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Diritto Commerciale

Usura leasing: esclusi IRS e penali dal calcolo
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 690/2025, ha stabilito che ai fini della verifica dell'usura leasing, non è possibile sommare i costi derivanti da un contratto accessorio di Interest Rate Swap (IRS) né la penale per l'estinzione anticipata. La Corte ha ribadito il principio secondo cui non si possono cumulare oneri con funzioni eterogenee, come gli interessi corrispettivi, quelli moratori e le penali per il recesso, poiché si applicano in circostanze diverse e non sovrapponibili. Il ricorso di una società che lamentava l'usurarietà del proprio contratto di lease back è stato quindi respinto.
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Clausola risolutiva espressa: la Cassazione conferma
La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità della risoluzione di un contratto di leasing tramite clausola risolutiva espressa a seguito del mancato pagamento di diverse rate. L'utilizzatore aveva invocato l'esimente della forza maggiore, legata a un evento sismico, ma i giudici hanno ritenuto la sua prova insufficiente. Il ricorso in Cassazione, basato su una presunta anomalia motivazionale della sentenza d'appello, è stato rigettato in quanto la motivazione è stata giudicata chiara, logica e completa, confermando che il grave inadempimento giustificava la risoluzione del contratto e la restituzione del bene.
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Clausola rischio cambio: quando è valida nel leasing?
La Corte di Cassazione interviene su un caso di leasing immobiliare con una clausola rischio cambio legata al franco svizzero. I giudici di merito avevano dichiarato la nullità della clausola per indeterminatezza e per 'immeritevolezza', ritenendola troppo speculativa e sbilanciata. La Cassazione, pur confermando la nullità per indeterminatezza in altri casi, ha accolto il ricorso sul punto della meritevolezza. Ha stabilito che il giudizio di 'immeritevolezza' non deve basarsi sulla convenienza economica o sulla rischiosità della clausola, ma esclusivamente sullo scopo perseguito dalle parti, che è illecito solo se contrario ai principi fondamentali dell'ordinamento. La causa è stata rinviata alla Corte d'Appello per una nuova valutazione basata su questo principio.
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Garanzia autonoma: quando il garante non può opporsi
Una banca ha richiesto l'ammissione di un credito verso una società fallita, derivante da una garanzia autonoma. I giudici di merito avevano negato parte della richiesta per mancata prova del credito sottostante. La Cassazione ha ribaltato la decisione, chiarendo che in una garanzia autonoma il creditore non deve provare il rapporto principale. L'unico limite è l'eccezione di dolo (exceptio doli), ovvero la prova di una richiesta fraudolenta da parte del creditore, che deve essere fornita dal garante.
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Risoluzione contratto franchising e abuso del diritto
La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di risoluzione contratto franchising per inadempimento. Un'azienda affiliata si opponeva alla risoluzione, sostenendo l'esistenza di un accordo verbale per il pagamento rateale dei canoni non pagati. La Corte ha respinto il ricorso dell'affiliato, confermando le decisioni dei gradi precedenti, per motivi procedurali e di merito. In particolare, è stata sottolineata la mancata prova dell'accordo rateale e l'assenza di un abuso del diritto da parte dell'azienda franchisor, data la persistenza del debito. Il controricorso del franchisor è stato dichiarato inammissibile per un vizio nella procura.
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Autosufficienza del ricorso: Cassazione inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una compagnia assicurativa contro una sentenza della Corte d'Appello che aveva riconosciuto la validità di una garanzia a prima richiesta. La decisione si fonda sulla violazione del principio di autosufficienza del ricorso, poiché la parte ricorrente non ha adeguatamente riprodotto negli atti i documenti e le argomentazioni essenziali per consentire alla Corte di valutare la fondatezza dei motivi di impugnazione.
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Garanzia autonoma: chi paga se il debito non c’è?
