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Diritto Commerciale

Imprenditore agricolo: quando scatta il fallimento?
La Corte di Cassazione ha confermato la dichiarazione di fallimento di una società agricola, stabilendo un principio chiave: per le società, l'oggetto sociale è determinante per qualificare l'attività come commerciale e quindi soggetta a fallimento. Anche se un'impresa svolge attività agricola, se il suo statuto prevede numerose attività commerciali (immobiliari, finanziarie, ecc.), essa può essere dichiarata fallita. Spetta all'imprenditore agricolo, e non al creditore, l'onere della prova di svolgere un'attività esclusivamente agricola per beneficiare dell'esenzione dal fallimento.
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Fallimento impresa agrituristica: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza di fallimento di una società agricola che gestiva un'attività agrituristica. L'ordinanza stabilisce che, per determinare la fallibilità, si devono applicare criteri uniformi a livello nazionale, dando prevalenza all'analisi dei ricavi (dato reddituale) rispetto a criteri stabiliti da leggi regionali, come quello del "monte ore". Poiché i ricavi dell'attività agrituristica erano ampiamente superiori a quelli agricoli, l'impresa è stata considerata commerciale e, di conseguenza, soggetta a fallimento.
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Interesse ad impugnare: quando il ricorso è inammissibile
Una società di factoring, pur avendo ottenuto la condanna di un'ente pubblico al pagamento del capitale richiesto, ha presentato ricorso in Cassazione contestando le motivazioni della sentenza d'appello relative all'imputazione dei pagamenti. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per mancanza di interesse ad impugnare, stabilendo che non si può ricorrere al solo fine di ottenere una modifica della motivazione se ciò non comporta un risultato pratico più favorevole per la parte ricorrente.
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Start up innovativa e fallimento: la scadenza dei 5 anni
La Corte di Cassazione ha stabilito che una start up innovativa perde automaticamente il beneficio della non fallibilità allo scadere del quinto anno dalla sua costituzione. Questo termine è sostanziale e non viene esteso né dal periodo di 60 giorni concesso per la cancellazione amministrativa dal registro speciale, né dalle sospensioni dei termini legate al Covid-19. La perdita del beneficio è immediata, indipendentemente dalla data di effettiva cancellazione.
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Ratio decidendi: appello respinto se una ragione regge
In una disputa su un'impresa familiare, la Cassazione rigetta il ricorso di due fratelli contro le sorelle. La Corte d'Appello aveva basato la sua decisione su una duplice 'ratio decidendi': la riqualificazione del rapporto in società di fatto e la mancanza di prova dei profitti. Poiché i ricorrenti non hanno scalfito la seconda motivazione, l'intero ricorso è stato dichiarato inammissibile per carenza di interesse, confermando la decisione impugnata.
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Onere della prova: chi deve dimostrare la prestazione?
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso di un professionista per il pagamento dei compensi, confermando la decisione della Corte d'Appello. Il caso evidenzia come l'onere della prova gravi su chi agisce in giudizio. Il professionista, infatti, non è riuscito a dimostrare di aver effettivamente svolto le prestazioni di contabilità per le quali chiedeva il pagamento, rendendo irrilevanti le altre questioni legali sollevate. La Suprema Corte ribadisce che la valutazione delle prove testimoniali da parte del giudice di merito non è sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata.
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Illecito permanente: quando scatta la prescrizione?
La Corte di Cassazione ha stabilito che la violazione per un prospetto informativo incompleto o non veritiero costituisce un illecito permanente. Di conseguenza, il termine di prescrizione di cinque anni non decorre dalla data di approvazione del prospetto, ma dalla data di chiusura dell'offerta al pubblico. In questo caso, la Corte ha annullato la decisione di merito che aveva dichiarato prescritto l'illecito, affermando che la condotta dannosa per gli investitori si protrae per tutta la durata dell'offerta. La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell'Autorità di vigilanza, chiarendo un principio fondamentale per la tutela del mercato finanziario.
