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Diritto Commerciale

Onere della prova inadempimento: chi deve provare?
Un'azienda di servizi non viene pagata dal cliente che lamenta l'inadempimento. La Cassazione chiarisce l'onere della prova inadempimento: una volta che il cliente contesta specificamente il servizio, spetta al fornitore dimostrare di aver adempiuto correttamente. Il ricorso è stato rigettato.
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Autonomia funzionale ramo d’azienda: la Cassazione decide
Un gruppo di dipendenti ha contestato la cessione del ramo d'azienda recupero crediti da un grande gruppo bancario a una società specializzata. La Corte di Cassazione ha invalidato l'operazione, stabilendo che il requisito dell'autonomia funzionale del ramo d'azienda non è soddisfatto se questo, per operare, rimane dipendente dalle strutture organizzative dell'azienda cedente. La sentenza della Corte d'Appello è stata quindi annullata con rinvio.
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Contributi trasporto pubblico: taglio se c’è efficienza
Una società di trasporti ha citato in giudizio una Regione per la riduzione dei suoi contributi compensativi annuali. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del tribunale di secondo grado. Il motivo principale è che l'azienda aveva ottenuto, attraverso misure di efficientamento, un risparmio sui costi superiore alla riduzione dei contributi trasporto pubblico. Di conseguenza, il suo equilibrio economico-finanziario non è stato compromesso, rendendo legittima la riduzione.
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Contributi pubblici: taglio se l’azienda è efficiente?
La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di una società di trasporti che si opponeva alla riduzione dei contributi pubblici da parte di un Ente Regionale. La riduzione era stata motivata dal fatto che la società aveva ottenuto significativi risparmi di costo grazie a misure di efficientamento interno e aveva ricevuto ulteriori fondi statali. La Corte ha dichiarato il ricorso della società inammissibile, confermando la decisione d'appello. La sentenza impugnata si basava su una duplice motivazione: l'assenza di norme che fissino una soglia minima per i contributi pubblici e la constatazione fattuale che l'equilibrio economico-finanziario dell'azienda era comunque salvaguardato. Il ricorso non ha efficacemente contestato quest'ultimo punto, rendendo l'intera impugnazione inammissibile.
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Cessione di azienda bancaria: chi paga i debiti?
Un intermediario assicurativo, vittima di un illecito commesso con la complicità di un dipendente di una banca, ottiene una condanna al risarcimento. Nel frattempo, la banca viene posta in liquidazione e cede la sua azienda a un altro istituto di credito. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, chiarisce che in caso di cessione di azienda bancaria, i debiti derivanti da controversie legali già pendenti al momento della cessione si trasferiscono all'istituto acquirente. La Corte ha stabilito che la norma speciale (art. 3 d.l. 99/2017) esclude dalla cessione solo le passività relative a cause iniziate *dopo* la data di cessione, anche se per fatti anteriori. Poiché la causa in questione era già in corso, il debito rientra a pieno titolo tra quelli trasferiti alla banca cessionaria, che è quindi tenuta a pagare.
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Polizze Unit Linked: il contratto quadro è necessario?
Un investitore ha acquistato delle polizze unit linked e ha poi citato in giudizio la compagnia assicurativa per nullità del contratto, sostenendo la necessità di un contratto quadro preliminare. Dopo una vittoria in primo grado e una sconfitta in appello, il caso è giunto in Cassazione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso dell'investitore inammissibile per motivi procedurali, in quanto le critiche alla sentenza d'appello erano generiche e non specifiche. La Corte ha inoltre confermato che l'incertezza giurisprudenziale sul tema delle polizze unit linked giustifica la compensazione delle spese legali tra le parti.
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Polizze linked: la Cassazione conferma la nullità
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una compagnia assicurativa, confermando la nullità di una polizza linked. La Corte ha ribadito che, se il rischio finanziario grava interamente sul cliente senza garanzia del capitale, il contratto si qualifica come prodotto finanziario e deve rispettare le norme del Testo Unico della Finanza (TUF), pena la nullità.
