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Diritto Commerciale

Affitto ramo d’azienda: quando è simulazione?
La Corte d'Appello di Roma ha esaminato un caso di presunta simulazione di un contratto di affitto ramo d'azienda, che l'affittuario sosteneva essere una semplice locazione commerciale per ottenere una riduzione del canone. La Corte ha respinto l'appello, stabilendo che la presenza di elementi come l'avviamento, l'uso di autorizzazioni amministrative e di aree comuni qualifica il contratto come affitto d'azienda, giustificando un canone maggiore. La sentenza chiarisce che l'oggetto del contratto, inteso come complesso di beni organizzati per l'esercizio d'impresa, è il criterio decisivo per distinguere le due figure contrattuali.
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Responsabilità del preponente: quando si risponde
La Corte d'Appello di Roma ha stabilito la responsabilità del preponente (una concessionaria) per gli atti illeciti commessi da un suo agente, anche se privo di rappresentanza formale. La sentenza analizza un caso di risoluzione contrattuale per grave inadempimento, derivante dalla presentazione di richieste di incentivi fraudolente. La Corte ha ritenuto che, in base al principio di occasionalità necessaria dell'art. 2049 c.c., la concessionaria risponde dell'operato dell'agente, poiché l'illecito si inseriva nelle finalità aziendali. Di conseguenza, ha confermato la legittimità della risoluzione del contratto e ha condannato la concessionaria a restituire gli incentivi indebitamente percepiti.
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Recesso per gravi motivi: quando è legittimo?
Una società esercitava il recesso per gravi motivi da un contratto di locazione di un magazzino, dopo aver ceduto il ramo d'azienda del supermercato a cui il locale era funzionale. La Corte d'Appello ha confermato la decisione di primo grado, stabilendo che la cessione volontaria dell'attività non costituisce un grave motivo oggettivo e imprevedibile richiesto dalla legge, ma una mera scelta di convenienza imprenditoriale. Di conseguenza, il recesso è stato dichiarato illegittimo.
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Responsabilità amministratore: se l’assemblea approva
Un socio e una curatela fallimentare citano in giudizio un ex amministratore per presunta mala gestio, ma la Corte d'Appello respinge le accuse. La sentenza chiarisce che la responsabilità amministratore è esclusa quando le sue azioni, anche se potenzialmente discutibili, sono state preventivamente autorizzate da specifiche delibere dell'assemblea dei soci. Il provvedimento è stato riformato solo sulla ripartizione delle spese legali, confermando nel merito la correttezza dell'operato dell'amministratore.
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Restituzione finanziamenti pubblici: la guida al caso
Un ente pubblico ha richiesto la restituzione di fondi indebitamente percepiti da un'associazione per progetti formativi. La Corte d'Appello, su rinvio della Cassazione, ha confermato l'obbligo di restituzione, chiarendo che la prescrizione per l'azione di restituzione finanziamenti pubblici decorre dalla verifica amministrativa finale e non dal pagamento. Una generica contestazione non basta a superare specifiche irregolarità contabili. La responsabilità del garante è stata invece esclusa perché la polizza non copriva tali irregolarità.
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Interessi commerciali e PA: quando si applicano?
Una società creditrice agisce per ottenere il pagamento di compensi per la custodia di veicoli sequestrati da un'Amministrazione Pubblica. Il cuore della disputa riguarda la natura degli interessi dovuti: legali o i più onerosi interessi commerciali previsti dal D.Lgs. 231/2002. Dopo un lungo iter giudiziario, la Corte di Cassazione stabilisce che gli interessi commerciali si applicano anche alle Pubbliche Amministrazioni quando agiscono privatamente. La Corte d'Appello, in sede di rinvio, conferma questa linea, condannando l'ente pubblico al pagamento degli interessi commerciali, ribadendo che la PA, in tali rapporti, è equiparata a un qualsiasi operatore privato.
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Garanzia autonoma: quando l’appello è inammissibile
Una società subappaltatrice ha impugnato la condanna a rimborsare una compagnia di assicurazioni che aveva pagato una polizza a seguito di un presunto inadempimento contrattuale. La Corte d'Appello ha respinto l'appello, ritenendolo inammissibile. La motivazione centrale risiede nel fatto che l'appellante non ha contestato la qualificazione della polizza come 'garanzia autonoma' data dal giudice di primo grado. Tale qualificazione, divenuta definitiva (giudicato), impedisce di sollevare eccezioni relative al contratto di subappalto, rendendo irrilevanti i motivi di merito dell'appello.
