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Diritto del Lavoro

Estinzione del processo: rinuncia e spese legali

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del processo in una controversia di lavoro relativa a un trasferimento d’azienda. A seguito della rinuncia al ricorso da parte delle società appellanti e dell’accettazione da parte dei lavoratori, la Corte ha stabilito che non vi fosse luogo a provvedere sulle spese processuali. Inoltre, ha chiarito che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato non si applica nei casi di estinzione del processo, ma solo in caso di rigetto o inammissibilità del ricorso.

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Cessione ramo d'azienda illegittima: la Cassazione

In un caso di cessione ramo d’azienda illegittima, la Corte di Cassazione ha stabilito che il lavoratore ha diritto alla retribuzione dal datore di lavoro originario (cedente) anche se ha lavorato per l’azienda acquirente (cessionaria). Le somme percepite dal nuovo datore di lavoro non devono essere detratte. Inoltre, è stato confermato il diritto del lavoratore a maturare le ferie, anche senza prestazione lavorativa effettiva, a causa del comportamento illegittimo dell’azienda che ha impedito lo svolgimento del rapporto di lavoro.

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Appalto illecito: quando scatta il lavoro subordinato

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito che riconosceva l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra un istituto di credito e un lavoratore, formalmente dipendente di una cooperativa. Il caso riguarda un appalto illecito, in quanto il lavoratore, addetto allo smistamento della corrispondenza, era di fatto inserito nell’organizzazione della banca e diretto dal suo personale, svolgendo mansioni non riconducibili al contratto di appalto ufficiale. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso della banca, consolidando il principio che conta la realtà fattuale del rapporto lavorativo e non la sua qualificazione formale.

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Dimissioni per giusta causa: stipendi non pagati

Lavoratori presentano dimissioni per giusta causa a seguito di ripetuti ritardi nel pagamento degli stipendi. L’ente datore di lavoro, un’associazione non lucrativa, si difendeva attribuendo la colpa a mancati pagamenti da parte dei suoi committenti. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’ente, confermando le decisioni dei giudici di merito. È stato ribadito che il ritardato pagamento delle retribuzioni giustifica le dimissioni e il diritto all’indennità di preavviso, essendo irrilevanti le difficoltà finanziarie del datore.

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Licenziamento orale: prova e oneri del lavoratore

Un lavoratore, impiegato presso una banca tramite una cooperativa in un appalto non genuino, ha agito in giudizio sostenendo un licenziamento orale da parte della banca. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che la semplice cessazione delle mansioni presso la committente non è sufficiente a dimostrare un licenziamento orale. La Corte ha ribadito che l’onere di provare l’atto di recesso del datore di lavoro, manifestato con fatti concludenti, spetta al lavoratore. Inoltre, il licenziamento formalmente intimato dalla cooperativa non può essere automaticamente imputato alla banca committente.

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Unico centro di imputazione: quando il ricorso è inammissibile

Un lavoratore ha agito in giudizio contro tre società collegate, sostenendo che costituissero un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro. Dopo la reiezione in appello, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso del lavoratore inammissibile. La decisione evidenzia cruciali errori procedurali, come l’errata formulazione dei motivi di ricorso e la mancata pertinenza delle censure rispetto alla decisione impugnata, offrendo importanti lezioni sulla tecnica redazionale degli atti giudiziari.

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Indennità ferie non godute: spetta al dirigente?

Un ex dirigente ha citato in giudizio la sua precedente azienda, un’importante emittente radiotelevisiva, per ottenere il pagamento dell’indennità sostitutiva per le ferie non godute. La Corte di Cassazione ha confermato il diritto del lavoratore a ricevere tale indennità, stabilendo un principio fondamentale: per negare il compenso, non è sufficiente che il dirigente abbia un’ampia autonomia, ma l’azienda deve provare che egli possedeva un’assoluta e incondizionata discrezionalità nel decidere e programmare le proprie ferie. La Corte ha inoltre ribadito che il termine di prescrizione per questo diritto decorre solo dalla cessazione del rapporto di lavoro.

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Contestazione generica: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’azienda contro la sentenza che la condannava a integrare il TFR di alcuni dipendenti. La Corte ha stabilito che una contestazione generica dei calcoli presentati dai lavoratori, non supportata da specifiche indicazioni degli errori, equivale a una non contestazione, rendendo il motivo di ricorso inammissibile. Anche la mancata nomina di un consulente tecnico è stata ritenuta una scelta discrezionale del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità.

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Compensazione spese di lite: errore INPS è decisivo

La Corte di Cassazione ha annullato una decisione sulla compensazione spese di lite perché basata su una motivazione contraddittoria. Una corte d’appello aveva compensato le spese affermando che un ente previdenziale non aveva commesso errori, ma allo stesso tempo aveva applicato una norma che presuppone proprio un errore dell’ente per non far restituire le somme al cittadino. La Cassazione ha ritenuto questa motivazione illogica, stabilendo che la decisione sulle spese deve essere coerente con le ragioni della sentenza.

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Fondo di Garanzia INPS: No se il lavoro continua

La Corte di Cassazione ha stabilito che il Fondo di Garanzia INPS non è tenuto a intervenire per i crediti di lavoro (TFR e retribuzioni) maturati presso un datore di lavoro insolvente, qualora il rapporto di lavoro del dipendente prosegua con una nuova società acquirente che sia solvibile (‘in bonis’). Il presupposto per l’intervento del Fondo è l’insolvenza del datore di lavoro al momento della cessazione del rapporto, condizione che non si verifica in caso di continuazione del rapporto con un’altra entità.

