La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 2145/2025, ha stabilito un importante principio in materia di clausola compromissoria. Il caso riguardava la vendita di un'azienda farmaceutica, in cui l'acquirente aveva successivamente scoperto che uno dei beni ceduti era oggetto di un procedimento amministrativo non dichiarato dalla venditrice. Dopo un primo lodo arbitrale che aveva ridotto il prezzo, l'acquirente agiva in tribunale per ottenere il risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale. La Suprema Corte ha chiarito che una clausola compromissoria generica, che devolve agli arbitri le controversie su interpretazione ed esecuzione del contratto, non si estende alle pretese di natura precontrattuale. Queste ultime, infatti, non trovano la loro fonte (causa petendi) nel contratto, ma nella violazione del dovere di buona fede durante le trattative, un obbligo imposto dalla legge. Pertanto, in assenza di un'esplicita volontà delle parti, la competenza per tali controversie rimane del giudice ordinario.
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