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Indennità Agente: Onere della prova e presupposti
Una società agente ha citato in giudizio la preponente per ottenere l'indennità di cessazione del rapporto. Il tribunale di primo grado aveva parzialmente accolto la domanda, ma la Corte di Appello ha completamente riformato la decisione. La Corte ha stabilito che l'agente non aveva soddisfatto l'onere della prova, non riuscendo a dimostrare né l'effettiva acquisizione di nuovi clienti né la persistenza di vantaggi sostanziali per la preponente dopo la fine del contratto. La domanda è stata quindi rigettata, ribadendo che l'agente deve fornire prove concrete e non può affidarsi a semplici elenchi o a richieste di esibizione documentale per sopperire alle proprie mancanze probatorie.
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La fusione per incorporazione estingue la società incorporata
La fusione per incorporazione estingue la società incorporata dalla data di cancellazione dal registro delle imprese ("cessano, infatti, per la società incorporata, la sede sociale, la denominazione, gli organi amministrativi e di controllo, il capitale nominale, le azioni o quote che lo rappresentano, e così via; in una parola, la primigenia organizzazione si dissolve e nessuna situazione soggettiva residua"); la fusione realizza una successione a titolo universale corrispondente alla successione mortis causa e produce gli effetti, tra loro interdipendenti, dell'estinzione della società incorporata e della contestuale sostituzione a questa, nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, della società incorporante, che rappresenta il nuovo centro di imputazione e di legittimazione dei rapporti giuridici già riguardanti i soggetti incorporati.
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Contributi editoria: bilancio certificato è tassativo
La Corte d'Appello di Roma ha negato i contributi editoria alla curatela fallimentare di una società editrice, stabilendo che il requisito della certificazione dell'intero bilancio d'esercizio da parte di una società di revisione è tassativo e non ammette deroghe. L'impossibilità di adempiere a tale obbligo, causata dalla dichiarazione di fallimento, non costituisce una valida esimente per accedere ai fondi pubblici.
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Concorrenza sleale: quando il danno non è provato
Un'impresa di ristorazione ha citato in giudizio un concorrente per concorrenza sleale, accusandolo di aver avviato un'attività simile in un locale non idoneo e senza le dovute autorizzazioni. La Corte d'Appello, pur confermando l'esistenza della concorrenza sleale, ha respinto la richiesta di risarcimento danni. La decisione sottolinea che l'attore non è riuscito a fornire prove sufficienti e coerenti del danno economico subito né a dimostrare un nesso di causalità diretto tra l'attività illecita del concorrente e la propria diminuzione di fatturato.
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Pagamento diretto subappaltatore: la regola del tempo
Un'impresa subappaltatrice ha richiesto il pagamento diretto a diverse Amministrazioni pubbliche a seguito dell'inadempimento dell'appaltatore principale. La Corte di Appello di Roma ha respinto la richiesta, stabilendo un principio fondamentale: la disciplina applicabile ai pagamenti è quella in vigore al momento della pubblicazione del bando di gara del contratto principale, non quella successiva vigente al momento della stipula del subappalto. Nel caso specifico, la normativa applicabile (anteriore al D.Lgs. 163/2006) prevedeva solo una facoltà, e non un obbligo, per la stazione appaltante di procedere al pagamento diretto subappaltatore. La Corte ha quindi confermato la totale autonomia tra il contratto di appalto e quello di subappalto.
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Revoca finanziamento pubblico: quando è legittima?
La Corte d'Appello di Roma ha confermato la legittimità della revoca di un finanziamento pubblico concesso a un'impresa per la realizzazione di un progetto industriale. La decisione si fonda sulla mancata dimostrazione da parte della società beneficiaria di aver sostenuto le spese richieste nei tempi e modi previsti. La sentenza chiarisce che l'onere di provare il corretto utilizzo dei fondi grava sull'impresa e che il progresso del progetto va misurato sulla base della documentazione contabile ('stato di avanzamento contabile') e non sulla mera realizzazione fisica delle opere. Di conseguenza, la revoca del finanziamento pubblico e la richiesta di restituzione delle somme già erogate sono state ritenute corrette.
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Blocco conto corrente illegittimo: la banca condannata
Un'ordinanza del Tribunale di Pescara ha accolto il ricorso d'urgenza di una società contro il blocco del conto corrente operato dal proprio istituto di credito. La banca aveva giustificato il blocco citando una generica 'operazione anomala' ai sensi della normativa antiriciclaggio, senza però fornire alcuna prova o dettaglio specifico. Il Giudice ha ritenuto il blocco conto corrente illegittimo, ordinando lo sblocco immediato e la condanna della banca al pagamento delle spese legali, avendo riscontrato sia la fondatezza del diritto della società (fumus boni iuris) sia il rischio di un danno grave e irreparabile (periculum in mora).
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Liquidazione giudiziale: quando si apre la procedura?
Una società di ristorazione, impossibilitata a pagare canoni di locazione per oltre 78.000 € e con debiti fiscali superiori a 90.000 €, è stata sottoposta a liquidazione giudiziale dal Tribunale di Pescara. Il giudice ha riscontrato un palese stato di insolvenza, poiché la società debitrice non ha adempiuto alle proprie obbligazioni né ha fornito prove della propria stabilità finanziaria, accogliendo il ricorso della società creditrice.
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Compenso mediazione lavori: non è dovuto senza SAL
Una società di consulenza ha citato in giudizio un gruppo edile per ottenere il pagamento del proprio compenso di mediazione lavori, pattuito al 4% del valore di alcuni appalti. Il contratto legava il pagamento all'emissione degli Stati di Avanzamento Lavori (SAL). Poiché i lavori non sono mai iniziati e nessun SAL è stato emesso, il Tribunale ha respinto la domanda, qualificando l'esecuzione dei lavori come una condizione sospensiva non avveratasi. La richiesta di risarcimento danni è stata parimenti rigettata per mancanza di prove.
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Cessione del credito: quando è inefficace senza ok
Una società, cessionaria di crediti per interessi moratori, ha citato in giudizio un ente debitore per ottenerne il pagamento. Il Tribunale ha rigettato la domanda, stabilendo l'inefficacia della cessione del credito. La motivazione si fonda su una clausola del contratto originale che subordinava l'efficacia di qualsiasi cessione all'accettazione espressa da parte dell'ente debitore. Poiché la società attrice non ha fornito la prova di tale accettazione, la cessione è stata ritenuta non opponibile al debitore.
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Onere della prova vizi fornitura: il caso del mangime
Un allevatore si oppone a due decreti ingiuntivi per il pagamento di forniture di mangime, sostenendo che la merce fosse difettosa e avesse causato danni al bestiame. Il Tribunale ha respinto le opposizioni, confermando i decreti. La decisione sottolinea come l'allevatore non sia riuscito a soddisfare l'onere della prova vizi fornitura, non dimostrando né il difetto del prodotto né il nesso di causalità con i danni lamentati.
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Consegna documenti sociali: obbligo ex amministratore
Un liquidatore di una S.r.l., rischiando il licenziamento dal proprio impiego pubblico per incompatibilità, ha citato in giudizio l'ex amministratrice (e sua ex consorte) per ottenere la documentazione societaria. Il Tribunale di Napoli ha rigettato la richiesta di nomina di un nuovo liquidatore, ritenendola inammissibile, ma ha accolto la domanda relativa alla consegna dei documenti sociali. L'ordinanza ha stabilito che sull'ex amministratrice grava un preciso obbligo di legge di consegnare tutta la documentazione, emettendo un ordine d'urgenza per prevenire il grave pregiudizio lavorativo del ricorrente.
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Marchio forte: Tutela e inibitoria per imitazione
Un'ordinanza del Tribunale di Napoli affronta un caso di imitazione di un marchio storico nel settore della pasticceria. La decisione si concentra sul concetto di marchio forte, riconoscendo la piena tutela al titolare originale e inibendo l'uso del segno simile da parte del concorrente. Il giudice ha ritenuto che la riproduzione del patronimico, cuore del marchio anteriore, costituisse una violazione, ordinando la cessazione immediata dell'attività illecita e la rimozione di insegne e materiali promozionali.
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