Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 6264 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 6264 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/03/2025
ORDINANZA
Oggetto
Min.
cultura
Svolgimento mansioni
–
di di
operatore di
custodia anziché di assistente
alla fruizione
–
Art. 52
d.lgs. n. 165 del
2001
–
Demansionamento
–
Esclusione.
R.G.N.11704/2024
COGNOME
Rep.
Ud.20/02/2025
CC
sul ricorso 11704-2024 proposto da:
MINISTERO DELLA CULTURA (già MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA’ CULTURALI E PER IL TURISMO), in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– ricorrente –
Contro
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4001/2023 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 22/11/2023 R.G.N. 3047/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
Rilevato che
Il Tribunale di Napoli accoglieva, relativamente all’ an, la domanda di NOME COGNOME volta ad ottenere -sul presupposto dello svolgimento in via prevalente e pressoché esclusiva delle mansioni esecutive di vigilanza e custodia delle sale museali, proprie, in realtà, dell’inferiore profilo professionale di ‘O peratore alla custodia, vigilanza e accoglienza’, anziché di quello di appartenenza di ‘Assistente alla fruizione, accoglienza e vigilanza’ il risarcimento del danno da demansionamento, da quantificare nella misura del 25% della retribuzione percepita per l’intera durata del demansionamento.
Proposto appello dal Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo (ora Ministero della cultura), il lavoratore proponeva a sua volta appello incidentale chiedendo procedersi anche alla quantificazione del danno subito, evidenziando la sussistenza di tutti i presupposti a tal uopo necessari.
La Corte di Appello di Napoli, confermato il ricorrere nel caso di specie di un’ipotesi di demansionamento, in ragione dell’effettivo accertamento dello svolgimento in fatto ed in misura prevalente da parte del lavoratore delle mansioni tipiche del profilo professionale di operatore alla custodia, respingeva l’appello principale e, confermata nel resto la
sentenza di prime cure, accoglieva l’appello incidentale del lavoratore e ritenuta la sussistenza dei presupposti per procedere alla quantificazione del danno, condannava la parte datoriale al risarcimento del danno quantificato in 34.145,98 euro, oltre interessi legali.
Propone ricorso per cassazione, articolato in un unico motivo, il Ministero della Cultura (di seguito anche Ministero).
Militano NOME resiste con controricorso.
Considerato che
Il motivo denunzia, ai sensi del primo comma dell’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001.
1.1. Parte ricorrente sottolinea che l’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 ratione temporis vigente ben consente alla P.A. di adibire il dipendente a qualsiasi mansione/funzione nell’ambito della medesima area funzionale di appartenenza, con la conseguenza che all’interno della medesima area funzionale va esclusa ogni ipotesi di demansionamento.
1.2. Logico corollario di quanto innanzi è che, nel caso di specie, appartenendo i profili professionali innanzi descritti incontestatamente alla medesima area alcun demansionamento è configurabile.
Il motivo è fondato.
2.1. Il Collegio si riporta alle argomentazioni tutte già spese da questa Corte in numerosi precedenti specifici aventi ad oggetto i medesimi profili professionali (cfr. Cass. n. 1664/2024, Cass. n. 1665/2024, Cass. n. 19990/2024 e
ancora Cass. n. 26084/2024), da intendersi qui richiamate anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c.
2.3. Al fine di comprendere compiutamente il percorso motivazionale che ha condotto la S.RAGIONE_SOCIALE. nei precedenti innanzi ricordati ad accogliere le censure del Ministero, giova riportarne stralcio (cfr. in particolare Cass. n. 1664/2024 cit.): « Va precisato che il Ministero (…) svolge una duplice censura, da un lato prospetta che le mansioni svolte dai lavoratori rientravano anche nel loro profilo professionale, dall’altro che comunque essendo ricomprese nell’Area di appartenenza potevano costituire oggetto di ius variandi . Dunque il thema decidendum (…) è costituito dalla determinazione del perimetro del legittimo esercizio dello ius variandi con riguardo alla mansione del profilo professionale di appartenenza e alle mansioni ricomprese nell’Area di appartenenza. (…) Se si raffronta il testo originario dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 con quello risultante all’esito delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 150 del 2009, si può rilevare che la tornata contrattuale 2006/2009 ha anticipato la riscrittura della norma di legge, che, nella versione novellata, fa esclusivo riferimento all’area e considera qualifica superiore acquisita dopo l’originario inquadramento solo quella ottenuta a seguito del superamento delle procedure di cui all’art. 35, comma 1, lett. a), non già quella, valorizzata dal testo originario della norma, conseguente allo ‘sviluppo professionale’. Ed infatti, ai sensi dell’art. 52, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, come modificato: ‘Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni equivalenti nell’ambito dell’area di inquadramento ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito
(…)’. L’art. 52 cit. assegna rilievo solo al criterio dell’equivalenza delle mansioni, con riferimento alla classificazione prevista in astratto dai contratti collettivi, indipendentemente dalla professionalità in concreto acquisita, senza che il giudice possa sindacarne la natura equivalente, inapplicabile essendo nel pubblico impiego l’art. 2103, cod. civ. (ex aliis, Cass., n. 11503 del 2022)».
2.4. Tanto premesso e venendo alla fattispecie concreta all’attenzione viene in rilievo l’Accordo MIBACT e OO.SS. del dicembre 2010, che, per quanto qui interessa, definiva i profili professionali della II Area stabilendo che: ‘La II Area è articolata in complessivi 7 profili con due diverse fasce retributive di accesso -n. 3 profili professionali con fascia retributiva di accesso F1; n. 4 profili professionali con fascia retributiva di accesso F2’.
2.4.1. Tra i profili professionali con fascia retributiva di accesso F1 vi è quello di «operatore alla custodia, vigilanza e accoglienza». L’operatore alla custodia, vigilanza e accoglienza, nella struttura organizzativa di appartenenza, cura e svolge: attività di vigilanza e custodia dei beni, delle strutture e degli impianti dell’Amministrazione, al fine di assicurarne l’integrità, secondo le modalità di orario stabilite dall’Ufficio d’appartenenza, partecipando alle turnazioni; gestione e verifica degli impianti dei servizi generali e di sicurezza, di uso semplice; attività di sorveglianza degli accessi e controllo della regolarità del titolo di accesso; regolamentazione del flusso del pubblico fornendo le opportune informazioni operazioni di prelievo, partecipando alla distribuzione e ricollocazione di materiale bibliografico e archivistico; svolgimento, ove previsto, delle funzioni di
cassierato, con tutte le mansioni incluse nel relativo disciplinare con la fruizione dell’alloggio di servizio; svolgimento di tutte le attività strumentali e complementari a quelle inerenti allo specifico profilo.
2.4.2. Tra i profili professionali con fascia retributiva di accesso F2 vi è quello di «assistente alla fruizione, accoglienza, vigilanza». Nella declaratoria contrattuale delle mansioni, tra le altre sono indicate le mansioni: ‘attività di vigilanza e custodia dei beni culturali nei luoghi assegnati (musei, monumenti, aree archeologiche, biblioteche, immobili, beni ed impianti), con la redazione, la custodia e la trasmissione, anche con mezzi informatici, della documentazione di servizio, dei rapporti, delle segnalazioni, con la consegna delle chiavi di accesso ai locali e agli impianti al personale subentrante o al responsabile indicato; attività di regolazione degli accessi e vigilanza sui comportamenti del pubblico secondo i regolamenti e disposizioni di servizio’ (…) ‘attività di salvaguardia degli edifici e del loro contenuto (security) e di sicurezza dei fruitori e del personale interno (safety), utilizzando anche apparecchiature complesse e sistemi tecnologicamente avanzati di controllo, anche a distanza, con la verifica, secondo i previsti protocolli, degli standard di sicurezza ambientale e strutturale, in base alla normative vigenti’.
2.4.3. In ragione dell’esame delle declaratorie contrattuali e dell’accertamento di fatto sulle attività svolte in concreto, la Corte d’Appello ha affermato che le mansioni svolte dall’odierno controricorrente fossero prive di quella qualificazione richiesta dal profilo professionale di appartenenza ed esulassero dallo stesso, attenendo al
profilo professionale di ‘operatore’, e da ciò ha fatto discendere la sussistenza del prospettato demansionamento.
2.5. Osserva il Collegio, in piena adesione ai precedenti innanzi richiamati, che tale statuizione è erronea perché la declaratoria delle mansioni del profilo professionale ‘assistente alla fruizione accoglienza e vigilanza’, prevede attività di vigilanza e custodia dei beni culturali nei musei, monumenti, aree archeologiche, biblioteche, immobili, beni e impianti, in cui possono essere sussunte anche quelle accertate dal Tribunale (giova ribadirlo: ‘prendono in consegna la sala assegnata, verificano l’integrità delle opere esposte, degli ambienti e degli impianti, comunicando rispettivi responsabili, eventuali danni o malfunzionamenti, sorvegliano le opere e controllano il comportamento dei visitatori, sorvegliano gli accessi e alcune vie d’uscita, l’apertu ra e la chiusura di alcuni locali, assistono i visitatori, in particolare disabili, nell’utilizzo degli ascensori, sorvegliano l’edificio con apertura e chiusura dei locali, regolano il flusso dei visitatori’).
2.6. Ne consegue, che in adesione all’orientamento consolidato di questa Corte – secondo cui in ipotesi di esercizio dello ius variandi nell’ambito di un rapporto di pubblico impiego privatizzato, il d.lgs. n. 165 del 2001, art. 52 assegna rilievo al solo criterio dell’equivalenza formale delle mansioni, da valutarsi con riferimento alla classificazione prevista in astratto dai contratti collettivi, prescindendo dagli specifici contenuti professionali, senza che il giudice possa, dunque, sindacare sotto tale profilo la natura equivalente della mansione assegnata, non trovando
applicazione la norma generale di cui all’art. 2103, cod. civ. ( ex aliis, v. Cass., n. 22026 del 2022 e giurisprudenza ivi richiamata) -va esclusa la configurabilità nel caso di specie (in cui è applicabile ratione temporis l’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 come novellato dal d.lgs. n. 150 del 2009) di un’ipotesi di demansionamento.
2.7. Al riguardo va pure brevemente sottolineato che nemmeno è configurabile nella fattispecie all’attenzione, né è stata accertata in concreto, il ricorrere di un’ipotesi di svuotamento integrale delle funzioni e/o mansioni da svolgere.
Va altresì rilevato che il lavoratore nel controricorso chiede a questa Corte, in via subordinata, per il caso di ritenuta fondatezza del motivo proposto dal Ministero, di sollevare incidente di legittimità costituzionale in merito a ll’art. 52 d.lgs. n.165/2001, per violazione de gli artt. 3, 36 e art.97 Cost. oltre che delle disposizioni della Carta sociale europea quale parametro interposto dell’art.117 comma primo Cost. ed ancora.
3.1. Va qui rilevato come su tali profili si siano già espressi i precedenti innanzi richiamati, dai quali risulta che le proposte questioni sono manifestamente infondate (per le ragioni esposte negli stessi precedenti cui si rinvia ex art. 118 disp. att. c.p.c.).
3.2. Peraltro, dato l’esito del presente giudizio , le questioni stesse sono prive del requisito della rilevanza ex art. 23 legge n.87/1953.
4.In conclusione, alla luce di tutto quanto detto innanzi, il ricorso va accolto e, non essendo necessario procedere ad
ulteriori accertamenti di fatto , ai sensi dell’art. 384 c.p.c. la sentenza impugnata va cassata, con decisione nel merito di rigetto della domanda ab origine azionata da NOME COGNOME nel ricorso ex art. 414 c.p.c.
Quanto alle spese, il consolidarsi in tempi recenti dell’orientamento giurisprudenziale sfavorevole al controricorrente consente la compensazione delle spese dell’intero processo.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda proposta da COGNOME Massimo nel ricorso ex art. 414 c.p.c.
Compensa le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione