Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1093 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1093 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 22345/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , e RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliate in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che le rappresenta e difende giusta procura in atti;
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE DELLA REGIONE CALABRIA;
-intimato – avverso la sentenza n. 429/2020 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 27/05/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Osserva
La RAGIONE_SOCIALE COGNOME, esponendo di avere fornito merce e materiale edile ad RAGIONE_SOCIALE -Azienda Forestale della Regione Calabria -e che le quattordici fatture prodotte non erano state
pagate, ottenne ingiunzione di pagamento per l’ammontare di € 142.231,93.
A sèguito d’opposizione il Tribunale di Reggio Calabria, revocato il decreto ingiuntivo emesso, condannò l’opponente a pagare all’opposta la somma di €. 122.643,19.
La Corte d’appello di Reggio Calabria, accolta l’impugnazione della A.FO.R., rigettò la domanda della F.lli COGNOME.
2.1. In sintesi e per quel che qui possa risultare utile va ricordato che la Corte di merito, disattese plurime eccezioni processuali sollevate dall’appellata, fra le quali la denuncia d’inammissibilità e improcedibilità dell’appello per essere stato depositato in forma cartacea l’originale dell’atto notificato, invece che con modalità telematiche, accolse l’impugnazione in quanto:
-il Tribunale aveva omesso di rilevare d’ufficio la decadenza processuale nella quale era incorsa l’attrice, per avere tardivamente prodotto in giudizio una pluralità di documenti, e aveva errato a porli a base della propria decisione adducendo che la convenuta si era limitata a una generica contestazione;
per contro, i documenti tempestivamente prodotti (fatture, bolle e buoni d’ordine) non costituivano prova dell’azionato credito.
RAGIONE_SOCIALE ricorre sulla base di tre motivi, ulteriormente illustrati da memoria.
La controparte è rimasta intimata.
Con il primo motivo viene denunciata <>.
La ricorrente deduce che l’atto d’appello avrebbe dovuto essere dichiarato improcedibile perché depositato in forma cartacea e con la sola velina, il 28/4/2016, nel corso della seconda udienza, invece che in forma telematica e comunque prima dell’anzidetta udienza.
Più nel dettaglio, l’esponente addebita alla Corte d’appello di avere erroneamente sostenuto che all’epoca il deposito telematico nel giudizio d’appello non era obbligatorio per gli atti di costituzione, assimilando a questi il deposito dell’originale dell’atto di citazione. Conclusione, questa, non condivisa dalla ricorrente, che la giudica in contrasto con l’art. 347 cod. proc. civ., che impone il rispetto in appello delle forme stabilite per il giudizio davanti al tribunale.
Poiché, conclude l’impugnante, <>, ne deriva <>. Di conseguenza, <>.
5. La doglianza è infondata.
Il comma 9 ter dell’art. 16 bis del d.l. n. 179/2012, convertito con modificazioni nella l. n. 221/2012, successivamente introdotto dal d.l. n. 90/2014, a sua volta convertito con modificazioni nella l. n. 114/2014, disponeva:
<< dopo il comma 9-bis, introdotto dall'articolo 52, comma 1, lettera a), del presente decreto, è aggiunto il seguente: '9 -ter. A decorrere dal 30 giugno 2015 nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi alla corte di appello, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Allo stesso modo si procede per il deposito degli atti e dei documenti da parte dei soggetti nominati o delegati dall'autorità giudiziaria. Le parti provvedono, con le modalità di cui al presente comma, a depositare gli atti e i documenti provenienti dai soggetti da esse nominati. Con uno o più decreti aventi natura non regolamentare, da adottarsi sentiti l'Avvocatura generale dello Stato, il Consiglio nazionale forense ed i consigli dell'ordine degli avvocati interessati, il Ministro della giustizia, previa verifica, accertata la funzionalità dei servizi di comunicazione, può individuare le corti di appello nelle quali viene anticipato, nei procedimenti civili iniziati prima del 30 giugno 2015 ed anche limitatamente a specifiche categorie di procedimenti, il termine fissato dalla legge per l'obbligatorietà del deposito telematico '.
