Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21880 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 21880 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/07/2025
1.Il Tribunale di Roma ha rigettato le domande proposte da NOME COGNOME volte ad ottenere l’accertamento del suo diritto all’assunzione, quale vincitore del concorso pubblico per esami a n. 90 posti nell’area B, posizione economica B2, profilo professionale tecnico-infermiere professionale, indetto in data 18.10.2004 con provvedimento pubblicato sulla GU – IV serie speciale n. 23 del 23.11.2004 e la condanna del Ministero della giustizia ad immetterla in ruolo e a risarcirle il danno patito.
La COGNOME era stata dichiarata vincitrice del concorso pubblico per esami a 90 posti nell’area B -posizione economica B2-profilo professionale di TecnicoInfermiere professionale indetto dall’amministrazione convenuta con PDG 18.10.2004, essendosi collocata al 46° posto della graduatoria ed ha pertanto ritenuto che fosse titolare del diritto soggettivo all’assunzione con l’inquadramento richiesto.
2. La Corte di Appello di Roma, in riforma della pronuncia di prime cure, ha dichiarato il diritto di NOME COGNOME ad essere assunta dal 1° gennaio 2008 dal Ministero della giustizia con inquadramento nell’area B, posizione economica B2, profilo di tecnico-infermiere professionale, ha ordinato al Ministero della gius tizia di provvedere all’immissione in servizio e ha condannato l’appellato al pagamento, in favore di NOME COGNOME, delle retribuzioni dovute in base a detto inquadramento a decorrere dal 8.9.2008, oltre alla maggior somma tra interessi legali e rivalutazione monetaria ex art. 22, comma 36, legge n. 274/1994.
La Corte territoriale ha richiamato il principio secondo cui dall’approvazione della graduatoria discende il diritto all’assunzione per il partecipante collocatosi in posizione utile, nonché quello alla stregua del quale
in caso di ritardo nell’assunzione da parte dell’amministrazione che ha indetto il concorso, al vincitore spetta il risarcimento del danno, salvo che l’ente pubblico dimostri che il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione, derivante da causa ad esso non imputabile.
Ha escluso che fossero ostative all’assunzione le disposizioni contenute nell’art. 1, comma 95, della legge n. 311/2004 e nell’art. 2, comma 283, della legge n. 244/2007, che aveva disposto il trasferimento al Servizio Sanitario Nazionale delle funzioni sanitarie svolte dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, successivamente attuato con il DPCM 1.4.2008; ha in particolare evidenziato che la prima disposizione aveva introdotto un impedimento temporaneo alle assunzioni, limitato agli anni dal 2005 al 2007 e che il DPCM 1.4.2008 non aveva fatto venire meno l’obbligo per il Ministero della giustizia di concludere il concorso e di assumere i vincitori.
Ha altresì escluso la sussistenza di un interesse alla disapplicazione del DPCM del 1.4.2008, essendo detto DPCM ininfluente sul diritto vantato dai vincitori del concorso; considerato che il mutamento organizzativo disposto dal medesimo DPCM, entrato in vigore il 14.6.2008, era avvenuto in data ampiamente successiva all’approvazione della graduatoria finale del 15.9.2007 e alla scadenza del blocco delle assunzioni di cui all’art. 1, comma 95, della legge n. 311/2004 (1.1.2008), ha escluso l’impossibilità dell’Amministrazione di adempiere per factum principis .
In ragione della natura sinallagmatica del rapporto, ha ritenuto il diritto del prestatore al risarcimento del danno ex art. 1223 cod. civ. per il periodo in cui erano mancate le prestazioni lavorative.
Ha, pertanto, riformato la sentenza di primo grado solo riguardo alle domande proposte dalla COGNOME nei confronti del Ministero della giustizia e l’ha confermata nella parte in cui ha respinto le domande proposte dall’originaria ricorrente nei confronti dell’Amministraz ione sanitaria.
Avverso tale sentenza la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero della giustizia, il Ministero della Salute, il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, illustrati da memoria.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.
La Regione Lazio e la ASL RM B sono rimate intimate.
DIRITTO
1.Con il primo motivo, il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 95, della legge n. 311/2004, dell’art. 2, comma 283, legge n. 244/2007, degli artt. 1 e 3 del DPCM 1.4.2008, degli artt. 1176, 1218 e 1256 cod. civ., in relazione all’art. 360 comma primo, n. 3 cod. proc. civ.
Sostiene che l’impossibilità di procedere all’assunzione della COGNOME non era derivata solo dal DPCM 10.4.2008, ma anche dalle disposizioni contenute nell’art. 2, comma 283, della legge n. 244/2007, entrata in vigore il 28.12.2007
Evidenzia che dal 29.12.2007 le funzioni prima facenti capo al Ministero della giustizia erano passate al SSN e che il DPCM aveva una funzione meramente attuativa della suddetta normativa; aggiunge che a seguito di detto trasferimento al Servizio Sanitario Nazionale l’Amministrazione della giustizia non aveva più necessità di procedere all’assunzione della COGNOME in quanto non avrebbe più svolto le funzioni per le quali aveva inizialmente bandito il concorso ed era dunque intervenuto un mutamento delle esigenze organizzative.
Argomenta che il DPCM 10.4.2008 teneva conto del solo personale già assunto, e non dei vincitori di un concorso per i quali non vi era stato alcun atto di nomina e che l’assunzione della COGNOME nel profilo di infermiere era divenuta ineseguibile, essendo stata la graduatoria del concorso approvata in data 15.9.2007.
Insiste nel sostenere che la mancata assunzione era dipesa da causa non imputabile al Ministero della giustizia.
La censura è fondata, in conformità a precedenti di questa Corte, resi in fattispecie sovrapponibili (cfr. Cass. n. 26192, 26201,26203, 26204, 28318 del 2024).
E’ stato innanzitutto ribadito il principio secondo cui in tema di pubblico impiego privatizzato, il diritto del candidato vincitore ad assumere l’inquadramento previsto dal bando di concorso, espletato dalla P.A. per il
reclutamento dei propri dipendenti, è subordinato alla permanenza, al momento dell’adozione del provvedimento di nomina, dell’assetto organizzativo degli uffici in forza del quale il bando era stato emesso (cfr. Cass., S.U. n. 16728/2012 e Cass. n. 12679/2 016), di modo che l’Amministrazione, nel caso in cui tale assetto sia mutato a causa di ius superveniens , ha il potere-dovere di bloccare i provvedimenti dai quali possano derivare nuove assunzioni che non corrispondano più alle oggettive necessità di incremento del personale, quali valutate prima della modifica del quadro normativo, in base all’art. 97 Cost. (Cass. n. 16037/2024 e Cass. n. 9840/2024 e la giurisprudenza ivi richiamata in motivazione).
Si è dunque chiarito che la rivendicata assunzione era stata impedita dalla normativa sopravvenuta e si è pertanto escluso il diritto soggettivo del candidato pur se utilmente collocato in graduatoria; si è in particolare evidenziato che l’effetto preclusivo dell’instaurazione del rapporto di lavoro con i vincitori del concorso in questione deve farsi risalire non, come ritenuto dall’originaria ricorrente, al DPCM dell’aprile del 2008, emanato successivamente al venir meno del blocco delle assunzioni e perciò tale da consentire di dar corso a quelle nell’intertempo, bensì alla previsione legale di cui all’art. 2, comma 283, n. 244/2007, emanata in data antecedente alla cessazione del blocco, che disponeva il trasferimento di funzioni al Servizio sanitario nazionale.
Infatti l ‘art. 2, comma 283, della legge 24 dicembre 2007 n. 244, pubblicata sulla G.U. del 28 dicembre 2007, prevede con immediata efficacia il passaggio al Servizio Sanitario Nazionale di tutte le funzioni svolte in materia sanitaria dal Dipartimento dell’amminis trazione penitenziaria e stabilisce, alla lettera b), il trasferimento dei soli «rapporti di lavoro in essere», «con contestuale riduzione delle dotazioni organiche dei predetti Dipartimenti in misura corrispondente alle unità di ruolo trasferite al Servizio sanitario nazionale; il successivo comma 284, intitolato «normativa di transizione», pur prevedendo che nelle more del trasferimento le funzioni continuano ad essere svolte dall’amministrazione cedente, non legittima nuove assunzioni e consente solo la proroga dei rapporti di incarico e delle collaborazioni con personale non appartenente ai ruoli organici dell’amministrazione penitenziaria in corso alla data del 28 settembre 2007; il
DPCM intervenuto nell’aprile 2008 ha avuto una funzione meramente attuativa di un trasferimento già definitivamente disposto dalla citata legge n. 244/2007, che modificava l’assetto organizzativo del Ministero impedendo allo stesso di dare corso alle assunzioni, una volta venuto meno il divieto sancito dalla legge n. 311/2004.
Nel caso di specie il concorso è stato bandito in data 18.10.2004 e fino al 31.12.2007 l’assunzione dei vincitori era preclusa dal blocco previsto dall’art. 1, comma 95, della legge n. 311/2004; alla data del 1.1.2008 era già entrato in vigore l’art. 2, comma 283, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
Non è dunque conforme a tali principi la sentenza impugnata, la quale ha ritenuto che il mutamento organizzativo disposto con il DPCM 10.4.2008 sia avvenuto in data 14.6.2008, data di entrata in vigore del medesimo DPCM, e ne ha tratto la conseguenza che il Ministero della giustizia fosse tenuto ad assumere la ricorrente, una volta venuto meno il blocco delle assunzioni.
La sentenza impugnata va dunque cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 cod. proc. civ., con il rigetto della domanda originariamente proposta da NOME COGNOME
Deve, pertanto, ritenersi assorbito il secondo motivo, con il quale il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 81, 115, 167 e 184 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ. sostenendo il difetto di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero della Salute e del Ministero del Lavoro.
Va dunque accolto il primo motivo, assorbito il secondo; la sentenza impugnata va cassata e la causa decisa nel merito con il rigetto della domanda originariamente proposta da NOME COGNOME
5 . Le spese di lite dell’intero processo vanno compensate tra le parti costituite, in ragione della novità della questione giuridica, sulla quale questa Corte ha pronunciato solo successivamente al deposito del ricorso, nonché del contrasto sorto nella giurisprudenza di merito.
Considerato che la Regione Lazio e la ASL RM B sono rimate intimate, nessuna statuizione va adottata sulle spese di lite nei confronti di dette parti.
7. Non s ussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per parte ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda originariamente proposta da NOME COGNOME compensa le spese dell’intero processo tra le parti costituite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della