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Diritto Civile

Azione di riduzione: onere della prova chiarito

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20954/2025, ha chiarito i requisiti dell’onere probatorio per l’erede che agisce con un’azione di riduzione. Nel caso esaminato, alcuni eredi legittimari avevano citato in giudizio un altro erede, beneficiario di cospicue donazioni da parte del defunto. Le corti di merito avevano rigettato la domanda per mancato assolvimento dell’onere della prova. La Cassazione ha cassato la decisione, stabilendo che l’attore non è tenuto a quantificare monetariamente la lesione nella domanda iniziale, ma deve fornire una rappresentazione patrimoniale, anche basata su presunzioni, che renda verosimile la lesione della quota di legittima. Indicare analiticamente le donazioni e i beni relitti è sufficiente per superare il vaglio iniziale di ammissibilità della domanda.

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Eccezione in senso stretto e condizione risolutiva

Una società stipula un contratto preliminare di compravendita immobiliare sottoposto a una condizione risolutiva. Scaduto il termine per l’avveramento della condizione, le parti continuano a trattare. Successivamente, l’acquirente recede per inadempimento del venditore, il quale si difende tardivamente sostenendo l’avvenuta risoluzione di diritto. La Cassazione chiarisce che l’avveramento della condizione risolutiva costituisce un’eccezione in senso stretto, che deve essere sollevata tempestivamente dalla parte interessata e non può essere rilevata d’ufficio dal giudice. Di conseguenza, la difesa tardiva del venditore era inammissibile.

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Credito prededucibile del subappaltatore: i limiti

Un subappaltatore rivendicava la natura di credito prededucibile per le sue prestazioni verso un appaltatore in concordato preventivo, sostenendo che il suo pagamento fosse essenziale per sbloccare i pagamenti del committente. La Corte di Cassazione ha respinto questa tesi, affermando che la norma che condiziona il pagamento dell’appaltatore a quello del subappaltatore non conferisce automaticamente un privilegio. La Corte ha ribadito che la prededuzione funzionale richiede un nesso di stretta e necessaria inerenza con la conservazione del patrimonio aziendale, assente nel caso di specie.

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Spese CTU: omessa pronuncia e obbligo di statuizione

In una causa per un appalto pubblico tra un’impresa e un Comune, la Corte d’Appello ometteva di decidere sul rimborso delle spese della Consulenza Tecnica d’Ufficio (spese CTU). La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza, stabilendo che la pronuncia sulle spese di lite non include implicitamente quella sulle spese CTU. Il giudice ha l’obbligo di statuire espressamente su tali costi, e la sua omissione costituisce un vizio di omessa pronuncia, non un rigetto implicito.

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Mandato senza rappresentanza: la responsabilità dell'agente

Una banca ha incaricato una società di servizi per il trasporto valori. Il contratto, qualificabile come mandato senza rappresentanza per alcune aree, prevedeva la piena responsabilità della società per l’operato dei terzi incaricati. A seguito dell’appropriazione di una cospicua somma da parte di un terzo, la Cassazione ha confermato la condanna della società, stabilendo che la clausola di responsabilità non è una garanzia e non richiede un importo massimo, ma è una valida deroga alla regola generale del mandato senza rappresentanza.

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Contributo di solidarietà: la Cassazione lo boccia

La Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità del contributo di solidarietà imposto da una cassa di previdenza privata sulla pensione di un suo iscritto. Secondo la Corte, un simile prelievo, essendo una prestazione patrimoniale, richiede una base legale specifica (riserva di legge) che non può essere sostituita da un regolamento interno dell’ente. La decisione ha inoltre ribadito che il termine per richiedere il rimborso delle somme indebitamente trattenute è di dieci anni.

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Incarico professionale: chi paga? Società o socio?

Un professionista ha citato in giudizio gli eredi del presidente di una società per il pagamento delle sue parcelle. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello, stabilendo che l’incarico professionale era stato conferito dal presidente per conto della società e non a titolo personale. L’elemento decisivo è stato il contenuto del mandato scritto, che legava l’attività del professionista ai doveri aziendali, esonerando così gli eredi dal pagamento personale.

