Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 19713 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 19713 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 16/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15964/2020 R.G. proposto da :
NOME Renato AntonioCOGNOME Sornatale NOME, rappresentati e difesi dall ‘Avv. NOME COGNOME con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME
-ricorrenti- contro
Ministero dell’istruzione e del merito (già Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca) , in persona del Ministro pro tempore , Ambito Territoriale della Provincia di Milano, Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato , presso i cui Uffici, siti in Roma, INDIRIZZO, domiciliano
-controricorrenti- avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 1999/2019 depositata il 05/03/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d ‘ appello di Milano, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda formulata dagli attuali ricorrenti e da altri
litisconsorti, i quali avevano agito in giudizio per ottenere il riconoscimento del diritto ad essere iscritti nella seconda fascia delle graduatorie di istituto sul presupposto che ai diplomi conseguiti entro il 19 gennaio 2000 presso le Accademie di belle arti, Istituti superiori per le industrie artistiche, Conservatori ed Istituti musicali pareggiati dovesse essere riconosciuto valore abilitante.
In sintesi, la Corte territoriale, nel rinviare per relationem ad altra propria pronuncia, ha posto in evidenza la diversità che intercorre fra titolo di studio valido ai fini dell’accesso all’insegnamento e titolo abilitante.
Il ricorso domanda la cassazione della sentenza sulla base di cinque motivi, illustrati da memoria.
Il Ministero dell’istruzione , dell’università e della ricerca (ora Ministero dell’istruzione e del merito) , unitamente all’ Ambito Territoriale della Provincia di Milano e all’ Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia, resistono con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si chiede di sollevare incidente di costituzionalità dell ‘ art. 2, comma 1, lett. b), n. 7, del d.m. n. 353 del 2014, nella parte in cui non prevede il titolo AFAM quale titolo equiparato all’abilitazione all’insegnamento al pari del diploma di maturità magistrale conseguito entro il 2002, denunciando la violazione degli artt. 3 e 97 Cost.
1.1. Il motivo, nei termini formulati, è inammissibile perché il giudizio di legittimità costituzionale non può avere ad oggetto atti diversi da quelli aventi forza di legge, dovendosi, pertanto, escludere la possibilità di apprezzare la denunciata questione in riferimento al decreto ministeriale indicato nella rubrica del motivo, in disparte, peraltro, la chiara diversità delle situazioni poste a confronto, onde va comunque esclusa la prospettata disparità di trattamento.
Con il secondo mezzo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della legge n. 508 del 1999. In particolare, si sostiene che la Corte territoriale ha errato nell’interpretare la disposizione in questione che, ad avviso dei ricorrenti, riconoscerebbe ai diplomi accademici ‘ di vecchio
ordinamento ‘ non solo il valore di titolo di studio ma anche quello di titolo abilitante.
Con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 107, della legge n. 228 del 2012 in combinato disposto con l’art. 4 della legge n. 508 del 1999. Si torna a sostenere che il legislatore, con la predetta disposizione, avrebbe confermato l’equiparazione del diploma AFAM di vecchio ordinamento al titolo abilitante.
I motivi, che possono essere trattati congiuntamente, sono infondati, in continuità con quanto già affermato da questa Corte in adesione all’orientamento consolidato espresso dalla giurisprudenza amministrativa (Cass. Sez. L., 05/05/2025, n. 11722), con motivazione qui richiamata ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c.
