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Diritto del Lavoro

Indennità di turno: quando spetta ai dipendenti?

Un dipendente pubblico, agente di polizia locale, ha richiesto il riconoscimento dell’indennità di turno. La Corte d’Appello ha accolto la sua domanda, ma l’ente datore di lavoro ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la sussistenza dei requisiti. La Suprema Corte, data la rilevanza della questione interpretativa sulla normativa contrattuale, ha ritenuto necessario un approfondimento e ha rinviato il caso a una pubblica udienza per una decisione che possa fare chiarezza a livello nazionale.

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Uso aziendale: come si revoca? La Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha stabilito che un datore di lavoro non può revocare un uso aziendale favorevole ai dipendenti, come la non assorbibilità del superminimo, semplicemente smettendo di applicarlo. Analizzando il caso di alcuni lavoratori di una società di telecomunicazioni, la Corte ha chiarito che per la revoca è necessario un atto formale, una “disdetta” giustificata da un mutamento di circostanze e comunicata esplicitamente a tutti i dipendenti. La sentenza di appello, che aveva dato ragione all’azienda, è stata annullata con rinvio.

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Revoca incarico dirigenziale: quando è atto pubblico?

Un ex direttore generale di un ente pubblico per l’edilizia residenziale ha contestato la revoca anticipata del suo incarico. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo un principio fondamentale: la nomina e la revoca di tale figura non sono atti di diritto privato, bensì provvedimenti amministrativi. Di conseguenza, l’impugnazione doveva essere presentata dinanzi al giudice amministrativo e non al giudice del lavoro. La mancata impugnazione in sede amministrativa ha reso definitivo l’atto di revoca.

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Onere della prova: Cassazione su lavoro agricolo

Un gruppo di lavoratori agricoli ha presentato ricorso in Cassazione dopo che la Corte d’Appello ha respinto la loro richiesta di riconoscimento del rapporto di lavoro, precedentemente disconosciuto dall’ente previdenziale. La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che l’onere della prova grava interamente sul lavoratore. I motivi del ricorso sono stati ritenuti generici e la Corte ha riaffermato l’insindacabilità della valutazione delle prove, come la credibilità dei testimoni, da parte del giudice di merito.

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Occultamento doloso: quando sospende la prescrizione?

Una società immobiliare ha visto respinto il suo ricorso contro un ente previdenziale per contributi non versati. La Cassazione ha confermato che l’occultamento doloso dei rapporti di lavoro sospende la prescrizione del debito, rendendo inammissibile un ricorso che contestava l’accertamento dei fatti già valutati dai giudici di merito.

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Risarcimento del danno: escluso se il ritardo ti salva

Un dipendente pubblico, inizialmente destituito di diritto, ha richiesto la riammissione in servizio in base a una nuova legge. L’ente pubblico non ha avviato il necessario procedimento disciplinare entro i termini perentori, facendo così sorgere il diritto alla riammissione. Nonostante ciò, il lavoratore ha agito per ottenere il risarcimento del danno per il lungo periodo trascorso prima dell’effettiva ripresa del servizio. La Corte di Cassazione ha rigettato la domanda, stabilendo che l’omissione dell’ente, sebbene illecita, ha di fatto favorito il lavoratore. Attraverso un giudizio controfattuale, i giudici hanno concluso che un procedimento tempestivo avrebbe quasi certamente portato a una legittima destituzione, data la gravità dei reati commessi. Pertanto, mancando il nesso causale tra la condotta dell’ente e un effettivo pregiudizio, il risarcimento del danno non è dovuto.

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Compenso ulteriore: no se l'incarico è incluso

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un dipendente con qualifica di Quadro che richiedeva un compenso ulteriore per aver svolto l’incarico di direttore dei lavori. La Corte ha stabilito che, sulla base degli accertamenti di fatto dei giudici di merito, tale incarico rientrava nelle mansioni già previste dalla sua qualifica. L’appello è stato ritenuto inammissibile perché basato su una ricostruzione dei fatti diversa da quella accertata in sentenza, tentativo non consentito in sede di legittimità.

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Collaboratori Linguistici: no stipendio da ricercatore

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16003/2025, ha stabilito che i collaboratori esperti linguistici assunti dalle università dopo il 1995 non hanno diritto alla stessa retribuzione dei ricercatori universitari. Questa pronuncia chiarisce la distinzione fondamentale con gli “ex lettori” di madrelingua straniera, i quali beneficiano di un trattamento economico più favorevole solo in virtù di una normativa specifica volta a sanare una pregressa discriminazione. La Corte ha rigettato il ricorso del collaboratore, confermando che il suo trattamento economico è correttamente disciplinato dalla contrattazione collettiva di comparto.

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Rinuncia al ricorso: quando il giudizio si estingue

Un’ordinanza della Corte di Cassazione analizza le conseguenze della rinuncia al ricorso in un contenzioso previdenziale. Una professionista, dopo aver impugnato la sentenza d’appello sfavorevole in materia di contributi alla Gestione Separata, ha rinunciato al proprio ricorso. La Suprema Corte ha dichiarato estinto il giudizio, chiarendo che in caso di rinuncia non si applica la sanzione del raddoppio del contributo unificato, in quanto prevista solo per i casi di rigetto o inammissibilità.

