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Diritto Civile

Fideiussione omnibus: la nullità parziale non salva

Il Tribunale di Torino si è pronunciato su un’opposizione a decreto ingiuntivo basata sulla presunta nullità di una fideiussione omnibus. La sentenza chiarisce la distinzione temporale per l’applicazione della nullità parziale legata allo schema ABI: la prova dell’intesa anticoncorrenziale è presunta solo per i contratti antecedenti al provvedimento della Banca d’Italia del 2005. Per quelli successivi, l’onere della prova ricade sul garante. Inoltre, il Tribunale ha stabilito che la clausola ‘a semplice richiesta’ è sufficiente a impedire la decadenza del creditore ai sensi dell’art. 1957 c.c. Di conseguenza, pur revocando il decreto ingiuntivo originario a causa di pagamenti parziali avvenuti in corso di causa, ha condannato i garanti al pagamento del debito residuo.

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Revisione tabelle millesimali: basta la maggioranza

Un condomino impugna la delibera di approvazione delle nuove tabelle millesimali, sostenendo fosse necessaria l’unanimità. La Corte d’Appello di Roma respinge il ricorso, confermando che per la revisione tabelle millesimali, dovuta a un notevole aumento di volumetria di un’unità immobiliare (superiore a 1/5), è sufficiente il voto a maggioranza qualificata, in quanto l’atto ha natura ricognitiva e non negoziale.

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Legittimazione passiva: chi paga i rimborsi sanitari?

Una struttura sanitaria ha citato in giudizio un’Azienda Sanitaria Locale (ASL) per rimborsi indebitamente decurtati. La Corte d’Appello ha respinto la domanda, stabilendo che la struttura non ha provato la legittimazione passiva dell’ASL. Secondo la Corte, spettava alla struttura dimostrare, tramite una delibera regionale, che l’ASL fosse l’ente effettivamente incaricato dei pagamenti, e non la Regione. La mancata prova ha reso la domanda inammissibile.

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Clausola compromissoria nulla: lodo annullato

La Corte d’Appello ha esaminato un’impugnazione contro un lodo arbitrale derivante da un contratto del 1969. La Corte ha accolto l’appello, dichiarando la nullità del lodo arbitrale perché la clausola compromissoria originale era affetta da un vizio insanabile. In particolare, la clausola è stata ritenuta nulla perché, in violazione della legge all’epoca vigente (art. 820 c.p.c.), non specificava il numero degli arbitri né le modalità per la loro nomina. Di conseguenza, l’intero procedimento arbitrale e la relativa decisione sono stati invalidati, con la condanna della parte soccombente al pagamento di tutte le spese legali.

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Ritardo pagamento canone: risoluzione del contratto

Una società locatrice ha richiesto la risoluzione di un contratto di locazione per il sistematico ritardo nel pagamento del canone da parte del conduttore. In primo grado, la domanda era stata respinta, attribuendo rilevanza al comportamento collaborativo del conduttore e a una mancanza del locatore. La Corte d’Appello ha riformato la decisione, stabilendo che il ritardo nel pagamento del canone, sebbene per pochi giorni ma reiterato nel tempo, costituisce un inadempimento grave che altera l’equilibrio contrattuale e giustifica la risoluzione del contratto. Le altre richieste economiche del locatore sono state respinte per carenza di prova.

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Nuova costruzione: quando la ristrutturazione viola le distanze

La Corte d’Appello di Roma conferma la condanna di una società ad arretrare un edificio realizzato in violazione delle distanze legali. La sentenza chiarisce che un intervento edilizio, anche se definito ristrutturazione, si qualifica come nuova costruzione se comporta un aumento della volumetria preesistente. In tal caso, l’opera deve rispettare le normative sulle distanze tra edifici. Viene invece respinta la domanda relativa alla servitù di veduta per mancanza di prova del titolo di acquisto del diritto.

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Risoluzione contratto appalto: quando spetta il compenso?

La Corte di Appello di Roma ha confermato la risoluzione di un contratto di permuta di un terreno contro futuri appartamenti, a causa del grave inadempimento della società costruttrice che non ha completato le opere. La sentenza chiarisce che, in caso di risoluzione contratto appalto per colpa dell’appaltatore, questi non ha diritto al compenso per i lavori parzialmente eseguiti se non dimostra che tali lavori abbiano arrecato un’utilità concreta e reale al committente. È stata inoltre rigettata la domanda di indennizzo per ingiustificato arricchimento.

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Protezione internazionale per fede religiosa: il caso

La Corte d’Appello di Roma ha concesso la protezione internazionale, nella forma dello status di rifugiato, a una cittadina cinese perseguitata nel suo paese d’origine per l’appartenenza alla Chiesa del Dio Onnipotente. La decisione ribalta un precedente diniego, conformandosi a un’ordinanza della Corte di Cassazione. Quest’ultima aveva censurato la precedente valutazione di non credibilità della richiedente e l’omesso esame delle fonti internazionali sulla persecuzione religiosa in Cina. La Corte ha ritenuto il racconto della donna, che include minacce, clandestinità e la fuga dal paese, dettagliato, coerente e riscontrato da numerosi rapporti sui diritti umani che confermano la repressione sistematica attuata dal governo cinese contro i gruppi religiosi non riconosciuti.

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Spese legali azione revocatoria: come si calcolano?

Una Corte di Appello ha riformato una decisione di primo grado riguardo alla liquidazione delle spese legali in una causa di azione revocatoria. La sentenza stabilisce che il valore della causa, ai fini del calcolo dei compensi professionali, deve essere commisurato all’importo del credito tutelato (€ 208.600) e non a uno scaglione di valore inferiore, come erroneamente stabilito dal Tribunale. Di conseguenza, la Corte ha riliquidato i compensi per il primo grado e liquidato quelli per l’appello, applicando il corretto scaglione tariffario e confermando che la fase di trattazione va sempre compensata.

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Assegno in bianco: come difendersi dal riempimento

Una recente sentenza della Corte di Appello di Roma chiarisce le modalità di difesa in caso di riempimento abusivo di un assegno in bianco. Il caso riguarda una persona che si era opposta a un precetto basato su un assegno da lei firmato, ma compilato dal creditore in violazione degli accordi. La Corte ha stabilito che, in caso di riempimento ‘contra pacta’ (contro gli accordi), non è necessaria la complessa querela di falso, ma è sufficiente il disconoscimento della scrittura. Questa decisione ribalta la sentenza di primo grado e accoglie l’opposizione, annullando il precetto e spostando l’onere della prova sul creditore.

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Legittimazione passiva costruttore: chi paga?

Una recente sentenza della Corte di Appello ha chiarito la questione della legittimazione passiva del costruttore per i contratti stipulati prima della costituzione del condominio. La Corte ha stabilito che il costruttore rimane l’unico obbligato verso i terzi fornitori, a meno che non sia provato un formale atto di subentro da parte del condominio. La mera vendita delle unità immobiliari non è sufficiente a trasferire le obbligazioni contrattuali. La sentenza ha inoltre affrontato il tema della cessione del credito in corso di causa e della corretta applicazione degli interessi moratori.

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Transazione novativa: quando chiude ogni lite?

Una società ha citato in giudizio una banca per presunte irregolarità nei rapporti bancari. La Corte d’Appello ha respinto la domanda, confermando che un precedente accordo transattivo generale (una transazione novativa) era valido e precludeva qualsiasi ulteriore azione legale. La Corte ha stabilito che l’accordo, volto a chiudere tutte le controversie presenti e future, non era nullo, poiché le presunte nullità delle singole clausole contrattuali non rendevano l’intero contratto illecito.

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Lavori aggiuntivi appalto: quando sono dovuti?

Una sentenza della Corte di Appello chiarisce la distinzione fondamentale tra lavori aggiuntivi necessari e semplici migliorie in un contratto di appalto. Un’impresa edile aveva richiesto il pagamento per una serie di lavori, alcuni dei quali extra-contratto. La Corte ha stabilito che solo i lavori strettamente necessari alla funzionalità dell’opera, come la sistemazione di un impianto fognario, sono dovuti anche senza un’autorizzazione scritta. Le opere che rappresentano solo un miglioramento, invece, richiedono il consenso scritto del committente per essere pagate. La decisione ha quindi ridimensionato la richiesta economica dell’impresa, accertando il credito solo per le opere contrattualizzate e per quelle extra ritenute indispensabili.

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Contestazione bollette acqua: onere della prova

La Corte d’Appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado in un caso di contestazione bollette acqua, rigettando le richieste di un utente contro le società fornitrici. La decisione ribadisce un principio fondamentale: in caso di consumi ritenuti anomali, spetta all’utente dimostrare che l’eccesso non è a lui imputabile, una volta che la società ha provato il corretto funzionamento del contatore. L’utente non è riuscito a provare né un presunto accordo transattivo né che l’anomalia dei consumi fosse dovuta a fattori esterni al suo controllo.

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Testimonianza de relato: quando non costituisce prova

Una sentenza della Corte d’Appello di Roma chiarisce l’inefficacia probatoria della testimonianza de relato, specialmente se proveniente dalla parte stessa (actoris). Il caso riguardava una richiesta di restituzione di un prestito e una domanda riconvenzionale per danni da aggressione. La Corte ha respinto la domanda di risarcimento basata su testimonianze indirette e contraddittorie, confermando invece l’obbligo di restituzione del prestito per mancanza di prove certe del pagamento.

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Interessi commerciali e PA: quando si applicano?

Una società creditrice agisce per ottenere il pagamento di compensi per la custodia di veicoli sequestrati da un’Amministrazione Pubblica. Il cuore della disputa riguarda la natura degli interessi dovuti: legali o i più onerosi interessi commerciali previsti dal D.Lgs. 231/2002. Dopo un lungo iter giudiziario, la Corte di Cassazione stabilisce che gli interessi commerciali si applicano anche alle Pubbliche Amministrazioni quando agiscono privatamente. La Corte d’Appello, in sede di rinvio, conferma questa linea, condannando l’ente pubblico al pagamento degli interessi commerciali, ribadendo che la PA, in tali rapporti, è equiparata a un qualsiasi operatore privato.

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Assegno Circolare Prescritto: Chi Perde i Soldi?

La Corte di Appello di Roma chiarisce le sorti di un assegno circolare prescritto. La sentenza stabilisce che il beneficiario, non avendo incassato il titolo entro il termine di tre anni, perde ogni diritto di pagamento nei confronti della banca emittente. Il diritto a richiedere il rimborso della provvista, versata al Fondo Unico di Giustizia, spetta unicamente a chi aveva richiesto l’emissione dell’assegno (in questo caso, la stessa banca in qualità di terzo pignorato), a condizione che il beneficiario restituisca l’originale del titolo scaduto. La Corte ha rigettato l’appello confermando la decisione di primo grado.

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Restituzione prestito: la prova del contratto di mutuo

La Corte d’Appello conferma la condanna alla restituzione di un prestito di 12.000 euro, erogato tramite bonifici con causale esplicita. La sentenza chiarisce che l’azione va qualificata come adempimento contrattuale di mutuo e non come arricchimento senza causa. La prova del trasferimento del denaro con una causale chiara sposta l’onere della prova sul debitore, che deve dimostrare l’esistenza di un titolo diverso che giustifichi il trattenimento della somma. La richiesta di restituzione prestito è stata quindi accolta.

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Contratto di appalto: vizi e penali per ritardo

In una controversia relativa a un contratto di appalto, la Corte d’Appello ha parzialmente riformato una sentenza di primo grado. La Corte ha respinto l’appello dell’impresa costruttrice e accolto in parte quello del condominio, ricalcolando la penale per il ritardo nella consegna dei lavori e addebitando all’impresa le spese di occupazione del suolo pubblico. La decisione sottolinea l’importanza della consulenza tecnica (CTU) nel definire le responsabilità e la corretta quantificazione dei danni e delle penali, confermando un debito dell’impresa verso il committente.

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Remunerazione medici specializzandi: la decisione

La Corte d’Appello di Roma si è pronunciata sul diritto alla remunerazione dei medici specializzandi per la tardiva attuazione delle direttive europee. La sentenza ha parzialmente accolto le richieste dei medici, riconoscendo il risarcimento per chi frequentava corsi di specializzazione comuni a più Stati UE dopo il 1° gennaio 1983, anche se iscritti prima di tale data. Ha però escluso dal risarcimento le specializzazioni non previste dalle direttive, come l’oncologia, specificando che l’obbligazione dello Stato è un debito di valuta, non soggetto a rivalutazione.

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