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Demansionamento: quando il cambio mansioni è legittimo

Un quadro direttivo di un istituto di credito ha citato in giudizio il proprio datore di lavoro sostenendo di aver subito un demansionamento a seguito di un cambio di mansioni. La Corte di Cassazione, confermando le decisioni dei gradi precedenti, ha rigettato il ricorso. Secondo la Corte, un cambio di incarico, anche se comporta la perdita di poteri gestionali e di contatto diretto con la clientela, non costituisce demansionamento se le nuove mansioni sono professionalmente equivalenti, utilizzano l’esperienza pregressa e salvaguardano il livello professionale del lavoratore in una prospettiva dinamica, arricchendone le competenze.

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Pubblicato il 19 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Demansionamento e Quadri Direttivi: Quando il Cambio di Ruolo è Legittimo?

Il demansionamento è una delle questioni più delicate nel diritto del lavoro, poiché tocca il cuore della professionalità del lavoratore. La recente ordinanza della Corte di Cassazione analizza un caso emblematico, riguardante un quadro direttivo di banca spostato da un ruolo manageriale a uno più specialistico. La pronuncia offre spunti fondamentali per comprendere i confini tra una legittima riorganizzazione aziendale e una illecita dequalificazione professionale.

I Fatti del Caso: Da Direttore di Filiale a Specialista del Rischio

Un lavoratore con la qualifica di Quadro Direttivo di 4° livello, per anni direttore di importanti filiali di un istituto di credito, citava in giudizio l’azienda. A suo dire, a partire dal 2009 e fino al pensionamento, era stato oggetto di demansionamento attraverso l’assegnazione a tre ruoli successivi: ‘Referente Rischi Territorio’, ‘Referente Rischi Credito’ e ‘Sviluppatore’.

Secondo il ricorrente, questi nuovi incarichi lo avevano privato delle funzioni manageriali, del potere deliberativo in materia di crediti, del coordinamento del personale e del contatto diretto con la clientela di alto profilo, riducendolo a svolgere compiti meramente di controllo tecnico-amministrativo. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano però respinto le sue richieste, ritenendo le nuove mansioni sostanzialmente equivalenti a quelle precedenti.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Demansionamento

La Suprema Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, rigettando il ricorso del lavoratore. La decisione si fonda su un’interpretazione dell’art. 2103 del Codice Civile (nella versione applicabile ai fatti, antecedente al Jobs Act) che valorizza una visione dinamica della professionalità.

La Valutazione sul Demansionamento e l’Equivalenza Sostanziale

I giudici hanno chiarito che per escludere il demansionamento, non è necessario che le nuove mansioni siano identiche alle precedenti. Ciò che conta è l’equivalenza sostanziale, ovvero che i nuovi compiti consentano l’utilizzo e l’arricchimento del patrimonio professionale acquisito dal dipendente.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che i nuovi ruoli di analisi e gestione del rischio creditizio non solo presupponessero le conoscenze e le esperienze maturate come direttore di agenzia, ma garantissero anche il mantenimento della professionalità acquisita. Anzi, ne rappresentavano un arricchimento, offrendo una prospettiva diversa e specialistica sull’attività bancaria.

La Visione Dinamica della Professionalità

La Cassazione ha respinto l’idea che un lavoratore, anche se ha svolto per anni un ruolo manageriale, acquisisca una professionalità ‘rigida’ e ‘inamovibile’. L’azienda può legittimamente assegnarlo a compiti diversi, purché questi siano coerenti con la sua qualifica e il suo livello professionale. Anche la perdita di alcuni poteri, come quelli organizzativi o decisionali (che nel caso specifico erano comunque risultati limitati anche nel ruolo precedente), non comporta automaticamente un demansionamento se viene compensata dall’importanza e dalla complessità delle nuove responsabilità.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sottolineando che la valutazione dell’equivalenza delle mansioni è un giudizio di fatto riservato ai giudici di merito, e in questo caso la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione ampia e adeguata. I giudici di secondo grado avevano correttamente analizzato sia le mansioni precedenti che quelle nuove. Pur riconoscendo la perdita di alcuni poteri organizzativi e di contatto diretto con la clientela, avevano evidenziato come le nuove attività di valutazione del merito creditizio e di controllo delle garanzie fossero compiti di non minore importanza, da svolgersi con ampi margini di autonomia professionale. Tali compiti non rappresentavano un impoverimento, ma una diversa declinazione della professionalità acquisita. Inoltre, la Corte ha ritenuto che le nuove mansioni, seppur non specificamente ‘tabellate’ nel CCNL, fossero pienamente riconducibili alla declaratoria generale della categoria dei Quadri Direttivi, che include attività specialistiche caratterizzate da complessità e autonomia.

le conclusioni

In conclusione, la sentenza stabilisce un principio importante: la tutela della professionalità del lavoratore non implica l’immodificabilità delle sue mansioni. Un datore di lavoro, nell’ambito di una riorganizzazione, può modificare i compiti di un quadro direttivo senza incorrere in demansionamento, a condizione che i nuovi incarichi siano coerenti con la qualifica, richiedano l’utilizzo delle competenze acquisite e offrano una prospettiva di mantenimento o arricchimento del bagaglio professionale. La valutazione non deve essere statica e legata a singoli ‘poteri’ persi, ma dinamica e orientata alla salvaguardia complessiva del valore professionale del dipendente.

Un cambio di mansioni è considerato demansionamento se perdo la gestione del personale o poteri decisionali?
No, non necessariamente. Secondo la Corte, la perdita di poteri organizzativi, decisionali o di contatto con la clientela non comporta automaticamente un demansionamento se le nuove mansioni sono comunque di elevata importanza, richiedono ampia autonomia e consentono di utilizzare e arricchire il patrimonio professionale acquisito.

Per valutare il demansionamento, conta solo la categoria contrattuale (CCNL) o le mansioni effettivamente svolte?
Contano entrambe. La valutazione deve essere effettuata in concreto, confrontando il contenuto professionale delle vecchie e delle nuove mansioni. Tuttavia, è anche necessario verificare che i nuovi compiti siano coerenti con la declaratoria della categoria di inquadramento prevista dal CCNL, come avvenuto nel caso di specie per i Quadri Direttivi.

L’azienda può cambiarmi ruolo per adattarsi a nuove esigenze organizzative senza commettere demansionamento?
Sì, l’azienda può legittimamente modificare i ruoli per rispondere a nuove esigenze organizzative. La tutela del lavoratore non consiste nel diritto a svolgere sempre le stesse mansioni, ma nel diritto a vedere salvaguardata la propria professionalità. Il cambio è legittimo se i nuovi compiti sono professionalmente equivalenti a quelli precedenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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