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Diritto del Lavoro

Pregiudiziale penale e processo civile: i limiti

Un ex dipendente, condannato a risarcire l’azienda per ammanchi di cassa, ricorre in Cassazione invocando la pregiudiziale penale, ovvero la necessità di sospendere il giudizio civile in attesa di quello penale. La Suprema Corte ha respinto il ricorso, ribadendo che la sospensione non è automatica. L’ordinanza chiarisce che i due giudizi sono autonomi e la sospensione è un’eccezione che si applica solo in casi specifici, come quando la parte danneggiata si costituisce parte civile nel processo penale. Il ricorso è stato respinto anche nel merito della valutazione delle prove, ritenuto un tentativo inammissibile di riesaminare i fatti.

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Massimale pensionabile: la Cassazione fa chiarezza

Un ente previdenziale ha impugnato una sentenza che escludeva il tetto massimo per il calcolo pensionistico di una lavoratrice dello spettacolo. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che il massimale pensionabile si applica anche alla ‘Quota B’ della pensione, maturata dopo il 1999. La decisione si allinea a una giurisprudenza consolidata, confermando che la normativa speciale per questa categoria, pur prevedendo un tetto, non è stata abrogata e non viola i principi costituzionali.

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Mansioni giornalistiche: non basta leggere le notizie

Una dipendente di una società televisiva, con il ruolo di programmista regista addetta a un servizio di infomobilità, ha richiesto il riconoscimento delle mansioni giornalistiche superiori di redattore. La Corte di Cassazione ha respinto definitivamente il ricorso, stabilendo che la semplice raccolta e diffusione di notizie pre-validate, senza un significativo apporto creativo, critico e autonomo, non integra l’attività giornalistica. La natura complementare e di breve durata degli approfondimenti non è stata ritenuta sufficiente a modificare la qualifica del rapporto di lavoro.

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Inquadramento lavoratore pubblico: la Cassazione decide

Un lavoratore pubblico, dopo il trasferimento a un nuovo ente, ha richiesto un superiore inquadramento lavoratore pubblico basato su un accordo sindacale stipulato con il precedente datore di lavoro. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che un atto di inquadramento è inefficace se adottato dal precedente datore di lavoro quando il rapporto di lavoro è già cessato. La titolarità del rapporto al momento dell’atto è risultata decisiva, indipendentemente dall’efficacia retroattiva dell’accordo sindacale. La Corte ha anche escluso un’automatica equivalenza tra le mansioni previste dai diversi contratti collettivi.

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Uso aziendale: quando la prassi diventa diritto

La Corte di Cassazione ha stabilito che i benefit, come buoni pasto e premi di produttività, erogati costantemente da un’azienda speciale ai propri dipendenti, costituiscono un ‘uso aziendale’ e diventano un diritto acquisito. La richiesta di restituzione delle somme da parte dell’azienda è stata respinta, poiché il rapporto di lavoro di tali enti è regolato dal diritto privato e l’uso aziendale integra il contratto con condizioni di maggior favore.

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Specificità del ricorso: Cassazione su inammissibilità

Un lavoratore ha fatto ricorso in Cassazione dopo che la sua richiesta di differenze retributive era stata respinta nei primi due gradi di giudizio. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per grave difetto di specificità. L’ordinanza sottolinea che un ricorso in Cassazione non può essere una critica generica, ma deve indicare in modo preciso e dettagliato le norme violate e gli errori commessi dalla corte precedente, requisito non soddisfatto nel caso di specie.

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Cessione del debito: prova e oneri in Cassazione

Un lavoratore ricorre in Cassazione contro la sentenza d’appello che aveva ritenuto legittime le trattenute sul suo stipendio, qualificandole come adempimento di una cessione del debito a favore della moglie. La Suprema Corte ha respinto il ricorso, sottolineando che la valutazione della prova per presunzioni riguardo l’esistenza dell’accordo di cessione del debito è un accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivato. I motivi del ricorso sono stati giudicati inammissibili in quanto miravano a una rivalutazione del merito della causa.

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Costituzione posizione assicurativa: le regole INPS

Un ex pilota militare, passato a lavorare per una compagnia aerea privata, ha richiesto la riunificazione dei suoi contributi pensionistici. La Corte di Cassazione ha stabilito che in questi casi non si applica la ricongiunzione, ma la “costituzione posizione assicurativa”, un meccanismo specifico per gli ex dipendenti pubblici che non prevede il trasferimento degli interessi maturati. La Corte ha quindi respinto il ricorso del lavoratore, confermando che l’onere degli interessi rimane a suo carico.

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Trasferimento d'azienda: quale data per i diritti?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16820/2025, ha stabilito un principio cruciale in materia di trasferimento d’azienda disciplinato da legge. Il caso riguardava dipendenti transitati da un consorzio a una nuova società, con quest’ultima che intendeva ‘congelare’ il trattamento economico a una data precedente al trasferimento effettivo. La Corte ha rigettato il ricorso della società, chiarendo che, in assenza di una norma esplicita che disponga diversamente, i diritti dei lavoratori (retribuzione e inquadramento) devono essere valutati al momento dell’effettiva ‘presa in carico’ e non a una data anteriore usata solo per identificare il personale avente diritto.

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Licenziamento disciplinare: ira e bestemmie bastano?

La Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità di un licenziamento disciplinare inflitto a un lavoratore per uno scoppio d’ira. La decisione sottolinea che, in assenza di danni, aggressioni o specifiche violazioni del CCNL che prevedano il recesso, la condotta non è così grave da giustificare la massima sanzione. Il caso ribadisce l’importanza del principio di proporzionalità e della corretta interpretazione dei contratti collettivi.

