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Diritto del Lavoro

Trasferimento d'azienda: no con solo personale

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di cambio appalto, il semplice subentro di una nuova impresa che assume il personale della precedente non configura un trasferimento d’azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c. Un lavoratore non può quindi agire esecutivamente contro la nuova azienda sulla base di un titolo ottenuto verso la vecchia datrice di lavoro. Per aversi un vero trasferimento d’azienda, è necessario il passaggio di beni strumentali significativi che conservino la loro identità organizzativa.

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Trattamento fine servizio: i limiti per i dirigenti

Un dirigente di un’agenzia regionale chiedeva il ricalcolo del suo trattamento di fine servizio basandosi sulla retribuzione più alta percepita durante l’incarico. La Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che le norme speciali previste per i dirigenti delle Unità Sanitarie Locali non sono estensibili ad altre figure dirigenziali, ribadendo la competenza esclusiva dello Stato in materia previdenziale.

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24 CFU abilitazione: non bastano per la II fascia

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 17425/2025, ha stabilito che il possesso di una laurea e di 24 Crediti Formativi Universitari (CFU) non costituisce un titolo di abilitazione all’insegnamento. Di conseguenza, un docente con tali requisiti non ha diritto all’inserimento nella II fascia delle graduatorie di istituto, ma deve essere collocato nella III fascia. La Corte ha chiarito che i 24 CFU rappresentano un requisito di accesso ai percorsi formativi abilitanti, ma non sostituiscono l’abilitazione stessa, accogliendo così il ricorso del Ministero dell’Istruzione.

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Sanzione disciplinare: illegittima se sproporzionata

Una società di servizi nazionali ha impugnato la decisione che annullava una sanzione disciplinare conservativa (sospensione di 5 giorni) inflitta a un dipendente. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le sentenze dei gradi inferiori. La decisione si fonda sul fatto che la sproporzione della sanzione era stata correttamente valutata dai giudici di merito, i quali si erano basati sulla stessa relazione ispettiva dell’azienda che descriveva la condotta del lavoratore come di ‘particolare tenuità’.

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Motivazione sentenza: i limiti del ricorso in Cassazione

Un contribuente impugna un avviso di addebito per contributi previdenziali. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso, chiarendo che la motivazione della sentenza d’appello rispettava il ‘minimo costituzionale’ e che non è possibile richiedere alla Suprema Corte una nuova valutazione delle prove. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese e di ulteriori sanzioni.

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Estinzione del processo per rinuncia: analisi del caso

Una società consortile e un dirigente avevano impugnato una sentenza della Corte d’Appello in materia di incarichi dirigenziali. Giunti in Cassazione, entrambe le parti hanno depositato una rinuncia ai rispettivi ricorsi, principale e incidentale, che sono state reciprocamente accettate. Di conseguenza, la Suprema Corte ha dichiarato l’estinzione del processo, compensando integralmente le spese legali tra le parti.

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Licenziamento disciplinare: quando è illegittimo?

Un dipendente pubblico veniva licenziato per due assenze dal luogo di lavoro non registrate. La Corte d’Appello ha annullato i licenziamenti, ritenendo la prima assenza giustificata da esigenze di servizio e la seconda da una situazione di necessità (soccorso a un collega). L’Amministrazione ha presentato ricorso in Cassazione, che lo ha dichiarato inammissibile. La Suprema Corte ha chiarito di non poter riesaminare nel merito la valutazione dei fatti e delle prove, compito esclusivo del giudice di merito, confermando così l’illegittimità del licenziamento disciplinare.

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Onere della prova: domanda generica e inammissibilità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un pensionato contro un istituto previdenziale per il ricalcolo della pensione. La decisione si fonda sulla genericità della domanda giudiziale e sulla corretta applicazione dell’onere della prova, sottolineando che l’interpretazione dei fatti e delle prove da parte dei giudici di merito non è sindacabile in sede di legittimità, se non in casi eccezionali.

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Restituzione somme: il lavoratore rende solo il netto

Un lavoratore, a seguito della riforma di una sentenza a lui favorevole, è stato condannato a restituire le somme percepite. La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso, ha stabilito che la restituzione somme deve riguardare l’importo netto effettivamente incassato e non quello lordo. Inoltre, ha chiarito che sul credito del datore non si applica il cumulo di interessi e rivalutazione previsto per i crediti di lavoro.

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Calcolo TFS avvocati pubblici: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con un’ordinanza interlocutoria, ha rinviato a pubblica udienza la decisione su un caso cruciale per il calcolo TFS avvocati pubblici. La controversia riguarda l’inclusione degli onorari professionali nella base di calcolo dell’indennità di buonuscita di un legale di un ente pubblico. I giudici di merito avevano escluso tale possibilità, ma la Cassazione ha ritenuto la questione di tale rilevanza, anche alla luce di recenti sentenze della Corte Costituzionale, da meritare una trattazione più approfondita.