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Fondo integrativo gas: obbligo anche per società in-house

Una società di distribuzione del gas, interamente partecipata da un ente pubblico, ha contestato l’obbligo di versare i contributi per il Fondo integrativo gas, sostenendo che la norma si applicasse solo a società private operanti in concessione. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che l’obbligo sussiste anche per le società a capitale pubblico che operano tramite affidamento diretto (in-house). Secondo la Corte, il fattore determinante è la natura giuridica privata della società (S.p.A.), non la proprietà del suo capitale.

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Fondo di garanzia TFR: titolo esecutivo obbligatorio

Una lavoratrice ha citato in giudizio l’INPS per ottenere il pagamento del suo TFR dal relativo Fondo di Garanzia, a seguito dell’insolvenza del suo datore di lavoro. La Corte di Cassazione ha respinto la sua richiesta, stabilendo che l’ottenimento di un titolo esecutivo preventivo nei confronti del datore di lavoro è un requisito essenziale e imprescindibile per poter accedere al Fondo di garanzia TFR, anche nel caso in cui la società datrice di lavoro sia stata cancellata dal registro delle imprese.

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Apprezzamento probatorio: limiti al ricorso in Cassazione

Un lavoratore ricorre in Cassazione contro una sanzione disciplinare, contestando l’apprezzamento probatorio del giudice di merito. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo che la valutazione delle prove è riservata ai giudici di primo e secondo grado e non è sindacabile in sede di legittimità, se non per vizi specifici non riscontrati nel caso di specie.

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Fondo di garanzia TFR: quando interviene?

Un lavoratore, il cui datore di lavoro originale è fallito a seguito di una cessione d’azienda, ha richiesto il pagamento del TFR al Fondo di garanzia dell’INPS. La Corte di Cassazione ha dichiarato estinto il procedimento a seguito della rinuncia del lavoratore al ricorso. La decisione di merito sottostante aveva negato l’intervento del Fondo, poiché il rapporto di lavoro era proseguito senza interruzioni con la nuova società, impedendo che il TFR diventasse esigibile.

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Acquiescenza alla sentenza: quando non preclude l'appello

Un ente previdenziale si è visto negare il diritto di appello per aver spontaneamente eseguito una sentenza di primo grado. La Corte di Appello aveva interpretato tale atto come un’acquiescenza alla sentenza. La Corte di Cassazione ha annullato questa decisione, stabilendo che l’esecuzione di una pronuncia provvisoriamente esecutiva è un atto equivoco, di per sé non sufficiente a dimostrare la volontà di rinunciare all’impugnazione. Per precludere l’appello, gli atti compiuti devono essere inequivocabilmente incompatibili con la volontà di proseguire il giudizio.

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Impugnazione estratto ruolo: quando è inammissibile

Un contribuente ha impugnato un estratto di ruolo relativo a crediti contributivi. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione di merito. Il motivo principale risiede nel fatto che il ricorrente non ha contestato la ‘ratio decidendi’ della sentenza d’appello, ovvero l’inammissibilità dell’impugnazione estratto ruolo per carenza di interesse ad agire, in assenza di atti esecutivi. Tale principio, consolidato dalle Sezioni Unite, ha reso irrilevanti le altre censure sulla notifica e le prove.

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Contribuzione volontaria: un pagamento saltato non basta

La Corte di Cassazione ha stabilito che il mancato pagamento di un trimestre di contribuzione volontaria non comporta la risoluzione automatica del rapporto previdenziale. Di conseguenza, il lavoratore ha diritto di proseguire con i versamenti per i periodi successivi e ottenere la riliquidazione della pensione. L’ente previdenziale non può negare il beneficio sulla base di una singola omissione, poiché non esiste una norma che preveda la decadenza del diritto.

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Contributi integrativi: stop ai pagamenti e diritto

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un ente previdenziale che negava il calcolo dei contributi integrativi a un lavoratore del settore gas a causa di una temporanea interruzione dei versamenti. La Corte ha stabilito che una singola interruzione non costituisce una rinuncia al diritto, specialmente quando il lavoratore aveva già maturato i requisiti per la pensione in regime di salvaguardia. Il ricorso dell’ente è stato giudicato generico e non in grado di contestare le precise motivazioni della corte d’appello.

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Somministrazione di lavoro: il ruolo del DVR

Un lavoratore ha richiesto la conversione del suo contratto di somministrazione di lavoro in un rapporto a tempo indeterminato, sostenendo irregolarità nel Documento di Valutazione dei Rischi (DVR). Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto la richiesta principale, pur riconoscendo differenze retributive. La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni precedenti, rigettando il ricorso del lavoratore. La Suprema Corte ha ribadito che la valutazione della completezza e adeguatezza del DVR è un accertamento di fatto che spetta ai giudici di merito e non può essere riesaminato in sede di legittimità, soprattutto in caso di ‘doppia conforme’. Ha inoltre dichiarato inammissibili i motivi di ricorso che mescolavano vizi di violazione di legge e di motivazione.

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Fondo integrativo gas: obbligo per società pubbliche

Un’azienda energetica, interamente controllata da un ente pubblico, contestava l’obbligo di iscrizione al Fondo integrativo gas, sostenendo che la sua gestione del servizio avveniva per affidamento diretto e non tramite concessione. La Corte di Cassazione ha chiarito che la forma giuridica della società (S.p.A.), in quanto entità di diritto privato, è il fattore decisivo. Di conseguenza, l’obbligo contributivo sussiste a prescindere dalla proprietà pubblica e dalla modalità di assegnazione del servizio, affermando la prevalenza della natura privatistica del veicolo giuridico utilizzato.

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