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Diritto Commerciale

Atti di frode: revoca del concordato anche con voto ok

Una società in liquidazione ha visto revocato il suo concordato preventivo a causa di atti di frode, consistenti nella duplicazione di beni immobili nel piano. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, stabilendo che la semplice potenzialità decettiva dell’atto giustifica la revoca, indipendentemente dal successivo voto favorevole dei creditori. La sentenza sottolinea che la tutela della legalità e della correttezza della procedura prevale sull’approvazione dei creditori.

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Responsabilità banca modello 231: il caso in Cassazione

Il fallimento di una società ha citato in giudizio un istituto di credito, accusandolo di concorso negli illeciti commessi dai suoi ex amministratori per la violazione delle norme antiriciclaggio. Dopo il rigetto nei primi due gradi di giudizio, la Corte di Cassazione ha riconosciuto la rilevanza della questione sulla responsabilità banca modello 231, rinviando il caso alla pubblica udienza per la mancanza di precedenti specifici e l’importanza di stabilire un principio di diritto.

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Concordato Preventivo: la relazione giurata è cruciale

La Corte di Cassazione conferma l’inammissibilità di una domanda di concordato preventivo a causa di una relazione giurata inadeguata. Il documento presentato era una mera perizia di stima immobiliare e non conteneva l’analisi sulla liquidabilità dei beni e sulla percentuale di soddisfacimento dei creditori privilegiati, come richiesto dalla legge. La Corte ha ribadito che la corretta redazione di tale relazione è un presupposto essenziale e non surrogabile per l’accesso alla procedura.

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Credito prededucibile: la Cassazione fa chiarezza

Un istituto di credito si è visto negare lo status di credito prededucibile per una somma vantata verso un’impresa in amministrazione straordinaria. Il credito era sorto durante una precedente fase di amministrazione giudiziaria antimafia. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso della banca, stabilendo che non esiste continuità tra le due procedure, che hanno finalità diverse. Pertanto, lo status di credito prededucibile non si trasferisce automaticamente dall’una all’altra, e in assenza di un esplicito subentro del commissario nel contratto, il credito resta chirografario.

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Onere della prova nel fallimento: no danni senza prove

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di una società che chiedeva l’ammissione al passivo di un fallimento per un ingente credito. La decisione sottolinea che l’onere della prova grava interamente sul creditore, che deve dimostrare non solo l’esistenza del suo diritto ma anche ogni singola voce di danno, sia come perdita subita che come mancato guadagno. Senza una prova rigorosa, il giudice non può concedere il risarcimento, neanche tramite una valutazione equitativa. La Corte ribadisce di non poter riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge.

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Abuso di dipendenza economica: quando è infondato

Una società di ristorazione, operante all’interno di un parco termale tramite un contratto di affitto di ramo d’azienda, ha citato in giudizio la società concedente, lamentando un presunto abuso di dipendenza economica, un’attività di direzione e coordinamento e un’ingerenza tale da configurare un’amministrazione di fatto. Il Tribunale ha rigettato tutte le domande, stabilendo che le direttive impartite dalla società del parco rientravano in una legittima logica di coordinamento necessaria per garantire un’immagine e un servizio omogenei all’interno della struttura complessa. Non è stata fornita la prova di un reale abuso né dell’impossibilità per l’attrice di trovare alternative sul mercato.

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Sviamento clientela: risarcimento e prova in giudizio

Un’azienda di logistica cita in giudizio un suo ex dirigente e la società concorrente presso cui è stato assunto, accusandoli di concorrenza sleale per storno di dipendenti e sviamento di clientela. Il Tribunale accoglie parzialmente la domanda, escludendo lo storno ma riconoscendo lo sviamento clientela. I convenuti sono stati condannati in solido a un risarcimento di 550.000 euro, calcolato sulla base del margine di contribuzione perso dall’azienda a causa della clientela illecitamente sottratta.

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Prova del contratto: come si dimostra un accordo verbale

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un acquirente che contestava l’esistenza di un contratto per la fornitura di arredi. La Corte ha stabilito che la prova del contratto può essere desunta da plurimi elementi, come il pagamento di un acconto direttamente al fornitore e le dichiarazioni testimoniali, anche in assenza di un accordo scritto. La decisione sottolinea come l’apprezzamento di tali elementi sia compito del giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità se la motivazione è logica e coerente.

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Procacciamento d'affari: no agenzia senza stabilità

La Corte di Cassazione conferma la decisione di merito che qualificava un rapporto come procacciamento d’affari e non come agenzia. La Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso di un ente previdenziale, sottolineando che l’elemento distintivo fondamentale è la stabilità dell’incarico, la quale mancava nel caso di specie, come dimostrato dall’assenza di esclusiva e dalla discontinuità delle prestazioni.

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Azione di regresso del venditore: Cassazione chiarisce

In un caso riguardante un’autovettura difettosa, la Corte di Cassazione ha chiarito la natura e i presupposti dell’azione di regresso del venditore finale nei confronti del produttore. La Corte ha stabilito che l’azione del venditore è un diritto di credito nuovo e autonomo, basato sul rapporto contrattuale tra venditore e produttore, e non un mero trasferimento dell’azione del consumatore. Di conseguenza, ha annullato la decisione di merito che aveva erroneamente addossato al venditore un onere della prova non corretto, rinviando il caso per un nuovo esame.

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Stato di insolvenza: un solo debito è sufficiente?

