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Diritto Commerciale

Riserva di ricorso per cassazione: quando è inammissibile

Una compagnia petrolifera ha impugnato una decisione della Corte d’Appello che confermava l’inefficacia della risoluzione di un contratto con un gestore. Invece di un appello diretto, ha presentato una riserva di ricorso per cassazione, attendendo la sentenza definitiva del tribunale di primo grado. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che la riserva è inapplicabile quando la decisione d’appello risolve completamente il giudizio di impugnazione, rendendola immediatamente ricorribile.

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Riconoscimento sentenza straniera: limiti e ordine pubblico

Una società ha impugnato il riconoscimento in Italia di una sentenza canadese che rendeva esecutivo un Memorandum of Understanding per l’acquisto di quote societarie, lamentando la violazione dell’ordine pubblico. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, specificando che il controllo per il riconoscimento di una sentenza straniera non riesamina il merito della causa né l’applicazione del diritto estero, ma si limita a verificare che gli effetti della pronuncia non contrastino con i principi fondamentali dell’ordinamento italiano. La Corte ha ritenuto che la procedura canadese garantisse un risultato equivalente alle tutele previste dalla legge italiana.

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Corrispettivo aeroportuale: quando è legittimo?

Una compagnia aerea ha citato in giudizio una società petrolifera per la restituzione di un corrispettivo aeroportuale pagato per la fornitura di carburante, sostenendone l’illegittimità. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che il pagamento trova la sua legittima causa nel contratto di fornitura. La Corte ha inoltre chiarito che, nell’ambito di un’azione risarcitoria, spetta all’acquirente dimostrare di non aver trasferito il maggior costo (il c.d. “passing-on”) sui propri clienti.

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Abuso del diritto: no a interessi chiesti dopo anni

Una società fornitrice, dopo aver tollerato per circa vent’anni i pagamenti in ritardo da parte di un cliente, ha richiesto il pagamento degli interessi commerciali accumulati. La Corte d’Appello di Bari ha qualificato tale comportamento come un abuso del diritto. Secondo i giudici, il prolungato silenzio del creditore ha generato nel debitore un’aspettativa legittima che gli interessi non sarebbero stati richiesti. La richiesta tardiva, che ha fatto lievitare l’importo, è stata considerata contraria al principio di buona fede, portando alla revoca del decreto ingiuntivo e all’annullamento della pretesa creditoria.

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Accettazione tacita giurisdizione: quando non vale

La Cassazione ha stabilito che un convenuto straniero non manifesta un’accettazione tacita della giurisdizione italiana se le sue difese nel merito sono espressamente subordinate all’eccezione di difetto di giurisdizione. Nel caso, una banca estera, pur chiedendo misure cautelari, aveva sempre basato le sue istanze sulla fondatezza della sua eccezione principale, escludendo così una volontà di sottomettersi al giudice italiano.

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Principio di proporzionalità: la salute vince sul commercio

Una società di importazione carni ha citato in giudizio il Ministero della Salute per danni, sostenendo che le misure di emergenza adottate durante un’epidemia animale fossero sproporzionate e contrarie al diritto dell’UE. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che le misure restrittive erano legittime e giustificate dal principio di precauzione e dal principio di proporzionalità, data la gravità del rischio per la salute pubblica e animale.

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Eccezione di prescrizione: quando e come sollevarla

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società, confermando che l’eccezione di prescrizione su una domanda riconvenzionale deve essere sollevata entro la prima udienza di trattazione e non nelle memorie successive. La Suprema Corte ha ribadito il rigore dei termini processuali, dichiarando inammissibili gli altri motivi di ricorso per difetti di specificità e procedurali. La decisione sottolinea l’importanza di formulare tempestivamente tutte le difese per non incorrere in decadenze insanabili.

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Appalto di servizi di trasporto: la guida completa

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di una grande società committente al pagamento delle differenze retributive di un lavoratore, dipendente di una cooperativa subappaltatrice. La sentenza chiarisce che quando un contratto, pur formalmente di trasporto, prevede una serie continuativa e organizzata di prestazioni accessorie, si configura un appalto di servizi di trasporto. Questa qualificazione estende la responsabilità solidale del committente ai crediti del lavoratore, anche se non è il suo datore di lavoro diretto.

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Doppia ratio decidendi: ricorso inammissibile

Una società rivenditrice di macchinari agricoli ha citato in giudizio il produttore per il risarcimento del danno derivante dalla risoluzione di un contratto di vendita con un cliente finale, a causa di vizi del bene. I tribunali di merito hanno rigettato la domanda sulla base di una doppia ratio decidendi: prescrizione del diritto e difetto di prova del danno. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile poiché la società ricorrente non ha contestato specificamente la seconda ratio decidendi, rendendo irrilevante l’esame dei motivi relativi alla prescrizione.

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Inadempimento contrattuale: onere della prova del debitore

Una società fornitrice di alcol è stata condannata per inadempimento contrattuale a causa della non conformità del prodotto. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della società, ribadendo un principio fondamentale: in caso di inadempimento, spetta al debitore l’onere della prova di aver eseguito la prestazione in modo esatto, e non al creditore dimostrare il contrario.

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Separazione patrimoniale: la Cassazione chiarisce

Una società di gestione del risparmio (SGR) si opponeva a un’esecuzione forzata, sostenendo che il debito non fosse suo ma del fondo gestito, in virtù del principio di separazione patrimoniale. La Corte di Cassazione, pur dichiarando la cessazione della materia del contendere per l’annullamento del titolo esecutivo in un altro giudizio, ha analizzato il caso secondo il principio della soccombenza virtuale. Ha stabilito che l’opposizione sarebbe stata rigettata, poiché il titolo esecutivo condannava in modo inequivocabile la SGR a titolo personale e non quale gestore del fondo, impedendo un’interpretazione esterna del provvedimento.

