Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23521 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23521 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 21641-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrenti –
Oggetto
R.G.N.21641NUMERO_DOCUMENTO2023
COGNOME.
Rep.
Ud 20/05/2025
CC
avverso la sentenza n. 1894/2023 della CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE, depositata il 04/05/2023 R.G.N. 3055/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/05/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE ha confermato la sentenza di primo grado che sul presupposto della giusta causa di dimissione dei lavoratori originari ricorrenti aveva condannato RAGIONE_SOCIALE (da ora RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle somme richieste in ricorso a titolo di indennità di preavviso, rigettando la analoga domanda svolta dall’ente via riconvenzionale.
La Corte di merito ha in particolare convenuto con il giudice di primo grado sul fatto che i ripetuti ritardi e inadempimenti da parte di RAGIONE_SOCIALE nel pagamento delle retribuzioni costituivano idonea ragione giustificativa delle dimissioni da parte dei lavoratori e che a tal fine era da escludere valenza scriminante al fatto che, come dedotto, tali ritardi erano dovuti ad inadempienze finanziarie di RAGIONE_SOCIALE e della Regione RAGIONE_SOCIALE nell’erogazione dei relativi corrispettivi; in merito al quantum, liquidato in conformità delle richieste attoree, ha escluso che nelle somme richieste a titolo di indennità di preavviso fossero stati computati pure il tfr e le ferie ed ha riconosciuto invece corretta la ricomprensione nello
stesso di altre voci (retribuzione, festività, e.r.c., tredicesima mensilità).
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE sulla base di due motivi, illustrati con memoria. Gli intimati hanno depositato controricorso nel termine di legge.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c., del c.c.nl. ANPAS, dell’art. 1 r.d. n.. 267/1942 e dell’art. 2082 c.c.; in particolare lamenta la omessa valorizzazione, al fine della configurabilità della giusta causa di recesso, del difetto di immediatezza della reazione dei lavoratori all’ inadempimento datoriale e la non gravità oggettiva del ritardo. Censura inoltre il fatto che non sia stato considerato il rilievo che rispetto alle caratteristiche di RAGIONE_SOCIALE, associazione RAGIONE_SOCIALE, assume la mancanza di erogazione dei corrispettivi conferiti da due dei maggiori enti appaltanti, configurabile quale grave stato di necessità giustificativo dei mancati pagamenti, stato di necessità escluso dalla Corte distrettuale.
Con il secondo motivo deduce omesso esame di fatto controverso e decisivo in relazione alla mancata ammissione della prova testimoniale articolata da RAGIONE_SOCIALE in ordine alla non riconducibilità ad essa degli inadempimenti.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
3.1. Occorre premettere che per consolidata giurisprudenza di questa Corte , il vizio di violazione di norme di diritto consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie normativa astratta e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di una errata ricostruzione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione, nei limiti consentiti dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis . Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi è segnato dal fatto che quest’ultima censura , e non la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa ( cfr., fra le altre, n. 14468/2015 ) .
3.2. E’ stato altresì affermato che il motivo con cui si denunzia il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. deve essere dedotto a pena di inammissibilità, non solo mediante la puntuale indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche mediante specifiche e intelligibili argomentazioni intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie, diversamente impedendosi alla Corte di Cassazione di verificare il
fondamento della lamentata violazione (Cass. n. 5353/2005; Cass. n. 11501/2006).
3.3. E’ stato inoltre precisato che la falsa applicazione di legge di cui al n.3 dell’art. 360 co.1 c.p.c. consiste ‘o nell’assumere la fattispecie concreta sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista – pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione’ (v. Cass., n. 18715/2016, che cita altresì Cass. n. 18782 del 2005 e n. 15499 del 2004).
3.4. Le deduzioni di violazione e falsa applicazione di norma di diritto formulate dall’odierno ricorrente non sono riconducibili all’ambito del vizio denunziato, come sopra delineato, in quanto non sono incentrate sul significato e sulla portata applicativa delle norme menzionate in rubrica ma direttamente intese ad una rivalutazione nel merito di circostanze fattuali già prese in considerazione dalla Corte di merito e dalla stessa, con accertamento coperto da <> ex art. 348 ter ultimo comma c.p.c. ratione temporis applicabile, ritenute inidonee ad escludere la responsabilità dell’ente RAGIONE_SOCIALE in relazione alle dimissioni rassegnate dai lavoratori. Valgono a riguardo i principi affermati da questa Corte che in tema di valutazione della gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettive ai sensi dell’art. 1455, cod.civ., ha affermato che tale valutazione costituisce questione di fatto, riservata al prudente apprezzamento del giudice del merito, insindacabile in
sede di legittimità, qualora sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici. (Cass. n. 12182 /2020, Cass. n. 14974/2006, Cass. 22415/2004), come avvenuto nello specifico.
Il secondo motivo di ricorso è anch’esso inammissibile per la dirimente considerazione che la denunzia del vizio di omesso esame risulta preclusa dall’esistenza di <> ex art. 348 ter ultimo comma c.p.c. nel testo applicabile ratione temporis , non avendo parte ricorrente indicato le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse ( Cass. n. 5947/2023 Cass. n. 26774/ 2019, Cass. n. 19001/2016, Cass. n. 5528/2014). La Corte di merito ha infatti ritenuto inadeguata la prova offerta ed inidonea a contrastare l’efficacia delle altre risultanze istruttorie e tale valutazione non risulta incrinabile dalle deduzioni articolate dovendo ulteriormente evidenziarsi, quale concorrente profilo di inammissibilità, la mancata trascrizione delle circostanze oggetto di prova, in violazione del principio di specificità del ricorso per cassazione quale codificato dall’art. 366 c.p.c. .
All’inammissibilità del ricorso consegue il regolamento secondo soccombenza delle spese di lite e la condanna del ricorrente al raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma quater d.p.r. n. 115/2002, nella sussistenza dei relativi presupposti processuali.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 4.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge. Con distrazione.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
RAGIONE_SOCIALE, così deciso nella camera di consiglio del 20 maggio 2025
La Presidente AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME