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Diritto Commerciale

Eccezione di inadempimento: la Cassazione decide
Una società di revisione ha richiesto il pagamento dei suoi compensi a un'azienda in amministrazione straordinaria. Quest'ultima si è opposta sollevando l'eccezione di inadempimento per la presunta scarsa qualità del lavoro svolto. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società di revisione, stabilendo che l'eccezione di inadempimento è valida anche dopo lo scioglimento del contratto per fallimento. Inoltre, ha confermato che spetta al creditore, in questo caso la società di revisione, dimostrare di aver eseguito correttamente la propria prestazione.
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Impugnazione lodo arbitrale: la Cassazione chiarisce
Una società di autotrasporti ha impugnato un lodo arbitrale, sostenendo che il mancato rispetto delle tariffe minime legali costituisse una violazione dell'ordine pubblico. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che, ai fini dell'impugnazione lodo arbitrale, la nozione di "ordine pubblico" è limitata ai principi fondamentali dell'ordinamento e non si estende a tutte le norme imperative. Di conseguenza, la violazione delle norme sui costi minimi non è un motivo valido per contestare il lodo, a meno che le parti non lo abbiano espressamente previsto.
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Contratto collegato: risoluzione per impianto non-conforme
Una coppia di consumatori acquista un impianto fotovoltaico con la promessa del "costo zero", grazie a un contratto collegato di finanziamento. L'impianto si rivela meno produttivo del previsto, vanificando il beneficio economico. La Corte d'Appello, in riforma della sentenza di primo grado, accoglie la domanda dei consumatori. Stabilisce che il termine per denunciare il difetto decorre da quando si ha una chiara percezione del problema (almeno un anno di osservazione) e, accertato il grave inadempimento del fornitore, dichiara la risoluzione sia del contratto di fornitura sia del contratto collegato di finanziamento, ordinando la restituzione delle rate pagate.
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Doppio della caparra: recesso per inadempimento
La Corte d'Appello di Cagliari, in sede di rinvio, ha condannato i promittenti venditori di quote societarie a restituire il doppio della caparra confirmatoria. La decisione si fonda sul grave inadempimento dei venditori, che avevano taciuto l'esistenza di vincoli e finanziamenti agevolati gravanti sulla società, legittimando così il recesso della parte acquirente e la sua richiesta di ottenere il doppio della caparra versata, per un totale di 200.000 euro.
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Nullità carta revolving: la decisione della Corte
La Corte d'Appello di Firenze ha confermato la nullità di un contratto per una carta revolving. Il contratto era stato promosso e concluso presso un negozio di elettrodomestici, un soggetto non autorizzato a svolgere attività di agenzia finanziaria. La Corte ha stabilito che la violazione di norme imperative rende il contratto nullo fin dall'origine. È stato inoltre respinto l'argomento della società finanziaria secondo cui la procura alle liti del consumatore era inesistente perché firmata con firma elettronica semplice. La decisione ribadisce la sussistenza dell'interesse del consumatore ad agire per la declaratoria di nullità, a prescindere dalla prescrizione dell'azione di ripetizione delle somme. Questa sentenza consolida la tutela del consumatore nel settore del credito al consumo, in particolare per la nullità carta revolving.
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Segnalazione Centrale Rischi: quando è legittima?
Una società sanitaria ha citato in giudizio una banca per una presunta illegittima segnalazione Centrale Rischi, sostenendo che le avesse impedito di ottenere finanziamenti. La Corte d'Appello di Firenze ha respinto la richiesta, stabilendo che la segnalazione era legittima. La Corte ha verificato che la banca aveva correttamente informato il cliente prima della segnalazione e che la decisione si basava su uno stato di insolvenza persistente e non su un semplice ritardo. Di conseguenza, non sussistendo alcun illecito, la domanda di risarcimento è stata respinta.
