Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 6905 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 6905 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 32289-2020 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1981/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 15/10/2020 R.G.N. 184/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/01/2024 dal AVV_NOTAIO.
R.G.N. 32289/NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 23/01/2024
CC
RILEVATO CHE
Il Tribunale di Velletri accoglieva per quanto di ragione la domanda di NOME COGNOME – dipendente dal 1995, con qualifica di commessa, di NOME COGNOME, titolare di farmacia in Grottaferrata – di declaratoria di inefficacia delle dimissioni comunicate tramite mod. Unilav il 18/9/2015 per effetto del mancato rispetto delle disposizioni di legge in ordine alla necessità di una loro convalida espressa e comunque per effetto della comunicazione di revoca pervenuta al datore il 25/9/2015, e ordinava al datore di lavoro la riammissione in servizio della lavoratrice, con diritto della stessa al pagamento delle retribuzioni a decorrere dalla data di ricezione della revoca;
la Corte d’Appello di Roma riformava detta sentenza e rigettava le domande avanzate dall’appellata con l’originario ricorso introduttivo;
in particolare, la Corte territoriale, esaminata la normativa di cui all’art. 4, commi 17 -22, legge n. 92/2012, attribuiva alla sottoscrizione della lavoratrice apposta in calce alle tre pagine della ricevuta della comunicazione del mod. Unilav, con cui era stata comunicata la cessazione del rapporto di lavoro per dimissioni, il significato di conferma della volontà di risolvere il rapporto (conferma della volontà di dimettersi), anche a prescindere dall’assenza di specifiche dichiarazioni di volontà in tal senso; riteneva altresì inefficace la revoca delle dimissioni successiva, perché esercitata al di fuori delle ipotesi tassative previste dalla legge;
per la cassazione della predetta sentenza ricorre la lavoratrice con due motivi, illustrati da memoria; controparte è rimasta intimata; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo di ricorso per cassazione, la lavoratrice ricorrente deduce errata applicazione dell’art. 4, commi 17 ss., legge n. 92/2012, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.; censura il capo della sentenza concernente l’applicazione di tali norme, per aver ritenuto che le formalità richieste dalla legge – quanto alla necessità che la dichiarazione telematica confermativa delle dimissioni debba consistere sia in un’apposita dichiarazione che nella correlativa sottoscrizione, a tutela dell’integrità ed effettività del consenso -siano state osservate nella specie mediante la sola sottoscrizione;
con il secondo motivo, deduce errata applicazione dell’art. 4, comma 21, legge n. 92/2012, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.; censura il capo della sentenza che ha dichiarato l’inefficacia della comunicazione inviata dalla lavoratrice al datore di lavoro a mezzo di raccomandata a. r., con la quale sono state revocate le dimissioni;
il primo motivo è fondato;
la norma pertinente (art. 4, comma 18, legge cit.) stabilisce che: ‘
;
il riferimento ad apposita dichiarazione da sottoscrivere da parte della lavoratrice o del lavoratore dimissionari è concettualmente distinto da quello di
quale luogo topografico ove tale dichiarazione espressa di convalida o conferma può essere apposta; l’identificazione della firma per ricevuta con l’apposita dichiarazione di
conferma o convalida delle dimissioni costituisce una sovrapposizione, una crasi di due concetti che la norma mantiene chiaramente distinti, e rappresenta pertanto non un’interpretazione sostanziale della norma, ma una sua inammissibile interpretazione abrogatrice;
del resto, da un punto di vista sistematico, il meccanismo congegnato dai commi 17 ss. dell’art. 4 legge cit. disegna una fattispecie a formazione progressiva, in cui le dimissioni sono sottoposte a condizione sospensiva e l’effetto risolutivo proprio delle dimissioni stesse si integra e perfeziona in una fase successiva al verificarsi delle condizioni prescritte, ossia la convalida presso la DTL o il RAGIONE_SOCIALE territorialmente competenti (comma 17), oppure la sottoscrizione di ‘apposita dichiarazione’ di cui si è detto (comma 18), o ancora la mancata presentazione in seguito a invito inviato dal datore di lavoro (comma 19), o comunque la mancata revoca entro 7 giorni (comma 21);
la disciplina in esame, applicabile alla fattispecie ratione temporis (successivamente rivista con l’art. 26 d. lgs. n. 151/2015, peraltro entrato in vigore il 24/9/2015, alcuni giorni dopo le dimissioni di cui si discute), al fine di prevenire abusi e comunque di evitare incertezze, richiede formalità scritte per il suo per fezionamento e consente, all’interno di tali formalità, anche un ripensamento della volontà dimissionaria in precedenza espressa, purché tempestivo ed espresso, entro termini brevi e prefissati, con una procedura (in parte anche tacita) coinvolgente l’autorità amministrativa;
per effetto della
il secondo motivo rimane assorbito dall’accoglimento del primo, osservando il Collegio che il precedente richiamato dalla Corte territoriale (Cass. n. 13182/2017) sulla tassatività delle ipotesi di revoca presuppone comunque l’avvenuta convalida delle dimissioni ai sensi del comma 17 o la sottoscrizione di apposita e valida dichiarazione ai sensi del comma 18, nella specie mancanti;
la sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, per