Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 22559 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 22559 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 04/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 18912-2021 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2/2021 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 19/01/2021 R.G.N. 547/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
Oggetto
Quadri
direttivi nel
settore
credito
R.G.N.18912/2021
COGNOME
Rep.
Ud.08/04/2025
CC
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d’appello di Messina rigettava l’appello proposto da COGNOME NOME contro la sentenza del Tribunale della medesima sede n. 580/2018, che aveva rigettato il suo ricorso, con il quale – deducendo che egli, ch e aveva raggiunto l’inquadramento quale Quadro Direttivo di 4° livello retributivo della 3^ Area Professionale del CCNL del personale imprese creditizie, aveva subito un mutamento di mansioni e funzioni a far tempo dal febbraio 2009 in violazione dell’art. 2103 c.c. con lesione della professionalità acquisita e del diritto al futuro accrescimento delle proprie capacità professionali – aveva chiesto la condanna della convenuta Unicredit s.p.a. alla reintegrazione nel proprio posto di lavoro precedentemente occupato con le corrispettive retribuzioni dalla data del demansionamento, nonché il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale subito a causa dello stesso.
La Corte territoriale riferiva i motivi di gravame dell’allora appellante e quanto considerato dal primo giudice; e riteneva che correttamente l’appellante aveva evidenziato che il nuovo art. 2103 c.c., come modificato dal d.lgs. n. 81/2015, poteva trovare applicazione solo per i fatti di preteso demansionamento avvenuti dopo il 25.6.2015 e come tale non poteva essere qui richiamato, riguardando i fatti un periodo che va dal 2009 al 2013, epoca del pensionamento del Badessa.
2.1. La stessa Corte, ritenuto quindi applicabile in causa il previgente testo dell’art. 2103 c.c., notava però che lo stesso giudice di primo grado aveva richiamato un principio elaborato dalla Corte di Cassazione nella vigenza appunto del vecchio testo e che la Corte di merito condivideva, ossia, quello che ritiene possibile la salvaguardia della professionalità nel
contesto di una diversa attività lavorativa ove anzi l’esperienza professionale maturata possa ritenersi utile al fine di un migliore espletamento della prestazione richiesta.
Tanto precisato, la Corte considerava anzitutto in che contesto era maturata la decisione dell’affidamento al Badessa delle nuove mansioni di ‘Referente RAGIONE_SOCIALE‘, e quanto in merito riferito dai testi circa tali mansioni e quelle di ‘Referente Rischi Credito’, successivamente assegnate.
3.1. Rilevava, quanto alla tipologia dei compiti rientranti in dette due nuove figure, che le stesse, ancorché non tabellate nel CCNL di categoria, erano puntualmente descritte nella circolare CI2035/4, mentre per la figura di Sviluppatore Senior faceva capo al documento sub all. 8, e rilevava che la prova testimoniale aveva evidenziato solo pochi elementi utili in ordine alla concreta esplicazione delle attività relative a tali figure.
Passava, quindi, a considerare la precedente attività di direttore di agenzia, svolta dal lavoratore, e, una volta così ricostruite le precedenti e le nuove mansioni, anche la Corte riteneva che nel passaggio dalle une alle altre, non vi fosse stato alcun demansionamento, presupponendo la nuova attività proprio quelle conoscenze ed esperienze maturate in ruoli operativi propri di un direttore di agenzia e garantendo tuttavia il mantenimento della professionalità acquisita ed anzi un arricchimento attrave rso una diversa prospettiva dell’attività bancaria quale quella di verifica delle garanzie e di controllo dei crediti.
Sotto un profilo più squisitamente formale, osservava che le mansioni di RRT e RRC, pur non essendo tabellate, apparivano riconducibili anch’esse alla categoria dei Quadri
Direttivi riportata nell’art. 76 del CCNL, ben potendo essere assimilate a quell’ ‘attività specialistica generalmente caratterizzata dal possesso di metodologie professionali complesse con input parzialmente definiti ed in contesti sia stabili che innovat ivi’, ivi prevista.
