Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26332 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 26332 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19358/2019 R.G. proposto da:
COMUNE SAN FILIPPO DEL MELA, in persona del Sindaco pro tempore , con diritto di ricevere le notificazioni presso la PEC dall’avvocato COGNOME NOME che lo rappresenta e difende -ricorrente- contro
COGNOME NOME, con diritto di ricevere le notificazioni presso la PEC dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME nonchè COGNOME NOME,
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, PAGANO NOME, nella qualità di eredi di COGNOME NOME
-intimati-
e
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore intimato
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO MESSINA n. 140/2019 pubblicata il 06/05/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/09/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Messina, con la sentenza n.140/2019 pubblicata il 06/05/2019, ha rigettato il gravame proposto dal Comune di San Filippo del Mela (d’ora innanzi: il Comune) nella controversia con NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, gli eredi di NOME COGNOME nonchè la società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione.
La controversia ha per oggetto il diritto degli originari ricorrenti alla riassunzione alle dipendenze del Comune, a seguito: a) della loro assunzione in RAGIONE_SOCIALE presso il Comune, per il profilo di operatore ecologico; b) del loro passaggio, a far tempo dal l’ottobre 2006, alle dipendenze della società RAGIONE_SOCIALE, costituita per la RAGIONE_SOCIALE integrata dei RAGIONE_SOCIALE nel relativo ambito territoriale ottimale, in esecuzione dell’accordo quadro del 20/04/2004 e della convenzione del 29/12/2004; c) della entrata in vigore della legge della regione Sicilia n.9 dell’8 aprile 2010, recante: ‘Gestione
integrata dei RAGIONE_SOCIALE e bonifica dei siti inquinati’, ed in particolare dell’art.19 comma 13, che prevedeva la possibilità per il personale già in RAGIONE_SOCIALE presso i comuni e transitato negli ATO di tornare in RAGIONE_SOCIALE presso i comuni di appartenenza.
Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto condannava il Comune alla riassunzione in RAGIONE_SOCIALE dei ricorrenti, per il profilo di operatore ecologico.
La Corte d’appello ha ritenuto che il giudice di prime cure avesse espressamente considerato il tema della soppressione dei posti dalla pianta organica del Comune, in ragione della esternalizzazione del RAGIONE_SOCIALE di raccolta dei RAGIONE_SOCIALE, e dei limiti alle nuove assunzioni stabiliti dall’art.76 comma 7 del d.l. n.112 del 25/06/2008. La Corte territoriale, su questo punto ha evidenziato che il primo giudice aveva anzi compiuto una verifica istruttoria con riferimento alla incidenza della spesa per il personale del Comune; e che il Comune nessuna specifica censura avevaRes svolto su tale capo della sentenza.
Per la cassazione della sentenza d’appello ricorre il Comune, con ricorso affidato a tre motivi, ai quali ha opposto difese, con controricorso, NOME COGNOME. Sono, invece, rimasti intimati l’RAGIONE_SOCIALE e gli altri litisconsorti indicati in epigrafe. Le parti costituite hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il Comune deduce la violazione dell’art.19 della legge regionale Sicilia n.9 del 2010, del d.lgs. n.22 del 05/02/1997 e dell’art.97 Cost. Il ricorrente rileva che, all’esito della istituzione delle società di RAGIONE_SOCIALE degli ambiti territoriali ottimali, ogni obbligazione derivante dal rapporto contrattuale intercorso deve essere fatta valere solo nei confronti della società,
in quanto unico soggetto responsabile della RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE. Secondo il Comune il volontario trasferimento alla società di RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE avrebbe effetto preclusivo rispetto alla pretesa vantata dai lavoratori.
Con il secondo motivo il Comune deduce la violazione dell’art.19 della legge regionale Sicilia n.9 del 2010, del d.lgs. n.22 del 1997 e dell’art.97 Cost. in quanto l’ipotesi di rientro al Comune di appartenenza, come prevista dall’art.19 della legge regionale cit., non si applicherebbe ai lavoratori che hanno volontariamente richiesto il trasferimento all’ATO. Il ricorrente lamenta , inoltre, che la disposizione da ultimo citata deve interpretarsi nel senso che la richiesta dei lavoratori deve essere valutata dal Comune di appartenenza, non essendo qualificabile quale diritto soggettivo perfetto.
Con il terzo motivo il Comune deduce la violazione degli artt.91 e 92 cod. proc. civ., lamentando che la condanna alle spese sarebbe «immotivata nel generico riferimento ai parametri normativi».
E’ infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dal controricorrente.
I requisiti imposti dall’art. 366 cod. proc. civ. sono funzionali a consentire alla Corte di Cassazione di comprendere il tenore delle censure e di apprezzare la rilevanza, quanto alla definizione della controversia, delle questioni prospettate nel ricorso. La valutazione sulla completezza dell’esposizione dei fatti contenuta nell’atto introduttivo deve essere, quindi, effettuata considerando il fine che il requisito mira ad assicurare e contemperando l’esigenza di fornire alla Corte tutti gli elementi necessari ai fini della decisione con quella della doverosa sinteticità degli atti processuali.
