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Diritto Commerciale

Ricorso inammissibile: l’onere di specificità in appello
Un imprenditore ha impugnato una condanna al pagamento emessa in favore di una società di telecomunicazioni. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché il ricorrente non ha adeguatamente riportato il contenuto dei documenti su cui basava le sue censure, violando il principio di autosufficienza del ricorso.
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Litisconsorzio necessario: obbligatoria la notifica
La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte d'Appello emessa in sede di rinvio, poiché una delle parti necessarie del giudizio originario non era stata citata. La Suprema Corte ha ribadito che in caso di litisconsorzio necessario, il giudizio di rinvio deve svolgersi nei confronti di tutte le parti del processo di cassazione. La mancata citazione non estingue il processo, ma impone al giudice di ordinare l'integrazione del contraddittorio, pena la nullità della sentenza.
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Responsabilità del promotore finanziario e concorso
L'Autorità di Vigilanza sanziona una consulente finanziaria con la radiazione per illeciti commessi in concorso con il coniuge a danno di clienti. La Corte d'Appello annulla la sanzione, ritenendo il suo ruolo "marginale". La Cassazione cassa la sentenza d'appello per motivazione apparente e contraddittoria, affermando che un ruolo marginale non esclude la responsabilità del promotore finanziario e rinvia il caso per un nuovo esame.
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Polizze Linked: Inammissibile il ricorso dell’impresa
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una compagnia assicurativa relativo a polizze linked. La decisione si fonda su un vizio di procedura (mancato deposito della procura speciale) e sulla manifesta infondatezza dei motivi di ricorso, i quali non hanno adeguatamente contestato le ragioni giuridiche delle sentenze di merito che avevano sancito la risoluzione del contratto per inadempimento degli obblighi informativi dell'intermediario.
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Scioglimento contratto concordato: la clausola del foro
Una società in concordato preventivo, dopo aver ottenuto lo scioglimento di un contratto di appalto, ha citato in giudizio la controparte per il pagamento di prestazioni già eseguite. La Corte di Cassazione ha stabilito che lo scioglimento del contratto in concordato preventivo, ai sensi dell'art. 169-bis Legge Fallimentare, estingue solo le obbligazioni future. Di conseguenza, la clausola contrattuale che designa un foro esclusivo rimane valida ed efficace per tutte le controversie relative a prestazioni già rese. La competenza del foro indicato nel contratto (Bologna) è stata quindi confermata.
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Cessione contenzioso bancario: la Cassazione chiarisce
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 15675/2025, ha stabilito un principio fondamentale in materia di cessione del contenzioso bancario. Nel contesto dell'acquisizione di una banca in liquidazione, la banca acquirente non subentra automaticamente nelle controversie legali relative a rapporti bancari già estinti prima della data di cessione. La Corte ha chiarito che il criterio decisivo non è la mera pendenza della lite, ma la natura del rapporto sottostante. Se il rapporto non è più 'inerente e funzionale' all'attività dell'acquirente, come nel caso di un conto corrente già chiuso, la passività e il relativo contenzioso restano in capo alla procedura di liquidazione della banca cedente, rientrando nel cosiddetto 'Contenzioso escluso' definito dal contratto di cessione.
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Errore di fatto: quando la revocazione è inammissibile
Una società concessionaria, dopo aver perso una causa di risarcimento danni contro una casa automobilistica per la cessazione di un contratto, ha chiesto la revocazione della decisione della Cassazione, sostenendo un errore di fatto. La società affermava che la Corte avesse erroneamente ritenuto tardive le sue richieste di danno per perdita di avviamento e di chance. La Suprema Corte ha dichiarato la revocazione inammissibile, chiarendo che l'interpretazione degli atti processuali costituisce una valutazione giuridica e non un errore di fatto, precludendo così la revocazione. La società è stata inoltre sanzionata per abuso del processo.
