Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8160 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8160 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16595/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
– ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA RAGIONE_SOCIALE CORTE D’APPELLO DI RAGIONE_SOCIALE n. 650/2022 depositata il 01/07/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/09/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Bari, con sentenza n. 1067/2021, rigettava l’opposizione, ex art. 22 ss. RAGIONE_SOCIALE legge 24 novembre 1981, n. 689, proposta da RAGIONE_SOCIALE ( ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ ) avverso due ordinanze-ingiunzione (n. 6 del 23.01.2019; n. 21 del 01.02.2019) con cui la Città Metropolitana di Bari -a séguito di sopralluoghi effettuati presso l’impianto di depurazione il 23.01.2014 e il 26.02.2014 – aveva ingiunto nei suoi confronti il pagamento di €3.007,20 e € 3.607,20, emesse entrambe per superamento dei valori limite di emissione fissati nelle Tabelle dell’all. 5, Parte III, al d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 ( ‘ codice dell’ambiente’ ), sanzionato dall’articolo 133, comma 1, del medesimo decreto legislativo, con riferimento all’impianto di depurazione del comune di RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONE_SOCIALE interponeva gravame avverso la pronuncia del Tribunale dinanzi alla Corte d’Appello di Bari, che -con sentenza n. 650/2022 rigettava l’appello confermando integralmente la sentenza impugnata. A sostegno RAGIONE_SOCIALE sua decisione osservava la Corte, per quel che qui ancora rileva:
RAGIONE_SOCIALE non può dirsi esente da responsabilità ex art. 3, legge n. 689 del 1981, per non aver fornito la prova contraria dell’aver agito senza colpa. Lungi dal produrre tale prova, l’appellante ha ammesso di essere stata perfettamente a conoscenza dell’antigiuridicità RAGIONE_SOCIALE condotta tenuta nella gestione dell’impianto. E’ emerso, infatti, che la società ben conosceva le criticità che avevano determinato il superamento dei limiti di accettabilità rilevati dall’ente accertatore, RAGIONE_SOCIALE e, nonostante ciò, aveva proseguito nella conduzione dell’impianto. Tanto era avvenuto nel corso RAGIONE_SOCIALE proroga dell’autorizzazione di detto impianto disposta dal AVV_NOTAIO Delegato con decreto n. 31 del 09/10/2014, che non autorizzava il superamento dei limiti dello scarico. Il citato decreto di proroga
confermava l’affidamento alla provincia di Bari dei controlli in materia, e prescriveva lo smaltimento dei fanghi non derogando alle procedure di gestione dell’impianto nella Regione RAGIONE_SOCIALE; né aveva reso mai ammissibili procedure diverse di gestione rispetto a quelle previste dalla legge in materia di tutela delle acque; né la società ha posto in essere tutte le misure possibili per conformarsi al precetto normativo e rispettare i limiti tabellari imposti delle legislatore: al contrario, emerge che A.Q.P. abbia consapevolmente mantenuto in esercizio il vecchio depuratore, nonostante non fosse conforme alla legge;
quanto alla non assoggettabilità alla sanzione per gli effetti dell’art. 4 RAGIONE_SOCIALE legge n. 689 del 1981, segnatamente per avere agito nell’adempimento di un dovere, a giudizio RAGIONE_SOCIALE Corte tale esimente non può trovare applicazione nella specie, non sussistendone i presupposti. E’ emerso come RAGIONE_SOCIALE abbia agito in violazione del dovere di gestire correttamente l’impianto di depurazione e RAGIONE_SOCIALE normativa ambientale, che imponeva il rispetto di determinati limiti di accettabilità nella produzione dei reflui consapevolmente superati allorché ha mantenuto in funzione lo scarico di acque nonostante il pericolo di danni di carattere sanitario ed ambientale.
La predetta sentenza veniva impugnata da RAGIONE_SOCIALE per la cassazione, e il ricorso affidato a quattro motivi illustrati da memoria.