Infatti, nel ricostruire ad altri fini la complessa legislazione che nel tempo ha diversamente disciplinato i requisiti richiesti per l’assunzione a tempo indeterminato dei docenti della scuola statale, questa Corte ha sempre rimarcato la giuridica diversità fra titolo di studio e titolo abilitante (cfr. Cass. Sez. L, 15/02/2021, n. 3830; Cass. Sez. L, 11/05/2021, n. 12424; Cass. Sez. L, 15/03/2024, n. 7084); tale diversità è stata evidenziata anche dal giudice delle leggi che, nell’escludere la equiparabilità del d ottorato di ricerca alla abilitazione all’insegnamento, ha sottolineato che il primo attiene, al pari del titolo di studio, alla preparazione, in questo caso più avanzata, nell’ambito del settore scientifico -disciplinare di riferimento, l’altra, invece, al le «competenze disciplinari, psicopedagogiche, metodologico-didattiche, organizzative e relazionali, necessarie sia a far raggiungere agli allievi i risultati di apprendimento previsti dall’ordinamento, sia a sviluppare e sostenere l’autonomia delle istituzioni scolastiche.» (Corte Cost. n. 130 del 2019).
La medesima distinzione è stata tenuta presente anche dal legislatore allorquando, con la legge n. 508 del 1999 di «Riforma delle Accademie di belle arti, dell ‘ Accademia nazionale di danza, dell ‘ Accademia nazionale di arte drammatica, degli Istituti superiori per le industrie artistiche, dei Conservatori di musica e degli Istituti musicali pareggiati», ha disciplinato
la validità dei diplomi cosiddetti di ‘ vecchio ordinamento ‘ ed ha previsto, al comma 1, che «I diplomi rilasciati dalle istituzioni di cui all ‘ articolo 1, in base all ‘ ordinamento previgente al momento dell ‘ entrata in vigore della presente legge, ivi compresi gli attestati rilasciati al termine dei corsi di avviamento coreutico mantengono la loro validità ai fini dell ‘ accesso all ‘ insegnamento, ai corsi di specializzazione e alle scuole di specializzazione», al comma 2 che «Fino all ‘ entrata in vigore di specifiche norme di riordino del settore, i diplomi conseguiti al termine dei corsi di didattica della musica, compresi quelli rilasciati prima della data di entrata in vigore della presente legge, hanno valore abilitante per l ‘ insegnamento dell ‘ educazione musicale nella scuola e costituiscono titolo di ammissione ai corrispondenti concorsi a posti di insegnamento nelle scuole secondarie, purché il titolare sia in possesso del diploma di scuola secondaria superiore e del diploma di conservatorio».
Il tenore letterale della disposizione è assolutamente chiaro nel senso di riconoscere valore abilitante all’insegnamento dell’educazione musicale ai soli diplomi conseguiti all’esito del corso di didattica della musica (ai quali si riferisce anche la clausola di salvaguardia inserita nella legge n. 296 del 2006), mentre per gli altri diplomi è affermata la perdurante validità ai fini dell’accesso all’insegnamento (che il nostro sistema scolastico consente anche ai non abilitati che possono essere destinatari di supplenze) ed alle scuole di specializzazione.
A sua volta il d.m. n. 249 del 2010, nel dettare in sede regolamentare la disciplina della formazione iniziale degli insegnanti della scuola statale, ha previsto, all’art. 9, un percorso formativo per l’insegnamento delle materie musicali che si articola in due fasi comportanti: «a) il conseguimento del diploma accademico di II livello ad indirizzo didattico a numero programmato e con prova di accesso al relativo corso; b) lo svolgimento del tirocinio formativo attivo comprensivo dell ‘ esame con valore abilitante, disciplinati dall ‘ articolo 10».
L’abilitazione, dunque, si consegue solo al termine del tirocinio formativo, successivo e distinto rispetto al conseguimento del titolo accademico di secondo livello.
Analogamente l’art. 2 -ter del d.lgs. n. 59 del 2017, nel prevedere che «L ‘ abilitazione all ‘ insegnamento nelle scuole secondarie di primo e secondo grado si consegue a seguito dello svolgimento del percorso universitario e accademico di formazione iniziale di almeno 60 CFU/CFA e del superamento della prova finale del suddetto percorso secondo le modalità di cui al comma 5 dell ‘ articolo 2-bis, alla quale si accede in seguito al conseguimento della laurea magistrale o magistrale a ciclo unico, oppure del diploma dell ‘ alta formazione artistica, musicale e coreutica di II livello, oppure di titolo equipollente o equiparato.», ancora una volta distingue dalla laurea magistrale e dal diploma di alta formazione artistica il titolo abilitante, che costituisce un posterius rispetto ai primi e richiede requisiti ulteriori.
