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Diritto buono pasto: sì anche per il turno notturno

Una dipendente di un’azienda sanitaria pubblica ha richiesto il riconoscimento del suo diritto al buono pasto per i turni notturni. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’azienda, confermando che il diritto buono pasto è una misura assistenziale legata alla durata del turno di lavoro (superiore a sei ore), a prescindere che sia diurno o notturno. La Corte ha inoltre ribadito che la prescrizione per questo diritto è decennale e non quinquennale.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Diritto Buono Pasto: Spetta Anche a Chi Lavora di Notte

Il diritto buono pasto è un tema di grande interesse per molti lavoratori, specialmente per coloro che operano su turni particolari. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, affermando che il buono pasto spetta anche a chi svolge il turno notturno, a condizione che l’orario di lavoro superi le sei ore. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale favorevole ai dipendenti, sottolineando la natura assistenziale di questa agevolazione.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla richiesta di una dipendente di un’Azienda Sanitaria Locale, la quale si era rivolta al giudice per ottenere il riconoscimento del suo diritto al servizio mensa, o in alternativa al buono pasto, per il periodo lavorativo che includeva turni notturni (dalle 20:00 alle 8:00). Mentre il Tribunale di primo grado aveva respinto la sua domanda, la Corte d’Appello aveva parzialmente accolto le sue ragioni.

La Corte territoriale aveva riconosciuto il diritto della lavoratrice, ma aveva applicato la prescrizione decennale, limitando il periodo per cui era dovuto il compenso. L’Azienda Sanitaria, non soddisfatta della decisione, ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo, tra le altre cose, che un accordo aziendale limitasse il diritto ai soli turni diurni e che dovesse applicarsi la prescrizione breve di cinque anni.

Analisi sul Diritto Buono Pasto e la Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso dell’azienda, confermando la decisione della Corte d’Appello e rafforzando i diritti dei lavoratori. I giudici hanno stabilito alcuni punti fermi:

1. Natura del Diritto: Il buono pasto non è una forma di retribuzione, ma un’agevolazione di carattere assistenziale. Il suo scopo è conciliare le esigenze del servizio con quelle quotidiane del dipendente, garantendogli il benessere fisico necessario per proseguire l’attività lavorativa.
2. Collegamento con la Pausa: Il diritto è strettamente legato alla fruizione di una pausa pranzo, la quale è un diritto del lavoratore quando l’orario giornaliero supera le sei ore (come previsto dal D.Lgs. 66/2003).
3. Irrilevanza dell’Orario: La “particolare articolazione dell’orario di lavoro”, menzionata nel CCNL Sanità, che fa scattare il diritto, non si riferisce a specifiche fasce orarie (es. pranzo), ma all’esigenza di una pausa generata da un turno di lavoro prolungato. Di conseguenza, è irrilevante che il turno sia diurno o notturno.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha basato la sua decisione su un solido orientamento giurisprudenziale. Ha ribadito che l’attribuzione del buono pasto è condizionata unicamente all’effettuazione della pausa, che a sua volta presuppone un orario di lavoro di almeno sei ore. Qualsiasi accordo aziendale che limiti questo diritto, restringendolo a determinate fasce orarie senza una giustificazione legata alle risorse disponibili, è da considerarsi illegittimo perché contrario a quanto previsto dalla contrattazione nazionale.

Un altro punto cruciale affrontato è stato quello della prescrizione. L’azienda sosteneva l’applicazione della prescrizione quinquennale, tipica dei crediti di lavoro. La Cassazione, invece, ha confermato che, data la natura assistenziale e non retributiva del buono pasto, si applica la prescrizione ordinaria decennale (art. 2946 c.c.). Questo significa che i lavoratori hanno dieci anni di tempo per far valere il loro diritto al riconoscimento dei buoni pasto non corrisposti.

Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta una vittoria significativa per i diritti dei lavoratori, in particolare per quelli del settore pubblico e sanitario che operano su turni estesi e notturni. Le conclusioni pratiche sono chiare:

* Il diritto buono pasto spetta a tutti i dipendenti con un orario di lavoro superiore alle sei ore, a prescindere dall’orario di inizio e fine del turno.
* Gli accordi sindacali aziendali non possono peggiorare le condizioni previste dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) limitando questo diritto.
* Il termine per richiedere gli arretrati dei buoni pasto è di dieci anni, offrendo una tutela più ampia ai lavoratori.

Il diritto al buono pasto spetta anche per i turni di lavoro notturni?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il diritto al buono pasto è legato al diritto alla pausa, che sorge quando l’orario di lavoro giornaliero supera le sei ore, a prescindere dal fatto che il turno sia diurno o notturno.

Qual è il termine di prescrizione per richiedere il buono pasto?
Il termine di prescrizione è decennale. Poiché il buono pasto ha natura assistenziale e non retributiva, si applica la prescrizione ordinaria di dieci anni prevista dall’art. 2946 del Codice Civile, e non quella quinquennale dei crediti di lavoro.

Un accordo aziendale può limitare il diritto al buono pasto previsto dal CCNL?
No. La Corte ha stabilito che l’azienda non può restringere il campo dei beneficiari del buono pasto rispetto a quanto previsto dalla clausola contrattuale nazionale, che lo collega alla “particolare articolazione dell’orario” interpretata come necessità di una pausa per turni superiori alle sei ore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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