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Diritto del Lavoro

Perdita di chance: come si prova il danno?

Una lavoratrice ha citato in giudizio un’azienda sanitaria pubblica per non averle conferito un incarico direttivo, sostenendo l’illegittimità della procedura di selezione. La Corte di Cassazione, confermando le decisioni dei giudici di merito, ha respinto il ricorso, chiarendo che per ottenere un risarcimento per perdita di chance non basta dimostrare l’irregolarità della selezione, ma è necessario provare una ‘significativa probabilità’ di successo. La Corte ha stabilito che il giudice di merito ha correttamente compiuto una valutazione prognostica comparando i profili dei candidati, e tale valutazione, se ben motivata, non è sindacabile in sede di legittimità.

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Prescrizione inquadramento: la decorrenza del termine

Un dipendente pubblico ha agito in giudizio per un errato inquadramento contrattuale avvenuto decenni prima. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che la prescrizione del diritto alla superiore qualifica decorre dall’atto di inquadramento e non dalla successiva scoperta dell’errore da parte del lavoratore. L’ordinanza analizza il tema della decorrenza della prescrizione inquadramento e l’irrilevanza di atti interruttivi provenienti da soggetti terzi al rapporto di lavoro.

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Annualità contributiva: no alla compensazione tra anni

La Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale in materia di annualità contributiva per i lavoratori dello spettacolo. Con un’ordinanza recente, ha accolto il ricorso di un ente previdenziale contro la decisione di una Corte d’Appello che permetteva a un lavoratore di aggregare i contributi versati in eccesso in alcuni anni per coprire le carenze di altri, al fine di raggiungere il diritto alla pensione. La Suprema Corte ha chiarito che i contributi giornalieri sono inscindibilmente legati all’anno solare in cui vengono versati e non possono essere liberamente ‘spostati’ per compensare periodi con contribuzione insufficiente, salvo espressa previsione di legge, che in questo settore manca.

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Licenziamento disciplinare: valgono gli atti penali?

Un dipendente di un’azienda sanitaria pubblica è stato licenziato per gravi condotte illecite, tra cui corruzione e truffa, emerse da un’indagine penale. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento disciplinare, stabilendo che l’amministrazione può validamente utilizzare gli atti del procedimento penale per fondare la contestazione, in virtù del principio di autonomia tra il giudizio disciplinare e quello penale. Non è necessaria un’istruttoria autonoma da parte del datore di lavoro.

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Interruzione prescrizione: atto generico non basta

Un medico ha citato in giudizio un’azienda sanitaria per ottenere il pagamento di compensi professionali senza le trattenute IRAP. I tribunali di merito hanno respinto gran parte della domanda a causa della prescrizione quinquennale. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, dichiarando il ricorso inammissibile e chiarendo che, per una valida interruzione prescrizione, l’atto deve specificare in modo inequivocabile la pretesa, cosa non avvenuta con una generica richiesta di differenze retributive.

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Compenso agente: fisso o minimo garantito? Analisi

La Cassazione esamina un contratto di agenzia, chiarendo la distinzione tra compenso agente fisso e minimo garantito. La Corte respinge sia il ricorso dell’agente, che contestava il calcolo delle indennità, sia quello della preponente, che sosteneva la natura di minimo garantito del compenso e la validità di una clausola risolutiva espressa per mancato raggiungimento di risultati. La decisione finale conferma la valutazione della Corte d’Appello, stabilendo che il compenso era fisso e che la clausola risolutiva non giustificava un recesso per giusta causa.

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Lavoro straordinario: la prova e il ricorso in Cassazione

Un’azienda ricorre in Cassazione contro la sentenza che la condannava al pagamento del lavoro straordinario a un dipendente. La Corte Suprema respinge il ricorso, ritenendo infondate le eccezioni procedurali e inammissibile la richiesta di rivalutazione delle prove testimoniali. Viene confermato il diritto del lavoratore al compenso per le ore di lavoro straordinario svolte.

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Decadenza azione giudiziaria: il termine per opporsi

Un pensionato ha contestato la richiesta di restituzione di un assegno sociale percepito indebitamente, ma la sua azione è stata respinta. La Cassazione ha confermato l’inammissibilità del ricorso, chiarendo che la decadenza dell’azione giudiziaria decorre non dalla comunicazione delle trattenute, ma dall’esaurimento dei termini per il ricorso amministrativo. Questo caso sottolinea l’importanza di rispettare le scadenze legali.

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Onere della prova nell'incentivo all'esodo: la guida

Un lavoratore ha contestato l’esclusione della tredicesima dal suo incentivo all’esodo. La Cassazione ha stabilito che l’onere della prova spetta all’ente datore di lavoro, che deve dimostrare di aver calcolato correttamente l’indennità secondo le procedure regionali, e non al dipendente.

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Omissione contributiva: obblighi del datore di lavoro

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di una società di vigilanza per omissione contributiva nei confronti dei propri dipendenti. L’azienda è stata ritenuta responsabile per il mancato versamento di contributi a un fondo sanitario e a un fondo pensione. La Corte ha stabilito che il pagamento tardivo dei contributi non esonera il datore di lavoro dal risarcire i danni diretti subiti dai lavoratori, come le spese mediche non coperte e la perdita di rendimento del fondo pensione. Il ricorso della società è stato integralmente respinto.