La Corte di Cassazione chiarisce i rimedi a disposizione del garante in un contratto di garanzia autonoma. A seguito del pagamento al creditore, se il debito sottostante viene annullato, il garante non può agire per la restituzione contro il creditore beneficiario, ma deve esperire l'azione di regresso nei confronti del debitore principale. Solo in caso di escussione fraudolenta della garanzia è ammessa l'azione diretta contro il creditore.
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Vendita su campione: decadenza e aliud pro alio
La Corte di Cassazione chiarisce i confini tra vizio e 'aliud pro alio' in una vendita su campione. Un'impresa edile aveva contestato la fornitura di infissi non conformi al campione, ma lo aveva fatto oltre il termine di 8 giorni. La Corte ha stabilito che, trattandosi di un bene dello stesso genere (infissi in legno) seppur difforme, non si configurava un 'aliud pro alio' ma un vizio soggetto al termine di decadenza. Di conseguenza, la denuncia tardiva ha fatto perdere all'acquirente il diritto di far valere la garanzia.
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Predivulgazione brevetto: come annulla la novità
La Corte di Cassazione ha confermato la nullità di un brevetto relativo a un metodo di fabbricazione di gioielli. La decisione si fonda sulla predivulgazione brevetto, ovvero la diffusione dell'invenzione a terzi per la produzione e commercializzazione prima della data di deposito della domanda. Nonostante la società titolare del brevetto contestasse le prove, la Corte ha ritenuto che la divulgazione a un numero anche limitato di operatori del settore, capaci di riprodurre l'invenzione, fosse sufficiente a distruggere il requisito della novità, rendendo il brevetto nullo fin dall'origine. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
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Titolo esecutivo: l’interpretazione e i limiti
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un'azienda di rubinetteria contro una federazione di produttori di acqua minerale. Il caso riguardava l'interpretazione di un titolo esecutivo provvisorio (un'ordinanza cautelare che inibiva l'uso di uno slogan pubblicitario). La Corte ha stabilito che l'interpretazione della portata di un'ordinanza cautelare da parte del giudice di merito non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che non sia manifestamente implausibile, trattandosi di una valutazione di fatto. Viene inoltre ribadito che un'ordinanza cautelare non costituisce un titolo giudiziale definitivo e non acquisisce forza di giudicato.
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Eccezione di compensazione nel fallimento: la difesa
Una società, convenuta in giudizio per un pagamento da una curatela fallimentare, ha opposto in compensazione un proprio controcredito derivante dallo stesso contratto. La Corte di Cassazione, riformando la decisione di merito, ha chiarito che l'eccezione di compensazione, se usata come mera difesa per paralizzare la pretesa avversaria, è sempre ammissibile nel giudizio ordinario e non va confusa con una domanda riconvenzionale, che invece deve essere insinuata nel passivo fallimentare.
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Ricorso inammissibile: motivi e conseguenze pratiche
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una società di produzione cinematografica contro la risoluzione di un contratto di associazione in partecipazione. La decisione si fonda su vizi procedurali, tra cui il difetto di autosufficienza, la contestazione di valutazioni di fatto riservate al merito e la proposizione di questioni nuove. La sentenza conferma l'importanza di rispettare le rigide regole formali del giudizio di legittimità, ribadendo che il mancato adempimento a obblighi contrattuali essenziali, come la rendicontazione dei costi, giustifica la risoluzione del contratto.
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Clausola simul stabunt: quando c’è risarcimento?
La Corte di Cassazione ha stabilito che la cessazione dalla carica di amministratore, dovuta all'applicazione della clausola simul stabunt, simul cadent, non equivale a una revoca e non dà automaticamente diritto a un risarcimento. Due consiglieri di un organo di sorveglianza, decaduti a seguito della revoca di altri membri, avevano chiesto un indennizzo. La Corte ha respinto il ricorso, chiarendo che il risarcimento spetta solo se si prova un uso abusivo della clausola, finalizzato a estromettere ingiustamente specifici consiglieri, prova che in questo caso non è stata fornita.
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Revoca del contributo: la condotta illecita la giustifica
La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità della revoca del contributo pubblico a una società, il cui legale rappresentante aveva commesso illeciti ambientali. La Corte ha stabilito che la condotta illecita generale dell'impresa, anche se avvenuta in un sito diverso da quello finanziato e con reati prescritti, viola gli obblighi di legge e giustifica la revoca del finanziamento. Il ricorso della società è stato dichiarato inammissibile per motivi procedurali e di merito.
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Marchio rinomato: tutela contro l’indebito vantaggio
Una società alimentare ha modificato il proprio marchio storico, eliminando la parola descrittiva "pasta" e adottando uno stile grafico quasi identico a quello di un noto marchio rinomato del settore moda e arredamento. La titolare del marchio celebre ha agito in giudizio, ottenendo ragione. La Corte di Cassazione ha confermato la nullità del nuovo marchio della società alimentare, stabilendo che il rebranding costituiva un chiaro tentativo di "freeriding", ovvero di trarre un indebito vantaggio dalla reputazione e dal potere attrattivo del marchio rinomato, giustificando così una tutela estesa anche a categorie merceologiche diverse.
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Marchio rinomato: la Cassazione tutela il brand noto
Una società leader nel settore della moda, titolare di un celebre marchio, ha citato in giudizio un'azienda alimentare per l'utilizzo di un nome simile nei propri marchi di pasta. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione d'appello, stabilendo che la tutela del marchio rinomato si estende anche a prodotti di settori merceologici diversi, al fine di impedire che altri traggano un indebito vantaggio dalla sua notorietà. La Corte ha chiarito che non è necessario dimostrare un rischio di confusione per il pubblico, ma è sufficiente che l'uso del secondo marchio possa agganciarsi alla fama del primo.
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Transazione pro quota: la Cassazione fa chiarezza
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 1203/2025, interviene su un complesso caso di garanzie solidali. Una banca aveva concluso una transazione con uno dei garanti di un cospicuo finanziamento. Un altro garante, una compagnia assicurativa in liquidazione, pretendeva di estendere a sé i benefici di tale accordo per ridurre il proprio debito. La Corte ha stabilito che, data la chiara formulazione del contratto, si trattava di una transazione pro quota, destinata a liberare solo il debitore che l'aveva stipulata. La sentenza del giudice di merito, che aveva erroneamente interpretato l'accordo come esteso all'intero debito, è stata cassata con rinvio, ribadendo la centralità dell'interpretazione letterale e logica del contratto.
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Interessi moratori automatici: la Cassazione conferma
La Corte di Cassazione ha confermato che, nelle transazioni commerciali, gli interessi moratori automatici si applicano anche alle Pubbliche Amministrazioni. Un'azienda sanitaria pubblica si era opposta al pagamento degli interessi sostenendo la necessità di un atto formale di costituzione in mora. La Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che il D.Lgs. 231/2002, in attuazione di direttive europee contro i ritardi di pagamento, prevede una decorrenza automatica degli interessi dal giorno successivo alla scadenza del termine, senza bisogno di alcuna richiesta formale da parte del creditore.
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Forma scritta contratti PA: la Cassazione decide
Una società fornitrice di dispositivi medici ha citato in giudizio un'azienda sanitaria per interessi di mora. La Corte d'Appello ha respinto la domanda, ritenendo nullo il contratto per difetto della forma scritta contratti PA prevista dal Codice Appalti del 2006. La Cassazione ha annullato la decisione, rilevando che il giudice avrebbe dovuto prima verificare la data dei contratti: se anteriori al 2006, si sarebbe dovuta applicare una normativa precedente meno restrittiva. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.
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Prova procacciatore d’affari: testimonianza valida
Un procacciatore d'affari si è visto negare il diritto alle provvigioni nei primi due gradi di giudizio per mancanza di prove scritte. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che per la prova del procacciatore d'affari non è richiesta la forma scritta. Di conseguenza, la prova per testimoni è un mezzo valido per dimostrare l'attività di intermediazione svolta. La Corte ha cassato la sentenza e rinviato il caso alla Corte d'Appello per una nuova valutazione delle testimonianze richieste.
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