Ne discende che, come evidenziato dalle Sezioni Unite, la esposizione sommaria dei fatti di causa non richiede né la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali né che «si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale s’è articolata» (così in motivazione Cass. S.U. 11.4.2012 n. 5698), essendo sufficiente una sintesi della vicenda «funzionale alla piena comprensione e valutazione delle censure mosse alla sentenza impugnata». Le stesse Sezioni Unite hanno significativamente aggiunto che «il ricorso non può dirsi inammissibile quand’anche difetti una parte formalmente dedicata all’esposizione sommaria del fatto, se l’esposizione dei motivi sia di per sé autosufficiente e consenta di cogliere gli aspetti funzionalmente utili della vicenda sottostante al ricorso stesso».
Sviluppando i richiamati principi, questa Corte ha anche evidenziato che il requisito di cui all’art. 366 n. 3 cod. proc. civ. può essere assicurato attraverso la riproduzione del testo integrale della sentenza d’appello, purché quest’ultima contenga la sintesi dello svolgimento del processo e un’esposizione chiara della questione controversa ( Cass. n. 21137/2013).
Detto orientamento, condiviso dal Collegio e qui ribadito, porta ad escludere che nella fattispecie il ricorso possa essere ritenuto inammissibile nella sua interezza per difetto dei requisiti prescritti dall’art. 366 cod. proc. civ., perché la sintesi della vicenda processuale esposta nella decisione gravata, apprezzata unitamente allo sviluppo dei motivi di ricorso, consente di individuare esattamente quale sia la questione giuridica sulla quale il giudice di legittimità è chiamato a pronunciare e permette di coglierne la rilevanza nella controversia.
Va, poi, aggiunto che il ricorso prospetta, nei primi due motivi, vizi ascrivibili alla violazione di legge sostanziale, come previsto dall’art.360 comma 1, n.3) cod. proc. civ. e, quanto
all’interpretazione della legge regionale, non si fonda su atti e documenti, sicché non rileva, rispetto a detta censura, l’asserito mancato assolvimento dell’onere di specifica indicazione dei documenti, imposto dall’art. 366 n. 6 cod. proc. civ.
I primi due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per ragioni di connessione, sono fondati.
Sul punto il controricorrente deduce che l’art.19 comma 13 della legge regionale n.9 del 2010 attribuirebbe ai lavoratori trasferiti un diritto potestativo di rientrare alle dipendenze dei comuni di appartenenza, senza alcuna discrezionalità da parte di questi ultimi, né margini di apprezzamento.
8 . La disposizione in esame prevede che: ‘Il personale già in RAGIONE_SOCIALE presso i comuni, presente nella dotazione organica, transitato negli ATO, nella fase di prima applicazione della presente legge può a richiesta tornare ai comuni di appartenenza.’.
Giova rilevare che tale disposizione non distingue la posizione di coloro che sono volontariamente transitati negli ATO dalla posizione di coloro che vi sono transitati in forza di accordi quadro o convenzioni tra gli enti territoriali e gli ATO.
Nel procedere alla interpretazione di questa disposizione occorre considerare che la legge regionale de qua disciplina il passaggio dal sistema di RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE attraverso i consorzi e le società d’ambito costituiti ai sensi dell’art . 201 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, alla RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE per mezzo di società consortili di capitali, denominate «RAGIONE_SOCIALE» con acronimo RAGIONE_SOCIALE
11 . In questo contesto l’art.19, «Norme transitorie», disciplina la sorte dei lavoratori già passati dai comuni alle società d’ambito, ossia del sistema previgente, nei termini sopra specificati.
Tale essendo la ratio legis , è del tutto irrilevante la natura del passaggio dall’ente territoriale alle società d’ambito.
