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Diritto Commerciale

Fallimento capogruppo ATI: onere della prova del credito
La curatela fallimentare di una società capogruppo di un'Associazione Temporanea di Imprese (ATI) ha agito contro un Comune per ottenere il pagamento di un appalto. La Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che, a seguito dello scioglimento del mandato per fallimento, l'onere della prova del credito spettante alla singola impresa ricade sulla curatela. Non essendo stata fornita la prova della quota specifica di lavori eseguiti, la domanda di pagamento dell'intero importo è stata rigettata.
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Crediti prededucibili: stop dopo l’omologa del concordato
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10307 del 2025, ha stabilito un importante principio in materia di crisi d'impresa. I crediti sorti durante la fase di esecuzione di un concordato preventivo in continuità aziendale, ovvero dopo il decreto di omologazione, non sono considerati crediti prededucibili in caso di successivo fallimento. L'Agenzia delle Entrate aveva richiesto il riconoscimento della prededuzione per crediti fiscali maturati in questa fase, ma la Corte ha rigettato il ricorso. La decisione si fonda su una reinterpretazione del criterio di "funzionalità", allineandosi a un precedente orientamento delle Sezioni Unite, e mira a proteggere i creditori originari che avevano accettato il piano concordatario.
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Frazionamento della domanda: la Cassazione attende le S.U.
Una società finanziaria ha citato in giudizio una banca due volte in relazione alla stessa negoziazione. La prima causa è stata parzialmente respinta e la domanda subordinata per responsabilità precontrattuale è stata considerata rinunciata in appello. La seconda causa, incentrata esclusivamente su tale responsabilità, è stata rigettata per l'effetto preclusivo del primo giudicato. La Corte di Cassazione, investita del caso, ha sospeso il procedimento in attesa di una decisione delle Sezioni Unite sul principio del divieto di frazionamento della domanda.
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Onere della prova: risarcimento e nesso causale
Una società ha citato in giudizio un istituto di credito per inadempimento contrattuale relativo alla mancata ristrutturazione di locali commerciali. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha cassato la sentenza di secondo grado per errori nella quantificazione del danno. L'ordinanza ribadisce i principi sull'onere della prova, stabilendo che il creditore deve dimostrare il diritto e il nesso causale, mentre il debitore deve provare di aver adempiuto. La Corte ha inoltre criticato l'uso acritico di una perizia di parte e l'illogica detrazione di un valore da una presunta "doppia cessione" d'azienda.
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Garanzia fideiussoria: quando è accessoria?
Una società energetica, dopo aver rinunciato a un contributo pubblico, ha richiesto lo svincolo della relativa garanzia fideiussoria. L'ente pubblico si è opposto, ma la Corte di Cassazione ha dato ragione alla società. La Suprema Corte ha chiarito che, nonostante la presenza di una clausola di "pagamento a prima richiesta", la garanzia era di natura accessoria all'obbligazione principale (il contributo). Di conseguenza, una volta venuta meno quest'ultima con la rinuncia, anche la garanzia si è automaticamente estinta.
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Eccezione di inadempimento: il potere del giudice
Una società di servizi ha impugnato la decisione del Tribunale che aveva ridotto il suo credito verso una società fallita, sostenendo che il giudice avesse rilevato d'ufficio un'eccezione di inadempimento mai sollevata. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, affermando che il giudice ha il potere e il dovere di interpretare la sostanza delle difese, indipendentemente dalla terminologia usata dalle parti. Se dalle allegazioni della curatela emerge chiaramente la contestazione del corretto adempimento, il giudice può qualificarla come eccezione di inadempimento e porla a fondamento della sua decisione.
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Compensazione fallimentare: no se manca reciprocità
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una società mandataria che chiedeva la compensazione fallimentare di un proprio credito verso la mandante fallita. La Corte chiarisce che la compensazione non è possibile se manca il requisito della reciprocità, come nel caso di un credito sorto prima del fallimento opposto a un credito della massa sorto dopo. Viene inoltre ribadito che il privilegio del mandatario non si applica per pagamenti eseguiti dopo la dichiarazione di fallimento.
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Riconoscimento vizi: quando non serve la denuncia
Una società vendeva una bilancia di precisione a un farmacista, il quale si rifiutava di saldare il conto a causa di difetti. La Corte d'Appello ha stabilito che le azioni del venditore equivalevano a un 'riconoscimento vizi', annullando la necessità di una denuncia formale tempestiva da parte dell'acquirente. La Corte di Cassazione ha confermato questa decisione, sottolineando che la valutazione del riconoscimento dei vizi è una questione di fatto di competenza dei tribunali di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità, respingendo così il ricorso del venditore.
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Foro convenzionale esclusivo: la Cassazione chiarisce
Una società creditrice si oppone alla decisione di un Tribunale che si era dichiarato incompetente a favore di un altro foro indicato in un contratto. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che la clausola che designa un foro competente, per essere considerata un foro convenzionale esclusivo, deve contenere un'espressione di volontà chiara e inequivocabile, come l'uso dell'aggettivo 'esclusivo'. In mancanza di ciò, il foro indicato si aggiunge a quelli previsti dalla legge, come quello del domicilio del creditore per le obbligazioni di pagamento.
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Inadempimento appaltatore: colpa e danni divisi
Un'azienda committente richiede la risoluzione di un contratto d'appalto e un cospicuo risarcimento per la rottura di un macchinario a seguito di un intervento di ammodernamento. La Cassazione conferma la decisione di merito: il contratto è risolto per l'inadempimento dell'appaltatore, che ha violato l'obbligo di diligenza non effettuando le verifiche preliminari su un impianto obsoleto. Tuttavia, il risarcimento per i danni principali viene negato perché la committente ha avviato i test in violazione degli accordi, rendendo impossibile accertare la causa esatta della rottura. Viene così stabilito un concorso di colpa che incide sulla quantificazione dei danni.
