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Diritto del Lavoro

Obbligo di repechage: onere della prova sul datore

Una società licenzia un dipendente per soppressione del posto di lavoro a seguito di una riorganizzazione. La Cassazione conferma l’illegittimità del licenziamento, ribadendo che l’obbligo di repechage impone al datore di lavoro di provare attivamente l’impossibilità di ricollocare il lavoratore in altre mansioni, anche inferiori.

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Retribuzione feriale: inclusa l'indennità di turno

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 17495/2025, ha stabilito che l’indennità di turno deve essere inclusa nella retribuzione feriale. La decisione si basa sul principio europeo secondo cui la paga durante le ferie non deve essere inferiore a quella ordinaria, per evitare di dissuadere i lavoratori dal godere del loro diritto al riposo. Qualsiasi voce retributiva intrinsecamente collegata alle mansioni, come l’indennità per il lavoro su turni, fa parte della normale retribuzione e deve quindi essere corrisposta anche durante le ferie.

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Inammissibilità ricorso: quando un appello è respinto

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di un professionista contro la sua Cassa di Previdenza per il pagamento di contributi. La decisione si fonda su vizi procedurali, come la proposizione di questioni nuove, la mancata contestazione della ratio decidendi della sentenza d’appello e l’assenza di autosufficienza dei motivi. Questa ordinanza sottolinea l’importanza del rigore formale nel processo civile.

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Ricorso inammissibile: i requisiti di specificità

La Cassazione dichiara un ricorso inammissibile per la richiesta di un’indennità perequativa. La decisione si fonda sulla genericità dei motivi, sulla mancata produzione di documenti essenziali e sul tentativo di ottenere un riesame del merito, vietato in sede di legittimità.

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Maggiorazione retributiva: quando spetta al caposquadra

La Corte di Cassazione conferma il diritto di un lavoratore a percepire la maggiorazione retributiva del 10% per aver svolto mansioni di caposquadra. La decisione si fonda sull’accertamento di fatto che il lavoratore coordinava sistematicamente un gruppo di operai superiore a cinque unità, come previsto dal CCNL di settore. Il ricorso dell’azienda è stato dichiarato inammissibile perché mirava a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

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Uso aziendale: quando impedisce l'assorbimento

La Corte di Cassazione ha stabilito che un “uso aziendale”, consolidatosi nel tempo, che esclude l’assorbimento del superminimo individuale negli aumenti contrattuali, acquista forza di legge tra le parti. Una nota società di telecomunicazioni aveva illegittimamente ridotto le retribuzioni dei dipendenti assorbendo i loro superminimi, violando tale prassi. La Corte ha confermato che l’uso aziendale, una volta formatosi, non può essere interrotto unilateralmente e implicitamente, ma richiede una “disdetta” formale, chiara e giustificata, comunicata a tutti i lavoratori, cosa che nel caso di specie non era avvenuta.

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Danno da ritardo: onere della prova e nesso causale

Un ex dipendente pubblico, licenziato a seguito di una condanna penale, ha citato in giudizio il suo datore di lavoro per ottenere un risarcimento per il ritardo nel processo di riammissione previsto dalla legge. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, stabilendo che il danno da ritardo presuppone che il lavoratore dimostri il nesso causale. In particolare, il dipendente deve provare che un procedimento disciplinare tempestivo avrebbe verosimilmente portato a un esito favorevole (la riammissione), onere che in questo caso non è stato soddisfatto.

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Ferie non godute: obbligo di pagamento per il datore

Una società di trasporti, qualificata come entità “in house” di un comune, è stata condannata a versare l’indennità per ferie non godute a un ex dipendente. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’azienda, chiarendo che il divieto di monetizzazione delle ferie, previsto per le pubbliche amministrazioni, non si estende alle società partecipate che operano in regime di diritto privato nei rapporti di lavoro. La Corte ha ribadito che l’onere della prova grava sul datore di lavoro, il quale deve dimostrare di aver formalmente e tempestivamente invitato il lavoratore a fruire delle ferie, avvisandolo della loro possibile perdita. In assenza di tale prova, l’indennità per le ferie non godute è sempre dovuta.

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Indennità di trasferta: conta la sede contrattuale

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un’azienda al pagamento dell’indennità di trasferta a un dipendente. Sebbene il lavoratore operasse abitualmente a Milano, il suo contratto indicava come sede di lavoro una località del Sud Italia. I giudici hanno stabilito che le indicazioni formali e documentali (contratto, modelli UNI LAV, cedolini paga) prevalgono sulla prassi lavorativa e sulla successiva affermazione dell’azienda che si trattasse di un mero errore. Il ricorso dell’azienda è stato rigettato.

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Trasferimento d'azienda: no con solo personale

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di cambio appalto, il semplice subentro di una nuova impresa che assume il personale della precedente non configura un trasferimento d’azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c. Un lavoratore non può quindi agire esecutivamente contro la nuova azienda sulla base di un titolo ottenuto verso la vecchia datrice di lavoro. Per aversi un vero trasferimento d’azienda, è necessario il passaggio di beni strumentali significativi che conservino la loro identità organizzativa.