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Clausola sociale: non si applica senza gara d'appalto

Dei lavoratori del settore ecologico si sono visti negare il passaggio diretto alla nuova società di gestione rifiuti. La Corte di Cassazione ha dichiarato il loro ricorso inammissibile, confermando che la clausola sociale, che garantisce l’assunzione, non si applica quando il subentro avviene tramite ordinanze temporanee e urgenti, e non a seguito di una regolare gara d’appalto.

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Contributo di solidarietà: Cassazione lo boccia

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una cassa di previdenza, confermando l’illegittimità del contributo di solidarietà imposto sulle pensioni. La Corte ha ribadito che solo la legge può introdurre tali prelievi e ha confermato il termine di prescrizione di dieci anni per la restituzione delle somme indebitamente trattenute al pensionato.

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Decadenza Cessione Ramo d'Azienda: No Retroattività

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18644/2025, ha stabilito un importante principio in materia di decadenza cessione ramo d’azienda. La Corte ha chiarito che il termine di decadenza per impugnare la cessione, introdotto dalla Legge n. 183/2010, non ha efficacia retroattiva. Pertanto, non si applica ai trasferimenti di ramo d’azienda avvenuti prima dell’entrata in vigore della legge. Nel caso di specie, una lavoratrice aveva impugnato una cessione del 2007, e i giudici di merito avevano erroneamente dichiarato tardiva l’azione. La Cassazione ha cassato la sentenza, affermando che il trasferimento deve essere avvenuto sotto la vigenza della nuova legge perché il termine di decadenza possa operare.

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Onere della prova pagamento: chi deve dimostrarlo?

La Corte di Cassazione si pronuncia sull’onere della prova pagamento in un caso di TFR. Se il datore di lavoro dimostra di aver versato delle somme, spetta al lavoratore provare che tali pagamenti si riferivano ad altri crediti. In assenza di tale prova, il pagamento si intende a saldo del debito richiesto, come in questo caso relativo a differenze retributive per il TFR.

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Licenziamento illegittimo: quando è nullo e perché

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’azienda contro la reintegrazione di una lavoratrice. Il caso verteva su un licenziamento illegittimo, inizialmente ritenuto ritorsivo e poi dichiarato nullo dalla Corte d’Appello per vizi procedurali, ovvero la mancata contestazione disciplinare. La Suprema Corte ha confermato che la natura disciplinare di un licenziamento, anche se mascherato da ‘incompatibilità ambientale’, impone sempre il rispetto della procedura di contestazione, respingendo tutti i motivi di ricorso dell’azienda.

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Sopravvenuta carenza di interesse: ricorso inammissibile

Un ex dipendente pubblico ricorre in Cassazione per una controversia sulla sua indennità di anzianità. Durante il processo, il ricorrente decede e i suoi eredi rinunciano all’eredità. La Corte Suprema dichiara il ricorso inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, poiché nessuna parte ha più un interesse giuridico alla decisione. Le spese legali vengono compensate e non si applicano sanzioni pecuniarie aggiuntive.

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Debito restitutorio: cosa non restituire al datore

La Corte di Cassazione interviene sul calcolo del debito restitutorio di una lavoratrice a seguito della conversione del suo contratto a termine. Dopo una precedente sentenza d’appello, poi parzialmente riformata, alla lavoratrice era stato chiesto di restituire le somme percepite in eccesso. Con questa ordinanza, la Corte stabilisce che dal calcolo del debito vanno escluse le retribuzioni maturate dopo la data della sentenza di conversione e va considerato l’importo del TFR. La Corte ha cassato la sentenza d’appello per omessa pronuncia su questi punti cruciali, rinviando per una nuova quantificazione.

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Interposizione di manodopera: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un lavoratore che chiedeva di riconoscere il proprio rapporto di lavoro con una grande società di logistica, anziché con la cooperativa da cui era stato formalmente assunto. La Corte ha chiarito i criteri per distinguere un appalto lecito da una illecita interposizione di manodopera, sottolineando che è determinante il potere organizzativo e direttivo effettivo esercitato dall’appaltatore sui propri dipendenti. Poiché la Corte d’Appello aveva accertato l’esistenza di tale potere in capo alla cooperativa, il ricorso è stato respinto.

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Sospensione unilaterale rapporto: obblighi contributivi

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di sospensione unilaterale rapporto di lavoro, il datore di lavoro rimane obbligato al versamento dei contributi previdenziali. Tale obbligo viene meno solo se l’azienda dimostra che la sospensione deriva da un’impossibilità assoluta della prestazione lavorativa, non imputabile a propria negligenza. Nel caso specifico, un ente di formazione, a seguito della revoca dell’accreditamento regionale, aveva sospeso i dipendenti. La Corte ha chiarito che la semplice revoca non basta a giustificare la sospensione, ma occorre verificare se essa sia stata causata da irregolarità gestionali dell’ente stesso. Il caso è stato rinviato al Tribunale per un nuovo esame.

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Retribuzione ferie: l'indennità di turno va inclusa

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un’amministrazione comunale, confermando il diritto di alcuni agenti di polizia locale a percepire l’indennità di turno anche durante le ferie. La decisione si fonda sul principio del diritto dell’Unione Europea secondo cui la retribuzione ferie deve essere complessiva e non inferiore a quella ordinaria, per evitare di dissuadere i lavoratori dal fruire del loro diritto al riposo. Qualsiasi elemento retributivo intrinsecamente legato alle mansioni svolte deve quindi essere incluso nel calcolo.

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