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Contenzioso escluso: la Cassazione sui debiti pregressi
Un cliente ha citato in giudizio una banca per interessi illegittimi su un conto corrente. Successivamente, la banca è stata posta in liquidazione coatta amministrativa e i suoi rami d'azienda sono stati ceduti a un grande gruppo bancario. La Corte di Cassazione, ribaltando le decisioni dei giudici di merito, ha stabilito che la banca acquirente non è responsabile per i debiti derivanti da rapporti già estinti al momento della cessione. Tali controversie rientrano nella categoria del "contenzioso escluso" dal perimetro del trasferimento, e la responsabilità resta in capo alla procedura di liquidazione della banca originaria.
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Contenzioso escluso: debiti di conti estinti
Una società aveva citato in giudizio una banca per l'applicazione di condizioni illegittime su un conto corrente, chiuso anni prima. Successivamente, la banca è stata posta in liquidazione e un suo ramo d'azienda è stato ceduto a un grande istituto di credito. La Corte di Cassazione ha stabilito che l'istituto acquirente non è tenuto a rispondere del debito originario. La motivazione si basa sull'interpretazione del contratto di cessione, che definiva come 'contenzioso escluso' tutte le liti relative a rapporti giuridici già estinti al momento del trasferimento, in quanto non più funzionali all'attività d'impresa della banca cessionaria.
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Obblighi informativi intermediario e responsabilità
La Corte di Cassazione conferma la responsabilità solidale di un consorzio e di una banca per la violazione degli obblighi informativi intermediario. La Corte ha stabilito che la promessa di un investimento a "basso rischio" estende il dovere di informazione anche alla fase successiva alla vendita, imponendo il monitoraggio e la comunicazione tempestiva di eventuali peggioramenti delle condizioni di mercato. La sentenza chiarisce che tale dovere non deriva solo da un contratto di gestione patrimoniale, ma dalla specificità dell'impegno assunto con il cliente.
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Cessione contenzioso escluso: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha stabilito che, nel contesto della cessione di azienda delle banche venete, la banca acquirente non è responsabile per le passività derivanti da rapporti bancari già estinti al momento della cessione. Tali controversie rientrano nel cosiddetto "cessione contenzioso escluso", come definito dal contratto di cessione, la cui interpretazione è centrale per delimitare il perimetro delle passività trasferite. La funzionalità del rapporto rispetto all'attività futura dell'acquirente è il criterio decisivo.
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Responsabilità intermediario finanziario: il nesso
Un istituto di credito ha impugnato in Cassazione la sentenza di secondo grado che lo riteneva responsabile per la truffa perpetrata da un suo promotore finanziario ai danni di alcuni risparmiatori. La banca sosteneva che l'attività fraudolenta del promotore fosse imprevedibile e che i clienti avessero agito con negligenza. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la responsabilità dell'intermediario finanziario. È stato ribadito che la mancata vigilanza della banca sul proprio promotore integra il 'nesso di occasionalità necessaria' che la rende co-responsabile del danno, e che i motivi del ricorso miravano a un inammissibile riesame dei fatti.
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Competenza Consob revisione: criterio soggettivo vince
La Corte di Cassazione stabilisce un principio chiave sulla competenza Consob revisione legale. La vigilanza dell'Autorità su un revisore legale non dipende dalla natura del singolo cliente revisionato, ma dal fatto che il revisore abbia in portafoglio anche un solo incarico presso Enti di Interesse Pubblico (EIP) o Enti Sottoposti a Regime Intermedio (ESRI). Questo criterio, detto 'soggettivo', prevale su quello 'oggettivo' (legato al singolo cliente), garantendo una supervisione uniforme e di alta qualità su tutta l'attività del revisore, in linea con la normativa nazionale ed europea. La Corte ha così annullato la decisione della Corte d'Appello che aveva negato la competenza dell'Autorità di Vigilanza.
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Termine decadenziale sanzioni: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha annullato una decisione di merito che aveva cancellato una sanzione dell'autorità di vigilanza finanziaria contro un amministratore di banca. Il fulcro della decisione riguarda il termine decadenziale sanzioni di 180 giorni, chiarendo che esso decorre non dalla mera notizia di un'irregolarità, ma dal momento in cui l'autorità completa l'istruttoria e ha un quadro chiaro e completo della violazione. La Corte distingue nettamente tra la semplice 'constatazione' di un fatto e il suo 'accertamento' giuridicamente rilevante.