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Comportamento concludente: basta per modificare un contratto?
Una società meccanica e una di produzione erano legate da un contratto di subfornitura. La prima sosteneva che l'accordo fosse stato modificato, passando da una fornitura completa a una di sola lavorazione. La Corte di Cassazione ha stabilito che la Corte d'Appello ha errato nel non considerare un fatto decisivo: le parti avevano operato secondo le nuove condizioni per oltre un anno senza contestazioni. Questo "comportamento concludente" è sufficiente per suggerire un accordo tacito e impone una nuova valutazione del caso.
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Nullità virtuale: contratto valido senza autorizzazione
Una società di pubblicità ha eseguito un servizio senza l'autorizzazione amministrativa necessaria. Il cliente si è rifiutato di pagare, sostenendo la nullità del contratto. La Corte di Cassazione ha stabilito che il contratto è valido: la mancanza di un'autorizzazione viola una norma di comportamento, non una norma di validità del contratto. Pertanto, non si configura una nullità virtuale e il pagamento è dovuto.
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Onere della prova fornitura: Cassazione chiarisce
Una società di telecomunicazioni utilizzava energia elettrica fornita da un'azienda energetica senza un contratto formale. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna al pagamento dell'indennizzo per ingiustificato arricchimento, chiarendo i principi sull'onere della prova. Il ricorso della società utilizzatrice è stato dichiarato inammissibile per vizi procedurali, consolidando il principio che chi beneficia di un servizio, anche senza contratto, è tenuto a indennizzare il fornitore.
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Nullità contratto per bene rubato: la Cassazione decide
Una società acquista un'autovettura che si scopre essere di provenienza furtiva. La Corte d'Appello dichiara la nullità del contratto per illiceità dell'oggetto, condannando il venditore alla restituzione del prezzo. Il venditore ricorre in Cassazione, sostenendo che si tratti di un caso di inadempimento contrattuale ('aliud pro alio') e non di nullità. La Suprema Corte, riconoscendo l'importanza della questione, ha rinviato la decisione a una pubblica udienza per definire il principio di diritto applicabile alla compravendita di beni rubati.
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Interpretazione contratto inglese: il testo prevale
La Corte di Cassazione si è pronunciata sull'interpretazione di un contratto di distribuzione redatto in lingua inglese ma soggetto alla legge italiana. Ha stabilito che i termini tecnici, come 'expiration', devono essere intesi nel loro significato letterale proprio della lingua inglese, distinguendoli da concetti affini come 'termination'. Di conseguenza, una clausola penale legata alla 'expiration' non si applica in caso di risoluzione per inadempimento. La Corte ha inoltre rigettato la richiesta di risarcimento del danno in via equitativa, poiché la parte ricorrente non aveva fornito la documentazione contabile necessaria a provare l'entità del danno, pur avendone la possibilità.
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Appalti settori speciali: obblighi di progettazione
La Cassazione chiarisce la disciplina degli appalti settori speciali, confermando che l'appaltatore può essere contrattualmente obbligato a redigere una parte della progettazione esecutiva. Nel caso di specie, la mancata elaborazione del progetto per trivellazioni specialistiche ha legittimato la risoluzione del contratto per inadempimento e l'azzeramento del credito dell'impresa tramite compensazione con i danni subiti dalla committente.
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Accomandatario occulto: sanzione per il dipendente
La Corte di Cassazione ha confermato la sanzione disciplinare a un dipendente pubblico che, agendo come socio accomandante di una S.a.s., aveva di fatto assunto un ruolo gestorio, diventando un "accomandatario occulto". Tramite procure speciali, aveva ceduto crediti della società per finanziare interessi personali, in palese conflitto con gli scopi sociali e con i suoi doveri di pubblico impiegato. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che l'ampiezza dei poteri esercitati, e non la forma della procura, determina la violazione del divieto di immistione nella gestione.
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Violazione codice etico: risoluzione contratto legittima
La Corte di Cassazione ha stabilito che la risoluzione di un contratto d'appalto per violazione del codice etico della committente è legittima, anche se i dirigenti dell'impresa appaltatrice vengono successivamente assolti in sede penale. La Corte ha chiarito che la valutazione della condotta che mina il rapporto di fiducia è autonoma rispetto all'esito del processo penale. Di conseguenza, l'escussione delle fideiussioni prestate a garanzia è stata ritenuta corretta. L'aver posto la società sotto amministrazione giudiziaria non sana gli inadempimenti contrattuali precedenti.
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Ricorso inammissibile: fusione e onere della prova
Una società, citata in giudizio per inadempimento di un contratto di outsourcing e condannata in primo e secondo grado, ha presentato ricorso in Cassazione. I motivi principali riguardavano la presunta nullità della sentenza a causa della fusione della controparte e l'omessa valutazione di prove a suo favore. La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che la fusione societaria non interrompe il processo e che i motivi di ricorso non possono limitarsi a criticare la valutazione dei fatti operata dal giudice di merito.
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Onere probatorio contratto telefonico: la Cassazione
Un ristoratore cita in giudizio una società di telecomunicazioni per l'interruzione dei servizi di telefonia e ADSL. I tribunali di primo e secondo grado respingono la richiesta, attribuendo l'interruzione a un passaggio ad altro operatore. La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso del ristoratore, chiarendo che non è possibile, in sede di legittimità, chiedere un nuovo esame dei fatti o delle prove. La decisione sottolinea come l'onere probatorio nel contratto telefonico sia stato correttamente valutato dai giudici di merito e che il ricorso si limitava a criticare tale valutazione, compito non spettante alla Cassazione.
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