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Diritto Commerciale

Responsabilità solidale appalti: la guida completa
La Corte di Cassazione ha stabilito che le imprese riunite in un raggruppamento temporaneo (ATI) per un appalto pubblico mantengono la loro responsabilità solidale verso i fornitori, anche dopo aver costituito una società consortile per l'esecuzione dei lavori. Nel caso specifico, due società costruttrici sono state condannate a risarcire un fornitore per un contratto interrotto dal consorzio, successivamente fallito. La Corte ha chiarito che la normativa sulla responsabilità solidale appalti mira a proteggere fornitori e subappaltatori, e tale garanzia non viene meno con la creazione di un nuovo soggetto giuridico per la fase esecutiva.
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Responsabilità solidale appalti: la guida completa
Una società fornitrice, non pagata per materiali forniti nell'ambito di un appalto pubblico, ha agito contro il consorzio e le singole imprese consorziate. I tribunali di merito avevano escluso la responsabilità delle singole imprese, ritenendo che solo il consorzio, costituito come società a responsabilità limitata, fosse obbligato. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, affermando il principio della responsabilità solidale negli appalti. Secondo la Corte, la presentazione di un'offerta congiunta da parte delle imprese determina la loro responsabilità solidale verso la stazione appaltante e verso i subappaltatori/fornitori. Questa regola, prevista dalla normativa speciale sugli appalti pubblici, prevale sulle norme generali del diritto societario relative all'autonomia patrimoniale del consorzio.
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Responsabilità solidale consorzio: la Cassazione chiarisce
Un'impresa subappaltatrice ha citato in giudizio un consorzio per ottenere il pagamento di lavori eseguiti per una società consorziata, poi fallita. La Corte di Cassazione ha rigettato la domanda, chiarendo un punto cruciale sulla responsabilità solidale consorzio: essa non si applica automaticamente. La Corte ha stabilito che la responsabilità verso i subappaltatori, prevista dalla legge sugli appalti pubblici, sorge solo quando l'offerta è presentata da più soggetti concorrenti (come in un'ATI), e non quando il consorzio partecipa alla gara da solo (uti singulus).
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Revoca finanziamento europeo: la decisione della Corte
La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità della revoca di un finanziamento europeo (FESR) a una società che aveva modificato sostanzialmente il progetto finanziato. L'impianto realizzato era stato di fatto assorbito da quello di un'altra impresa, perdendo la sua funzione originaria. La Suprema Corte ha ritenuto che il cambiamento delle condizioni di attuazione del progetto giustificasse la revoca del finanziamento europeo, in linea con la normativa comunitaria. Tuttavia, ha annullato la condanna per responsabilità aggravata (lite temeraria), non ravvisando né malafede né colpa grave nella condotta processuale della società.
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Responsabilità precontrattuale soci: Cassazione chiarisce
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 34418/2024, chiarisce che in casi di fallite negoziazioni, la richiesta di risarcimento per responsabilità precontrattuale non spetta ai singoli soci. Il diritto a un'azione legale per danni è di esclusiva competenza della società che ha partecipato alle trattative, anche se i soci o i fideiussori hanno subito perdite finanziarie dirette. L'appello dei soci è stato dichiarato inammissibile, rafforzando il principio che solo la parte direttamente coinvolta nelle trattative detiene il diritto di agire.
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Fascicolo d’ufficio: obbligo del giudice di acquisirlo
In una controversia su una fornitura di mobili, la Corte d'Appello aveva respinto il gravame di un'azienda a causa della mancanza del fascicolo d'ufficio di primo grado. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che è un preciso obbligo del giudice, e non della parte appellante, curare l'acquisizione del fascicolo d'ufficio quando questo è indispensabile per la decisione, non potendo l'inadempienza dell'ufficio giudiziario ricadere sulla parte.
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Prova contratto di investimento: la Cassazione decide
Una società di investimenti, condannata a restituire una cospicua somma a un cliente, ha tentato di invalidare la pretesa in Cassazione sostenendo la nullità del contratto per assenza di forma scritta. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione si fonda sul principio di non contestazione: poiché la società non aveva mai negato l'esistenza del rapporto contrattuale nei gradi di merito, ma anzi aveva basato la sua difesa su altre argomentazioni, tale fatto doveva considerarsi provato. Questa ordinanza sottolinea come la condotta processuale delle parti possa essere decisiva per la prova del contratto di investimento.