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Trattamento fine servizio: i limiti per i dirigenti

Un dirigente di un’agenzia regionale chiedeva il ricalcolo del suo trattamento di fine servizio basandosi sulla retribuzione più alta percepita durante l’incarico. La Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che le norme speciali previste per i dirigenti delle Unità Sanitarie Locali non sono estensibili ad altre figure dirigenziali, ribadendo la competenza esclusiva dello Stato in materia previdenziale.

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24 CFU abilitazione: non bastano per la II fascia

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 17425/2025, ha stabilito che il possesso di una laurea e di 24 Crediti Formativi Universitari (CFU) non costituisce un titolo di abilitazione all’insegnamento. Di conseguenza, un docente con tali requisiti non ha diritto all’inserimento nella II fascia delle graduatorie di istituto, ma deve essere collocato nella III fascia. La Corte ha chiarito che i 24 CFU rappresentano un requisito di accesso ai percorsi formativi abilitanti, ma non sostituiscono l’abilitazione stessa, accogliendo così il ricorso del Ministero dell’Istruzione.

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Sanzione disciplinare: illegittima se sproporzionata

Una società di servizi nazionali ha impugnato la decisione che annullava una sanzione disciplinare conservativa (sospensione di 5 giorni) inflitta a un dipendente. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le sentenze dei gradi inferiori. La decisione si fonda sul fatto che la sproporzione della sanzione era stata correttamente valutata dai giudici di merito, i quali si erano basati sulla stessa relazione ispettiva dell’azienda che descriveva la condotta del lavoratore come di ‘particolare tenuità’.

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Motivazione sentenza: i limiti del ricorso in Cassazione

Un contribuente impugna un avviso di addebito per contributi previdenziali. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso, chiarendo che la motivazione della sentenza d’appello rispettava il ‘minimo costituzionale’ e che non è possibile richiedere alla Suprema Corte una nuova valutazione delle prove. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese e di ulteriori sanzioni.

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Estinzione del processo per rinuncia: analisi del caso

Una società consortile e un dirigente avevano impugnato una sentenza della Corte d’Appello in materia di incarichi dirigenziali. Giunti in Cassazione, entrambe le parti hanno depositato una rinuncia ai rispettivi ricorsi, principale e incidentale, che sono state reciprocamente accettate. Di conseguenza, la Suprema Corte ha dichiarato l’estinzione del processo, compensando integralmente le spese legali tra le parti.

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Licenziamento disciplinare: quando è illegittimo?

Un dipendente pubblico veniva licenziato per due assenze dal luogo di lavoro non registrate. La Corte d’Appello ha annullato i licenziamenti, ritenendo la prima assenza giustificata da esigenze di servizio e la seconda da una situazione di necessità (soccorso a un collega). L’Amministrazione ha presentato ricorso in Cassazione, che lo ha dichiarato inammissibile. La Suprema Corte ha chiarito di non poter riesaminare nel merito la valutazione dei fatti e delle prove, compito esclusivo del giudice di merito, confermando così l’illegittimità del licenziamento disciplinare.

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Onere della prova: domanda generica e inammissibilità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un pensionato contro un istituto previdenziale per il ricalcolo della pensione. La decisione si fonda sulla genericità della domanda giudiziale e sulla corretta applicazione dell’onere della prova, sottolineando che l’interpretazione dei fatti e delle prove da parte dei giudici di merito non è sindacabile in sede di legittimità, se non in casi eccezionali.

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Restituzione somme: il lavoratore rende solo il netto

Un lavoratore, a seguito della riforma di una sentenza a lui favorevole, è stato condannato a restituire le somme percepite. La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso, ha stabilito che la restituzione somme deve riguardare l’importo netto effettivamente incassato e non quello lordo. Inoltre, ha chiarito che sul credito del datore non si applica il cumulo di interessi e rivalutazione previsto per i crediti di lavoro.

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Calcolo TFS avvocati pubblici: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con un’ordinanza interlocutoria, ha rinviato a pubblica udienza la decisione su un caso cruciale per il calcolo TFS avvocati pubblici. La controversia riguarda l’inclusione degli onorari professionali nella base di calcolo dell’indennità di buonuscita di un legale di un ente pubblico. I giudici di merito avevano escluso tale possibilità, ma la Cassazione ha ritenuto la questione di tale rilevanza, anche alla luce di recenti sentenze della Corte Costituzionale, da meritare una trattazione più approfondita.

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Onere della prova straordinario: ricorso respinto

Un autotrasportatore ha citato in giudizio l’azienda per ottenere il pagamento di lavoro straordinario, sostenendo di aver ricevuto meno del dovuto. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto la domanda, ritenendo le prove fornite dal lavoratore (appunti e sospetti sui cronotachigrafi) generiche e insufficienti. La Cassazione ha confermato la decisione, dichiarando inammissibile il ricorso e ribadendo che la valutazione delle prove spetta al giudice di merito. La questione centrale è l’onere della prova straordinario non assolto dal dipendente.

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