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Diritto all’assunzione: quando la P.A. può negarlo?

La Corte di Cassazione ha stabilito che il diritto all’assunzione di un candidato vincitore di un concorso pubblico non è assoluto. Se una nuova legge (ius superveniens) modifica l’organizzazione dell’amministrazione, eliminando la necessità del posto messo a concorso, la P.A. ha il potere-dovere di non procedere all’assunzione. Nel caso specifico, il trasferimento delle funzioni sanitarie dal Ministero della Giustizia al Servizio Sanitario Nazionale ha legittimamente impedito l’assunzione di un’infermiera vincitrice di concorso, senza che ciò comporti un risarcimento del danno.

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Pubblicato il 23 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Diritto all’Assunzione: Cosa Succede se la Legge Cambia Dopo il Concorso?

Il diritto all’assunzione per chi vince un concorso pubblico è un pilastro del nostro ordinamento, ma non è un diritto incondizionato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti di tale diritto di fronte a modifiche normative che cambiano l’assetto della Pubblica Amministrazione. La Suprema Corte ha stabilito che se una nuova legge rende superflua la figura professionale ricercata, l’Amministrazione non solo può, ma deve astenersi dall’assumere, anche se la graduatoria è già stata approvata.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda una candidata risultata vincitrice, posizionandosi al 46° posto, di un concorso pubblico per 90 posti di tecnico-infermiere professionale, indetto nel 2004 dal Ministero della Giustizia. Nonostante l’ottimo piazzamento in graduatoria, approvata nel settembre 2007, la sua assunzione non si è mai concretizzata.

Il percorso è stato ostacolato da due eventi normativi cruciali:
1. Un blocco generalizzato delle assunzioni nel pubblico impiego, imposto dalla Legge Finanziaria per gli anni dal 2005 al 2007.
2. Una riforma strutturale introdotta con la Legge n. 244/2007, entrata in vigore il 28 dicembre 2007, che ha trasferito tutte le funzioni sanitarie svolte dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria al Servizio Sanitario Nazionale (SSN).

La Corte d’Appello aveva inizialmente dato ragione alla candidata, condannando il Ministero ad assumerla e a risarcirle il danno, ritenendo che il decreto attuativo della riforma (DPCM del 2008) fosse successivo allo sblocco delle assunzioni (1° gennaio 2008). Contro questa decisione, le Amministrazioni hanno proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte e il Principio del Diritto all’Assunzione

La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione d’appello, accogliendo il ricorso del Ministero. Il punto centrale della sentenza è il principio secondo cui il diritto all’assunzione del vincitore di un concorso è subordinato alla permanenza dell’assetto organizzativo e delle necessità di personale che avevano originariamente giustificato l’indizione del concorso stesso.

Secondo la Corte, l’evento decisivo non è stato il DPCM attuativo del 2008, ma la Legge n. 244 del 2007. Questa legge, entrata in vigore prima che scadesse il blocco delle assunzioni, ha prodotto un effetto immediato: il Ministero della Giustizia ha perso le funzioni sanitarie e, di conseguenza, non aveva più alcuna necessità di assumere infermieri.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha fondato la sua decisione su consolidati principi giuridici. In primo luogo, ha richiamato l’articolo 97 della Costituzione, che impone alla Pubblica Amministrazione di agire secondo i principi di buon andamento e imparzialità. Sarebbe contrario a tali principi costringere un ente pubblico ad assumere personale per funzioni che non svolge più.

L’intervento di una nuova legge (ius superveniens) che modifica l’assetto organizzativo rappresenta una causa di impossibilità della prestazione non imputabile all’amministrazione. In questo contesto, l’ente ha il potere-dovere di bloccare i provvedimenti di assunzione che non rispondono più a un’oggettiva necessità pubblica. La mancata assunzione, quindi, non deriva da un inadempimento colpevole dell’amministrazione, ma da un factum principis, ovvero un atto autoritativo (la legge) che ha reso la prestazione (l’assunzione) ineseguibile e non più necessaria.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un importante principio in materia di pubblico impiego: vincere un concorso crea una forte aspettativa, ma non un diritto all’assunzione intangibile e incondizionato. Il diritto del singolo candidato deve cedere di fronte a un prevalente interesse pubblico, sancito da una legge, che riorganizza le funzioni e le competenze della Pubblica Amministrazione. Per i candidati idonei o vincitori, ciò significa che il loro diritto è sempre condizionato alla persistenza delle esigenze organizzative dell’ente che ha bandito il concorso fino al momento dell’effettiva nomina.

Il vincitore di un concorso pubblico ha sempre diritto all’assunzione?
No, il diritto all’assunzione non è assoluto. È subordinato alla permanenza, al momento della nomina, dell’assetto organizzativo e delle necessità di personale che hanno giustificato il bando di concorso.

Una nuova legge può bloccare l’assunzione di vincitori di concorso già in graduatoria?
Sì. Se una legge successiva (ius superveniens) modifica l’organizzazione di un ente pubblico eliminando le funzioni per cui il concorso era stato bandito, l’amministrazione ha il potere-dovere di non procedere con le assunzioni, poiché non rispondono più a un’oggettiva necessità.

In questo caso, perché l’Amministrazione non è stata condannata a risarcire il danno per la mancata assunzione?
Perché la mancata assunzione non è derivata da un ritardo o un inadempimento imputabile all’amministrazione, ma da una causa esterna e non controllabile (factum principis), ovvero l’entrata in vigore di una legge che ha trasferito le funzioni e reso l’assunzione impossibile e non più necessaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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