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Onere della prova straordinario: ricorso respinto

Un autotrasportatore ha citato in giudizio l’azienda per ottenere il pagamento di lavoro straordinario, sostenendo di aver ricevuto meno del dovuto. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto la domanda, ritenendo le prove fornite dal lavoratore (appunti e sospetti sui cronotachigrafi) generiche e insufficienti. La Cassazione ha confermato la decisione, dichiarando inammissibile il ricorso e ribadendo che la valutazione delle prove spetta al giudice di merito. La questione centrale è l’onere della prova straordinario non assolto dal dipendente.

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Obbligo di repêchage: licenziamento illegittimo

La Corte di Cassazione conferma l’illegittimità di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo. La sentenza ribadisce che l’onere della prova sull’impossibilità di ricollocamento del dipendente, noto come obbligo di repêchage, grava interamente sul datore di lavoro. L’azienda sanitaria ricorrente non è riuscita a dimostrare di aver esplorato tutte le possibili alternative occupazionali, anche a mansioni inferiori, rendendo così il recesso nullo.

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Errore revocatorio: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di alcuni ex lavoratori contro la sentenza che, per un errore revocatorio, aveva accolto la richiesta di restituzione di somme indebitamente percepite. La Corte chiarisce che una sentenza emessa in un giudizio di revocazione non può essere a sua volta impugnata per un altro errore di fatto e che i vizi procedurali devono essere eccepiti nelle sedi e nei tempi corretti.

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Licenziamento per insubordinazione: quando è valido

Un lavoratore è stato licenziato per aver gravemente insultato e minacciato un superiore. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento per insubordinazione, rigettando il ricorso del dipendente. La sentenza chiarisce che le dichiarazioni scritte di terzi sono ammissibili come prove atipiche e che i precedenti comportamenti del lavoratore, anche se risalenti nel tempo, possono essere considerati per valutare la gravità complessiva della condotta.

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Interruzione prescrizione contributi: la Cassazione decide

Un professionista si opponeva a una richiesta di pagamento di contributi previdenziali, sostenendo la prescrizione del debito. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che le comunicazioni inviate dalla cassa di previdenza erano idonee a determinare l’interruzione prescrizione contributi. La decisione sottolinea l’importanza della specificità degli atti interruttivi e il rigore formale richiesto nei ricorsi.

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Codatorialità: la guida completa della Cassazione

Un dirigente agiva contro tre società di un gruppo, sostenendo l’esistenza di un unico rapporto di lavoro (codatorialità). La Corte d’Appello aveva riconosciuto questa situazione. La Corte di Cassazione, pur confermando il principio di codatorialità, ha accolto il ricorso delle aziende, chiarendo che essa comporta un’obbligazione solidale e non un cumulo di retribuzioni o tutele. La sentenza impugnata è stata cassata perché aveva erroneamente derivato un’obbligazione autonoma a carico di una delle società, invece di applicare correttamente il principio della solidarietà passiva tra i co-datori di lavoro.

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Applicazione contratto collettivo: l'obbligo unico

Una società ha impugnato per revocazione una decisione della Cassazione, sostenendo la mancata valutazione di documenti a favore di un diverso contratto. La Corte ha dichiarato l’appello inammissibile, ribadendo il principio dell’unica applicazione contratto collettivo per tutti i dipendenti in caso di singola attività d’impresa, giudicando irrilevanti i documenti prodotti.

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Specificità motivi appello: la Cassazione chiarisce

Un gruppo di dirigenti medici ha citato in giudizio la Pubblica Amministrazione per il mancato rispetto delle direttive europee sull’orario di lavoro. Dopo una prima sconfitta, il loro appello è stato dichiarato inammissibile per mancanza di specificità. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, chiarendo che per la validità dell’appello è sufficiente una critica argomentata e puntuale delle ragioni della sentenza di primo grado, senza la necessità di redigere un progetto alternativo di decisione. La questione centrale è la corretta interpretazione dei requisiti di specificità motivi appello.

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Licenziamento oggettivo: prova della riorganizzazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ribadisce i principi fondamentali in materia di licenziamento oggettivo. Il caso analizza il licenziamento di un dipendente di una società automobilistica, motivato da una crisi aziendale. La Corte ha confermato l’illegittimità del recesso, poiché l’azienda non ha fornito la prova di un concreto e specifico progetto di riorganizzazione aziendale che giustificasse la soppressione di quella specifica posizione lavorativa, sottolineando l’importanza del nesso causale tra la scelta datoriale e il licenziamento.

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Contributo di solidarietà: illegittimo per le Casse

La Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità del contributo di solidarietà imposto da una cassa di previdenza privata sulla pensione di un suo iscritto. Secondo la Corte, tale prelievo costituisce una prestazione patrimoniale che solo la legge statale può introdurre, in virtù della riserva di legge prevista dall’art. 23 della Costituzione. L’autonomia delle casse non si estende fino a poter imporre trattenute su trattamenti pensionistici già determinati. Il ricorso della cassa è stato quindi respinto.

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