Una società è stata dichiarata fallita nonostante avesse un solo creditore istante e avesse rateizzato parte dei debiti tributari. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, chiarendo che lo stato di insolvenza può essere accertato anche in presenza di un singolo inadempimento, specialmente se riguarda crediti di lavoro, in quanto sintomatico di una più generale incapacità di far fronte alle obbligazioni.

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Registrazione marchio mala fede: il consenso la esclude

La Corte di Cassazione ha stabilito che non sussiste una registrazione di marchio in mala fede se avviene con il consenso, anche presunto, del titolare del segno preusato, specialmente in un contesto di società collegate. Il caso riguardava una società che aveva registrato un marchio di fatto utilizzato da un’altra società dello stesso gruppo, poi fallita. La Corte ha ritenuto legittima la registrazione, finalizzata a conservare il valore di beni dati in pegno, escludendo l’intento anticoncorrenziale o distrattivo ai danni della massa fallimentare.

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Revocatoria fallimentare: pagamenti a rischio

Il Tribunale di Venezia accoglie un’azione di revocatoria fallimentare promossa dalla curatela. Annullati pagamenti per €380.000 a un fornitore, poiché eseguiti nel ‘periodo sospetto’ e con la provata conoscenza dello stato di insolvenza da parte del creditore, desunta da ritardi, piani di rientro falliti e comunicazioni via email.

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Credito prededucibile del subappaltatore: i limiti

Un subappaltatore rivendicava la natura di credito prededucibile per le sue prestazioni verso un appaltatore in concordato preventivo, sostenendo che il suo pagamento fosse essenziale per sbloccare i pagamenti del committente. La Corte di Cassazione ha respinto questa tesi, affermando che la norma che condiziona il pagamento dell’appaltatore a quello del subappaltatore non conferisce automaticamente un privilegio. La Corte ha ribadito che la prededuzione funzionale richiede un nesso di stretta e necessaria inerenza con la conservazione del patrimonio aziendale, assente nel caso di specie.

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Ratio decidendi: appello inammissibile se non impugnata

Una società chimica ricorre in Cassazione contro una decisione che ha ridotto il suo credito in un fallimento. La Corte dichiara il ricorso inammissibile perché la società non ha contestato una delle due autonome ragioni giuridiche (ratio decidendi) su cui si fondava la sentenza d’appello. Il caso evidenzia come un’impugnazione debba affrontare tutte le motivazioni autosufficienti della decisione che contesta per evitare l’inammissibilità.

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Mandato senza rappresentanza: la responsabilità dell'agente

Una banca ha incaricato una società di servizi per il trasporto valori. Il contratto, qualificabile come mandato senza rappresentanza per alcune aree, prevedeva la piena responsabilità della società per l’operato dei terzi incaricati. A seguito dell’appropriazione di una cospicua somma da parte di un terzo, la Cassazione ha confermato la condanna della società, stabilendo che la clausola di responsabilità non è una garanzia e non richiede un importo massimo, ma è una valida deroga alla regola generale del mandato senza rappresentanza.

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Ammissione al passivo con riserva: la Cassazione rinvia

Una società committente ha richiesto l’ammissione di un ingente credito risarcitorio nello stato passivo di un’impresa appaltatrice in amministrazione straordinaria. Le corti di merito hanno negato l’ammissione poiché il credito era oggetto di un giudizio civile non ancora definitivo. La Corte di Cassazione, rilevando che la questione sull’ammissione al passivo con riserva è pendente dinanzi alle Sezioni Unite, ha emesso un’ordinanza interlocutoria, rinviando la causa a nuovo ruolo in attesa della pronuncia nomofilattica.

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Responsabilità della SIM: illeciti del promotore

Un risparmiatore ha citato in giudizio una Società di Intermediazione Mobiliare (SIM) per la truffa subita dal suo promotore finanziario. La Corte di Cassazione ha confermato la responsabilità della SIM, ritenendo che il legame tra le mansioni del promotore e l’illecito non fosse stato interrotto dalla condotta del cliente, pur se poco avveduta. Per escludere la responsabilità della SIM è necessaria la prova di una collusione o di una consapevole acquiescenza del cliente alla violazione delle regole, non essendo sufficiente la semplice negligenza.

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Diritto d'autore fumetti: l'idea non è tutelata

Un autore di fumetti ha citato in giudizio una nota casa editrice e altri autori, sostenendo che avessero plagiato la sua opera fantascientifica. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto la domanda, ritenendo che le somiglianze riguardassero idee e temi comuni nel genere fantascientifico, non tutelabili dal diritto d’autore. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, ribadendo il principio fondamentale secondo cui il diritto d’autore protegge la forma espressiva e soggettiva di un’opera, non l’idea astratta che ne è alla base. La sentenza chiarisce i limiti della tutela per il diritto d’autore fumetti, escludendo dal plagio la ripresa di elementi generici come alieni, robot o viaggi onirici.

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Cessione del credito: Gazzetta Ufficiale non basta

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha stabilito un principio fondamentale in materia di cessione del credito in blocco. Se il debitore contesta l’avvenuta cessione, la sola pubblicazione dell’avviso in Gazzetta Ufficiale non costituisce prova sufficiente della titolarità del credito in capo al cessionario. Quest’ultimo deve fornire prove più concrete, come il contratto di cessione. La Corte ha inoltre dichiarato inammissibile l’intervento nel processo d’appello del nuovo creditore avvenuto dopo la precisazione delle conclusioni, cassando con rinvio la sentenza impugnata.

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