Resisteva la Città Metropolitana di Bari depositando controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce illegittimità RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata per disapplicazione del principio fondamentale sancito dall’art. 3 RAGIONE_SOCIALE legge n. 689 del 1981. La ricorrente lamenta il travisamento, da parte RAGIONE_SOCIALE Corte d’Appello, delle prescrizioni commissariali. Dichiarato lo stato d’emergenza in RAGIONE_SOCIALE nel 1994 con
D.P.C.M. del 27.10.1994 (e successive ordinanze attuative), l’O.P.C.M. n. 2985/1999 attribuiva al AVV_NOTAIO Delegato (C.D.) per la RAGIONE_SOCIALE il compito di coordinare l’adeguamento degli impianti depurativi alla normativa vigente. Successive O.P.C.M. creavano un regime emergenziale, rivolto alla RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE) poi al gestore del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, diretto a regimentare scarichi non adeguati alla normativa di settore tracciando regole di gestione da rispettare in fase transitoria, utili a garantire condizioni minime di sostenibilità ambientale degli scarichi urbani. Con il vecchio impianto di trattamento di RAGIONE_SOCIALE non aveva alcuna possibilità di raggiungere gli standards depurativi prescritti dal legislatore comunitario: l’impianto, infatti, andava disattivato, non adeguato, come imposto dal Piano d’Azione approvato dalla Regione per il rientro dall’infrazione comunitaria. La Corte d’Appello non ha preso atto che RAGIONE_SOCIALE aveva incontrato ostacoli per l’attivazione del nuovo impianto, riconosciuti in diversi D.C. di proroga dello scarico nel sottosuolo, con inevitabile slittamento dei tempi di dismissione del vecchio impianto, che doveva comunque essere condotto anche nell’impossibilità oggettiva di rispettare i limiti di cui alle tabelle 1-4 del decreto legislativo n. 156/06. Né alcuna colpa è ascrivibile ad RAGIONE_SOCIALE per il ritardo nell’avvio dell’esercizio del nuovo depuratore che, pur costruito sin dal 2013, non poteva essere attivato senza un recapito delle acque adeguato ad assorbirle, sì da evitare danni a cose o persone: il gestore del RAGIONE_SOCIALE non ha alcuna possibilità di interrompere il flusso in ingresso all’impianto nelle more degli adeguamenti strutturali in progetto, trattandosi di RAGIONE_SOCIALE essenziale da garantire in continuo alla popolazione RAGIONE_SOCIALE.
Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 4 RAGIONE_SOCIALE legge n. 689 del 1981 in relazione all’art. 360, comma
1, n. 3) cod. proc. civ. La ricorrente sottolinea che la sussistenza del regime di emergenza e l’approvazione del progetto di adeguamento degli impianti fanno sì che il funzionamento degli stessi non possa ritenersi assoggettabili a sanzione. Nelle more RAGIONE_SOCIALE sostituzione degli impianti obsoleti, avvenuta nel 2019, lo stesso regime emergenziale introdotto in RAGIONE_SOCIALE nel 1994 e definito con le O.P.C.M.E e i decreti commissariali nn. 37/2013 e 31/2014, insiste sull’impossibilità di disattivare impianti depurativi di reflui civili, quale quello del comune di RAGIONE_SOCIALE.
Con il terzo motivo si deduce violazione di legge per disapplicazione RAGIONE_SOCIALE normativa sul regime emergenziale dichiarato in RAGIONE_SOCIALE nel settore depurativo ex legge n. 225/1992, art. 5, e D.P.C.M. del 27/10/1994. In particolare, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 3, dell’O.P.C.M. n. 3271/03, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. Omessa valutazione di elementi decisivi oggetto di discussione ex art 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ. La Corte d’Appello ha ignorato i compiti e le funzioni del C.D. a cui il contesto emergenziale attribuiva il compito di decidere per l’adeguamento o la disattivazione degli impianti, e le modalità di gestione nella fase transitoria necessarie ai lavori di adeguamento e di sostituzione impiantistica. I poteri di coordinamento spettanti al C.D., ai sensi dell’O.P.C.M. n. 2985/1999 non stati esercitati: venuto meno il coordinamento del C.D. la previsione dell’autorizzazione in deroga (intesa questa nel senso di atto che permette uno scarico in presenza di un divieto) vale a sanare temporaneamente la situazione degli impianti non in regola fino alla conclusione dei lavori.
Con il quarto motivo si contesta, sempre in relazione alla normativa emergenziale e ai decreti commissariali applicativi, l’omessa
valutazione di elementi decisivi oggetto di discussione, ex art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ. La ricorrente lamenta la mancata valutazione, da parte RAGIONE_SOCIALE Corte territoriale, del venir meno del coordinamento del C.D. tra lavori di costruzione o adeguamento dei depuratori e sistemazione idraulica dei relativi recapiti finali, da cui è derivata la sopravvenuta impossibilità di scaricare i reflui civili in Lama San Giorgio e, quindi l’impossibilità di fatto per A .RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE. di attivare il nuovo impianto depurativo privo di recapito disponibile. Tale situazione ha giustificato l’intervento commissariale mirato ad imporre la prosecuzione del depuratore in essere fino all’attivazione del nuovo.
Per ragioni di priorità logica, sarà esaminato il terzo motivo.
