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Diritto del Lavoro

Ricalcolo TFS: sì al servizio in convenzione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 19279/2024, ha stabilito che il periodo di servizio svolto da un infermiere in regime di convenzione presso un policlinico universitario deve essere incluso nel calcolo del Trattamento di Fine Servizio (TFS). La decisione si fonda sul principio di automaticità delle prestazioni previdenziali, che garantisce il diritto del lavoratore anche in assenza del versamento dei contributi da parte del datore di lavoro. Viene così respinto il ricorso dell'ente previdenziale che chiedeva l'esclusione di tale periodo dal ricalcolo TFS.
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Equiparazione giuridica: no senza concorso pubblico
Un ex dipendente di una società privata, transitato nei ruoli di un'amministrazione regionale, ha richiesto l'inquadramento come dirigente. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, riaffermando che l'equiparazione giuridica a una qualifica superiore nel pubblico impiego non può avvenire senza un concorso pubblico, in ossequio ai principi costituzionali. La Corte ha chiarito che il riconoscimento di sole differenze economiche in un precedente giudizio non equivale a un inquadramento giuridico formale, sottolineando la necessità di procedure di selezione pubbliche per garantire l'imparzialità e l'efficienza della Pubblica Amministrazione.
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Obbligo di permanenza: la Cassazione sui limiti
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Ministero, confermando la decisione dei giudici di merito che avevano ritenuto illegittima l'esclusione di un dirigente dalle procedure di mobilità. La Corte ha stabilito che l'obbligo di permanenza quinquennale nella prima sede di servizio è inconciliabile con la durata, inferiore, degli incarichi dirigenziali, la cui durata è compresa tra tre e cinque anni. Viene così ribadita la distinzione tra qualifica e incarico.
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Improcedibilità appello: quando fissare nuova udienza?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 19273/2024, affronta il tema della improcedibilità appello nel rito del lavoro in caso di mancata comparizione delle parti. Invece di una decisione immediata, la Corte ha disposto il rinvio a pubblica udienza per approfondire se, ai sensi dell'art. 348 c.p.c., il giudice debba fissare una nuova udienza per consentire all'appellante di dimostrare l'avvenuta notifica, anziché dichiarare subito l'improcedibilità.
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Demansionamento pubblico impiego: Cassazione chiarisce
Un'architetta dipendente di un Ente Locale ha agito in giudizio per demansionamento, sostenendo che le mansioni assegnatele fossero inferiori alla sua Categoria D. La Corte di Cassazione ha confermato le sentenze di merito, rigettando il ricorso dell'Ente. La Corte ha chiarito che, ai fini della corretta qualificazione professionale, non è sufficiente l'attribuzione formale di un ruolo, ma è necessario che le mansioni svolte richiedano effettivamente elevate competenze tecnico-specialistiche e autonomia, confermando così il demansionamento pubblico impiego della lavoratrice.
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Giurisdizione giudice ordinario e rinvio al primo grado
La Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso riguardante la riduzione della retribuzione di alcuni dirigenti medici da parte di un'azienda sanitaria. La Suprema Corte ha confermato la giurisdizione del giudice ordinario per queste controversie, in quanto attengono a diritti soggettivi derivanti dal contratto di lavoro. Tuttavia, ha cassato la sentenza della Corte d'Appello perché, dopo aver riformato la decisione di primo grado che negava la giurisdizione, avrebbe dovuto rinviare la causa al Tribunale per il giudizio di merito, invece di decidere essa stessa. La vicenda viene quindi rimandata al giudice di primo grado.
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Indennità di posizione: discrezionalità dell’ente
Un dirigente di un ente locale ha perso il ricorso per ottenere la massima indennità di posizione. La Cassazione ha confermato che la graduazione della retribuzione è un atto discrezionale dell'amministrazione, non sindacabile nel merito dal giudice se non in caso di palese irrazionalità. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché mirava a una rivalutazione dei fatti.
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Discarico automatico crediti: la Cassazione rinvia
Una cassa di previdenza privata ha impugnato in Cassazione la cancellazione automatica dei propri crediti iscritti a ruolo, lamentando la violazione di norme nazionali, costituzionali e comunitarie. La Corte Suprema, pur richiamando il proprio orientamento consolidato contrario alle tesi del ricorrente, ha emesso un'ordinanza interlocutoria. La decisione sul discarico automatico è stata rinviata in attesa della definizione di un altro giudizio pendente su una questione identica, al fine di assicurare coerenza giurisprudenziale.
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Annullamento debiti: la Cassazione rinvia la decisione
Un ente previdenziale si oppone all'applicazione delle leggi sull'annullamento debiti previdenziali ai propri crediti, sostenendo la sua natura privata. Il caso riguarda la cancellazione automatica di ruoli antecedenti al 1999. La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, ha deciso di rinviare la causa a nuovo ruolo, in attesa della definizione di un altro procedimento che solleva questioni giuridiche identiche, al fine di garantire coerenza giurisprudenziale.
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Sanzione disciplinare illecito permanente: il caso
La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità di una sanzione disciplinare inflitta a un dipendente per il rifiuto continuato di utilizzare un sistema di registrazione online. La Corte ha qualificato il comportamento come illecito permanente, ritenendo tempestiva la contestazione anche se l'inadempimento era iniziato tempo prima. Secondo la Corte, il protrarsi dell'illecito giustifica la sanzione, poiché un ritardo nella contestazione non può trasformare un atto illegittimo in un diritto acquisito a perpetuarlo.