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Azione revocatoria: quando è impugnabile un atto
La Corte di Cassazione analizza un caso di azione revocatoria contro un conferimento immobiliare in una società e la successiva cessione delle quote. La Corte ha ritenuto che la sostituzione di un bene stabile (immobile) con uno più volatile (quote societarie) costituisce un pregiudizio per i creditori ('eventus damni'), anche in presenza di un'ipoteca sul bene. L'operazione rende infatti più incerta e difficile la soddisfazione del credito. Di conseguenza, ha dichiarato inammissibile il ricorso della società debitrice, confermando le decisioni dei giudici di merito che avevano accolto l'azione revocatoria.
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Sperimentazione gestionale sanità: valida la convenzione
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un'Azienda Sanitaria contro una Casa di Cura, confermando la validità di una convenzione atipica. La Corte ha qualificato il rapporto come una forma di sperimentazione gestionale sanità assimilabile a un affitto d'azienda, ritenendo valido un accordo scritto che ne prorogava gli effetti fino alla stipula di una nuova intesa. La decisione stabilisce che tali accordi non necessitano di seguire le rigide regole degli appalti pubblici.
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Cessione d’azienda: il destino della fideiussione
Un fideiussore aveva garantito i debiti di un'impresa individuale per forniture di merci. Quando l'impresa è stata conferita in una S.p.A., quest'ultima ha preteso di escutere la garanzia. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 1453/2024, ha affrontato il tema della sorte della fideiussione in caso di cessione d'azienda. Pur affermando che il contratto di fideiussione si trasferisce automaticamente alla nuova società acquirente ai sensi dell'art. 2558 c.c., la Corte ha specificato due limiti cruciali: il credito di garanzia non può essere ceduto separatamente senza il consenso del garante e le sanzioni personali, come la penale per assegno protestato, non si estendono al fideiussore. La Corte ha quindi accolto parzialmente il ricorso, cassando la sentenza d'appello su questi ultimi due punti.
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Errore revocatorio: quando è inammissibile il ricorso
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 1450/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso per revocazione avverso una propria precedente decisione. Il caso riguardava una controversia su un contratto di subappalto. La Corte ha chiarito che l'errore revocatorio, previsto dall'art. 395, n. 4, c.p.c., consiste in una falsa percezione della realtà processuale (una 'svista') e non in un errore di valutazione o interpretazione del diritto o delle prove. Poiché le censure del ricorrente miravano a ottenere una nuova valutazione di merito, il ricorso è stato respinto, ribadendo i rigidi limiti di questo strumento di impugnazione straordinario.
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Prova del credito: la forma scritta è decisiva
Un'impresa subappaltatrice ha richiesto il pagamento per servizi di cantiere a un'impresa appaltatrice. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando le decisioni dei gradi precedenti. Il punto cruciale è stata la mancanza di prove scritte che attestassero l'esecuzione dei servizi, come esplicitamente richiesto dal contratto. Questo caso sottolinea l'importanza fondamentale del rispetto delle formalità contrattuali, dimostrando che senza le prove scritte concordate, la prova del credito non può essere considerata raggiunta, anche in presenza di altri elementi indiziari.
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Sanzione CONSOB: sproporzionata? La Cassazione decide
Un investitore, sanzionato dall'Autorità di Vigilanza per insider trading, ha presentato ricorso. La Corte di Cassazione ha confermato l'illecito basato su prove presuntive, ma ha annullato la decisione sulla misura della sanzione CONSOB, ritenendo che la Corte d'Appello non avesse adeguatamente valutato la sua proporzionalità rispetto al profitto ottenuto, rinviando per un nuovo giudizio sul punto.
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Caparra confirmatoria: la sua funzione e validità
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 1433/2024, ha rigettato il ricorso di un promissario conduttore, confermando la risoluzione di un contratto preliminare di affitto d'azienda per suo inadempimento. Il caso verteva sulla natura della somma versata, qualificata come caparra confirmatoria, e sulla legittimità del recesso della parte concedente. La Corte ha ribadito che l'interpretazione sulla natura della somma è riservata al giudice di merito e ha chiarito che il recesso per inadempimento (art. 1385 c.c.) è possibile anche se vi è stato un principio di esecuzione del contratto. Inoltre, ha confermato che l'affitto d'azienda non include automaticamente la locazione dell'immobile, se il contratto prevede diversamente.
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Accreditamento istituzionale: non serve per l’affitto
La Corte di Cassazione chiarisce che un accordo tra una struttura sanitaria privata e un ente pubblico, qualificabile come affitto di azienda, non richiede l'accreditamento istituzionale per la sua validità. Nel caso specifico, la clinica privata metteva a disposizione solo la struttura e il personale non medico, mentre l'ente pubblico forniva i medici. La Corte ha annullato la sentenza di secondo grado che aveva dichiarato nullo il contratto, affermando che la mancanza di accreditamento istituzionale non inficia un contratto di affitto di azienda.
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Assistenza finanziaria: la Cassazione decide?
La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, ha rinviato a pubblica udienza il caso di un mutuo concesso da una banca e parzialmente usato per l'acquisto di azioni della stessa. La questione centrale è l'applicabilità del divieto di assistenza finanziaria (art. 2358 c.c.) alle banche popolari e le conseguenze di nullità totale o parziale del contratto, data la complessità e i contrasti giurisprudenziali in materia.
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Compensazione impropria: Cassazione chiarisce i limiti
Una società di factoring agiva contro un Ente Regionale per il pagamento di crediti sanitari ceduti da una struttura accreditata. L'Ente opponeva un controcredito per prestazioni inappropriate, operando una compensazione impropria. La Cassazione ha confermato la decisione di merito, chiarendo che la compensazione impropria, derivando dallo stesso rapporto, può essere rilevata d'ufficio dal giudice e non richiede i requisiti della compensazione legale, risolvendosi in un mero accertamento contabile.
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Competenza per materia: fideiussione e usura
Un tribunale specializzato per le imprese ha sollevato un conflitto di giurisdizione in un caso che presentava sia una domanda di nullità di una fideiussione per violazione di norme antitrust, sia domande relative all'usura. La Corte di Cassazione ha stabilito la corretta competenza per materia, separando le cause: la questione antitrust rimane di competenza del tribunale specializzato, mentre le domande sull'usura sono state assegnate al tribunale ordinario, evidenziando la mancanza di una connessione processuale tra le due.
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Giudicato esterno e interpretazione degli atti
La Corte di Cassazione chiarisce i limiti del giudicato esterno, stabilendo che una precedente sentenza che interpreta un documento non preclude una nuova azione legale se questa si fonda su una parte diversa e autonoma dello stesso documento. Il caso riguardava una richiesta di rimborso per tasse non pagate, in cui la Corte ha ritenuto che una precedente decisione, basata su un'altra clausola dello stesso accordo scritto e respinta per difetto di legittimazione attiva, non costituisse un giudicato sulla questione oggetto del nuovo contenzioso.
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Clausola penale: limita il risarcimento del danno?
Una società fornitrice ritarda la consegna di materiali, causando un danno a un'impresa immobiliare. Le parti avevano pattuito una clausola penale in un accordo transattivo. La Corte di Cassazione stabilisce che l'effetto limitativo del risarcimento derivante dalla clausola penale non costituisce un'eccezione nuova inammissibile in appello, ma una mera difesa. La sua esistenza, una volta provata, impone al giudice di valutarne gli effetti limitativi sul danno risarcibile, anche d'ufficio.
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Inadempimento parziale: no decadenza se manca merce
Una società acquirente lamentava un inadempimento parziale per aver ricevuto una quantità di semilavorati metallici inferiore a quella fatturata, calcolata a peso. La Cassazione ha stabilito che non si tratta di un vizio di qualità, ma di un inadempimento parziale. Pertanto, l'azione per recuperare il prezzo pagato in eccesso non è soggetta ai brevi termini di decadenza e prescrizione previsti per la denuncia dei vizi (art. 1495 c.c.).
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