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Giudicato esterno e frasi offensive: la Cassazione

Un professionista citava in giudizio un collega per ottenere il risarcimento dei danni derivanti da espressioni offensive contenute nei suoi atti difensivi. Una precedente sentenza, passata in giudicato, aveva già accertato la natura offensiva e non pertinente di tali frasi. La Corte di Cassazione ha stabilito che il giudice del merito, nel successivo giudizio risarcitorio, non poteva riesaminare la questione, essendo vincolato dal cosiddetto giudicato esterno. La sentenza impugnata è stata quindi cassata per aver ignorato questo principio fondamentale.

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Poteri rappresentante: limiti e contratti nulli

La Corte di Cassazione ha stabilito che i contratti stipulati dal legale rappresentante di un ente ecclesiastico, senza le necessarie autorizzazioni previste dal diritto canonico per atti di straordinaria amministrazione, sono inefficaci. Questa inefficacia è opponibile ai terzi, a prescindere dalla loro buona fede, in virtù della specifica disciplina (L. 222/1985). La Corte ha chiarito che non si applica il principio generale dell’apparenza del diritto. Inoltre, ha precisato che i documenti contabili, in cui il rappresentante riconosce di aver ricevuto somme, hanno valore di riconoscimento del debito, invertendo l’onere della prova sulla destinazione dei fondi.

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Azione revocatoria: spese legali e valore causa

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20909/2025, ha stabilito che in una causa di azione revocatoria volta a tutelare sia un credito pecuniario sia un’obbligazione di ‘fare’ (non monetaria), il valore della controversia ai fini della liquidazione delle spese legali è da considerarsi indeterminabile. La Corte ha accolto il ricorso dei debitori su questo punto, cassando la sentenza d’appello che aveva erroneamente calcolato le spese basandosi solo sull’importo del credito pecuniario.

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Equo compenso avvocati: la Cassazione nega la retroattività

Un legale ha richiesto il pagamento dei suoi onorari a un istituto di credito. Il tribunale di primo grado ha ridotto l’importo applicando la nuova legge sull’equo compenso avvocati in modo retroattivo. La Corte di Cassazione ha annullato questa decisione, stabilendo che la legge non è retroattiva e si applica solo alle prestazioni successive alla sua entrata in vigore. Di conseguenza, gli accordi tariffari precedenti tra le parti rimangono validi. La Corte ha anche ritenuto legittimo il frazionamento del credito da parte del legale, data la complessità del caso.

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Inammissibilità ricorso Cassazione: requisiti di forma

Una madre impugna in Cassazione la decisione che ha revocato la vendita di un immobile acquistato dal figlio debitore. La Suprema Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso per cassazione a causa di gravi vizi di forma, come la mancanza di specificità e chiarezza dei motivi. La decisione sottolinea il rigore con cui devono essere redatti gli atti di impugnazione, confermando l’inefficacia della compravendita.

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Sanzione agriturismo: posti a sedere o pasti serviti?

Il titolare di un’azienda agricola ha ricevuto una pesante sanzione agriturismo per aver allestito un numero di posti a sedere superiore a quello autorizzato. In sede di ricorso, ha sostenuto che la violazione dovesse essere legata ai pasti effettivamente serviti. La Corte di Cassazione ha respinto tale interpretazione, confermando che la semplice preparazione di coperti oltre il limite consentito è sufficiente a integrare l’illecito amministrativo, in quanto criterio oggettivo scelto dal legislatore per regolare il settore.

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Giuramento decisorio e donazione indiretta: la Cassazione

In una causa di divisione ereditaria tra fratelli, la Corte di Cassazione ha annullato la decisione della Corte d’Appello che aveva negato l’ammissione di un giuramento decisorio. La questione verteva sulla provenienza del denaro usato da un fratello per acquistare un immobile. La Suprema Corte ha stabilito che la nuova formula del giuramento, volta a chiarire se il denaro provenisse anche solo in parte dalla madre, era decisiva ai fini della collazione e doveva essere ammessa. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Azione revocatoria: quando il credito è inesistente?

