Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14003 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 14003 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8671/2024 R.G. proposto da :
NOME COGNOME in proprio e quale titolare dell’esercizio RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME con domicilio digitale in atti.
-RICORRENTE- contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, con domicilio digitale in atti.
–
CONTRORICORRENTE- nonché RAGIONE_SOCIALE – SOT SALERNO.
-INTIMATO- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO SALERNO n. 22/2024, depositata il 22/02/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte territoriale di Salerno ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del
Tribunale di Salerno, che aveva respinto l’opposizione contro l’ordinanza ingiunzione emessa dall’Ufficio Monopoli per la Campania a carico dell’opponente per aver detenuto apparecchi idonei a consentire l’esercizio del gioco con vincite in denaro, non collegati alla rete statale di raccolta del gioco in violazione dell’art. 1, comma 646, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 e dell’art. 110, comma 9, lettera d), del T.U.L.P.S.
Il Tribunale aveva rilevato che le apparecchiature consentivano la connessione telematica e l’accesso ai siti di giochi promozionali al fine di implementare un monte punti da utilizzare per acquistare altri beni e servizi, realizzando così una finalità lucrativa, rientrando tra le tipologie di cui all’art. 110 TULPS .
La sentenza di primo grado è stata emessa ai sensi dell’art. 429, comma 1, prima parte, c.p.c., all’esito della discussione del 30 dicembre 2022 ed è stata comunicata a mezzo PEC il 5 gennaio 2023. La Corte territoriale, premesso che l’art. 6 D.lgs. n. 150/2011 prevede che le controversie aventi ad oggetto l’ opposizione ad ordinanza-ingiunzione sono regolate dal rito del lavoro, ha dichiarato inammissibile l’appello poiché proposto con ricorso depositato il 4 luglio 2023, oltre il termine di sei mesi dal deposito della pronuncia di primo grado, in data 30 dicembre 2022.
NOME COGNOME ha chiesto la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Salerno con ricorso basato su un unico motivo, illustrato con memoria, cui ha resistito con controricorso l’ Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
L ‘ Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Salerno è rimasta intimata. Il Consigliere delegato, ravvisati profili di manifesta infondatezza del ricorso per cassazione, ha proposto la definizione del giudizio a norma dell’art. 380 -bis c.p.c., nel testo introdotto dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Su istanza del ricorrente, che ha chiesto la decisione, è stata fissata l’adunanza camerale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’unico motivo di ricorso deduce la violazione dell’art. 24 Cost. e la violazione e falsa applicazione degli artt. 434 e 327 c.p.c., anche in relazione al d.l. n. 193/2009 (art. 4), convertito dalla legge n. 24/2010, per aver il giudice di secondo grado dichiarato inammissibile l’ appello per tardività, essendo stato depositato oltre il termine di cui all’art. 327 c.p.c.
A parere del ricorrente, il termine semestrale per l’impugnazione della sentenza sarebbe stato fatto decorrere dal deposito del 30/12/2022, benché la decisione di primo grado fosse divenuta ‘ostensibile’ all’appellante solo in data 5 gennaio 2023 a seguito della comunicazione a mezzo PEC da parte della cancelleria, per cui l’appello, depositato in data 4.7.2023, era tempestivo.
Il motivo è infondato.
La sentenza reca l’indicazione della data di pubblicazione generata dal sistema informatico all’atto della pubblicazione.
Nella pubblicazione delle sentenze in formato digitale è il sistema stesso che assegna in automatico il numero progressivo e la data di pubblicazione, che risulta effettuata il 30.12.2024, mentre in data 5.1.2024 si è perfezionata la comunicazione di cancelleria dell’avvenuto deposito.
È principio generale che ai fini della decorrenza del termine lungo di impugnazione rileva l’effettivo deposito della sentenza presso la cancelleria del giudice che ha pronunciato e non dalla comunicazione dell’avvenuto deposito, che costituisce un adempimento distinto e ulteriore rispetto alla pubblicazione (Cass. 3372/2022; Cass. 5946/2017).
La data di pubblicazione di un provvedimento redatto in modalità digitale coincide non già con quella del deposito telematico ad opera del giudice, bensì con quella di attestazione dell’avvenuto deposito da parte del cancelliere che, mediante il
sistema informatico, attribuisce al provvedimento il numero identificativo e la data (Cass. 24891/2018; Cass. 2362/2019).
L’attestazione di cancelleria concernente la data di pubblicazione della sentenza (cui è equiparabile, nell’ambito del processo civile telematico, l’adempimento della pubblicazione, con cui il sistema informatico provvede, per tramite del cancelliere, all’attribuzione alla sentenza del numero identificativo e della data di pubblicazione) costituisce, inoltre, atto pubblico, la cui efficacia probatoria, ex art. 2700 c.c., può essere posta nel nulla solo con la proposizione della querela di falso, di talché, ai fini della decorrenza del termine lungo per l’impugnazione, la sentenza deve ritenersi depositata nella data attestata dal cancelliere (i.e. risultante dalla copia telematica munita del numero identificativo e della data di pubblicazione), fino a che non si sia concluso, con esito positivo, il procedimento di falso (cfr. fra le tante Cass. 9622/2009, Cass. 4092/1985).
Il ricorso è quindi respinto.
Poiché l’impugnazione è stata definita in senso conforme alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis, c.p.c., vanno applicati -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380bis, cod. proc. civ. -il terzo e il quarto comma dell ‘art. 96, cod. proc. civ., con conseguente condanna di parte ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, di una somma equitativamente determinata (nella misura di cui in dispositivo), nonché al pagamento in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro nei limiti di legge (non inferiore ad € 500 e non superiore a € 5.000; cfr. Cass. S.u. 27433/2023; Cass. s.u. 27195/2023; Cass. s.u. 27947/2023).
Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad € 1.200,00, per compenso oltre spese prenotate a debito, nonché di € 500,00 ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.; e dell’ulteriore importo di € 500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione