Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30653 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 30653 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso 10203-2022 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, che lo rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente – nonché contro
Oggetto
Contratti a tempo determinato reiterazione
R.NUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 09/10/2024
CC
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE (già RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3523/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 11/10/2021 R.G.N. 3113/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/10/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
la Corte d’appello di Roma, con la sentenza in atti, ha respinto l’appello proposto da COGNOME NOME confermando la decisione di primo grado che aveva rigettato la domanda dal medesimo proposta mediante la quale chiedeva, previo accertamento dell’illegi ttimità dei contratti a termine stipulati con RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE, con RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE e con RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE accertarsi la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed inoltre accertarsi la violazione da parte di RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE dell’accordo del 30/10/2008 con il riconoscimento del suo diritto all’assunzione presso detta società dal 13/1/2009.
La Corte d’appello ha precisato che in primo grado erano state rigettate le pretese azionate con riguardo ai contratti a termine per intervenuta decadenza ex art. 32 legge n. 183/2010; mentre la domanda di accertamento del diritto all’assunzione in RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE era stata pure respinta per la mancata indicazione di requisiti univoci per l’individuazione dei soggetti che RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE si era obbligata ad assumere oppure del possesso dei predetti requisiti in capo all’istante.
Tanto premesso, la Corte d’appello ha dichiarato l’infondatezza del gravame rilevando che la questione della
sussumibilità della fattispecie in esame nella previsione dell’articolo 2112 c.c. era stata già reiteratamente respinta dalla Corte di legittimità e dalla stessa Corte di merito.
Di conseguenza ha pure escluso qualsiasi vizio di costituzionalità in mancanza del presupposto, non potendosi individuare gli elementi per ritenere che la operazione posta in essere realizzasse una fattispecie di trasferimento di azienda e neppure alcuna violazione della direttiva 2001/23/CE.
Inoltre ha osservato la Corte che non avendo il COGNOME mai impugnato il licenziamento intimato da RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE, qualsivoglia rivendicazione connessa con detto recesso non poteva trovare ingresso nella presente procedura.
Infine quanto alla questione della violazione dell’accordo del 30/10/2008 tra RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE, sindacati e governo, la Corte d’appello ha ritenuto che tale accordo non conferisse al ricorrente alcun diritto all’assunzione in ragione dei criteri di selezione ivi stabiliti.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME con tre motivi ai quali hanno resistito con controricorso RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE e RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE in amministrazione straordinaria con controricorso.
Le società controricorrenti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380bis1 c.p.c .
Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Considerato che:
1.- Con il primo motivo di ricorso si sostiene la violazione e/o falsa applicazione, ex articolo 360 numero 3 c.p.c., dell’articolo 5 comma 2 ter del d.l. 347/2003, dell’articolo 12 delle disposizioni delle leggi in generale, degli articoli 4 e 5 legge n.
223/1991; delle disposizioni di cui all’accordo quadro del 14/9/2008; dell’accordo sui criteri di assunzione del 3031/10/2008; degli accordi sindacali del 14/11/2008 e del 19/2/2009, per aver escluso che CAI non fosse obbligata a rispettare i criteri selettivi dalla stessa sottoscritti, espressamente indicati nell’accordo del 31/10/2008 provvedendo in maniera del tutto arbitraria all’assunzione di personale, attingendo in modo unilaterale, e del tutto discrezionale e discriminatorio, dal bacino dei dipendenti del gruppo RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE.
2.- Con il secondo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 47, comma 4bis della legge 29 dicembre 1990 numero 428, introdotto dall’articolo 19 -quater del D. L. 25 settembre 2009 numero 135; violazione o falsa applicazione dell’articolo 5, d.l. 347 del 2003 (c.d. decreto Marzano) convertito nella legge numero 39 del 2004 come modificato dal D. L. 134 del 2008 convertito in legge n. 166 del 2008; violazione e/o falsa applicazione del decreto legislativo 8/7/1999 numero 270 articolo 27 e mancata applicazione dell’articolo 2112 c.c. anche sotto il profilo della illegittima deroga alle norme a tutela dei diritti dei lavoratori nei trasferimenti d’azienda o ramo d’azienda stabilite con la direttiva 2001/23/CE e dalle sentenze della Corte di Giustizia della Comunità europea, in relazione all’articolo 360 n. 3 c.p.c.. 3.- Con il terzo motivo di ricorso si solleva questione di legittimità costituzionale del 347/2003 (c.d. decreto Marzano) conv. in l. n. 39/2004 come modf. dal d.l. 134/2008 conv. in l. 166/2008, in relazione agli articoli 1, 2, 3, 4, 10, 35, 36, 37, 41 e 117 della Costituzione nonché, sotto il profilo della illegittima deroga alle norme a tutela dei diritti dei lavoratori nei trasferimenti d’azienda e ramo d’azienda stabilite con la
Direttiva 2001/23/CE e dalle sentenze della Corte di giustizia della Comunità Europea.
