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Diritto Commerciale

Qualità di consumatore: quando è esclusa negli investimenti
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un investitore che contestava la validità di una clausola arbitrale invocando la propria qualità di consumatore. La Corte ha confermato la decisione di merito che escludeva tale status, poiché l'operazione finanziaria era finalizzata al recupero di proventi di un'attività imprenditoriale e non a soddisfare esigenze della vita quotidiana. L'impugnazione è stata respinta in quanto mirava a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.
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Responsabilità Consob: i limiti del controllo
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 1653/2024, ha chiarito i confini della responsabilità Consob (l'Autorità di vigilanza sui mercati finanziari) in caso di prospetti informativi falsi. La Corte ha stabilito che il controllo dell'Autorità non è una verifica della veridicità intrinseca dei dati, ma si concentra sulla completezza, coerenza e comprensibilità del documento. La responsabilità sorge solo se l'Autorità omette, per negligenza, di agire di fronte a palesi irregolarità o a specifiche segnalazioni, non per il solo fatto che le informazioni si siano poi rivelate false.
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Pagamento ufficiale giudiziario: quando libera il debitore?
Una società ha pagato un debito cambiario a un ufficiale giudiziario tramite assegni bancari, ricevendo indietro i titoli. La Cassazione ha stabilito che tale pagamento non è liberatorio, poiché l'ufficiale è autorizzato a ricevere solo contanti. Il debito verso la banca creditrice è rimasto in essere.
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Responsabilità dell’ente: insider trading su mercati UE
Con la sentenza n. 1624/2024, la Corte di Cassazione ha affermato la sussistenza della responsabilità dell'ente per l'illecito di insider trading commesso nel suo interesse, anche qualora le operazioni finanziarie siano state effettuate su un mercato regolamentato di un altro Paese dell'Unione Europea. La Corte ha ribaltato la decisione di merito, chiarendo che l'ambito applicativo della norma sulla responsabilità dell'ente (art. 187-quinquies TUF) coincide con quello dell'illecito presupposto (art. 187-bis TUF), esteso per legge ai mercati europei.
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Start up innovativa: l’iscrizione non basta per fallire
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 1583/2024, ha stabilito che l'iscrizione di una società nella sezione speciale del Registro delle Imprese come 'start up innovativa' non è sufficiente a garantirle l'esenzione dal fallimento. I giudici hanno il potere e il dovere di verificare l'effettiva e concreta sussistenza dei requisiti sostanziali di innovatività previsti dalla legge. Nel caso di specie, una S.r.l. in liquidazione si è vista dichiarare inammissibile il ricorso contro la propria dichiarazione di fallimento, poiché la Corte ha ritenuto che la mera registrazione formale e una domanda di brevetto non collegata all'attività concreta non fossero prove sufficienti della sua reale capacità innovativa.
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Imprenditore agricolo: quando scatta il fallimento?
La Corte di Cassazione ha confermato la dichiarazione di fallimento di una società agricola, stabilendo un principio chiave: per le società, l'oggetto sociale è determinante per qualificare l'attività come commerciale e quindi soggetta a fallimento. Anche se un'impresa svolge attività agricola, se il suo statuto prevede numerose attività commerciali (immobiliari, finanziarie, ecc.), essa può essere dichiarata fallita. Spetta all'imprenditore agricolo, e non al creditore, l'onere della prova di svolgere un'attività esclusivamente agricola per beneficiare dell'esenzione dal fallimento.
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Fallimento impresa agrituristica: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza di fallimento di una società agricola che gestiva un'attività agrituristica. L'ordinanza stabilisce che, per determinare la fallibilità, si devono applicare criteri uniformi a livello nazionale, dando prevalenza all'analisi dei ricavi (dato reddituale) rispetto a criteri stabiliti da leggi regionali, come quello del "monte ore". Poiché i ricavi dell'attività agrituristica erano ampiamente superiori a quelli agricoli, l'impresa è stata considerata commerciale e, di conseguenza, soggetta a fallimento.
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Interesse ad impugnare: quando il ricorso è inammissibile
Una società di factoring, pur avendo ottenuto la condanna di un'ente pubblico al pagamento del capitale richiesto, ha presentato ricorso in Cassazione contestando le motivazioni della sentenza d'appello relative all'imputazione dei pagamenti. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per mancanza di interesse ad impugnare, stabilendo che non si può ricorrere al solo fine di ottenere una modifica della motivazione se ciò non comporta un risultato pratico più favorevole per la parte ricorrente.
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Start up innovativa e fallimento: la scadenza dei 5 anni
La Corte di Cassazione ha stabilito che una start up innovativa perde automaticamente il beneficio della non fallibilità allo scadere del quinto anno dalla sua costituzione. Questo termine è sostanziale e non viene esteso né dal periodo di 60 giorni concesso per la cancellazione amministrativa dal registro speciale, né dalle sospensioni dei termini legate al Covid-19. La perdita del beneficio è immediata, indipendentemente dalla data di effettiva cancellazione.
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Ratio decidendi: appello respinto se una ragione regge
In una disputa su un'impresa familiare, la Cassazione rigetta il ricorso di due fratelli contro le sorelle. La Corte d'Appello aveva basato la sua decisione su una duplice 'ratio decidendi': la riqualificazione del rapporto in società di fatto e la mancanza di prova dei profitti. Poiché i ricorrenti non hanno scalfito la seconda motivazione, l'intero ricorso è stato dichiarato inammissibile per carenza di interesse, confermando la decisione impugnata.
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Onere della prova: chi deve dimostrare la prestazione?
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso di un professionista per il pagamento dei compensi, confermando la decisione della Corte d'Appello. Il caso evidenzia come l'onere della prova gravi su chi agisce in giudizio. Il professionista, infatti, non è riuscito a dimostrare di aver effettivamente svolto le prestazioni di contabilità per le quali chiedeva il pagamento, rendendo irrilevanti le altre questioni legali sollevate. La Suprema Corte ribadisce che la valutazione delle prove testimoniali da parte del giudice di merito non è sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata.
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Illecito permanente: quando scatta la prescrizione?
La Corte di Cassazione ha stabilito che la violazione per un prospetto informativo incompleto o non veritiero costituisce un illecito permanente. Di conseguenza, il termine di prescrizione di cinque anni non decorre dalla data di approvazione del prospetto, ma dalla data di chiusura dell'offerta al pubblico. In questo caso, la Corte ha annullato la decisione di merito che aveva dichiarato prescritto l'illecito, affermando che la condotta dannosa per gli investitori si protrae per tutta la durata dell'offerta. La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell'Autorità di vigilanza, chiarendo un principio fondamentale per la tutela del mercato finanziario.
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Prova del credito nel fallimento: la Cassazione decide
Una società fornitrice si è vista negare l'ammissione al passivo fallimentare di un proprio credito di circa 35.000 euro per carenza di prove. Il ricorso per Cassazione è stato dichiarato inammissibile perché basato su una critica alla valutazione delle prove del giudice di merito, non consentita in sede di legittimità. La Suprema Corte ha ribadito che, nel contesto della prova del credito, fatture e documenti di trasporto non firmati o privi di data certa non sono sufficienti a dimostrare la pretesa creditoria verso il fallimento, poiché il curatore è considerato un terzo.
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Contratto di agenzia: quando è stabile e continuo?
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un'azienda calzaturiera, confermando la decisione della Corte d'Appello che aveva riqualificato il rapporto con i suoi intermediari da procacciamento d'affari a contratto di agenzia. La sentenza sottolinea che la stabilità e la continuità del rapporto, desumibili da elementi di fatto come la durata pluriennale, la cadenza mensile delle fatture e l'iscrizione all'ente previdenziale di categoria, sono decisive per la qualificazione del contratto, al di là del nome formale dato dalle parti.