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Cessione d’azienda: quando si ereditano i debiti
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 15159/2025, ha stabilito che in caso di cessione d'azienda, l'acquirente subentra nei contratti non ancora conclusi, inclusi quelli di appalto pubblico il cui collaudo sia ancora provvisorio. Nel caso specifico, una società che aveva acquistato un'azienda edile è stata ritenuta responsabile per i danni derivanti dal crollo di un'opera realizzata dalla società venditrice, poiché al momento della cessione il rapporto contrattuale con il Comune committente era ancora pendente.
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Ricorso per cassazione: i requisiti di ammissibilità
Una società di servizi ricorre in Cassazione dopo che i tribunali di merito hanno respinto la sua richiesta di pagamento derivante da un affitto di ramo d'azienda. La Suprema Corte dichiara il ricorso per cassazione inammissibile per gravi vizi procedurali, tra cui una carente esposizione dei fatti e la violazione del principio di autosufficienza, ribadendo i rigorosi requisiti formali per l'accesso al giudizio di legittimità.
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Clausola risolutiva: no alla rinegoziazione del canone
La Corte di Cassazione ha confermato la risoluzione di un contratto di affitto d'azienda a causa del mancato pagamento dei canoni. La società affittuaria aveva invocato l'emergenza Covid-19 come giustificazione, ma i giudici hanno stabilito che la pandemia non esonera automaticamente dalla responsabilità, specialmente in assenza di prove concrete sul danno economico subito. La Corte ha ritenuto legittimo l'uso della clausola risolutiva espressa da parte del concedente, respingendo la richiesta di rinegoziazione del canone per mancanza di buona fede dell'affittuaria, che aveva interrotto totalmente i pagamenti.
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Presunzione di pagamento: la Cassazione decide un caso
Un venditore di un'attività commerciale ha citato in giudizio l'erede dell'acquirente per un presunto mancato pagamento. L'erede, tuttavia, possedeva i vaglia cambiari originali, invocando così una presunzione di pagamento. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del venditore, confermando la decisione della Corte d'Appello. Il principio chiave è che il possesso del titolo di credito da parte del debitore costituisce una presunzione legale di avvenuto pagamento, e il creditore non è riuscito a fornire una prova contraria valida.
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Responsabilità contrattuale fornitore: oneri e doveri
Una società fornitrice ha citato in giudizio il proprio cliente per risarcimento danni, sostenendo che quest'ultimo non avesse garantito le condizioni necessarie (allaccio elettrico di un impianto) per l'esecuzione di un contratto di fornitura. La Corte di Cassazione, confermando le decisioni dei gradi precedenti, ha respinto la domanda, stabilendo che la responsabilità contrattuale per la predisposizione di tutti i mezzi necessari all'adempimento grava sul fornitore, salvo che il contratto disponga diversamente. È stato inoltre escluso l'istituto della "presupposizione", poiché la condizione mancata non era indipendente dall'attività del fornitore stesso.
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Pay back farmaci: vale l’offerta, non l’aggiudica
Una società farmaceutica si è vista contestare il pagamento di una fornitura da un'Azienda Sanitaria, la quale pretendeva uno sconto del 5% su farmaci oggetto di gara. La Corte di Cassazione ha stabilito che, sebbene la gara fosse stata bandita prima della legge sul "pay back farmaci", le offerte erano state presentate quando una riduzione di prezzo era già obbligatoria. La successiva legge sul pay back ha solo modificato le modalità di versamento dello sconto (direttamente alla Regione anziché all'Azienda Sanitaria), senza alterare le condizioni economiche dell'offerta. Di conseguenza, il ricorso dell'Azienda Sanitaria è stato respinto.
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Inadempimento fornitore energia: i limiti del diritto
Una società che gestisce una sala giochi ha citato in giudizio il suo fornitore di energia per i danni subiti a causa di ritardi nella voltura e nell'aumento di potenza della fornitura elettrica. Dopo due sentenze sfavorevoli nei gradi di merito, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della società, sancendo un importante principio sull'inadempimento fornitore energia. La Corte ha stabilito che il fornitore non può giustificare i ritardi adducendo motivi non discussi nel corso del giudizio e che è responsabile anche dei ritardi interni nel gestire le pratiche. Il caso è stato rinviato alla Corte d'Appello per una nuova valutazione.
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Amministrazione straordinaria: recesso e contratti
Una società in amministrazione straordinaria aveva un contratto preliminare di vendita immobiliare in sospeso. L'acquirente ha tentato di recedere per inadempimento, mentre il commissario ha esercitato il potere di scioglimento del contratto. La Corte di Cassazione ha stabilito che, in una procedura di amministrazione straordinaria, il potere del commissario di sciogliere i contratti pendenti prevale sul diritto di recesso della controparte, basandosi su un precedente giudicato tra le stesse parti.
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Inadempimento e prove tardive: la Cassazione decide
Una società nel settore della cantieristica navale è stata condannata a saldare il prezzo di macchinari industriali, nonostante avesse lamentato difetti e ritardi. La Corte di Cassazione ha rigettato il suo ricorso, giudicando inammissibili i motivi di impugnazione, tra cui la contestazione sull'utilizzo di prove tardive, poiché non sollevati nel corretto grado di giudizio. La decisione sottolinea il rigore delle regole processuali e l'importanza di contestare tempestivamente ogni vizio del procedimento.
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Responsabilità solidale ATI: il progettista è fornitore
Un'impresa facente parte di un'Associazione Temporanea di Imprese (ATI) è stata citata in giudizio dal progettista per il pagamento dell'intero compenso dopo il fallimento dell'impresa mandataria. La Corte di Cassazione ha confermato la responsabilità solidale ATI dell'impresa, classificando il progettista come un "fornitore" esterno i cui servizi sono essenziali per l'appalto pubblico, attivando così la responsabilità solidale di tutti i membri dell'ATI.
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Interpretazione contratto buona fede: la Cassazione decide
Una concessionaria d'auto e una casa automobilistica erano legate da un contratto. Dopo l'avvio del recesso ordinario da parte della casa madre, le parti hanno discusso una risoluzione anticipata. La concessionaria ha fatto riferimento a una clausola che prevedeva un'indennità. La Corte di Cassazione, per la seconda volta, ha stabilito che la Corte d'Appello ha errato nel non considerare l'obbligo di interpretazione del contratto secondo buona fede, trascurando il collegamento logico tra le comunicazioni e il rinvio alla clausola sull'indennità. La sentenza è stata cassata con rinvio, ribadendo che l'interpretazione non può limitarsi alla ricerca letterale di una parola, ma deve considerare il comportamento complessivo delle parti e il contesto contrattuale.
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Clausola Risolutiva Espressa: quando non opera?
Un'ordinanza della Cassazione analizza i limiti di applicabilità della clausola risolutiva espressa in un contratto d'appalto. La Corte ha stabilito che la parte a sua volta inadempiente, e il cui comportamento ha causato l'inadempimento della controparte, non può legittimamente avvalersi della clausola per risolvere il contratto. Il caso esamina anche la natura del contratto autonomo di garanzia, confermando che il garante, una volta pagato, non può agire in ripetizione contro il beneficiario ma solo in regresso verso il debitore principale.
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Ricorso per cassazione inammissibile: il caso
La Corte di Cassazione dichiara un ricorso per cassazione inammissibile presentato da un'impresa in concordato preventivo contro una stazione appaltante. L'impresa contestava la sospensione dei pagamenti dovuta al mancato saldo dei sub-appaltatori. La Corte ha ritenuto il ricorso troppo generico, non specifico nell'indicare le norme violate e volto a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. Di conseguenza, ha condannato l'impresa al pagamento di sanzioni per abuso del processo.
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