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Prova del credito nel fallimento: la Cassazione decide
Una società fornitrice si è vista negare l'ammissione al passivo fallimentare di un proprio credito di circa 35.000 euro per carenza di prove. Il ricorso per Cassazione è stato dichiarato inammissibile perché basato su una critica alla valutazione delle prove del giudice di merito, non consentita in sede di legittimità. La Suprema Corte ha ribadito che, nel contesto della prova del credito, fatture e documenti di trasporto non firmati o privi di data certa non sono sufficienti a dimostrare la pretesa creditoria verso il fallimento, poiché il curatore è considerato un terzo.
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Contratto di agenzia: quando è stabile e continuo?
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un'azienda calzaturiera, confermando la decisione della Corte d'Appello che aveva riqualificato il rapporto con i suoi intermediari da procacciamento d'affari a contratto di agenzia. La sentenza sottolinea che la stabilità e la continuità del rapporto, desumibili da elementi di fatto come la durata pluriennale, la cadenza mensile delle fatture e l'iscrizione all'ente previdenziale di categoria, sono decisive per la qualificazione del contratto, al di là del nome formale dato dalle parti.
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Cancellazione albo consulenti: il caso della crisi
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un consulente finanziario avverso la sua cancellazione dall'albo professionale. La cancellazione era seguita alla messa in amministrazione straordinaria della società da lui amministrata. La Corte ha stabilito che la cancellazione albo consulenti finanziari in questi casi non è una sanzione, ma la conseguenza della perdita di un requisito essenziale. Il professionista ha l'onere di dimostrare la sua completa estraneità ai fatti che hanno causato la crisi, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.
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Prova presuntiva e insider trading: la Cassazione
La Corte di Cassazione conferma una sanzione della Consob per abuso di informazioni privilegiate, validando l'uso della prova presuntiva. Il caso riguarda la comunicazione di informazioni riservate relative a un'operazione di cessione societaria. La Corte ha ritenuto che una catena di indizi gravi, precisi e concordanti – come la presenza di un soggetto su un'imbarcazione dove si discuteva dell'affare e i successivi contatti telefonici e operazioni di borsa – sia sufficiente a dimostrare l'illecito, anche in assenza di prove dirette.
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Risoluzione subappalto: recesso o impossibilità?
Una società subappaltatrice ha citato in giudizio il committente per ottenere un indennizzo a seguito dell'interruzione di un contratto. La controversia riguardava la qualificazione della cessazione del rapporto: recesso unilaterale, che dà diritto a un indennizzo, o risoluzione subappalto per impossibilità sopravvenuta, che non lo prevede. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito, stabilendo che la risoluzione del contratto di appalto principale aveva reso di fatto impossibile la prestazione del subappaltatore, configurando un'ipotesi di impossibilità sopravvenuta (art. 1672 c.c.) e non di recesso (art. 1671 c.c.). Di conseguenza, al subappaltatore spetta solo il pagamento per il lavoro già eseguito, ma non l'indennizzo richiesto.
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Contratto di somministrazione: quando non esiste
La Corte di Cassazione ha stabilito che un rapporto commerciale duraturo, caratterizzato da ordini periodici, non si qualifica automaticamente come un contratto di somministrazione. Nel caso esaminato, una società di abbigliamento non è stata ritenuta inadempiente per non aver spedito la merce ordinata da un rivenditore, poiché la Corte ha qualificato la relazione come una serie di singole compravendite, ognuna soggetta ad accettazione. La mancanza di un obbligo a fornire ha reso le pretese risarcitorie del rivenditore infondate.