13 . Per quanto concerne l’interpretazione della disposizione de qua , si intende dare continuità all’orientamento di questa sezione, che viene richiamato anche ai sensi e per gli effetti di cui all’art.118 disp. att. cod. proc. civ., secondo cui « in tema di organizzazione dei servizi per la RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE, a seguito della soppressione degli ambiti territoriali ottimali (ATO), di cui al d.lgs. n. 152 del 2006, per effetto del d.l. n. 2 del 2010 (conv., con modif., dalla l. n. 42 del 2010), il personale già in RAGIONE_SOCIALE presso i comuni, transitato negli ATO, ha facoltà, ai sensi della legislazione regionale (nella specie, l. Regione Sicilia n. 9 del 2010), di chiedere di tornare nei comuni di appartenenza, senza che, tuttavia, possa configurarsi in capo all’ente locale l’obbligo di procedere alla riassunzione, che deve essere discrezionalmente valutata sulla base della disponibilità del posto precedentemente occupato in pianta organica e della compatibilità con i limiti di bilancio legislativamente imposti, in ossequio all’art. 97 Cost.» (Cass. 3 agosto 2021, n. 22187; v. anche Cass. 20 settembre 2021, n. 25410); va dunque escluso che, quello al rientro presso l’ente territoriale di originaria appartenenza, costituisca un diritto potestativo, trattandosi soltanto di una possibilità, in presenza di domanda del lavoratore, ma con piena autonomia dell’ente territoriale di aderirvi o meno; la norma era necessaria, perché altrimenti, in assenza di passaggio del RAGIONE_SOCIALE, l’ente territoriale non avrebbe potuto direttamente reinternalizzare sua sponte il
personale, ma ciò non toglie che non sia stato istituito alcun obbligo di riassunzione; anche l’insistenza della ricorrente sulla circostanza secondo cui la dotazione organica del Comune prevedesse ancora quel posto e che lo stesso fosse anzi vacante o che della prova di tutto ciò fosse in ipotesi onerato il Comune, nulla sta a significare, perché la disponibilità in organico non significa che l’ente dovesse o debba necessariamente ricoprire proprio quella posizione; rientra infatti palesemente nella piena discrezionalità dell’ente pubblico non economico, in ragione delle esigenze finanziarie e delle priorità quali stabilite secondo le proprie insindacabili scelte di merito, il decidere se procedere o meno alla copertura di una certa vacanza di organico » (Cass. 6 settembre 2022 n.26242).
La Corte territoriale, confermando sul punto la motivazione del giudice di prime cure, ha fondato la propria decisione sulla sussistenza dei presupposti previsti dall’art.76 comma 7 del d.l. n.112 del 2008, che così prevede: «Fino all’emanazione del decreto di cui al comma 2 è fatto divieto agli enti nei quali l’incidenza delle spese di personale è pari o superiore al 50% delle spese correnti di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale.».
Nel fare applicazione della disposizione da ultimo citata la Corte territoriale ha sostanzialmente eluso l’applicazione dell’art.19 comma 13 della legge regionale n.9 del 2010, ritenendo che il diritto alla riassunzione fosse condizionato solo al rispetto dei limiti di spesa stabiliti dall’art.76 comma 7 del d.l. n.112 del 2008.
16. Al contrario, per le ragioni sopra spiegate, si deve ritenere che l’ente territoriale non abbia alcun obbligo di procedere alla
riassunzione, nemmeno nel caso di incidenza delle spese per il personale in ragione inferiore al 50% delle spese correnti.
Il Comune, come ogni altra pubblica amministrazione, è tenuto ad organizzazione i suoi uffici ed a gestire il personale secondo i principi fondamentali di efficienza, razionalizzazione e migliore utilizzazione della risorse umane stabiliti in via puntuale dall’art.1 d.lgs. n. 165 del 2001 ed in termini più generali dall’art.97 comma primo Cost.
18 . In questa prospettiva è evidente che l’art.76 comma 7 del d.l. n.112 del 2008 sia funzionale al raggiungimento dell’obiettivo di razionalizzazione della spesa pubblica, con particolare riferimento a quella per il personale (cfr. l’art.1 comma 1 lett. b) d.lgs. 165 del 2001. Per le ragioni sopra esposte rimangono impregiudicati, e soggetti al prudente apprezzamento dell’ente territorial e, gli altri obiettivi di efficienza e migliore utilizzazione delle risorse umane di cui alle lettere a) a c) della medesima disposizione.
19 . Una diversa interpretazione dell’art.19 legge regionale n.9 del 2010 si porrebbe in contrasto con tali principi fondamentali, e dunque con gli articoli 97 e 117 della Costituzione ( cfr. Corte Cost. n. 135/2020).
20. In via conclusiva meritano accoglimento i primi due motivi di ricorso e la sentenza impugnata deve essere cassata, con conseguente assorbimento del terzo motivo inerente al regolamento delle spese di lite.
21 . Sussistono i presupposti previsti dall’art. 384, comma 2, cod. proc. civ. per la decisione della causa nel merito. Il controricorrente e gli intimati, per le considerazioni sopra svolte, non sono titolari di
alcun diritto alla riassunzione ex art.19 legge regionale Sicilia n.9 del 2010 e, pertanto, le loro originarie domande devono essere rigettate.
22. La decisione della causa nel merito ex art.384, comma 2, cod. proc. civ., in difformità delle decisioni prese dai giudici del merito, in uno con il formarsi dell’orientamento giurisprudenziale sopra richiamato solo dopo il deposito del ricorso giustifica la integrale compensazione tra le parti delle spese di lite per l’intero processo.
P.Q.M.
La Corte, accoglie i primi due motivi di ricorso, con assorbimento del terzo motivo; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta le originarie domande.
Compensa integralmente le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, il 25/09/2024.