4.Il ricorso deve essere dichiarato complessivamente inammissibile ex art. 360 bis co. 1 c.p.c. avendo il provvedimento impugnato deciso le questioni in oggetto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte.
I motivi possono essere trattati congiuntamente, in quanto tutti concernenti la dichiarata insussistenza del diritto di assunzione dell’odierno ricorrente, già dipendente RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE, poi di RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE e di RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE in forza degli accordi sindacali che hanno regolato la complessa fattispecie di riduzione del personale, cessazione di impresa, di trasferimento di azienda, ed in quanto tutti già trattati in numerosi precedenti di questa Corte, le cui motivazioni in questa sede si richiamano, anche per relationem ed anche ai sensi dell’art. 360bis, n. 1, c.p.c. (v., tra le molte, Cass. n. 16932/2020, n. 21447/2022, n. 21450/2022, n. 28210/2022, n. 25804/2020, n. 28514/2022, n. 34568/2022, n. 20329/2023, n. 23564/2023, n. 21858/2023);
osserva il Collegio, che la sentenza impugnata si è conformata alla giurisprudenza di questa SRAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE, peraltro espressamente richiamata dai giudici di appello, secondo cui l’accordo, avente ad oggetto la ricollocazione del personale interessato dalla cessazio ne dell’attività di una delle due imprese e contenente l’impegno della subentrante ad assumere alle sue dipendenze una determinata percentuale dei dipendenti messi in mobilità, va qualificato contratto a favore di terzi, che fa sorgere in capo ai beneficiari, se individuati o individuabili, un diritto da opporre alla impresa promittente (Cass. n. 15073/2009);
da detta qualificazione discende che, qualora l’accordo non indichi nominativamente i dipendenti da assumere, ma si limiti a stabilire i criteri per l’individuazione dei lavoratori che
dovranno transitare alle dipendenze dell’imprenditore subentrante, il titolo della pretesa che il singolo lavoratore fa valere nei confronti di quest’ultimo non è costituito solo dall’accordo collettivo, ma anche dal possesso dei requisiti stabiliti dalle parti contraenti per l’individuazione dei terzi beneficiari (v. Cass. n. 2523/2016); è, quindi, onere del lavoratore, che agisca in giudizio per rivendicare il diritto all’assunzione, dimostrare che sulla base dei criteri indicati nell’accordo la scelta doveva ricadere sulla sua persona; tale onere non risultava assolto nella causa;
la Corte di appello ha pure escluso l’esistenza di una fattispecie di trasferimento di azienda ex art 2112 c.c. per ragioni in fatto ed in diritto ai sensi dell’art 5 d.l. n. 347/2003 e succ mod. e dell’art.56 comma 3 -bis del d.lgs.279/99; ed ha ravvisato piuttosto la funzionalizzazione delle cessione dei beni in un’ottica liquidatoria e non viceversa di ristrutturazione dell’impresa, fatta salva la continuità del servizio pubblico attraverso la propria struttura aziendale; tanto risulta conforme alla decisione della Commissione Europea del 12.11.2008 confermata dal tribunale di primo grado dell’Unione con sentenza 8.3.2012 nella causa T-123/09 e con sentenza della CGUE del 13.6.2012.
Essa ha escluso qualsiasi violazione della direttiva posto che non c’è stata continuità aziendale e non vi è stato proseguimento dell’attività d’impresa avendo il Commissario Straordinario optato per un programma di liquidazione in un’ottica di dismissione del patrimonio; in ogni caso in conformità alla causa di esclusione contenuta dell’art. 5 della citata Direttiva per l’ipotesi di insolvenza del cedente.
Da tali corrette premesse discende altresì l’insussistenza dei presupposti di rilevanza e di non manifesta infondatezza per
rimettere alla Corte Cost. la stessa questione di costituzionalità delle norme indicate nel terzo motivo: ribadito il principio di inammissibilità del motivo di ricorso per cassazione diretto unicamente a prospettare una questione di legittimità costituzionale di una norma non potendo essere configurato a riguardo un vizio del provvedimento impugnato idoneo a determinarne l’annullamento da parte della Corte; essendo riservata al potere decisorio del giudice la facoltà di sollevare o meno la questione dinanzi alla Corte costituzionale ben potendo la stessa essere sempre proposta, o riproposta, dall’interessato, oltre che prospettata d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, purché essa risulti rilevante, oltre che non manifestamente infondata, in connessione con la decisione di questioni sostanziali o processuali ritualmente dedotte nel processo (Cass. 14666/20; Cass. 8033/23).
Il ricorso essere pertanto dichiarato inammissibile; parte ricorrente deve essere condannata, in ragione della soccombenza, al pagamento delle spese del presente giudizio processuali in favore di RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE e in favore di RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE, liquidate come da dispositivo;
al rigetto dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto nella ricorrenza dei presupposti processuali.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’ inammissibilità del ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore di RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEALE e di CAI , che liquida per ciascuna parte, in € 4000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15% ed accessori di legge. Ai sen si dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale del 9.10.24