Con questo quadro normativo va, dunque, armonizzata la previsione, contenuta nell’art. 1, comma 107, della legge n. 228 del 2012, secondo cui «i diplomi finali rilasciati dalle istituzioni di cui al comma 102, al termine dei percorsi formativi del previgente ordinamento, conseguiti prima dell ‘ entrata in vigore della presente legge e congiuntamente al possesso di un diploma di scuola secondaria superiore, sono equipollenti ai diplomi accademici di secondo livello secondo una tabella di corrispondenza determinata con decreto del Ministro dell ‘ istruzione, dell ‘ università e della ricerca sulla base dei medesimi principi di cui ai commi 102 e 103, da emanarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.»
La norma invocata non prevede affatto il valore abilitante dei diplomi in questione ma stabilisce unicamente l’equipollenza ai diplomi accademici di secondo livello, ai medesimi fini che il comma 102 indica per l’analoga equipollenza sancita in relazione ai titoli rilasciati dalle istituzioni AFAM succe ssivamente all’entrata in vigore della legge n. 508 del 1999 (recita, infatti, il comma 102: Al fine di valorizzare il sistema dell ‘ alta formazione artistica e musicale e favorire la crescita del Paese e al fine esclusivo dell ‘ ammissione ai pubblici concorsi per l ‘ accesso alle qualifiche funzionali
del pubblico impiego per le quali ne è prescritto il possesso nonché per l ‘ accesso ai corsi di laurea magistrale istituiti dalle università, i diplomi accademici di primo livello rilasciati dalle istituzioni facenti parte del sistema dell ‘ alta formazione e specializzazione artistica e musicale di cui all ‘ articolo 2, comma 1, della legge 21 dicembre 1999, n. 508, sono equipollenti ai titoli di laurea rilasciati dalle università appartenenti alle seguenti classi di corsi di laurea di cui al decreto ministeriale 16 marzo 2007, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 155 del 6 luglio 2007).
Va, pertanto, escluso il valore abilitante del titolo in possesso dei ricorrenti, valore che è stato costantemente e ripetutamente negato anche dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. fra le tante Cons. Stato n. 895 del 2024; Cons. Stato n. 177 del 2021; Cons. Stato n. 949 del 2019).
Con il quarto motivo (numerato come n. 5) si ripropongono le eccezioni e le richieste avanzate nei giudizi di primo e secondo grado disattese dai giudici di merito.
5.1. La censura, nei termini dedotti, è inammissibile.
Infatti, il ricorso in cassazione, quale impugnazione a critica vincolata, deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi aventi i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, sicché è inammissibile il ricorso nel quale non venga precisata la violazione di legge nella quale sarebbe incorsa la pronunzia di merito, né essendo al riguardo sufficiente un ‘ affermazione apodittica non seguita da alcuna dimostrazione (così, fra molte, Cass. Sez. 6-1, 24/02/2020, n. 4905). Pertanto, il mancato accoglimento delle questioni sollevate nei gradi di merito doveva essere dedotto con uno specifico vizio di violazione di norma processuale o sostanziale, fra quelli espressamente previsti dall’art. 360 c.p.c.
Con il quinto mezzo (numerato come n. 6) si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e delle tariffe professionali , chiedendo la condanna dell’amministrazione al pagamento delle spese del doppio grado, in relazione ai vizi della sentenza impugnata.
6.1. La doglianza è palesemente inammissibile perché prospetta il vizio del regolamento delle spese solo come conseguente all’asserita fondatezza del ricorso.
In definitiva il ricorso va respinto.
Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese, che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 04/06/2025.