E’ inammissibile la denuncia d ell’o messa valutazione di elementi decisivi oggetto di discussione tra le parti, ex art 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ. N ell’ipotesi di «doppia conforme», prevista dall’art. 348 -ter , comma 5, cod. proc. civ. (applicabile, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012, e quindi applicabile anche al giudizio in esame), il ricorrente per cassazione, al fine di evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5), cod. proc. civ. per difetto di specificità, deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, RAGIONE_SOCIALE decisione di primo grado e RAGIONE_SOCIALE sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse ( ex plurimis : Cass. Sez. 6-2, n. 8320 del 2022Rv. 664432 – 01; Cass., Sez. 3, 14.07.2022, n. 22244; Cass., Sez. L, 20.07.2022, n. 22782; Cass., Sez. 6-2, 15.03.2022, n. 8320; Cass., Sez. L, 06.08.2019, n. 20994). Nella specie, il ricorrente non ha indicato le ragioni di diversità fra le due pronunce e, inoltre, non ha
minimamente richiamato il fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti il cui esame sarebbe stato omesso dalla Corte distrettuale.
5.1. Merita, invece, accoglimento il denunciato vizio di violazione di legge, comunque ravvisabile con riferimento alla norma di rango secondario contenuta nell’art. 2, comma 2, O.P.C.M. n. 3271 del 2003 di conferma dei poteri già conferiti al AVV_NOTAIO Delegato Presidente RAGIONE_SOCIALE Regione, successivamente prorogati più volte. L’ordinanza in esame rientra, infatti, nel novero delle cosiddette «ordinanze libere», comprensivo dei provvedimenti emanati ai sensi dell’art. 5, legge n. 225 del 1992 (legge istitutiva del RAGIONE_SOCIALE) da autorità amministrative, suscettibili di introdurre una disciplina in deroga alle disposizioni di legge. Tali ordinanze, immediatamente esecutive, pur non avendo valore di legge sono nel loro ambito indipendenti e soggette, nel contenuto, solo ai limiti derivanti dalla Costituzione e dai principi generali dell’ordinamento, senza essere vincolate da altre norme preesistenti che non siano quelle espressamente indicate dalla fonte da cui traggono origine (Cass. Sez. U 07/03/2006, n. 4813; più di recente, Cass. 29/05/2018, n. 13482; Cass 01/10/2019, n. 24490).
5.1.1. Al fine di comprendere la portata dell’ordinanza citata, è opportuno innanzitutto ricostruire il quadro emergenziale e i compiti assegnati all’A.P.Q. Lo stato di emergenza – dichiarato dalla Regione RAGIONE_SOCIALE con D.P.C.M. dell’08.11.1994 a far data dal 27.10.1994, era stato successivamente (e con alterne vicende) prorogato al 31.12.2012 con DPCM del 13/19.01.2012, a sua volta oggetto di ulteriori proroghe: per quel che qui rileva, fino al 31.12.2014, ex art. 3bis , comma 1, D.L. 26 aprile 2013, n. 43 (convertito con modificazioni dalla legge 24 giugno 2013, n. 71, come modificato con ulteriore proroga contenuta n ell’art. 10, comma 3 -ter D.L. 30 dicembre 2013, n. 150, convertito
con modif. dalla legge 27 febbraio 2014, n. 15) – ha introdotto un regime di deroga alle norme contenute nel codice dell’ambiente, comportando tra l’altro, e per quanto qui rileva, che l’approvazione dei progetti da parte del AVV_NOTAIO Delegato sostituisse «ad ogni effetto» l’autorizzazione all’eserciz io degli impianti e degli scarichi (Cass. Sez, 2, n. 17471/2/3 del 19.08.2020; Cass. Sez. 2, n. 17309 del 19.08.2020).
5.1.2. L’approvazione, da parte del AVV_NOTAIO Delegato, del progetto di adeguamento degli impianti – progettato e costruito da A.Q.P. ai sensi dell’art. 2 dell’O.P.C.M. n. 3271 del 2003 – costituisce, dunque, autorizzazione al nuovo impianto: i decreti di approvazione del C.D. susseguitisi consentivano, mediante autorizzazioni e proroghe, scarichi derogatori rispetto a quanto previsto nel Codice dell’ambiente, purché non venissero superati dall’effluente, fino alla durata RAGIONE_SOCIALE proroga, gli standards conseguiti dopo la diminuzione del carico inquinante, a valle degli interventi effettuati dal gestore dei SII: detti standards non sono quelli RAGIONE_SOCIALE Tabella 4, Allegato 5, Parte III, d.lgs. n. 152/206, bensì quelli conformi al D.C. 126/CD/A del 22.12.2011. (v. D.C. 06 agosto 2013, n. 31, punto 5.).
Pertanto, la conclusione cui è giunta la Corte d’Appello non è corretta.