Avverso tale decisione NOME NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
L’intimata resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia ‘Violazione di legge: art. 2103 c.c. (nel testo vigente ratione temporis ), in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’. Deduce che: ‘La Corte di Appello di Messina, in parte motiva individuava e sintetizzava correttamente le mansioni esercitate dal Badessa sino al febbraio 2009 (quale Quadro Direttivo di 4° Livello preposto a dirigere filiali di rilevante entità con oltre dieci dipendenti) e quelle in concreto esercitate successivamente nel periodo 20092013, quale ‘ referenti rischi territorio ‘, ‘ referente rischi credito ‘ e ‘ sviluppatore ovvero procacciatore esterno di clienti ‘ ma errava nel procedimento di valutazione della equivalenza sostanziale delle predette mansioni poiché riteneva che ‘ l’importante compito di valutazione del merito creditizio, dei rischi connessi e di controllo delle garanzie, da svolgersi con ampi margini di autonomia professionale e peraltro in riferimento alle operazioni di più agenzie ‘ fosse equivalente alle funzioni in precedenza svolte quale Direttore di agenzie di rilevante entità, che oltre a prevedere le predette mansioni e funzioni di valutazione del merito creditizio e di controllo delle garanzie, con riferimento alle domande pervenute presso
l’agenzia/filiale dallo stesso diretta, prevedevano altresì il potere deliberativo sulla domanda creditizia (entro i limiti assegnati), nonché la direzione della struttura assegnata, il coordinamento del personale assegnato, l’esercizio dei poteri di firma (nel rispetto delle attribuzioni e deleghe ricevute), il potere di intrattenere rapporti diretti con la clientela sia privata che di alta gamma con esercizio delle funzioni deliberative dei crediti e degli sconfinamenti (fidi) entro i limiti assegnati.
Con il secondo motivo denuncia la ‘Violazione dell’art. 2103 c.c. e degli artt. 76, 77, 87 del CCNL del 08.12.2007 (per i quadri direttivi e per il personale dipendente delle imprese creditizie), in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’. Deduce che: ‘La Corte di Appello di Messina errava altresì nel procedimento di valutazione di equivalenza formale tra la qualifica in precedenza rivestita dal Badessa ‘ Quadro Direttivo di 4° livello retributivo, della 3^ Area Professionale del CCNL del personale imprese creditizie ‘, e le nuove qualifiche assegnate, ‘ referente rischi territorio ‘, ‘ referente rischi credito ‘ e ‘ sviluppatore ovvero procacciatore esterno di clienti’ , che non risultavano tabellate nel CCNL di categoria; la contrattazione collettiva nazionale non può inoltre derogare alla legge vigente ratione temporis (art. 2103 c.c.) sui limiti ed i vincoli operanti in tema di demansionamento’.
I due motivi, esaminabili congiuntamente per evidente connessione, sono privi di fondamento.
Come è stato anche di recente ribadito da questa Corte, poiché il baricentro dell’art. 2103 c.c., nella formulazione anteriore alla novella operata con il d.lgs. n. 81 del 2015, è dato dalla protezione della professionalità acquisita dal prestatore di lavoro, il divieto di variazioni in peius delle mansioni opera
anche quando al lavoratore, pur nella formale equipollenza delle precedenti e delle nuove mansioni, siano assegnati di fatto compiti sostanzialmente inferiori quanto a contenuto professionale e che, pertanto, nell’indagine circa l’esistenza o meno di una equivalenza tra i compiti a raffronto non basta il riferimento in astratto a livello di categoria, ma è necessario accertare che le nuove mansioni siano aderenti alla specifica competenza tecnica professionale del dipendente e siano tali da salvaguardarne il livello professionale acquisito, in una prospettiva dinamica di valorizzazione delle capacità di arricchimento del bagaglio di conoscenza ed esperienze (così, di recente, Cass. n. 7353/2024 ed ivi il richiamo a taluni dei precedenti in senso conforme; ma v. in termini, tra le altre, sempre tra le decisioni più recenti, Cass. n. 46/2024; nonché Cass. n. 31506/2022, la quale, peraltro, ricorda che in Cass. n. 15010 era ribadito, sulla scorta di Cass., sez. un. 24/11/2006, n. 25033, che la valutazione circa l’omogeneità tra le mansioni successivamente attribuite e quelle di originaria appartenenza, sotto il profilo della loro equivalenza in concreto rispetto alla competenza richiesta, al livello professionale raggiunto ed alla utilizzazione del patrimonio professionale acquisito dal dipendente, è espressione di un giudizio di fatto incensurabile in cassazione ove adeguatamente motivato).
Nota, in primo luogo, il Collegio che il ricorrente dichiara che: ‘La Corte di Appello di Messina, in parte motiva individuava e sintetizzava correttamente le mansioni esercitate dal Badessa sino al febbraio 2009 (quale Quadro Direttivo di 4° livello preposto a dirigere filiali di rilevante entità con oltre dieci dipendenti)’, ma che in realtà le sue attuali deduzioni nello svolgimento del primo motivo vanno in senso diverso.
5.1. Più in particolare, la Corte di merito, in ordine ‘alla precedente attività di direttore di agenzia’, dopo aver riferito la specifica declaratoria nell’ambito dell’art. 76 del CCNL circa ‘i preposti a succursale comunque denominate’, e quanto indicato nella circolare n. 3363 del 5.3.2007 e nella Job Description di Unicredit circa detta posizione, ha evidenziato, in relazione ‘ai poteri decisori per l’erogazione del credito nei limiti delle autonomie attribuite’, che ‘vi è pure in atti la comunicazione del 7/9/2000 del Direttore del Banco di Sicilia e indirizzata al Badessa, quale Funzionario Responsabile dell’Ag. 1 di Messina, da cui si evincono le limitazioni di detti poteri (facilitazione creditizie alla clientela nella I Fascia Agenzie senza Modulo Imprese, possibilità di concedere alla clientela affidamenti sconfinamenti ma solo transitori, limiti nella negoziazione degli assegni e nel pagamento di vaglia ed assegni circolari). Secondo poi la testimonianza del teste COGNOME il Direttore di Agenzia n on ha potere decisionale sulle pratiche di fido ‘che può solo istruire spettando poi la decisione ad un organo deliberante’ e nello stesso senso ha deposto pure la teste COGNOME (così tra la facciata 9 e quella 10 dell’impugnata sentenza).
5.2. Il ricorrente sostiene, invece, ‘che nei venti anni antecedenti il demansionamento per cui è causa, iniziato nel febbraio 2009, aveva sempre diretto filiali di rilevante importanza con oltre dieci addetti occupandosi nello specifico: a) di organizzare e dirigere le attività di competenza della filiale, presidiando il regolare ed efficiente funzionamento operativo ed organizzativo della struttura, rispondendo dei risultati dell’unità operativa in rapporto agli obiettivi definiti dall’istituto; b) di assicurare la regolare esecuzione del lavoro per gli aspetti di correttezza normativa ed operativa; c) di approvare e decidere, nei limiti di spese ad esso attribuiti, tutto ciò che serve al
normale funzionamento della filiale; d) di esercitare la facoltà di firma nel rispetto delle attribuzioni e delle deleghe ricevute; e) di gestire e coordinare in assoluta autonomia il personale di filiale (cassieri, impiegati, funzionari ecc.) assumendone la responsabilità della relativa gestione ed amministrazione; f) di intrattenere i rapporti con la clientela presidiando la stessa con particolare focus sulla clientela Imprese e Privati di RAGIONE_SOCIALE esercitando altresì funzioni deliberative dei crediti e degli sconfinamenti (fidi) entro e nei limiti assegnatigli’ (così tra la pag. 10 e quella 11 del ricorso). Deduce, inoltre, che la professionalità da lui acquisita ‘si era formata ed estrinsecata per oltre venti anni nell’intrattenere rapporti diretti con la clientela, sia privata che di alta gamma, con poteri deliberativi su prestiti e sui fidi richiesti fino all’importo di € 200.000,00, nella gestione autonoma e nel coordinamento del personale di filiale, nella rappresentanza in generale dell’impresa nei confronti di terzi nell’ambito dei poteri conferiti’ (così tra la pag. 11 e la pag. 12 del ricorso).
5.3. E’ di tutta evidenza, allora, che, al di là di declaratorie collettive e descrittive di altro genere circa il direttore di agenzie e simili, quanto si deduce in ricorso circa le attività in passato disimpegnate dal lavoratore e ciò che ha accertato in fatto la Corte di merito non collimano affatto: prescindendo da altri aspetti non secondari, la Corte, tra l’altro, soprattutto ha posto in luce i limiti dei poteri decisionali che afferivano alle funzioni di direttore di agenzia con precipuo riferimento a quando furono rivestite dall’attuale ricorrente. E in ogni caso, quello che rileva è appunto quanto ha acclarato in fatto la Corte territoriale.
Analoghi rilievi valgono per le ‘nuove’ mansioni, peraltro, diverse tra loro e svolte in non breve arco di tempo.
6.1. Anche su questo fronte il ricorrente dichiara che la Corte d’appello ha individuato e sintetizzato correttamente (così a pag. 1 del ricorso per cassazione nella sintesi dei motivi).
