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Diritto Commerciale

Giudizio di rinvio: limiti e inammissibilità
Una società impugna la sentenza di una Corte d'Appello, emessa in sede di rinvio, sostenendo la mancata conclusione di un contratto di cessione d'azienda. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, poiché i motivi sollevati esulavano dai limiti del thema decidendum fissati dalla precedente ordinanza di cassazione. L'ordinanza ribadisce che il giudizio di rinvio è un procedimento chiuso, in cui non è consentito introdurre nuove questioni.
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Accordo di ristrutturazione e credito contestato
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società che si era vista respingere un accordo di ristrutturazione. La decisione si fonda sulla non corretta gestione di un credito contestato, ma ritenuto esistente dal giudice, che era stato inserito in un fondo rischi anziché essere garantito per l'integrale pagamento, come previsto per i creditori non aderenti. La Corte ha ribadito che il controllo del tribunale sull'accordo non è meramente formale, ma deve valutare la plausibilità e la ragionevolezza del piano, inclusa l'effettiva garanzia di pagamento per tutti i creditori estranei.
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Decreto ingiuntivo non opposto: le conseguenze
Una società, dichiarata fallita a seguito di un decreto ingiuntivo non opposto, ha impugnato la decisione sostenendo un vizio di notifica. La Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo che i vizi di notifica vanno eccepiti con l'opposizione tardiva e che il decreto definitivo fonda la richiesta di fallimento, gravando sul debitore l'onere di provare l'assenza dei requisiti per la fallibilità.
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Rigetto istanza fallimento: non è giudicato definitivo
Una società di costruzioni, dichiarata fallita, ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo che un precedente rigetto istanza fallimento avrebbe dovuto impedire una nuova azione. La Corte ha respinto il ricorso, chiarendo che tale rigetto non costituisce giudicato definitivo. Un creditore può quindi ripresentare l'istanza se basata su nuovi elementi, come un ulteriore credito che fa superare la soglia di legge.
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Clausola compromissoria e responsabilità precontrattuale
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 2145/2025, ha stabilito un importante principio in materia di clausola compromissoria. Il caso riguardava la vendita di un'azienda farmaceutica, in cui l'acquirente aveva successivamente scoperto che uno dei beni ceduti era oggetto di un procedimento amministrativo non dichiarato dalla venditrice. Dopo un primo lodo arbitrale che aveva ridotto il prezzo, l'acquirente agiva in tribunale per ottenere il risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale. La Suprema Corte ha chiarito che una clausola compromissoria generica, che devolve agli arbitri le controversie su interpretazione ed esecuzione del contratto, non si estende alle pretese di natura precontrattuale. Queste ultime, infatti, non trovano la loro fonte (causa petendi) nel contratto, ma nella violazione del dovere di buona fede durante le trattative, un obbligo imposto dalla legge. Pertanto, in assenza di un'esplicita volontà delle parti, la competenza per tali controversie rimane del giudice ordinario.
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Livello di attenzione del consumatore e marchio: il caso
La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di confondibilità tra marchi nel settore assicurativo. Una società aveva richiesto la registrazione di un marchio figurativo (un ombrello) con una dicitura, ma un'altra società si era opposta per la somiglianza con i propri marchi anteriori. La Cassazione ha annullato la decisione precedente, stabilendo che la Commissione dei ricorsi aveva errato nel non considerare adeguatamente l'elevato livello di attenzione del consumatore tipico dei servizi finanziari e assicurativi, un fattore decisivo per valutare il rischio di confusione.
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Clausola compromissoria fallimento: quando è valida?
La Corte di Cassazione ha stabilito la validità della clausola compromissoria nel fallimento quando il curatore agisce per recuperare crediti relativi a prestazioni già eseguite dalla società prima della dichiarazione di fallimento. Anche se la controparte deve insinuare i propri controcrediti nel passivo fallimentare, la domanda principale del curatore può essere decisa in sede arbitrale, confermando la separazione delle sedi di giudizio.
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Interpretazione contratto: la Cassazione chiarisce
Una disputa nasce da un accordo per la vendita di merce invenduta tra un'azienda produttrice e la nuova licenziataria di un noto marchio. L'azienda sosteneva l'obbligo di riacquisto, mentre la licenziataria lo negava, definendo l'intesa come un contratto-quadro non vincolante. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che l'interpretazione contratto è una valutazione di fatto riservata ai giudici di merito e che un accordo può legittimamente contenere clausole vincolanti (come il pagamento di royalties) e altre non vincolanti (come un'opzione di riacquisto) senza risultare contraddittorio.
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Responsabilità aggravata: quando l’azione è temeraria
La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per responsabilità aggravata a carico di due società che avevano intentato una causa personale contro il commissario straordinario di una banca. L'azione è stata giudicata temeraria perché confondeva la responsabilità dell'istituto con quella personale del commissario, era priva di prove di dolo o colpa grave e, soprattutto, mancava della necessaria autorizzazione preventiva della Banca d'Italia, rivelando un palese abuso del processo.
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Onere della prova: Cassazione e riesame dei fatti
Una società di factoring ha visto respinta la sua richiesta di pagamento per crediti sanitari ceduti, a causa del mancato assolvimento dell'onere della prova. La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha dichiarato inammissibile il ricorso, ribadendo che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti o le prove già valutate nei gradi di merito, ma solo di verificare la corretta applicazione della legge.
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Sospensione processo: quando il giudice può fermarsi?