La norma, all'evidenza, introducendo il cd. 'processo telematico' per i giudizi pendenti in appello, ne ha anticipato l'operatività per i depositi delle parti già costituite, non potendo, come par ovvio, imporre l'incombente per gli atti di costituzione già effettuati in forma cartacea al tempo vigente.
L'appellante, come riconosce la stessa parte ricorrente, si era legittimamente costituita in appello in forma cartacea. Il successivo deposito dell'originale, al contrario di quel viene sostenuto con il motivo in esame, non rappresenta un atto processuale o un documento diverso dall'atto di costituzione e successivo a esso, bensì si integra con esso.
Una diversa interpretazione, oltre a contrastare con il contenuto letterale della norma, imporrebbe un'irragionevole estensione della nuova modalità ad attività processuali anteriori, importando, inoltre, l'adozione di un modello ingiustificatamente ibrido.
Con il secondo motivo viene denunciata <>
Si afferma che l’appellante aveva omesso di comparire all’udienza fissata per il 29/10/2015, tanto che la causa era stata rinviata, ai sensi dell’art. 348 cod. proc. civ., al 28/4/2016, e solo in quest’ultima udienza essa aveva depositato l’originale della citazione, incombente al quale, invece, avrebbe dovuto assolvere alla prima udienza.
il motivo è infondato.
Il Collegio condivide e intende dare continuità al principio di diritto secondo il quale la costituzione dell’appellante con deposito della copia dell’atto di citazione (cd. velina) in luogo dell’originale non determina l’improcedibilità del gravame ai sensi dell’art. 348, comma 1, c.p.c., ma integra una nullità per inosservanza delle forme indicate dall’art. 165 c.p.c., come tale sanabile anche in virtù dell’operatività del principio del raggiungimento dello scopo (nella
specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata – che aveva rigettato l’eccezione di improcedibilità dell’appello, formulata alla seconda udienza, per mancato deposito dell’originale dell’atto di appello notificato – sul rilievo, da un lato, che due appellati si erano comunque costituiti, difendendosi nel merito, e, dall’altro, che gli appellanti avevano provveduto, a detta udienza – nella quale si erano pertanto esaurite le complessive verifiche di cui all’art. 350, comma 3, c.p.c. -, al deposito dell’originale in conformità all’invito, finalizzato alla verifica della regolare notificazione dell’atto alla parte appellata non costituita, formulato dal giudice del gravame nella prima udienza di trattazione) -Sez. 2, n. 8951, 30/03/2023, Rv. 667514 -.
Nel caso in esame non viene smentito che l’appellato, regolarmente costituitosi, si fosse difeso nel merito.
Con il terzo motivo viene denunciata <>.
La ricorrente deduce che la sentenza risultava viziata per avere erroneamente ritenuto che difettasse la prova del credito, limitandosi a rilevare la tardività del deposito documentale effettuato il 9/11/2009.
Invece, prosegue la ricorrente, la Corte d’appello, accertato il tardivo deposito in primo grado, avrebbe dovuto procedere ad autonoma valutazione, considerando nuova la documentazione di cui detto e, pertanto, dovendone apprezzare l’indispensabilità.
Il motivo è infondato.
Il comma terzo dell’art. 345 cod. proc. civ., al tempo vigente, subordina l’ammissibilità tardiva in appello alla prova di non aver potuto far luogo alla tempestiva produzione in primo grado <>.
Una tale causa non consta essere stata neppure allegata, senza contare che, in ogni caso, di essa ne andava provata la sussistenza.
Di conseguenza, la Corte d’appello non avrebbe potuto, se non violando la legge, sanare d’ufficio la produzione ab origine inammissibile.
In conclusione il ricorso merita rigetto. Non v’è luogo a statuizione sulle spese poiché la controparte è rimasta intimata.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio di giorno 27