Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20632 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20632 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12986/2021 R.G. proposto da : COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOMECODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-controricorrenti-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE AFRICA BV
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 579/2020 depositata il 10/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con sentenza del 10.11.20 la corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza del 2019 del tribunale della stessa sede, che aveva rigettato la domanda di risarcimento di danni da straining e perdita di chances di divenire dirigente nonché da demansionamento.
In particolare, la corte territoriale ha ritenuto non provato lo svolgimento di mansioni rilevanti allo scopo di concretizzare le chances di divenire dirigente, non essendo sufficiente dire che era stato proposto e che solo per politica aziendale che voleva dirigenti minori di 45 anni di età non era stato promosso; ha ritenuto che nessuna prova era stata data circa l’asserito straining, essendo dedotti solo tre episodi, non significativi; ha ritenuto quindi generiche le deduzioni di demansionamento e rilevato che comunque sarebbe stato di breve durata al più; ha quindi ritenuto che la quota del TFR non è commisurabile al trattamento estero ma alla retribuzione come se avesse lavorato in Italia, e ciò per espressa previsione contrattuale; ha quindi condannato al pagamento delle spese di lite secondo soccombenza.
Avverso la sentenza ricorre il lavoratore per tre motivi, cui resiste il datore con controricorso. Le parti hanno presentato memorie.
Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.
CONSIDERATO CHE:
Il primo motivo deduce violazione ex numero tre e cinque dell’art. 360 c.p.c., degli articoli 1218, 2697 c.c. e 115 c.p.c., e vizio di motivazione della sentenza impugnata per avere trascurato il demansionamento ed i danni non patrimoniali conseguenti.
Il motivo è infondato: la sentenza ha motivato ampiamente sul punto, osservando che il ricorrente richiama una sterile elencazione di massime giurisprudenziali ma non è stato in grado di dimostrare in alcun modo la concreta sussistenza di demansionamento a suo danno; del resto, la sussistenza di tale profilo è stata disconosciuta dalla sentenza impugnata (al pari peraltro della sentenza di primo grado) e non è stato provato alcun tipo di demansionamento.
Il ricorrente invero richiama le sue esperienze lavorative ma non fornisce la prova della loro riconducibilità all’alveo del lavoro dirigenziale alla luce del contratto collettivo e dunque del suo erroneo inquadramento nel livello di quadro. Dalla stessa prospettazione attorea non emerge alcun demansionamento, posto che lo stesso non può certo desumersi in relazione alle occasioni (che il ricorrente richiama) nelle quali il ricorrente avrebbe potuto ottenere la qualifica dirigenziale, che però poi non ha mai avuto.
Il secondo motivo deduce violazione artt. 1418 e 2120 c.c., nonché ex art. 360 numero cinque c.p.c. dell’art. 2697 c.c., per aver trascurato la nullità della pattuizione individuale sull’entità del tfr, in contrasto con la norma dell’articolo 2120 c.c., e per non avere ammesso le prove.
Il motivo difetta di specificità e non si parametra alla sentenza impugnata che sottolinea che il lavoratore ha sottoscritto per
espressa accettazione la comunicazione con cui la Società lo informava del fatto che ‘l’ammontare relativo al trattamento di fine rapporto sarà determinato sulla base della retribuzione che Le sarebbe stata riconosciuta ove Lei avesse prestato servizio in Italia e ciò conformemente a quanto previsto per il personale non dirigente dal Ccnl per il settore energia …’.
Peraltro, l’art. 32 del CCNL Energia e Petrolio del 14 marzo 2002 identifica quali gli elementi della ‘retribuzione globale’ ed escludono le voci quali ‘l’indennità estera, l’alloggio, l’autovettura, o i viaggi da e per l’Italia’ in quanto corrisposte per il temporaneo disagio connesso al lavoro all’estero.
Il terzo motivo sulle spese di lite deduce violazione dell’art. 92 c.p.c. per non avere compensato: in realtà la corte territoriale ha applicato la regola della soccombenza correttamente, non ravvisando la ricorrenza di motivi consentiti dall’ordinamento per derogarvi.
Spese del giudizio di legittimità secondo soccombenza. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
p.q.m. Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in euro 6.500 per compensi professionali ed euro 200 per esborsi, oltre a spese generali al 15% ed accessori come per legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’8 aprile 2025.