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Vizi cessione d’azienda: quando non si ha diritto
La Corte di Cassazione ha stabilito che non tutti i difetti in una cessione d'azienda costituiscono un vizio che dà diritto alla riduzione del prezzo. Nel caso specifico, riguardante l'acquisto di un ramo d'azienda con case di riposo, la Corte ha rigettato le richieste dell'acquirente. È stato chiarito che la minor valutazione dell'avviamento, la mancanza di crediti promessi e i difetti strutturali facilmente riconoscibili non rientrano nella nozione di "vizio della cosa venduta" (art. 1490 c.c.), ma afferiscono ad altri rimedi legali, come la risoluzione per inadempimento o l'annullamento del contratto, che la parte non aveva richiesto. La sentenza sottolinea l'importanza di inquadrare correttamente l'azione legale in base alla natura dei vizi nella cessione d'azienda.
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Beneficio di escussione: quando il socio non può usarlo
La Corte di Cassazione chiarisce che il socio illimitatamente responsabile di una s.n.c. perde il beneficio di escussione se non si oppone al decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti. La mancata opposizione trasforma l'obbligazione da sussidiaria a personale e diretta, basata sul titolo giudiziale divenuto definitivo, consentendo al creditore di agire direttamente contro il patrimonio del socio, a prescindere dall'esito dell'opposizione proposta dalla società.
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Eccezione di inadempimento: Cassazione e onere prova
Una società di revisione contabile ha richiesto il pagamento per i suoi servizi a un'azienda in amministrazione straordinaria. Quest'ultima ha sollevato un'eccezione di inadempimento, contestando la qualità del lavoro svolto. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società di revisione, stabilendo che l'eccezione di inadempimento è proponibile anche se il contratto è sciolto per fallimento. Ha inoltre confermato che spetta al creditore, che si oppone all'esclusione dal passivo, dimostrare di aver adempiuto correttamente alla propria prestazione.
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Regresso condizionale: sì all’azione prima del pagamento
Una compagnia assicurativa, che aveva prestato fideiussione per una società, si oppone a una cartella esattoriale e agisce in regresso contro la società garantita prima di pagare. La Corte di Cassazione dichiara inammissibile l'opposizione perché notificata all'ente creditore invece che all'agente di riscossione. Tuttavia, accoglie il ricorso sulla domanda accessoria, affermando la legittimità dell'azione di regresso condizionale, esperibile anche prima del pagamento per motivi di economia processuale.
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Legittimazione passiva: chi citare in opposizione?
Una società di assicurazioni si opponeva a una richiesta di pagamento di una polizza fideiussoria, citando in giudizio il Ministero creditore. I giudici di primo e secondo grado accoglievano l'opposizione. La Corte di Cassazione, tuttavia, cassa la sentenza senza rinvio, dichiarando l'originaria domanda inammissibile. La Corte ha stabilito che nelle opposizioni esecutive per crediti riscossi a mezzo ruolo, l'unico soggetto dotato di legittimazione passiva è l'agente della riscossione, non l'ente creditore. Aver citato in giudizio il soggetto sbagliato ha reso l'intera causa improponibile fin dall'inizio.
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Eccezione di inadempimento: Cassazione chiarisce
Una società di revisione ha richiesto il pagamento per le sue prestazioni a una società in amministrazione straordinaria. Quest'ultima ha sollevato l'eccezione di inadempimento per la non corretta esecuzione del servizio. La Cassazione ha rigettato il ricorso della società di revisione, confermando che l'eccezione è proponibile anche dopo lo scioglimento del contratto per fallimento e chiarendo i limiti del vizio di extra petita e dell'onere probatorio.
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Eccezione di inadempimento: valida anche post-fallimento
La Corte di Cassazione ha confermato che l'eccezione di inadempimento è uno strumento valido anche dopo la risoluzione di un contratto per fallimento. In un caso riguardante il compenso di una società di revisione, il cui credito è stato contestato per la qualità del servizio, la Corte ha rigettato il ricorso della società, stabilendo che il debitore può sempre rifiutarsi di pagare per una prestazione non eseguita a regola d'arte, anche se il rapporto contrattuale è formalmente cessato.
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