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Incarico professionale società: chi paga i costi?

La Corte di Cassazione ha stabilito che i soci fondatori che conferiscono un incarico professionale per la costituzione di una società sono personalmente responsabili del pagamento dei compensi, anche se l’incarico è finalizzato alla creazione dell’ente. La Corte ha chiarito che tale rapporto non rientra nella tutela del consumatore e che la previsione statutaria di accollo delle spese da parte della società non libera automaticamente i committenti originari.

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Responsabilità solidale: prescrizione e titoli diversi

In un caso di responsabilità solidale per la sottrazione di beni in deposito, la Corte di Cassazione ha stabilito che a ciascun coobbligato si applica il proprio termine di prescrizione, a seconda che la sua responsabilità sia di natura contrattuale (decennale) o extracontrattuale (quinquennale). La Corte ha cassato la decisione di merito che aveva erroneamente applicato a entrambi i responsabili l’unico termine previsto per l’illecito penale. Resta fermo che gli atti interruttivi della prescrizione verso uno dei debitori hanno effetto su tutti.

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Cessione d'azienda e debiti: chi risponde?

Una recente sentenza della Corte d’Appello chiarisce la responsabilità dell’imprenditore a seguito di una cessione d’azienda. Il caso riguardava un contratto di associazione in partecipazione per un progetto immobiliare. L’imprenditore individuale ha poi conferito la sua azienda in una nuova società. La Corte ha stabilito che, in caso di cessione d’azienda, per i contratti non ancora esauriti si applica l’art. 2558 c.c., che prevede la successione automatica del cessionario nel contratto, liberando così il cedente da responsabilità personali per le obbligazioni future. La responsabilità del cedente per debiti pregressi (art. 2560 c.c.) si applica solo a debiti già consolidati al momento della cessione.

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Responsabilità appaltatore: quando è un nudus minister?

Una società committente lamentava il malfunzionamento di un impianto realizzato da un’altra impresa, difetto riconducibile a un componente progettato dalla committente stessa. La Corte di Cassazione ha chiarito che la responsabilità dell’appaltatore non è automaticamente esclusa in questi casi. L’appaltatore, infatti, ha il dovere professionale di verificare il progetto e segnalare eventuali errori evidenti. Può essere considerato un mero esecutore (‘nudus minister’), e quindi esente da colpa, solo se dimostra di aver avvisato il committente delle criticità e di aver proceduto solo a seguito della sua insistenza. La sentenza è stata cassata con rinvio per una nuova valutazione.

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Improcedibilità del ricorso: l'onere del deposito

Una società alimentare e la sua fideiussore hanno presentato ricorso in Cassazione contro una società fornitrice di contenitori metallici, in una disputa per vizi della fornitura. La Suprema Corte ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso perché le società ricorrenti, pur avendo dichiarato che la sentenza d’appello era stata loro notificata, non hanno depositato la copia della sentenza con la relativa relazione di notificazione entro il termine previsto dalla legge. Questa omissione formale ha reso impossibile per la Corte verificare la tempestività dell’impugnazione, determinando l’inammissibilità del ricorso a prescindere dal merito della controversia.

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Affitto d'azienda senza consenso: revoca amministratori

Una sentenza della Corte d’Appello ha confermato la revoca per giusta causa di due socie amministratrici di una S.n.c. per aver concesso in affitto d’azienda l’unico complesso aziendale senza il consenso della terza socia. La Corte ha stabilito che tale operazione, modificando sostanzialmente l’oggetto sociale, richiede il consenso unanime di tutti i soci ai sensi dell’art. 2252 c.c., poiché trasforma la natura dell’attività da produttiva a finanziaria. Lo statuto societario, inoltre, non prevedeva una deroga a tale principio per l’affitto d’azienda.

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Dichiarazione di fallimento: l'appello in Cassazione

Un’imprenditrice individuale e una società a responsabilità limitata hanno proposto ricorso per Cassazione avverso un’ordinanza del Tribunale che aveva confermato la dichiarazione di fallimento a carico della prima. Il caso verte sulla legittimità di tale provvedimento, con la Corte Suprema chiamata a pronunciarsi sulle censure mosse dai ricorrenti.

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Sgravi contributivi: no a gruppi di comodo

La Corte di Cassazione ha negato a un’impresa edile il diritto agli sgravi contributivi, confermando la tesi dell’INPS. È stato accertato che l’azienda faceva parte di un gruppo di società riconducibili a un unico centro decisionale familiare. L’aumento occupazionale dichiarato era fittizio, risultando da meri trasferimenti di personale tra le società collegate e non da un reale incremento netto della forza lavoro. La sentenza sottolinea che, per ottenere gli sgravi contributivi, l’incremento deve essere effettivo e calcolato sull’intero gruppo societario, ribadendo la prevalenza della sostanza sulla forma per prevenire abusi.

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Rappresentanza processuale s.n.c.: la notifica

Un lavoratore ha fatto causa al titolare di un’azienda agricola. La Corte d’Appello ha dichiarato inammissibile il suo gravame perché notificato alla società (S.n.c.) e non all’imprenditore individuale citato in primo grado. La Cassazione ha annullato la decisione, stabilendo che in tema di rappresentanza processuale s.n.c. irregolare, ciascun socio ha il potere di rappresentare la società. Di conseguenza, la notifica alla società era valida poiché sostanzialmente diretta alla stessa parte, anche se in una diversa qualità. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.

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