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Notifica invii multipli: il timbro vale come firma?
Una società finanziaria si è vista negare il pagamento da un'azienda sanitaria locale perché la notifica della messa in mora era stata ritenuta invalida. Il problema risiedeva nella mancanza della firma dell'operatore postale sull'avviso di ricevimento, sostituita da un timbro. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che nel caso di notifica invii multipli, il timbro che identifica l'operatore postale è sufficiente a provare la consegna, senza necessità della firma autografa.
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Fideiussione consumatore: quando la garanzia è valida
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 34387/2024, ha stabilito che i soci e amministratori di una società che prestano una garanzia personale per i debiti della stessa non possono essere qualificati come consumatori. Di conseguenza, non possono invocare la nullità delle clausole per presunta vessatorietà ai sensi del Codice del Consumo. La Corte ha respinto il ricorso, sottolineando che il collegamento funzionale con l'attività imprenditoriale della società garantita esclude l'applicazione della disciplina sulla fideiussione consumatore.
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Obbligo informativo: la Cassazione sul dovere di verità
La Corte di Cassazione ha stabilito che l'omissione di informazioni cruciali, come un contenzioso sulla proprietà di un asset strategico, viola l'obbligo informativo fin dal deposito della domanda di concordato preventivo con riserva. Tale condotta, secondo i giudici, integra un atto di frode ai danni dei creditori, giustificando l'arresto della procedura e la conseguente dichiarazione di fallimento, anche senza una specifica intenzione di ingannare. La Corte ha cassato la decisione d'appello che aveva revocato il fallimento, riaffermando la centralità della trasparenza per tutelare il consenso informato dei creditori.
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Omologazione forzosa: il termine per la domanda
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 34377/2024, ha stabilito un principio cruciale in materia di omologazione forzosa degli accordi di ristrutturazione. Una società aveva richiesto l'omologazione prima che fosse scaduto il termine di 90 giorni concesso all'Amministrazione Finanziaria per aderire alla proposta di transazione fiscale. La Suprema Corte ha dichiarato la domanda inammissibile, chiarendo che il decorso di tale termine è un presupposto necessario per poter adire il tribunale. La richiesta presentata prima di tale scadenza è prematura, poiché la condizione della mancata adesione, che giustifica l'intervento del giudice, non si è ancora verificata.
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Informazione privilegiata: guida alla Cassazione
Una società holding è stata sanzionata dall'autorità di vigilanza per aver ritardato la comunicazione al mercato di un'informazione privilegiata, nello specifico stime preliminari positive sui risultati d'esercizio. L'azienda si è difesa sostenendo che la notizia non fosse 'significativa' poiché la sua pubblicazione era avvenuta quasi in contemporanea con un altro comunicato price sensitive, rendendo impossibile isolarne l'impatto sul prezzo del titolo. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che la valutazione del carattere privilegiato di un'informazione va condotta 'ex ante', applicando il test dell'investitore ragionevole per ogni singola notizia. La difficoltà di misurare l'effetto sul prezzo 'ex post' a causa di altri eventi non esonera la società dall'obbligo di tempestiva comunicazione (disclosure).
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Eccezione inadempimento amministratore: la Cassazione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 34341/2024, si è pronunciata sul tema dell'eccezione di inadempimento dell'amministratore. Il caso riguarda un ex presidente del consiglio di gestione che chiedeva l'ammissione al passivo di una società in amministrazione straordinaria per i suoi compensi. La società si opponeva sollevando l'eccezione di inadempimento per mala gestio. La Cassazione ha accolto il ricorso della società, stabilendo un principio fondamentale sull'onere della prova: spetta alla società allegare le specifiche negligenze gestorie, ma è poi l'amministratore a dover dimostrare di aver agito con la dovuta diligenza. La Corte ha cassato la decisione del tribunale, che aveva erroneamente rigettato l'eccezione, e ha rinviato la causa per un nuovo esame.