Un istituto di credito avvia un’azione revocatoria contro la vendita di un immobile tra padre e figlio, sostenendo che l’atto ledeva le sue ragioni di credito. La Corte di Cassazione ha annullato le decisioni dei giudici di merito, accogliendo il ricorso del padre e del figlio. È stato decisivo un nuovo giudicato che ha accertato come, al momento della vendita, fosse il padre ad avere un credito verso la banca e non viceversa. Questo fatto nuovo ha eliminato il presupposto fondamentale dell’azione revocatoria, ovvero il pregiudizio per il creditore (eventus damni), rendendo l’azione improcedibile per carenza di interesse ad agire.

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Distrazione spese: errore materiale e correzione rapida

Un avvocato ha chiesto la correzione di una sentenza che, pur condannando la controparte al pagamento delle spese legali, aveva omesso di disporre la distrazione delle spese in suo favore. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, chiarendo che tale omissione costituisce un errore materiale. La Corte ha stabilito che il rimedio corretto è la procedura di correzione, più rapida di un’impugnazione, e ha ordinato la modifica del dispositivo della sentenza originale per includere la distrazione delle spese a favore del legale.

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Spese legali: chi paga se vince un solo attore?

Un politico, citato per diffamazione da tre soggetti (due persone fisiche e una società), veniva condannato a risarcire solo una di esse. La Corte d’Appello, tuttavia, lo obbligava a pagare una parte delle spese legali a tutti e tre, inclusi i due che avevano perso la causa. La Corte di Cassazione ha annullato questa decisione, stabilendo un principio fondamentale sulla ripartizione delle spese legali: in caso di pluralità di domande, la soccombenza va valutata per ogni singolo rapporto processuale. Pertanto, il convenuto deve rimborsare le spese solo all’attore vittorioso, mentre le parti soccombenti non hanno diritto ad alcun rimborso e possono, anzi, essere condannate a pagare le spese alla controparte.

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Onere della prova: equa riparazione e documenti

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di alcuni cittadini che chiedevano un’equa riparazione per l’eccessiva durata di un processo. La decisione si fonda sul principio dell’onere della prova: i ricorrenti non avevano depositato la documentazione completa del processo presupposto. La Corte ha stabilito che, nel giudizio di opposizione e di rinvio, spetta esclusivamente alla parte che agisce fornire tutte le prove necessarie, senza che il giudice sia tenuto a sollecitarne l’integrazione. La mancanza di tale documentazione, indispensabile per valutare la fondatezza e l’entità del risarcimento, comporta inevitabilmente il rigetto della domanda.

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Azione revocatoria: onere della prova e fideiussione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due garanti che si opponevano a un’azione revocatoria avviata da un istituto di credito. I garanti avevano costituito un fondo patrimoniale e sostenevano la nullità della fideiussione sottostante per violazione di norme antitrust. La Corte ha stabilito che l’onere di provare tale nullità e la sua incidenza sul contratto spettava ai debitori, i quali non avevano fornito prove adeguate. Inoltre, ha ribadito che per l’esercizio dell’azione revocatoria è sufficiente una semplice ‘ragione di credito’, non essendo necessario un suo accertamento definitivo. Il ricorso è stato giudicato come un tentativo di riesame del merito, non consentito in sede di legittimità.

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Benefici vittime terrorismo: quando il ricorso è nullo

Una vittima di attentato terroristico ha richiesto i benefici vittime terrorismo previsti dalla L. 206/2004. Il Tribunale ha respinto la domanda per mancata prova della riduzione della capacità lavorativa. La Cassazione ha dichiarato il ricorso diretto inammissibile, chiarendo che la procedura speciale ex art. 12 è limitata nel tempo e non applicabile al caso di specie, che avrebbe dovuto seguire la via ordinaria dell’appello.

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