LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Diritto alla mensa: sì ai buoni pasto per turni lunghi

Un dipendente ospedaliero che lavorava su turni di 12 ore, anche notturni e festivi, ha richiesto il riconoscimento dei buoni pasto per il periodo in cui la mensa aziendale non era operativa. La Corte di Cassazione ha confermato il suo diritto alla mensa, stabilendo che esso è intrinsecamente legato al diritto alla pausa, obbligatoria per ogni turno di lavoro superiore alle sei ore, indipendentemente dall’orario. L’appello dell’azienda, che contestava la chiusura della mensa, è stato respinto perché chiedeva un riesame dei fatti, non consentito in sede di legittimità.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Diritto alla mensa: la Cassazione conferma i buoni pasto per turni di 12 ore

Il diritto alla mensa per i lavoratori turnisti è un tema di grande attualità, specialmente per chi opera in settori come la sanità, dove i turni possono essere lunghi e coprire l’intero arco della giornata, notte compresa. Con l’ordinanza n. 21690/2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su questo argomento, chiarendo in modo definitivo che il buono pasto spetta a chiunque effettui un orario di lavoro superiore alle sei ore, a prescindere che il turno sia diurno, notturno o festivo.

Il caso: la richiesta del dipendente ospedaliero

Un dipendente di un’azienda ospedaliera, impiegato in turni di 12 ore consecutive (dalle 20:00 alle 8:00 e dalle 8:00 alle 20:00) anche durante i giorni festivi e notturni, ha citato in giudizio il proprio datore di lavoro. La sua richiesta era semplice: ottenere il riconoscimento del diritto a usufruire del servizio mensa o, in alternativa, il pagamento dei buoni pasto sostitutivi per il periodo dal 2011 al 2017. Il problema nasceva dal fatto che la mensa aziendale era chiusa durante i suoi turni di lavoro.

Il percorso giudiziario e le opposte decisioni

Il Tribunale di primo grado aveva inizialmente respinto la domanda del lavoratore. Tuttavia, la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione. Secondo i giudici di secondo grado, il diritto alla mensa è strettamente connesso al diritto alla pausa, previsto dalla legge per chi lavora più di sei ore consecutive. Questo diritto, hanno sostenuto, deve essere garantito a tutti i dipendenti in tali condizioni, anche a quelli che lavorano di notte. Di conseguenza, l’azienda è stata condannata a rimborsare i buoni pasto non corrisposti.

I motivi del ricorso in Cassazione e il diritto alla mensa

L’azienda ospedaliera ha impugnato la sentenza d’appello davanti alla Corte di Cassazione, basando il proprio ricorso su due argomenti principali:
1. Violazione di legge: Sosteneva che le norme contrattuali (in particolare l’art. 29 del CCNL Sanità) non creano un diritto automatico alla mensa, ma lo condizionano alla fruizione effettiva di una pausa pranzo.
2. Omesso esame di un fatto decisivo: Lamentava che la Corte d’Appello avesse ignorato le prove (contratti di appalto e testimonianze) che, a suo dire, dimostravano la disponibilità del servizio di ristorazione anche nei giorni festivi.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso dell’azienda, confermando la sentenza d’appello con motivazioni chiare e precise.

Il principio cardine: il diritto alla pausa è il fondamento del diritto al pasto

La Corte ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza: il diritto alla mensa o al buono pasto non è un elemento della retribuzione, ma una agevolazione di carattere assistenziale legata all’organizzazione del lavoro. Il suo presupposto fondamentale è il diritto alla pausa, come stabilito dall’art. 8 del D.Lgs. 66/2003. Questa norma prevede che ogni lavoratore il cui orario giornaliero superi le sei ore ha diritto a un intervallo per pausa.

La cosiddetta “particolare articolazione dell’orario”, menzionata dal contratto collettivo, si riferisce proprio a questa situazione. Un turno continuativo di 12 ore rientra pienamente in questa casistica, e non ha alcuna importanza se esso si svolga di giorno, di notte o in un giorno festivo. L’esigenza di recuperare le energie psicofisiche è la stessa.

L’inammissibilità del riesame dei fatti

Per quanto riguarda il secondo motivo, la Corte lo ha dichiarato inammissibile. I giudici hanno ricordato che il giudizio di cassazione non è una terza istanza di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge, non riesaminare i fatti o le prove del processo, come le testimonianze o i documenti. L’azienda avrebbe dovuto dimostrare la disponibilità della mensa nei gradi di merito. Non avendolo fatto, non può chiedere alla Cassazione di sostituirsi al giudice d’appello nella valutazione delle prove. Il ricorso, sotto questo profilo, è stato giudicato carente del requisito di “autosufficienza”.

Le conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione stabilisce un punto fermo: il diritto alla mensa, o al buono pasto sostitutivo, spetta a tutti i lavoratori che effettuano un turno superiore alle sei ore. Questo diritto non dipende dall’orario (diurno/notturno) o dal giorno (feriale/festivo) in cui viene prestata l’attività lavorativa, ma unicamente dalla durata della stessa. Se il datore di lavoro non è in grado di fornire un servizio mensa effettivo durante tali turni, è tenuto a erogare il buono pasto come misura alternativa. La sentenza rappresenta una tutela importante per i diritti dei lavoratori turnisti, garantendo loro il necessario benessere psicofisico per svolgere al meglio le proprie mansioni.

Un lavoratore che fa un turno di 12 ore di notte ha diritto al buono pasto?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che il diritto al buono pasto è legato alla durata del turno di lavoro (superiore a sei ore) e non all’orario in cui viene svolto. Pertanto, spetta anche a chi lavora di notte o nei giorni festivi se la mensa non è disponibile.

Cosa si intende per “particolare articolazione dell’orario” ai fini del diritto alla mensa?
Secondo la sentenza, questa espressione si riferisce a qualsiasi orario di lavoro che superi le sei ore consecutive, condizione che fa scattare l’obbligo legale di una pausa e, di conseguenza, il diritto del lavoratore a usufruire del servizio mensa o di un’alternativa come il buono pasto.

Può un’azienda evitare di pagare i buoni pasto sostenendo in Cassazione che la mensa era funzionante, se non lo ha provato prima?
No. La Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti o le prove. Se l’azienda non ha dimostrato adeguatamente l’effettiva disponibilità del servizio mensa durante i primi due gradi di giudizio (Tribunale e Corte d’Appello), non può sollevare la questione per la prima volta in Cassazione. Il suo ricorso su questo punto verrà dichiarato inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati