Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 16128 Anno 2024
Civile Ord. Sez. U Num. 16128 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 10998-2023 proposto da:
COGNOME SABINO NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, INDICOGNOME;
– controricorrente –
nonchè contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COMUNE DI CROTONE, VALLONE PEPPINO, COGNOME NOME;
Oggetto
RICORSI CON MOTIVI ATTINENTI ALLA GIURISDIZIO NE
R.G.N. 10998/
2023
COGNOME.
Rep.
Ud. 12/03/2024
CC
avverso la sentenza n. 613/2022 della CORTE DEI CONTI – II SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO – ROMA, depositata il 19/12/2022.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, il quale chiede che la Corte dichiari inammissibile il ricorso.
FATTI DI CAUSA
La Corte dei Conti, con sentenza n. 613/2022, Sezione seconda giurisdizionale centrale d’appello, pubblicata il 19/12/2022, ha parzialmente riformato la sentenza della Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la regione Calabria n. 422/2020, con la quale si erano condannati i sig.ri COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, nelle rispettive qualità rivestite all’epoca dei fatti, di Sindaco (il COGNOME), di Assessore con delega ai Lavori pubblici (il COGNOME), di Assessore con delega alle attività economiche e Produttive (lo COGNOME) del RAGIONE_SOCIALE di Crotone, nonché di Responsabile unico del procedimento (il COGNOME) e di direttore dei Lavori (lo COGNOME), al risarcimento, a titolo di colpa grave e in favore del predetto Ente, del danno (indiretto) complessivamente patito dal RAGIONE_SOCIALE (a seguito del pagamento delle somme previste da una transazione con l’RAGIONE_SOCIALE aggiudicataria dei lavori di riqualificazione di talune aree della Citta, successivamente ad un lodo arbitrale, sfavorevole all’Ente), danno quantificato in € 1.104.000,00.
Con lodo arbitrale n. 59/2014 del 16 luglio 2014, non impugnabile per espressa previsione del contratto di appalto, il RAGIONE_SOCIALE di Crotone era stato condannato al risarcimento del danno, quantificato in euro 1.164.975,07, oltre accessori, in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, aggiudicatrice dell’appalto relativo alla realizzazione, in Crotone, di lavori di riqualificazione del percorso pedonale storico di INDICOGNOME – Piazza
Lucifero – INDICOGNOME, danno derivato dalla eccessiva durata dei lavori dovuta a circostanze non imputabili all’RAGIONE_SOCIALE e note, invece, al RAGIONE_SOCIALE medesimo già al momento dell’affidamento dei lavori.
Successivamente il RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE stipulavano una transazione con la quale, tra l’altro, era negoziata la riduzione a euro 1.380.000,00 del debito dell’ente locale scaturente dal lodo. In relazione a tale vicenda, con particolare riferimento al danno « indirett o» derivato al RAGIONE_SOCIALE dalla transazione, il Procuratore regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti di Reggio Calabria citava in giudizio NOME COGNOME, in qualità di responsabile unico del procedimento, NOME COGNOME, in qualità di direttore dei lavori, NOME COGNOME, in qualità di assessore ai Lavori Pubblici, NOME COGNOME, in qualità di Assessore alle Attività Economiche e Produttive, NOME COGNOME, in qualità di Sindaco del RAGIONE_SOCIALE di Crotone, ritenendoli, pro -quota , responsabili del predetto danno.
La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Calabria, in accoglimento della domanda del Procuratore regionale, ritenuta la responsabilità amministrativa dei convenuti, detratto dall’ammontare del danno la quota del 20% ascritta al concorso causale di altri soggetti rimasti estranei al processo, ha ripartito il residuo, determinato nella somma complessiva di euro 1.104.000,00 (derivata dalla decurtazione del 20% dell’importo total di euro 1.380.000.00), ponendo a carico di NOME COGNOME COGNOME euro 331.200,00, a carico di NOME COGNOME euro 303.600,00, a carico di NOME COGNOME euro 193.200,00, a carico di NOME COGNOME euro 138.000,00, a carico di NOME COGNOME euro 138.000,00, oltre accessori.
Con sentenza n. 613/2022 della Sezione giurisdizionale centrale della Corte dei conti la decisione di primo grado è stata parzialmente riformata con rideterminazione del complessivo importo da risarcire, quantificato in euro 828.000,00 (in considerazione della necessità di tenere conto del contributo nella causazione dell’evento lesivo da parte di altri soggetti non evocati in giudizio, nello specifico, i cinque componenti del gruppo di progettazione nonché gli appartenenti al Corpo della Polizia Municipale) e, con riguardo specifico alla posizione del COGNOME, pur ritenendo acclarata
la sussistenza delle condotte illecite addebitabili al medesimo, « denotanti grave noncuranza e disinteresse per la tutela delle risorse economiche dell’Ente », in accoglimento del motivo di impugnazione di cui alla lett.D, riduzione della quota a carico, determinata in euro 248.400,00 (pari al 30% di euro 828.000,00).
Avverso la suddetta pronuncia, NOME COGNOME propone ricorso straordinario per cassazione, notificato il 15/5/2023, affidato a unico motivo, nei confronti della Procura Generale presso la Corte dei Conti (che resiste con controricorso concludendo per la inammissibilità e comunque la infondatezza del ricorso) e di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE di Crotone (che non svolgono difese).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione ex art.362 c.p.c., in relazione all’art.111 , comma 8, c.p.c., per diniego di giurisdizione.
Il ricorrente, articolando un unico motivo a sostegno del gravame, sostiene che il giudice contabile sarebbe incorso in un diniego di giurisdizione per essersi rifiutato di esaminare l’eccezione riguardante la nullità del lodo per contrasto con le sopravvenute disposizioni imperative di legge recate dall’art. 1, commi 19 e seguenti, della legge n.190/2012, di modifica dell’art. 241 del D.Lgs. n. 163/2006; si sostiene che, se il giudice contabile avesse riconosciuto la nullità della decisione arbitrale (oppure se avesse sospeso il giudizio, in attesa della definizione del procedimento promosso dinanzi alla Corte d’appello), sarebbe venuto meno l’unico presupposto fondante la propria responsabilità, emergendo la colpevolezza di coloro che avevano ratificato un lodo nullo.
2.Preliminarmente non può essere accolta l’istanza di riunione del presente ricorso ad altro, n. 5907/2023, riguardante impugnazione della stessa sentenza da parte di altro soggetto, essendo stato il ricorso già deciso con sentenza di questa Corte n. 3727/2024.
Sempre preliminarmente (anche in conformità a quanto statuito da queste Sezioni Unite nella suddetta ordinanza n. 3727/2024, con la quale è stato deciso altro ricorso proposto dallo COGNOME e dalla COGNOME avverso la
medesima sentenza della Corte dei Conti) deve essere respinta la eccezione di giudicato formulata dal Procuratore generale, fondata sulla mancata deduzione da parte dell’odierno ricorrente, in sede di impugnazione della sentenza di primo grado, dell’eccesso di potere nel quale sarebbe incorso il giudice contabile di prime cure .
Invero, secondo il consolidato orientamento delle Sezioni Unite di questa Corte, non è configurabile un giudicato implicito sulla giurisdizione in relazione ad una sentenza del giudice speciale di primo grado che sia astrattamente affetta dal vizio di eccesso di potere giurisdizionale, poiché, all’interno del plesso giurisdizionale della Corte dei conti e del Consiglio di Stato, tale vizio non dà luogo ad un capo sulla giurisdizione autonomamente impugnabile, ma si traduce in una questione di merito del cui esame il giudice speciale di secondo grado viene investito con la proposizione dell’appello.
Pertanto, l’interesse a ricorrere alle Sezioni Unite potrà sorgere esclusivamente rispetto alla sentenza d’appello che, essendo espressione dell’organo di vertice del relativo plesso giurisdizionale speciale, è anche la sola suscettibile di arrecare un « vulnus » all’integrità della sfera delle attribuzioni degli altri poteri, amministrativo e legislativo (Cass. Sez. Un., n. 23899 del 2020, Cass. Sez. Un., n. 19084 del 2020, Cass. Sez. Un., n. 13436 del 2019).
3.Nel merito, l’unica doglianza è inammissibile.
Invero, la censura muove da un presupposto – pretermissione da parte del giudice speciale della valutazione di nullità del lodo arbitrale – privo di riscontro nella parte motiva della decisione di secondo grado.