6.2. Orbene, come già accennato in narrativa, la Corte distrettuale si è diffusamente soffermata, in base alle prove documentali e testimoniali considerate, sulle figure suddette, mano a mano rivestite dal lavoratore in detto arco temporale, ponendo subito in luce ‘come l’affidamento al Badessa delle nuove mansioni di ‘Referente RAGIONE_SOCIALE‘ sia stata una decisione assunta nell’ambito del nuovo modello organizzativo del Gruppo Unicredit che aveva portato all’individuazione di nuove e importanti figure professionali per ricoprire le quali si richiedeva personale di esperienza’ e, poi, tra l’altro, che, ‘avendo il Badessa rappresentato la propria preferenza per lo svolgimento di una attività più strettamente commerciale, a contatto diretto con la clientela, gli era stata offerta la proposta di ricoprire il ruolo di sviluppatore, incarico che lo stesso accettava’ (v. in extenso facciate 6-9 della sua sentenza); vale a dire, il ruolo da ultimo rivestito dal dipendente prima del suo pensionamento.
6.3. A quest’ultimo proposito, in ricorso (a pag. 12) si deduce che il lavoratore ‘non aveva mai accettato il demansionamento per cui è causa avendo sin da subito, non appena avuto piena contezza del demansionamento attuato, avversato con l’odierna azione il comportamento illegittimo posto in essere dal datore di lavoro’; ma anche queste sue
asserzioni non corrispondono all’accertamento fattuale operato dalla Corte di merito, nel quale non emergono doglianze, sia pure informali, del dipendente nel corso degli ultimi anni del rapporto e risulta piuttosto l’accettazione dell’incarico ultimo di Sviluppatore, peraltro previamente propostogli.
6.4. Più ampiamente, il ricorrente sostiene che: ‘… perdeva le funzioni di coordinamento di altro personale, perdeva le funzioni di intrattenimento di rapporti diretti con la clientela, perdeva i poteri deliberativi dei fidi e delle richieste di credito, ed in generale perdeva ogni funzione di rappresentanza dell’impresa nei confronti dei terzi nell’ambito dei poteri conferiti.
I nuovi compiti in sostanza consistevano nell’esaminare da solo in ufficio le pratiche dei prestiti e dei fidi già concessi o da concedere da parte delle varie filiali sparse sul territorio, …
I nuovi compiti in sostanza consistevano in mansioni impiegatizie senza alcun potere deliberativo e decisorio, mansioni meramente di controllo tecnicoamministrativo; …’ (vi. in extenso pagg. 12-13 del ricorso).
6.5. Ma anche queste deduzioni trovano ben scarso riscontro in quello che la Corte d’appello ha appurato.
Al di là, quindi, del rilievo che la sintesi del primo motivo di ricorso non corrisponde -com’è ormai chiaro a quanto sostenuto nello sviluppo della stessa censura, questa non considera completamente la ratio decidendi chiaramente espressa dalla Corte di merito.
7.1. Infatti, i giudici di secondo grado, dopo aver escluso il dedotto demansionamento nei termini già riassunti in narrativa,
hanno aggiunto: ‘Pur venendo meno quei poteri organizzativi, di contatto con la clientela e pure decisionali seppur limitati per come evidenziato, correlati al ruolo esecutivo quale quello di direttore, è stato comunque garantito al Badessa un diverso ma non meno importante compito di valutazione del merito creditizio, dei rischi connessi e di controllo delle garanzie da svolgersi con ampi margini di autonomia professionale e peraltro in riferimento alle operazioni di più agenzie. Attività che si è sostanziata pure in una stretta collaborazione con i direttori commerciali cui dare anche la propria assistenza tecnico giuridica. Non vi è stato pertanto alcun sostanziale impoverimento della professionalità e compromissione delle capacità acquisite’.
7.2. Dunque, le conclusioni definitivamente tratte dalla Corte territoriale in punto di equivalenza sostanziale tra vecchie e nuove mansioni sono anzitutto fondate su ampio e pertinente accertamento fattuale, ad essa riservato quale giudice di merito, e se nz’altro adeguatamente motivato (del resto, il ricorrente non denuncia in proposito anomalie motivazionali).
Alla stessa Corte, come ora vi è visto, non è sfuggito che l’impiego dell’ormai esperto lavoratore nelle differenti mansioni svolte negli ultimi 4 anni circa della sua carriera avevano comportato il venir meno di quei ‘poteri’ che caratterizzano la figura di direttore di agenzie e simili, ossia, il ruolo per lungo tempo ricoperto dal lavoratore, quale quadro direttivo, e non quale dirigente; ma la Corte, come si è già visto, aveva ben specificato anche i limiti che circondavano tali poteri, segnatamente cir ca l’erogazione del credito.
Nota, peraltro, il Collegio che alla tesi perorata dal ricorrente è sottesa una linea interpretativa in forza della quale
chi abbia svolto funzioni di direttore di agenzia e simili per molto tempo, restando inquadrato quale quadro direttivo, ma senza assurgere alla qualifica dirigenziale, avrebbe acquisito una professionalità e capacità (meglio dire, poteri) così rigide, da risultare praticamente inamovibile, sì da dover essere impiegato sempre nelle stesse mansioni. Ma questa linea interpretativa non è aderente ai principi di diritto dianzi premessi in tema di una tutela della professionalità del lavoratore, in una chiave sì di sostanziale equivalenza tra precedenti e nuove mansioni, ma anche dinamica.
Legittimamente, pertanto, i giudici di secondo grado, confermando peraltro una valutazione già espressa dal primo giudice, hanno posto in luce la non minore importanza dei compiti assegnati negli ultimi 4 anni circa al lavoratore, anche in virtù dell’esper ienza maturata in precedenza.
Le valutazioni operate dalla Corte di merito, in via di completamento, in punto di equivalenza formale tra precedenti e nuove mansioni, sono parimenti incensurabili.
9.1. In primo luogo, infatti, il ricorrente neanche discute la prima conclusione tratta a riguardo dalla Corte d’appello, e, cioè, che le mansioni più recenti erano ‘del tutto coerenti con i tratti della qualifica di Quadro Direttivo proprio del Badessa’; conclusione, questa, che è stata presa facendo capo correttamente ad una precipua declaratoria della categoria dei Quadri Direttivi riportata nell’art. 76 del CCNL (v. facciata 11 della sua sentenza).
Peraltro, la Corte, pur non essendo le mansioni da ultimo assegnate al lavoratore ‘tabellate’ (vale a dire, delineate in apposite declaratorie specifiche di profili professionali
nell’ambito della contrattazione collettiva), ha constatato per via documentale che ‘i ruoli di RRT e RRC sono stati assegnati a Quadri Direttivi, e in una percentuale di circa il 40% dello stesso livello del Badessa. Anche il ruolo di Sviluppatore Senior risulta svolto da soggetti appartenenti ai quadri direttivi alcuni dei quali proprio dello stesso 4 livello del Badessa’ (v. sempre facciata 11).
Le residuali considerazioni svolte dalla Corte, in particolare circa quanto previsto dall’art. 77 del CCNL, non risultano essenziali nell’ambito del suo ragionamento decisorio, e comunque non risultano censurate in modo pertinente dal ricorrente.
10.1. La parte finale dell’ipotesi (la terza, per la precisione) dei ‘preposti a succursale’, contemplata nel comma 4 dell’art. 76 del CCNL (‘Fermo quanto sopra viene comunque riconosciuto, quale inquadramento minimo, il 1° livello retributivo per i preposti a succursale da 5 a 6 addetti compreso il preposto; il 2° livello retributivo se gli addetti sono 7; il 3° livello retributivo da 8 a 9 addetti; il 4° livello da 10 addetti in poi’), si riferisce appunto sempre ai ‘preposti a succursale’.
La Corte territoriale, invece, ha ricondotto le ultime tre mansioni disimpegnate dal lavoratore, benché non ‘tabellate’, alla prima ipotesi prevista dall’art. 76, comma 4, del CCNL, dove recita: ‘Nell’ambito della predetta declaratoria’, vale a dire, quell a dei quadri direttivi sub precedenti commi 2 e 3, ‘sono inquadrati nella presente categoria: – gli incaricati di svolgere attività specialistiche caratterizzate generalmente dal possesso di metodologie professionali complesse, da procedure prevalentemente non standard, con input parzialmente definiti ed in contesti sia stabili che innovativi (ad esempio nell’ambito
dei seguenti rami di attività: legale, analisi e pianificazione organizzativa, controllo di gestione, marketing, ingegneria finanziaria, auditing, tesoreria)’.
E il ricorrente non svolge alcun rilievo circa tale sussunzione, in fattispecie nella quale è pacifico che il lavoratore era rimasto formalmente inquadrato come Quadro Direttivo di 4° livello retributivo sino al pensionamento.
Il ricorrente, in quanto soccombente, dev’essere condannato al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuto al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi e in € 3.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e C.P.A. come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale dell’8 .4.2025.
La Presidente
NOME COGNOME