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Termine di decadenza: quando inizia per le sanzioni?
Un esponente di un istituto di credito, sanzionato dall'autorità di vigilanza per violazioni nelle prestazioni di servizi di investimento, aveva ottenuto l'annullamento della sanzione in appello. La Corte territoriale aveva ritenuto superato il termine di decadenza di 180 giorni per la contestazione. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, chiarendo che il termine non decorre dalla mera conoscenza di possibili irregolarità, ma dal completamento dell'istruttoria necessaria a definire l'illecito. La sentenza distingue tra la 'constatazione del fatto' e l''accertamento', conferendo a quest'ultimo una natura elastica per garantire l'efficacia dell'azione di vigilanza.
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Termine contestazione illeciti: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione interviene sul tema del termine contestazione illeciti finanziari, cassando una sentenza della Corte d'Appello che aveva annullato una sanzione dell'Autorità di Vigilanza per tardività. La Suprema Corte chiarisce che il termine di 180 giorni per la contestazione non decorre dalla mera conoscenza di generiche criticità, ma dal momento in cui l'Autorità completa l'accertamento specifico della violazione, acquisendo tutti gli elementi necessari. Viene sottolineata la distinzione tra vigilanza su emittenti e su intermediari, il cui accertamento segue percorsi investigativi distinti.
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Dolosa esagerazione del danno: perdi l’indennizzo
La Corte di Cassazione conferma la decisione dei giudici di merito, stabilendo la legittimità della clausola contrattuale che prevede la perdita totale del diritto all'indennizzo in caso di dolosa esagerazione del danno da parte dell'assicurato. Nel caso specifico, un'azienda ha visto respinta la sua richiesta di risarcimento per un incendio dopo che una perizia tecnica ha dimostrato una notevole discrepanza tra i beni dichiarati e quelli effettivamente distrutti. La Corte ha ritenuto che la valutazione dei fatti e delle prove, operata dalla Corte d'Appello, non fosse sindacabile in sede di legittimità, confermando così la decadenza dal diritto all'indennizzo per l'assicurato.
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Polizza sostitutiva: è rinnovo o nuovo contratto?
Un professionista si è visto negare l'indennizzo da una polizza di responsabilità civile perché la società per cui operava era insolvente al momento della stipula di una polizza sostitutiva. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione dei giudici di merito, stabilendo che questi avrebbero dovuto interpretare la reale volontà delle parti per determinare se la polizza sostitutiva costituisse una novazione del contratto precedente o una sua continuazione. Tale distinzione è fondamentale per individuare la data rilevante ai fini della clausola di esclusione per insolvenza.
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Data certa transazione: la Cassazione fa chiarezza
Una società, cessionaria di un credito derivante da un contratto d'appalto, ha citato in giudizio la società debitrice. Quest'ultima ha opposto un accordo transattivo stipulato con il creditore originario. I tribunali di merito avevano ritenuto l'accordo opponibile. La Corte di Cassazione, invece, ha cassato la decisione, stabilendo che la prova della data certa transazione, necessaria per l'opponibilità al cessionario terzo, era stata erroneamente fondata su un ragionamento presuntivo viziato, rinviando la causa per una nuova valutazione alla luce dell'art. 2704 c.c.
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Prova scritta transazione: l’accordo va provato per iscritto
Una società fornitrice ha richiesto il pagamento di interessi di mora a una società cliente. Quest'ultima si è opposta sostenendo l'esistenza di un accordo transattivo per un pagamento rateale, provato dall'emissione di assegni. I giudici di primo e secondo grado hanno accolto questa tesi. La Corte di Cassazione ha però annullato la decisione, ribadendo che la prova scritta della transazione è un requisito di legge (art. 1967 c.c.) e non può essere sostituita da prove presuntive, come il comportamento delle parti.
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