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Cancellazione albo consulenti: il caso della crisi
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un consulente finanziario avverso la sua cancellazione dall'albo professionale. La cancellazione era seguita alla messa in amministrazione straordinaria della società da lui amministrata. La Corte ha stabilito che la cancellazione albo consulenti finanziari in questi casi non è una sanzione, ma la conseguenza della perdita di un requisito essenziale. Il professionista ha l'onere di dimostrare la sua completa estraneità ai fatti che hanno causato la crisi, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.
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Prova presuntiva e insider trading: la Cassazione
La Corte di Cassazione conferma una sanzione della Consob per abuso di informazioni privilegiate, validando l'uso della prova presuntiva. Il caso riguarda la comunicazione di informazioni riservate relative a un'operazione di cessione societaria. La Corte ha ritenuto che una catena di indizi gravi, precisi e concordanti – come la presenza di un soggetto su un'imbarcazione dove si discuteva dell'affare e i successivi contatti telefonici e operazioni di borsa – sia sufficiente a dimostrare l'illecito, anche in assenza di prove dirette.
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Risoluzione subappalto: recesso o impossibilità?
Una società subappaltatrice ha citato in giudizio il committente per ottenere un indennizzo a seguito dell'interruzione di un contratto. La controversia riguardava la qualificazione della cessazione del rapporto: recesso unilaterale, che dà diritto a un indennizzo, o risoluzione subappalto per impossibilità sopravvenuta, che non lo prevede. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito, stabilendo che la risoluzione del contratto di appalto principale aveva reso di fatto impossibile la prestazione del subappaltatore, configurando un'ipotesi di impossibilità sopravvenuta (art. 1672 c.c.) e non di recesso (art. 1671 c.c.). Di conseguenza, al subappaltatore spetta solo il pagamento per il lavoro già eseguito, ma non l'indennizzo richiesto.
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Contratto di somministrazione: quando non esiste
La Corte di Cassazione ha stabilito che un rapporto commerciale duraturo, caratterizzato da ordini periodici, non si qualifica automaticamente come un contratto di somministrazione. Nel caso esaminato, una società di abbigliamento non è stata ritenuta inadempiente per non aver spedito la merce ordinata da un rivenditore, poiché la Corte ha qualificato la relazione come una serie di singole compravendite, ognuna soggetta ad accettazione. La mancanza di un obbligo a fornire ha reso le pretese risarcitorie del rivenditore infondate.
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Vizi cessione d’azienda: quando non si ha diritto
La Corte di Cassazione ha stabilito che non tutti i difetti in una cessione d'azienda costituiscono un vizio che dà diritto alla riduzione del prezzo. Nel caso specifico, riguardante l'acquisto di un ramo d'azienda con case di riposo, la Corte ha rigettato le richieste dell'acquirente. È stato chiarito che la minor valutazione dell'avviamento, la mancanza di crediti promessi e i difetti strutturali facilmente riconoscibili non rientrano nella nozione di "vizio della cosa venduta" (art. 1490 c.c.), ma afferiscono ad altri rimedi legali, come la risoluzione per inadempimento o l'annullamento del contratto, che la parte non aveva richiesto. La sentenza sottolinea l'importanza di inquadrare correttamente l'azione legale in base alla natura dei vizi nella cessione d'azienda.
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Beneficio di escussione: quando il socio non può usarlo
La Corte di Cassazione chiarisce che il socio illimitatamente responsabile di una s.n.c. perde il beneficio di escussione se non si oppone al decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti. La mancata opposizione trasforma l'obbligazione da sussidiaria a personale e diretta, basata sul titolo giudiziale divenuto definitivo, consentendo al creditore di agire direttamente contro il patrimonio del socio, a prescindere dall'esito dell'opposizione proposta dalla società.
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