3.1.Va premesso che il tema della nullità del lodo arbitrale era stato posto in seconde cure dal COGNOME, responsabile unico del procedimento, con una eccezione alla quale avevano prestato adesione anche altri litisconsorti; in particolare, era stata eccepita la nullità, per contrasto con norma imperativa sopravvenuta, della clausola compromissoria inserita nel contratto di appalto che deferiva ad un collegio arbitrale le controversie insorte tra le parti in relazione all’esecuzione dell’appalto, nullità che – si assumeva -era destinata a riverberarsi sul lodo arbitrale alla base della
affermata responsabilità amministrativa dei vari soggetti coinvolti; il COGNOME aveva, inoltre, chiesto, ai sensi dell’art. 106 c.g.c., la sospensione del giudizio fino alla definizione del procedimento da lui instaurato mediante opposizione di terzo ai sensi degli artt. 404, 831 e 827 c.p.c. innanzi alla Corte d’Appello di Roma al fine di far dichiarare la nullità del lodo (per asserita nullità della clausola compromissoria) ovvero, in via gradata, per ottenerne la riforma (sentenza, pagg. 56 e sg.).
Il giudice contabile, diversamente da quanto assume il COGNOME, ha preso in considerazione la eccezione relativa alla nullità del lodo, escludendo che il mancato rilievo della nullità in questione, da parte del P.M. contabile, avesse determinato la nullità della relativa attività istruttoria, anche sotto il profilo della denunziata violazione dell’art. 55, comma 1 c.g.c., ed evidenziando che, comunque, al medesimo fine (validità dell’attività istruttoria ai sensi dell’art. 51 c.g.c.), la questione risultava priva di concreto rilievo ( v. sentenza, pagg. 68 e sgg.).
In secondo luogo, nel respingere la richiesta di sospensione ex art. 106 c.g.c., la sentenza impugnata ha ampiamente argomentato circa il difetto del nesso di pregiudizialità necessaria tra il giudizio contabile e quello dinanzi alla Corte di appello promosso dal COGNOME con l’opposizione di terzo ai sensi degli artt. 404, 831 e 827 c.p.c.; in terzo luogo, nel trattare la posizione del COGNOME, ha argomentato che il fatto che la Amministrazione comunale non aveva inteso far valere la nullità del lodo nei confronti della RAGIONE_SOCIALE aggiudicataria non costituiva elemento idoneo a interrompere il nesso casuale fra le condotte del responsabile unico del procedimento e il danno, osservando che la transazione stipulata tra il RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE aggiudicataria avrebbe potuto interrompere il nesso causale tra il comportamento dei soggetti ritenuti responsabili ed il danno erariale solo se frutto di scelte del tutto irragionevoli, illogiche o abnormi, non rinvenibili nella concreta fattispecie (sentenza, pagg. 112 e sgg.).
A riguardo, deve precisarsi, la Sezione d’appello della Corte dei conti non ha espresso alcuna valutazione, né sul merito né sull’opportunità della decisione arbitrale, ma si è limitata a rilevare, nell’ambito della verifica dei presupposti di configurabilità della responsabilità erariale, che la stipula della transazione, a seguito della decisione degli arbitri
sfavorevole all’Amministrazione, non rivestiva carattere di macroscopica illogicità, come, viceversa, necessario per assurgere ad antecedente causale del danno, idoneo a spezzare il legame con le condotte contestate dalla Procura erariale.
Né risulta, infine, che il giudice contabile abbia omesso di verificare la portata della disciplina sopravvenuta (art.1, comma 19, legge n. 190/2012, entrata in vigore il 28 novembre 2012, disposizione -che aveva previsto la necessità, ai fini dell’inserzione di clausola arbitrale, della previa e motivata autorizzazione da parte dell’Amministrazione -poi abrogata a partire dal 19 aprile 2016, x art.217, comma 1, lett.ii), d.lgs. n. 50/2016), che è stata esaminata anche alla luce della elaborazione giurisprudenziale di legittimità (sentenza, pag. 113 e sgg.).
3.2. Tanto premesso, non ricorre nella concreta fattispecie la configurabilità del denunziato vizio di eccesso di potere giurisdizionale.