La Corte di Cassazione interviene su un caso di sospensione del processo, annullando l'ordinanza di una Corte d'Appello. Il caso riguardava la responsabilità solidale di una società di revisione per una sanzione inflitta a un suo partner, sanzione poi annullata in un separato giudizio per 'ne bis in idem'. La Corte territoriale aveva sospeso il giudizio in attesa della pronuncia definitiva, ma la Cassazione ha ritenuto la sospensione illegittima per difetto di motivazione, poiché il giudice non aveva spiegato perché la prima sentenza fosse potenzialmente riformabile, requisito essenziale per la sospensione facoltativa.
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Esdebitazione e riabilitazione penale: il caso
La Corte di Cassazione ha stabilito che l'esito positivo dell'affidamento in prova ai servizi sociali non è equiparabile alla riabilitazione penale ai fini della concessione dell'esdebitazione. Un imprenditore fallito, condannato per omesso versamento di ritenute, si è visto negare il beneficio della liberazione dai debiti residui perché, nonostante l'esito positivo della misura alternativa, non aveva ottenuto la specifica riabilitazione penale richiesta dalla legge fallimentare. La Corte ha sottolineato la diversa natura e finalità dei due istituti, escludendo un'interpretazione estensiva della norma.
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Risoluzione contratto affiliazione: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di risoluzione contratto affiliazione commerciale (franchising). A seguito di un grave episodio avvenuto in un punto vendita, la casa madre aveva risolto tutti e tre i contratti con l'affiliato. L'organo arbitrale prima, e la Corte d'Appello poi, hanno ritenuto la risoluzione giustificata solo per il negozio coinvolto, qualificando la cessazione degli altri due rapporti come recesso. La Cassazione ha rigettato il ricorso dell'affiliato, confermando la decisione e chiarendo i limiti di impugnazione del lodo arbitrale e il principio di proporzionalità.
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Onere della prova: Cassazione su indennizzo parziale
Una società di servizi ha citato in giudizio una compagnia telefonica per il mancato pagamento di un indennizzo di fine rapporto. L'indennizzo doveva essere calcolato sui compensi degli ultimi tre anni, ma la documentazione per un anno era mancante. La Corte di Appello ha respinto la richiesta, ma la Corte di Cassazione ha annullato la decisione. Ha stabilito che il giudice avrebbe dovuto calcolare l'indennizzo sulla base dei due anni documentati, evidenziando il corretto funzionamento dell'onere della prova e il divieto di 'non liquet' per il giudice.
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Difetto di giurisdizione: vendita a un extra-UE
La Corte di Cassazione ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano in una controversia tra una società italiana e due società israeliane per il pagamento di una fornitura di beni. La Corte ha stabilito che, anche se il convenuto non è domiciliato in UE, si applicano i criteri del Regolamento (UE) n. 1215/2012. Per i contratti di vendita, la giurisdizione spetta al giudice del luogo in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati, che nel caso di specie era Israele.
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Assegno in garanzia: i rischi secondo la Cassazione
Un cliente ha citato in giudizio una casa da gioco per l'incasso di un assegno da 5.000 euro, asseritamente consegnato in bianco a scopo di garanzia. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. È stato stabilito che il patto di garanzia legato a un assegno bancario è nullo, in quanto snatura la sua funzione di strumento di pagamento. Inoltre, la responsabilità per il protesto ricade sull'emittente, il quale, non assicurando la copertura dei fondi, si assume consapevolmente tutti i rischi derivanti dall'emissione del titolo.
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Risarcimento danni utilizzatore leasing: chi paga?
Una società utilizzatrice di un fondo edificatorio in leasing scopre un'occupazione abusiva del sottosuolo da parte del confinante, preesistente al contratto. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 2523/2025, affronta il tema del risarcimento danni utilizzatore leasing. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso dell'utilizzatore contro la società di leasing, confermando la decisione d'appello. La motivazione centrale (ratio decidendi) è che il diritto al risarcimento spetta a chi era proprietario al momento del danno, e non si trasferisce automaticamente con il bene. L'utilizzatore non può agire per un danno sorto prima di acquisire la detenzione del bene.
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Legittimazione processuale del fallito: la Cassazione
A seguito di un ricorso presentato da alcuni garanti e da una società, poi fallita, contro una condanna al pagamento, la Corte di Appello aveva negato la legittimazione ad agire alla società fallita, poiché la Curatela non si era costituita in giudizio. La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, ha rilevato la complessità della questione sulla legittimazione processuale del fallito. In particolare, si chiede se il fallito possa impugnare una sentenza per tutelarsi da future pretese, anche in caso di disinteresse del curatore. Per l'importanza nomofilattica della questione, ha rinviato la causa alla pubblica udienza per una decisione approfondita.
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Credito professionista associato: a chi spetta?
Un professionista, associato a uno studio, agiva per il riconoscimento privilegiato di un credito verso una holding in concordato. La Cassazione ha confermato la sua titolarità personale del credito, e non dello studio, basandosi sulla documentazione che provava un incarico intuitu personae. La decisione distingue la titolarità del credito professionista associato dalla mera gestione contabile dello studio.
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Errore di fatto: quando non si può revocare la Cassazione
Una società subappaltatrice ha tentato di revocare una sentenza della Cassazione per un presunto errore di fatto nella valutazione di una rinuncia processuale. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che una diversa interpretazione degli atti costituisce un errore di giudizio, non un errore di fatto, e non può essere usata per un secondo appello.
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