimazione ad agire spettasse solo al fondo. La Corte di Cassazione ribalta la decisione, stabilendo che la regola generale sulla legittimazione TFR fallimento spetta al lavoratore. Il conferimento del TFR al fondo si presume una delegazione di pagamento, non una cessione del credito. Sarà il curatore fallimentare a dover provare l’eventuale esistenza di una cessione. La causa viene rinviata per un nuovo esame.

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Clausola di proroga giurisdizione: la Corte decide

In un caso riguardante un contratto di agenzia internazionale tra agenti italiani e una società tedesca, la Corte di Cassazione ha affrontato la validità di una clausola di proroga della giurisdizione. Nonostante la legge italiana preveda un foro inderogabile a tutela dell’agente, la Corte ha stabilito che il Regolamento dell’Unione Europea prevale, confermando la validità dell’accordo che designava il giudice tedesco come competente, in linea con la volontà espressa dalle parti nel contratto.

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Estinzione del processo: rinuncia e spese legali

La Corte di Cassazione dichiara l’estinzione del processo a seguito della rinuncia al ricorso da parte di una società. La Corte ha condannato la parte rinunciante al pagamento delle spese legali a favore della controparte, liquidando compensi, esborsi e accessori di legge.

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Estinzione del giudizio: la rinuncia in Cassazione

Un ente comunale ha presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello. La Suprema Corte ha formulato una proposta di definizione del giudizio, ma l’ente ricorrente non ha chiesto una decisione entro il termine di 40 giorni. Di conseguenza, il ricorso è stato considerato rinunciato, portando all’estinzione del giudizio. Le spese processuali sono state compensate tra le parti.

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Trasferimento d'azienda: licenziamento e anzianità

Un lavoratore, licenziato da un’azienda e assunto il giorno seguente da un’altra in un cambio appalto, ha richiesto il mantenimento della propria anzianità di servizio, sostenendo l’esistenza di un trasferimento d’azienda. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che il precedente licenziamento, confermato da una sentenza passata in giudicato, aveva interrotto definitivamente il rapporto di lavoro, rendendo inapplicabili le tutele previste dall’art. 2112 c.c. e configurando la nuova assunzione come un contratto ex novo.

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Estinzione del giudizio: silenzio che costa caro

Un decreto della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze dell’inerzia della parte ricorrente. A seguito di una proposta di definizione del giudizio, la mancata richiesta di una decisione entro 40 giorni ha comportato l’estinzione del giudizio, equiparando il silenzio a una rinuncia al ricorso. La società ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese legali a favore della controparte.

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Responsabilità patronato: risarcimento anche con colpa

Una lavoratrice perde l’indennità NASPI per una domanda errata presentata da un patronato. Il Tribunale di Venezia riconosce la responsabilità professionale del patronato, ma la riduce del 50% per il concorso di colpa della lavoratrice, che aveva omesso di dichiarare un secondo rapporto di lavoro. La sentenza stabilisce un risarcimento basato sul danno effettivo, ripartendo la colpa tra le parti.

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Contribuzione volontaria: non si può rinunciare

La Corte di Cassazione ha stabilito l’illegittimità della rinuncia alla contribuzione volontaria da parte di un lavoratore nell’ambito di un accordo transattivo. L’ordinanza chiarisce che, quando tale contribuzione è prevista da una legge speciale a tutela di specifiche categorie di lavoratori (in questo caso, ex minatori), essa assume natura di obbligazione di diritto pubblico, inderogabile e indisponibile. Di conseguenza, qualsiasi patto contrario è nullo. La Corte ha cassato la sentenza d’appello che aveva invece ritenuto valida la rinuncia, sottolineando la natura assistenziale e legale dell’obbligo contributivo, che non può essere oggetto di negoziazione privata tra le parti.

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Passaggio di cattedra non è nuova assunzione: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una docente che chiedeva l’assunzione retroattiva, sostenendo un’errata assegnazione dei posti. La Corte ha stabilito che il passaggio di cattedra, utilizzato per uno dei posti vacanti, è un’operazione di mobilità interna del personale già di ruolo e non una nuova assunzione. Pertanto, precede le immissioni in ruolo e non dà diritto a compensazioni per le graduatorie esterne.

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Indennità di turno ferie: va inclusa nella busta paga?

Un infermiere ha citato in giudizio l’Azienda Sanitaria per cui lavorava, chiedendo che l’indennità di turno fosse inclusa nella sua retribuzione durante le ferie. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito, stabilendo che, in base al diritto dell’Unione Europea, l’indennità di turno ferie è una componente fissa e continuativa della retribuzione. Escluderla potrebbe scoraggiare il lavoratore dal godere del suo diritto al riposo. Pertanto, la normativa nazionale che ne prevede l’esclusione deve essere disapplicata.

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Prescrizione contributi gestione separata: la data

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19858/2025, ha chiarito un punto cruciale sulla prescrizione dei contributi della gestione separata. Il caso riguardava un professionista a cui l’ente previdenziale chiedeva i contributi per il 2012. La questione era determinare il corretto ‘dies a quo’ (giorno di inizio) della prescrizione quinquennale, data l’esistenza di una prima scadenza prorogata e di una seconda, facoltativa, con maggiorazione. La Corte ha stabilito che il termine di prescrizione decorre dalla prima scadenza di pagamento utile, anche se prorogata. La possibilità di pagare successivamente con una maggiorazione è una mera agevolazione e non sposta in avanti l’inizio della prescrizione. Di conseguenza, l’atto di riscossione dell’ente, notificato oltre cinque anni dalla prima scadenza, è stato ritenuto tardivo e il credito prescritto.

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Scorrimento graduatorie: nessun diritto all'assunzione

Una candidata idonea in una graduatoria pubblica ha citato in giudizio l’Amministrazione per non essere stata assunta, dato che i posti erano stati coperti con mobilità e incarichi ad interim. La Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che lo scorrimento delle graduatorie è una scelta discrezionale della P.A. e non un diritto soggettivo del candidato. La legge, inoltre, privilegia la mobilità rispetto allo scorrimento, e l’eventuale illegittimità di altre nomine non genera un automatico diritto all’assunzione.

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Estinzione del giudizio: la rinuncia tacita in Cassazione

Una società di trasporti ha impugnato in Cassazione una sentenza della Corte d’Appello. A seguito della proposta di definizione del giudizio, la società non ha chiesto la decisione entro 40 giorni, portando alla dichiarazione di estinzione del giudizio per rinuncia tacita e alla condanna al pagamento delle spese legali.

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Notifica PEC cartella: quando l'opposizione è valida

La Corte di Cassazione ha stabilito che la notifica PEC di una cartella di pagamento, anche se proveniente da un indirizzo non presente nei pubblici registri, è valida se il destinatario non dimostra un concreto pregiudizio al suo diritto di difesa. Il contribuente che intende contestare la pretesa, anche per prescrizione, deve impugnare la cartella entro il termine perentorio di 40 giorni, altrimenti il credito diventa definitivo e non più contestabile.

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