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Diritto Commerciale

Onere della prova e procura estera: la Cassazione
Una società estera agisce in revocatoria contro un fondo patrimoniale. Il debitore contesta la validità della procura della società e le prove prodotte. La Cassazione, nel dichiarare il ricorso inammissibile, chiarisce i principi sull'onere della prova in materia di rappresentanza societaria estera e sulla sufficienza della nota di trascrizione, ribadendo l'importanza del principio di autosufficienza del ricorso.
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Responsabilità CFO: la Cassazione conferma la sanzione
Un manager con il ruolo di Chief Financial Officer (CFO) di un istituto bancario è stato sanzionato dall'autorità di vigilanza per irregolarità e omissioni informative relative a una complessa operazione finanziaria. Dopo il rigetto della sua opposizione da parte della Corte d'Appello, il dirigente ha presentato ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la sanzione e delineando i contorni della responsabilità CFO. La decisione sottolinea che il ruolo del CFO non è meramente formale, ma implica una posizione di garanzia che impone un dovere attivo di verifica e di corretta comunicazione verso gli organi di vigilanza, anche per operazioni iniziate prima dell'assunzione della carica.
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Trasferimento ramo d’azienda: i limiti della Cassazione
Una società cedente trasferiva a un'altra quella che definiva una parte della sua attività, escludendo alcuni dipendenti. La Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito, qualificando l'operazione non come un legittimo trasferimento ramo d'azienda, ma come una cessione dell'intera azienda mascherata. Tale manovra, volta a eludere le tutele per i lavoratori previste dall'art. 2112 c.c., è stata dichiarata illegittima, ribadendo che l'accertamento dei fatti spetta ai giudici di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se correttamente motivato.
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Prededuzione credito: non si trasferisce con la cessione
Il credito di un fornitore, sorto durante la procedura di concordato preventivo di una società, è stato richiesto in prededuzione nel successivo fallimento dell'azienda acquirente. La Corte di Cassazione ha negato la prededuzione del credito, chiarendo che si tratta di un attributo procedurale legato a una specifica procedura concorsuale e non si trasferisce automaticamente con il debito in caso di cessione d'azienda, mancando il nesso funzionale con la nuova procedura.
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Azione revocatoria: dolo specifico per atti anteriori
La Corte di Cassazione conferma che, in un'azione revocatoria, se l'atto di disposizione del debitore è anteriore al sorgere del credito, il creditore deve provare il 'dolo specifico', ossia la preordinazione dolosa dell'atto al fine di pregiudicare il futuro creditore. Il 'dolo generico', ovvero la semplice consapevolezza di arrecare danno, non è sufficiente. La Corte ha rigettato il ricorso di una società creditrice che non ha fornito tale prova specifica contro un debitore che aveva conferito il proprio patrimonio in una nuova società prima di contrarre il debito.
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Consecuzione delle procedure e revocatoria fallimentare
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 11647/2025, ha stabilito un principio cruciale in materia di azione revocatoria fallimentare. In un caso in cui un fallimento è seguito a una procedura di concordato preventivo, la Corte ha affermato che, in virtù della consecuzione delle procedure, la normativa applicabile e i relativi termini di decadenza devono essere individuati con riferimento alla data di inizio della prima procedura (il concordato) e non a quella della successiva dichiarazione di fallimento. Di conseguenza, ha rigettato il ricorso di un creditore che sosteneva l'applicabilità di una normativa diversa basata sulla data del fallimento. La Corte ha inoltre dichiarato inammissibile il motivo relativo alla prova della conoscenza dello stato di insolvenza, ribadendo che tale accertamento di fatto spetta al giudice di merito.
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Azione revocatoria ordinaria: la prova dell’eventus damni
Una società in fallimento ha agito in giudizio per revocare la cessione di alcuni beni (macchinari e un'imbarcazione) a un'altra società. La Corte d'Appello aveva confermato la revoca basandosi sull'azione revocatoria ordinaria. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza, rilevando che i giudici di merito non avevano adeguatamente verificato il presupposto dell'eventus damni, ovvero il concreto pregiudizio per i creditori. Secondo la Suprema Corte, il curatore fallimentare ha l'onere di fornire una prova rigorosa della situazione patrimoniale del debitore al momento dell'atto, dimostrando che la cessione ha reso oggettivamente più difficile il soddisfacimento dei crediti. Il caso è stato rinviato alla Corte d'Appello per un nuovo esame su questo punto specifico.
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Liberazione soci trasformazione: serve consenso formale
La Corte di Cassazione ha stabilito che la liberazione dei soci da responsabilità per debiti anteriori alla trasformazione di una società di persone in società di capitali non può essere presunta. È necessaria una comunicazione formale della trasformazione al creditore, come previsto dall'art. 2500-quinquies c.c. Il semplice fatto che il creditore sia a conoscenza della trasformazione o emetta fatture alla nuova società non è sufficiente a dimostrare il consenso alla liberazione. Di conseguenza, in assenza di tale comunicazione formale, gli ex soci rimangono illimitatamente responsabili.
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Affitto di azienda in sanità: non serve accredito
La Corte di Cassazione chiarisce la natura del contratto tra una casa di cura e un'azienda ospedaliera. Se la prima si limita a fornire la struttura e il personale non medico, mentre la seconda impiega i propri medici, si configura un affitto di azienda e non una prestazione sanitaria. Di conseguenza, la mancanza di accreditamento della casa di cura non rende nullo il contratto. La Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva dichiarato la nullità, rinviando il caso per un nuovo esame.