Secondo l’orientamento delle Sezioni Unite della S.C., consolidatosi a partire dalla sentenza costituzionale n. 6 del 2018 -la quale ha carattere vincolante perché volta ad identificare gli ambiti dei poteri attribuiti alle diverse giurisdizioni dalla Costituzione, nonché i presupposti e i limiti del ricorso ex art. 111, comma 8, Cost. -il sindacato della Corte di cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione concerne le ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione per « invasione » o « sconfinamento » nella sfera riservata ad altro potere dello Stato ovvero per « arretramento » rispetto ad una materia che può formare oggetto di cognizione giurisdizionale, nonché le ipotesi di difetto relativo di giurisdizione, le quali ricorrono quando la Corte dei Conti o il Consiglio di Stato affermino la propria giurisdizione su materia attribuita ad altro giudice o la neghino sull’erroneo presupposto di quell’attribuzione.
L’eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera riservata al legislatore è configurabile solo allorché il giudice speciale abbia applicato non la norma esistente, ma una norma da lui creata, esercitando un’attività di produzione normativa che non gli compete, e non invece quando si sia limitato al compito interpretativo che gli è proprio, anche se tale attività ermeneutica abbia dato luogo ad un provvedimento « abnorme o anomalo » ovvero abbia comportato uno « stravolgimento »
delle « norme di riferimento », atteso che in questi casi può profilarsi, eventualmente, un error in iudicando , ma non una violazione dei limiti esterni della giurisdizione. Il controllo delle Sezioni Unite non include, infatti, il sindacato sulle scelte ermeneutiche del giudice amministrativo o contabile, suscettibili di comportare errori in iudicando o in procedendo , senza che rilevi la gravità o intensità del presunto errore di interpretazione, il quale rimane confinato entro i limiti interni della giurisdizione speciale, considerato che l’interpretazione delle norme costituisce il « proprium » distintivo dell’attività giurisdizionale (Cass. Sez. Un., n. 17770 del 2020, Cass. Sez. Un., n. 8311 del 2019).
In relazione alla denunzia di arretramento dalla giurisdizione formulata con il presente ricorso, è da premettere che tale arretramento si configura nel caso di rifiuto rispetto a una domanda inclusa invece nella giurisdizione del giudice speciale, ovvero di rifiuto determinato dalla affermata estraneità della domanda alle attribuzioni giurisdizionali di quel giudice (Cass., Sez. Un., n. 7839 del 2020).
Come chiarito da Cass. Sez. Un., n. 8572 del 2021, il rifiuto sindacabile dalle Sezioni Unite è quello « in astratto », vale a dire quello che deriva dalla affermazione da parte del giudice speciale che quella situazione soggettiva è priva di tutela per difetto di giurisdizione, in contrasto con la « regula iuris » che invece gli attribuisce il potere « di ius dícere » sulla domanda; non quello « in concreto », che si ha quando la negazione della tutela alla situazione soggettiva azionata è la conseguenza della ipotizzata inesatta interpretazione delle norme o della non corretta ricognizione e valutazione degli elementi in fatto (Cass., Sez. Un., n. 10087 del 2020).
3.3.Nel caso specifico, il motivo in esame esula dall’ambito in relazione al quale è consentito il ricorso ai sensi dell’art. 111 comma 8 Cost. atteso che la doglianza del ricorrente, nei termini in cui è formulata, non concerne, già in tesi, un’affermazione del giudice contabile relativa alla definizione astratta dei confini della propria giurisdizione ma investe la negazione, in concreto, della tutela della specifica situazione soggettiva dedotta, negazione fondata sul difetto, all’esito della verifica demandata, dei relativi presupposti; invero, nella prospettazione del ricorso il diniego
della tutela richiesta si configura quale frutto della asserita errata interpretazione della disciplina di riferimento in punto di conseguenze riconducibili alla nullità della clausola arbitrale e rifluisce pertanto in un tipico error in iudicando , sottratto al sindacato della Corte di cassazione in ragione di quanto più sopra detto.
Per quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso.
Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, stante la posizione di parte solo in senso formale del Procuratore generale della Corte dei conti. Il Procuratore generale, infatti, così come non può sostenere l’onere delle spese processuali nel caso di sua soccombenza, al pari di ogni altro ufficio del pubblico ministero, non può essere destinatario di una pronuncia attributiva della rifusione delle spese quando, come nella specie, soccombente risulti il suo contraddittore.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 12 marzo 2024.