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Retribuzione posizioni organizzative: la P.A. deve pagare

Un dipendente pubblico, comandante della polizia provinciale, ha citato in giudizio l’ente locale per la non corretta corresponsione dell’indennità di posizione organizzativa. La Corte di Cassazione ha stabilito che la discrezionalità della Pubblica Amministrazione nella valutazione delle posizioni non è assoluta, ma deve rispettare i principi di correttezza e buona fede. L’omissione di una corretta valutazione (pesatura) e la corresponsione di un importo inferiore a quello dovuto possono configurare un inadempimento e dar diritto al lavoratore a un risarcimento per perdita di chance, anche se ha accettato un contratto individuale con importi inferiori.

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Prescrizione carta docente: il dies a quo decisivo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 17494/2025, si è pronunciata sulla prescrizione carta docente. Ha stabilito che il termine di cinque anni per rivendicare il bonus decorre dal primo giorno utile per esercitare il diritto (data di presa di servizio, se successiva all’apertura della piattaforma), non dall’ultimo. Di conseguenza, ha dichiarato prescritto il diritto di alcuni docenti per l’annualità 2017/2018, poiché la loro diffida era stata inviata dopo la scadenza del quinquennio.

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Nullità d'ufficio del contratto: il potere del giudice

Un lavoratore ha impugnato la validità di un contratto a tempo determinato. La Corte di Cassazione ha stabilito che il giudice d’appello ha il dovere di esaminare d’ufficio la nullità di una clausola contrattuale, come quella sul numero massimo di assunzioni a termine, se gli elementi per tale valutazione sono già presenti negli atti del processo. La Corte ha cassato la sentenza precedente che aveva ritenuto inammissibile l’eccezione perché sollevata tardivamente, riaffermando il principio della nullità d’ufficio.

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Dispensa dal servizio: rinuncia e spese compensate

Una docente di scuola primaria, a seguito della dispensa dal servizio per esito negativo del periodo di prova, ha impugnato il provvedimento. Dopo la conferma della decisione nei primi due gradi di giudizio, ha proposto ricorso in Cassazione. Tuttavia, prima della decisione, ha rinunciato al ricorso. La Suprema Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso per rinuncia, compensando integralmente le spese di lite tra le parti in ragione della complessità delle questioni trattate.

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Estinzione giudizio Cassazione: le conseguenze

Un ricorrente ha impugnato una sentenza della Corte d’Appello dinanzi alla Corte di Cassazione. Quest’ultima ha formulato una proposta di definizione del giudizio ai sensi della procedura semplificata. Poiché il ricorrente non ha chiesto una decisione sul ricorso entro il termine di 40 giorni dalla comunicazione, la Corte ha dichiarato l’estinzione del giudizio per rinuncia, condannando lo stesso al pagamento delle spese processuali.

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Giudicato: no a nuove richieste di stipendio

La Cassazione ha annullato la condanna di una società IT al pagamento di retribuzioni a seguito di una cessione di ramo d’azienda illegittima. La Corte ha stabilito che la richiesta dei lavoratori era preclusa dal principio del giudicato, essendo già stata respinta in un precedente procedimento con le stesse parti e lo stesso oggetto.

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Retribuzione di posizione: quando spetta al dirigente?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 15956/2025, ha stabilito che il diritto di un dirigente pubblico alla retribuzione di posizione non è automatico. È subordinato all’effettiva istituzione dell’incarico tramite atti di macro-organizzazione da parte dell’ente. Nel caso esaminato, una dirigente medico si è vista negare il compenso poiché l’azienda sanitaria non aveva completato l’iter di graduazione delle funzioni. La Corte ha chiarito che senza un assetto organizzativo definito, copertura finanziaria e procedure di selezione, non sorge un diritto soggettivo all’incarico né alla relativa indennità, escludendo anche il risarcimento del danno.

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Indennità di buonuscita: quali regole si applicano?

Un dipendente regionale in pensione ha contestato il calcolo della sua indennità di buonuscita, chiedendo l’applicazione di una legge regionale più favorevole. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che il regime derogatorio si applica solo ai dipendenti assunti prima di una specifica data (11 maggio 1986), condizione non soddisfatta dal ricorrente. La Corte ha quindi validato l’applicazione della normativa statale, meno vantaggiosa.

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Prescrizione contributi INPS: il DPCM sposta il termine

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16055/2025, affronta il tema della prescrizione contributi INPS per un professionista iscritto alla Gestione Separata. La Corte ha stabilito che il termine di prescrizione inizia a decorrere dalla data di scadenza del versamento prorogata tramite Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (D.P.C.M.). Ha inoltre ribadito che la sola omissione del quadro RR nella dichiarazione dei redditi non integra automaticamente il doloso occultamento del debito.

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Estinzione giudizio: il silenzio che vale rinuncia

La Corte di Cassazione dichiara l’estinzione del giudizio di legittimità a seguito della mancata richiesta di decisione da parte del ricorrente. Dopo aver ricevuto la proposta di definizione del giudizio, il ricorrente ha lasciato trascorrere il termine di quaranta giorni senza alcuna comunicazione. Questo silenzio, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., equivale a una rinuncia al ricorso, comportando la conseguente estinzione del processo.

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Estinzione ricorso Cassazione: silenzio che costa

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del ricorso di alcuni ricorrenti contro un ente pensionistico. La decisione si basa sulla mancata richiesta di trattazione del ricorso entro 40 giorni dalla comunicazione di una proposta di definizione semplificata, un’inerzia che la legge interpreta come rinuncia. Questo caso evidenzia l’importanza cruciale del rispetto dei termini procedurali per evitare l’estinzione ricorso Cassazione.

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