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Rimborso spese legali: no al dipendente pubblico
La Corte di Cassazione ha negato il diritto al rimborso spese legali a un dirigente pubblico, coinvolto in procedimenti per responsabilità erariale conclusisi a suo favore. La Suprema Corte ha stabilito che le norme specifiche, che escludono tale rimborso per i giudizi contabili, prevalgono sul principio generale del mandato previsto dal Codice Civile, confermando la decisione della Corte d'Appello.
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Discriminazione part-time e anzianità: il caso in esame
Una lavoratrice part-time ha contestato il metodo di calcolo dell'anzianità di servizio, ritenendolo causa di discriminazione part-time. I giudici di merito le hanno dato ragione. La questione è giunta in Cassazione, ma l'organo giurisdizionale ha dichiarato il ricorso inammissibile per tardività, senza entrare nel merito della questione. La decisione sottolinea l'importanza cruciale del rispetto dei termini procedurali per poter far valere le proprie ragioni in giudizio.
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Divieto di licenziamento: quando è nullo in appalto
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19185/2024, ha stabilito che il divieto di licenziamento introdotto durante la pandemia COVID-19 si applica anche nei casi di cambio appalto. Se il lavoratore rifiuta legittimamente l'assunzione da parte della nuova impresa a causa di condizioni contrattuali peggiorative, il licenziamento intimato dall'azienda uscente è nullo. La Corte ha chiarito che l'eccezione alla norma emergenziale richiede un'effettiva riassunzione e non una semplice proposta di lavoro, tutelando così il lavoratore da un peggioramento del trattamento economico e normativo.
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Rimessione al primo giudice: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte d'Appello in una controversia tra dirigenti medici e un'azienda sanitaria sulla retribuzione. La Corte ha stabilito un importante principio procedurale: quando un giudice d'appello riforma una sentenza di primo grado che aveva erroneamente negato la giurisdizione, non può decidere direttamente il merito della causa, ma deve disporre la rimessione al primo giudice. Questo garantisce il diritto delle parti a due gradi di giudizio nel merito.
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Obbligo retributivo: stipendio dovuto senza lavoro?
Una lavoratrice ottiene il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato e l'ordine di reintegro, ma il datore di lavoro non ottempera. La Cassazione conferma l'obbligo retributivo del datore di lavoro per il periodo di mancata prestazione, stabilendo che la messa in mora iniziale è sufficiente e non serve una nuova offerta di lavoro dopo la sentenza.
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Prescrizione lavoro carcerario: la decisione della Corte
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19007/2024, ha stabilito che la prescrizione dei crediti retributivi per il lavoro svolto in carcere non decorre dalla fine di ogni singolo incarico, ma solo dalla cessazione definitiva dell'intero rapporto. La Corte ha ritenuto che i vari periodi di lavoro costituiscano un unico rapporto, caratterizzato da uno stato di soggezione ('metus') del detenuto, che impedisce il decorrere della prescrizione del lavoro carcerario fino alla fine della detenzione o alla definitiva impossibilità di lavorare.
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Prescrizione lavoro carcerario: la decorrenza
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19005/2024, ha stabilito che la prescrizione dei crediti retributivi per il lavoro svolto in carcere non decorre dalla cessazione di ogni singolo incarico, ma dal momento in cui cessa l'intero rapporto di lavoro carcerario. La decisione si fonda sulla natura unitaria del rapporto e sulla condizione di soggezione ('metus') del detenuto, che non gli permette di esercitare liberamente i propri diritti durante la detenzione. Viene così rigettato il ricorso del Ministero della Giustizia, che sosteneva la decorrenza della prescrizione dalle singole interruzioni lavorative.
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Lavoro carcerario e prescrizione: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19004/2024, ha stabilito che i molteplici periodi di attività lavorativa svolti da un detenuto durante la detenzione costituiscono un unico rapporto di lavoro. Di conseguenza, il termine di prescrizione per i crediti retributivi non decorre dalla fine di ogni singolo incarico, ma dal momento in cui cessa definitivamente il rapporto di lavoro carcerario, superando la tesi del Ministero della Giustizia che invocava la prescrizione per i periodi più risalenti.
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Credito da licenziamento: ammesso con privilegio
Una lavoratrice ha proposto opposizione allo stato passivo di una società in Amministrazione Straordinaria per ottenere il risarcimento del danno da licenziamento. Le parti hanno raggiunto un accordo transattivo, a seguito del quale il Tribunale ha disposto la rettifica dello stato passivo, ammettendo un ulteriore credito da licenziamento di oltre 81.000 euro in via privilegiata.
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Assegno sociale stranieri: soggiorno lungo e diritto
Il Tribunale di Torino ha riconosciuto il diritto all'assegno sociale a un cittadino straniero, chiarendo che il possesso continuativo di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo è prova sufficiente per soddisfare il requisito della residenza legale e continuativa di dieci anni in Italia. La sentenza ha stabilito che, una volta accertata la sussistenza dei requisiti sostanziali, l'iniziale diniego dell'ente previdenziale per una tardiva presentazione documentale non può precludere il diritto alla prestazione. Il caso in esame riguardava la richiesta di assegno sociale stranieri, e la decisione sottolinea l'importanza della storia dei permessi di soggiorno come elemento probatorio.
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