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Lavoro precario: contratti a termine e risarcimento

Un’amministrazione comunale ha impiegato diversi lavoratori con una serie di contratti a tempo determinato, giustificandoli sulla base di una legge regionale per l’occupazione. La Corte di Cassazione ha confermato che tale pratica costituisce un abuso di lavoro precario, poiché le mansioni svolte rispondevano a esigenze permanenti e non temporanee dell’ente. Pur negando la conversione dei contratti in rapporti a tempo indeterminato, come previsto per il settore pubblico, la Corte ha ribadito il diritto dei lavoratori a ottenere un risarcimento del danno. La sentenza ha inoltre affrontato e respinto le contestazioni relative alla liquidazione delle spese legali, confermando l’ampia discrezionalità del giudice di merito in materia.

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Impugnazione trasferimento: oneri in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un lavoratore contro un trasferimento. La decisione si fonda sul principio di autosufficienza: il ricorrente non aveva trascritto nel ricorso le clausole contrattuali e del CCNL contestate, impedendo alla Corte di valutare il merito della questione. L’impugnazione del trasferimento è stata quindi respinta per ragioni puramente procedurali, confermando la validità delle motivazioni aziendali, che includevano non solo un aumento di attività nella nuova sede ma anche un calo in quella di origine.

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Conflitto di interessi dipendente pubblico: no a extra

Un dipendente di un ente pubblico si è visto negare l’autorizzazione per un’attività extra lavorativa a causa di un potenziale conflitto di interessi dipendente pubblico. La Corte di Cassazione ha confermato il diniego, sottolineando che la necessità di garantire imparzialità e buon andamento della P.A. prevale, anche in assenza di un conflitto attuale e provato. Il solo rischio che l’attività secondaria interferisca con le funzioni istituzionali dell’ente è sufficiente a giustificare il divieto.

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Contributo di solidarietà: la Cassazione lo boccia

Una Cassa Previdenziale ha imposto un contributo di solidarietà sulla pensione di un suo iscritto. La Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità del prelievo, stabilendo che tali misure possono essere introdotte solo dal legislatore e non dagli enti previdenziali autonomi. L’ente è stato condannato per aver ignorato la giurisprudenza consolidata.

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Indennità di fine rapporto agente: onere della prova

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un’agente, chiarendo che spetta a quest’ultima provare i presupposti per l’indennità di fine rapporto agente. In particolare, non basta dimostrare di aver acquisito nuovi clienti, ma è necessario provare che la società preponente continui a trarne vantaggi sostanziali. La Corte ha inoltre ribadito la natura discrezionale dell’ordine di esibizione di documenti, negandolo quando la richiesta appare tardiva ed esplorativa.

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Contributo solidarietà pensioni: Cassa illegittima

Un ente previdenziale di categoria ha impugnato in Cassazione la sentenza che lo condannava a restituire a un pensionato il contributo di solidarietà prelevato sulla sua pensione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio consolidato: le Casse professionali privatizzate non hanno il potere autonomo di imporre prelievi forzosi sulle pensioni già maturate. Tale potere, che incide sul patrimonio dei cittadini, è riservato esclusivamente alla legge dello Stato, come previsto dalla Costituzione. La Corte ha inoltre confermato che il diritto alla restituzione si prescrive in dieci anni e che gli interessi sono dovuti dalla data di ogni singolo prelievo illegittimo.

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Rendita vitalizia: onere della prova e documenti

Un lavoratore ha richiesto una rendita vitalizia per contributi previdenziali omessi dal suo ex datore di lavoro. La sua domanda è stata rigettata in primo grado e in appello. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, chiarendo due principi fondamentali: primo, il giudice può valutare liberamente la validità dei documenti prodotti, anche se la controparte non li contesta esplicitamente. Secondo, se un punto specifico della sentenza di primo grado non viene impugnato in appello, esso diventa definitivo (giudicato interno) e non può più essere discusso. In questo caso, il lavoratore non aveva contestato la decisione sull’inammissibilità della domanda di rendita vitalizia.

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Contributo di solidarietà: quando è illegittimo?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una Cassa di previdenza professionale contro la sentenza che aveva giudicato illegittimo il contributo di solidarietà applicato sulla pensione di un iscritto. La Corte ha ribadito che qualsiasi prelievo patrimoniale, inclusi i contributi di questo tipo, deve avere un fondamento univoco nella legge e non può essere introdotto autonomamente dalla Cassa. Inoltre, è stato confermato che il diritto alla restituzione delle somme trattenute si prescrive in dieci anni e non in cinque.

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Liquidazione spese legali: Cassazione e minimi tariffari

Un lavoratore ricorre in Cassazione contestando la liquidazione delle spese legali effettuata dalla Corte d’Appello, sostenendo la violazione dei minimi tariffari. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, chiarendo che per contestare la liquidazione delle spese legali è necessario non solo indicare le norme violate, ma anche dimostrare il pregiudizio subito utilizzando il corretto scaglione di valore per il calcolo, cosa che il ricorrente non ha fatto. La decisione sottolinea il rigore richiesto per questo tipo di impugnazioni.

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Inquadramento superiore: quando spetta la paga?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 17862/2025, ha rigettato il ricorso di un istituto sanitario pubblico, confermando il diritto di un suo dirigente a ricevere le differenze retributive per l’inquadramento superiore. Il dipendente aveva di fatto svolto per anni il ruolo di responsabile di una ‘struttura semplice’, pur senza un formale atto di nomina. La Corte ha stabilito che la valutazione delle prove documentali, che dimostravano l’effettivo svolgimento delle mansioni superiori, è di competenza dei giudici di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità. Viene così ribadito il principio secondo cui la prova fattuale dello svolgimento di mansioni superiori, desumibile dagli stessi atti dell’ente, è sufficiente per il riconoscimento del diritto alla retribuzione corrispondente.

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