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Azione revocatoria: profitto non salva dalla revoca
La Corte di Cassazione ha confermato la revoca della vendita di un ramo d'azienda, anche in presenza di un bilancio in utile per la società venditrice. La decisione si fonda sul principio che il danno per i creditori (eventus damni) può essere anche solo qualitativo, come la sostituzione di beni aziendali con denaro liquido, più difficile da aggredire. Inoltre, la consapevolezza della frode è stata desunta dai legami di parentela tra le parti, elemento cruciale nell'ambito dell'azione revocatoria.
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Azione revocatoria: il vincolo di parentela è prova
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società che aveva trasferito il suo unico immobile di valore a un'altra entità giuridica, gestita da un parente stretto, per sottrarlo alla garanzia di un creditore. La Corte ha confermato che l'azione revocatoria è esperibile anche per crediti contestati e che il legame familiare tra gli amministratori delle due società costituisce una presunzione grave, precisa e concordante della consapevolezza del danno arrecato al creditore.
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Rinuncia al ricorso: conseguenze sulle spese legali
Una società ha presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d'Appello. Successivamente, ha deciso di procedere con la rinuncia al ricorso. La Corte di Cassazione, prendendo atto della rinuncia, ha dichiarato l'estinzione del giudizio. Tuttavia, ha condannato la società ricorrente a pagare le spese legali alla controparte, poiché quest'ultima non aveva aderito formalmente alla rinuncia. La decisione sottolinea che la rinuncia non esonera dal pagamento dei costi sostenuti dalla parte avversa.
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Datio in solutum e revocatoria: vendita immobiliare
La Corte di Cassazione conferma la revoca di una compravendita immobiliare. Sebbene formalmente una vendita, l'operazione è stata riqualificata come una 'datio in solutum' (pagamento con un bene diverso dal denaro) poiché il prezzo incassato dal venditore, poi fallito, è stato immediatamente utilizzato per estinguere un debito preesistente verso l'acquirente. La Corte ha stabilito che va valutato il risultato economico complessivo dell'operazione, considerandola un mezzo di pagamento anomalo e lesivo per gli altri creditori.
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Revocatoria Fallimentare e Cessione del Credito
La Corte di Cassazione chiarisce i confini della revocatoria fallimentare in relazione a un pagamento eseguito in virtù di una precedente cessione di credito. Un creditore riceveva un pagamento da una società poco prima che questa fallisse, sostenendo che l'atto fosse l'esecuzione di una cessione di credito avvenuta fuori dal 'periodo sospetto'. La Corte ha stabilito che le modalità concrete del pagamento sono decisive: poiché il denaro è transitato sul conto della società poi fallita prima di essere trasferito al creditore, l'operazione non costituisce una cessione tipica ma un pagamento di debito autonomo. Tale pagamento, avvenuto nel periodo sospetto, è stato quindi correttamente dichiarato inefficace, confermando le sentenze dei gradi precedenti e respingendo il ricorso del creditore.
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Improcedibilità del ricorso: termine perentorio
La Corte di Cassazione ha dichiarato l'improcedibilità del ricorso presentato da una società contro la sentenza che la condannava al pagamento di compensi per un contratto di procacciamento d'affari. La decisione si fonda sul mancato rispetto del termine perentorio per il deposito della relata di notifica della sentenza impugnata. La Corte ha ribadito che tale adempimento è essenziale per la prosecuzione del giudizio di legittimità e la sua omissione non è sanabile, comportando la declaratoria di improcedibilità del ricorso e la condanna alle spese e a sanzioni pecuniarie.
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Garanzia autonoma: quando è abusiva l’escussione?
Una società ferroviaria ha escusso una garanzia autonoma a danno di due banche per l'inadempimento di un appaltatore. La Corte d'Appello ha qualificato l'escussione come abusiva. La società ha quindi presentato ricorso in Cassazione che, data la complessità della materia, ha emesso un'ordinanza interlocutoria per rinviare la causa a pubblica udienza, al fine di approfondire il concetto di escussione abusiva della garanzia autonoma.
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