5.1.3. Dallo stesso quadro emerge come il vecchio impianto di depurazione non consentiva il rispetto RAGIONE_SOCIALE Tabella 4 citata. Già l’OPCM n. 2985/1999 identificava un C.D. per il coordinamento dell’adeguamento degli impianti depurativi alla normativa vigente. La CGEU, con sentenza n. 565/10 del 19.07.2012, aveva condannato l’Italia per non aver sostituito gli obsoleti trattamenti primari (puramente meccanici) con sistemi di trattamento secondari (trattamenti di tipo biologico con sedimentazioni secondarie o altro
processo assimilabile) per le acque reflue urbane, come previsto dalla dir. 271/CEE/1991. Dopo detta pronuncia, era seguito un Piano d’Azione, DGR del 18.09.2012, approvato dalla Regione RAGIONE_SOCIALE per la disattivazione del vecchio impianto di depurazione ai fini del rientro dall’infrazione comunitaria (v. procedura Commissione Europea, n. 2004/2034).
Né era possibile la sospensione del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, trattandosi di acque reflue urbane, come chiaramente affermato nei Decreti Commissariali n. 37 del 06.08.2013 e n. 31 del 09.08.2014.
5.2. Sulla scorta di questa normativa emergenziale, RAGIONE_SOCIALE aveva predisposto e costruito il nuovo depuratore di RAGIONE_SOCIALE, sebbene -al tempo dei sopralluoghi voluti dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, gennaio -febbraio 2014 -non era in condizioni di installarlo. I Decreti Commissariali n. 37 del 06.08.2013 e n. 31 del 09.08.2014, emessi a séguito di due successive istanze di proroga richiesta da RAGIONE_SOCIALE, rispettivamente del 25.07.2013 e del 27.03.2014: a) prendono atto dell’impossibilità di realizzare i lavori di costruzione del collettore a RAGIONE_SOCIALE del nuovo depuratore e l’espletamento dei lavori di sistemazione idraulica del recapito finale; b) in attuazione dell’art. 10, comma 3 -ter , legge n. 15 del 2014, dispongono la proroga dello scarico nel sottosuolo dei reflui provenienti dal vecchio impianto di depurazione di RAGIONE_SOCIALE, in deroga all’art. 104, d.lgs. n. 152/2006; c) confermano i poteri di controllo affidati alla Provincia di Bari, affinché l’effluente A.Q.P. non superi comunque gli standards conformi al D.C. 126/CD/A del 22.12.2011.
5.2.1. Alla luce di quanto precisato, sul presupposto che permaneva la situazione di grave criticità ambientale nel territorio RAGIONE_SOCIALE Regione RAGIONE_SOCIALE, e ritenuta sussistente la necessità di « assicurare la prosecuzione del RAGIONE_SOCIALE di depurazione delle acque, in deroga alla
normativa ambientale, nelle more del completamento degli interventi sugli impianti finalizzati al rilascio di un refluo corrispondente alle qualità volute dal legislatore di adeguamento degli impianti», il D.P.C.M. 13 gennaio 2012 ha espressamente autorizzato gli scarichi nel suolo e sottosuolo, nonché la prosecuzione del RAGIONE_SOCIALE di depurazione delle acque in deroga alla normativa ambientale dapprima -come si è visto supra , punto 5.1.1. – fino al 31 dicembre 2013, successivamente fino al 31 dicembre 2014.
5.3. Pertanto, le due ordinanze-ingiunzioni solo illegittime in quanto hanno irrogato la sanzione amministrativa per superamento dei valori limite di emissione fissati nelle Tabella 4 dell’ All. 5 alla Parte III del d.lgs. n. 152/2006, senza tenere conto di quanto decretato dal AVV_NOTAIO Delegato – investito di tali poteri in virtù RAGIONE_SOCIALE normativa emergenziale e, in particolare, in virtù dell’OPCM n. 3271 del 2003, art. 2, comma 2 – nei D.C. n. 37 del 06.08.2013 e n. 31 del 09.08.2014 i quali -come si è detto -hanno consentito lo scarico di acque reflue secondo gli standards definiti nel D.C. 126/CD/A del 22.12.2011, in deroga alla normativa comunitaria e al codice dell’ambiente.
All’accoglimento del terzo motivo, nel quale rimangono assorbiti i rimanenti, segue la cassazione RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata e, non risultando necessari ulteriori accertamenti in fatto, la decisione RAGIONE_SOCIALE causa nel merito nonché , per l’effetto, l’annullamento delle ordinanzeingiunzione n. 6 del 23.01.2019 e n. 21 del 01.02.2019.
In ragione RAGIONE_SOCIALE complessità delle questioni trattate le spese di lite dei giudizi di merito e del presente giudizio di legittimità sono compensate tra le parti.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, in accoglimento del terzo motivo del ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito,
annulla le ordinanze-ingiunzione n. 6 del 23.01.2019 e n. 21 del 01.02.2019 emesse dalla Città Metropolitana di Bari;
dichiara assorbiti i restanti motivi di ricorso.
Dichiara compensate le spese di lite dei giudizi di merito e del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Seconda