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Affitto di azienda in sanità: accreditamento non serve
La Corte di Cassazione ha stabilito che un contratto con cui un'azienda sanitaria pubblica utilizza la struttura di una clinica privata, avvalendosi del proprio personale medico, si qualifica come affitto di azienda. Di conseguenza, la validità del contratto non dipende dal possesso dell'accreditamento sanitario da parte della clinica, poiché quest'ultima non eroga direttamente servizi sanitari per conto del Servizio Sanitario Nazionale, ma si limita a locare un complesso di beni organizzati. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell'azienda sanitaria, confermando la decisione d'appello.
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Cessione di azienda: la responsabilità del cessionario
La Corte di Cassazione conferma che, in una cessione di azienda, l'acquirente è responsabile in solido per i debiti del venditore se questi risultano dalle scritture contabili obbligatorie. La sentenza chiarisce che anche le scritture ausiliarie, come i partitari, rientrano in tale nozione. Viene respinto il ricorso dell'acquirente, che contestava la validità delle prove contabili e cercava di rivalersi su un garante terzo, estraneo al rapporto di cessione.
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Ricorso per cassazione: inammissibile senza i fatti
Una società presenta un ricorso per cassazione contro una sentenza in materia di leasing, ma la Corte lo dichiara inammissibile. La motivazione risiede nella mancata esposizione sommaria dei fatti di causa, requisito essenziale previsto dall'art. 366 c.p.c., che impedisce alla Corte di valutare la fondatezza delle censure.
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Ricorso per cassazione inammissibile: l’errore fatale
Un'azienda edile ha presentato un ricorso per cassazione contro la decisione della Corte d'Appello in una controversia su un contratto di affitto d'azienda con un'impresa poi fallita. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso per cassazione inammissibile perché la società ricorrente ha depositato la sentenza di primo grado invece di quella d'appello impugnata, violando un requisito procedurale essenziale.
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Rinuncia al ricorso: estinzione del giudizio
Una società di cantieristica navale presenta ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d'Appello relativa a una locazione commerciale. Prima dell'udienza, la società presenta una rinuncia al ricorso, che viene formalmente accettata dalla controparte. Di conseguenza, la Corte di Cassazione dichiara l'estinzione del giudizio, stabilendo che, data l'accettazione, non si procede alla condanna alle spese.
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Sale and lease back: quando è nullo per violazione?
La Corte di Cassazione conferma la nullità di un contratto di sale and lease back utilizzato per eludere il divieto di patto commissorio. La sentenza chiarisce che la presenza di difficoltà economiche del venditore, la sproporzione tra il valore del bene e il prezzo, e l'uso del prezzo per estinguere debiti preesistenti verso una parte correlata al compratore sono indici di illiceità. La Corte ha inoltre ribadito che le domande di credito verso un fallimento devono essere proposte nella procedura concorsuale e non tramite domanda riconvenzionale in un giudizio ordinario.
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Giudizio di rinvio: limiti e obblighi contrattuali
Una società in amministrazione straordinaria contesta un debito per fornitura di gas, inclusi extra-costi per mancata prenotazione della capacità. La Cassazione chiarisce i limiti del giudizio di rinvio, stabilendo che il giudice deve attenersi al principio di diritto indicato, anche se ciò porta a confermare la quantificazione del credito della sentenza annullata. La corretta interpretazione del contratto, che include l'onere per l'utente di comunicare il fabbisogno energetico, è un accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità se ben motivato.
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Interessi moratori commerciali: ammessi in fallimento
Una società in amministrazione straordinaria ha impugnato l'ammissione al passivo di un credito di un fornitore, contestando in particolare la debenza degli interessi moratori commerciali. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo un principio fondamentale: gli interessi moratori commerciali, previsti dal D.Lgs. 231/2002, maturati prima dell'apertura della procedura concorsuale, devono essere ammessi al passivo. La Corte ha inoltre respinto gli altri motivi relativi alla valutazione delle prove e alla liquidazione delle spese legali.
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Opposizione a decreto ingiuntivo: appello respinto
Una società e i suoi garanti hanno presentato opposizione a decreto ingiuntivo emesso su richiesta di una banca, lamentando tassi usurari e vizi contrattuali. La Corte di Appello ha respinto il gravame, confermando la sentenza di primo grado e le conclusioni della perizia tecnica (CTU), ritenendo infondate le contestazioni sulla riunione dei giudizi, sulla nullità del contratto e sulla presunta condotta illecita della banca.
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Legittimazione passiva: chi paga il canone consortile?
Un Gestore Unico del servizio idrico integrato ha impugnato una sentenza che lo condannava al pagamento di canoni a un Consorzio di Bonifica. L'appellante ha eccepito la propria carenza di legittimazione passiva, sostenendo di non aver mai gestito effettivamente il servizio nei periodi contestati. La Corte d'Appello ha parzialmente accolto il ricorso, stabilendo che l'obbligo di pagamento sorge solo con l'effettiva presa in carico del servizio e il conseguente beneficio tratto dalle opere consortili. Per i periodi in cui il servizio era ancora gestito dai Comuni, il Gestore Unico è stato ritenuto privo di legittimazione passiva.
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Libertà di stabilimento: legge UE vince su quella italiana
Una società con sede legale in Lussemburgo ma con il suo patrimonio principale in Italia ha contestato l'applicazione del diritto societario italiano ai suoi atti di gestione interna. La Corte di Cassazione, seguendo una pronuncia della Corte di Giustizia Europea, ha stabilito che il principio di libertà di stabilimento impone l'applicazione della legge del paese di costituzione della società (Lussemburgo). Di conseguenza, ha annullato la decisione della Corte d'Appello che aveva applicato la legge italiana, rinviando il caso per una nuova valutazione basata sul diritto lussemburghese.
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