Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 7103 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 7103 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 15/03/2024
NOME COGNOME, dipendente del Comune di Massafra inquadrato nella categoria D3, posizione economica D5, dirigente della Polizia Municipale sino al 30.9.2006 (data in cui era stato rimosso dall’incarico, conferito a NOME COGNOME fino al 31.12.2009) adiva il Tribunale di Taranto, chiedendo il ripristino delle funzioni dirigenziali, il pagamento delle differenze tra il trattamento retributivo dovuto e quello percepito, nonché il risarcimento del danno non patrimoniale subito per effetto del demansionamento realizzato nei suoi confronti dal datore di lavoro.
Con sentenza n. 4529/2011, il Tribunale di Taranto respingeva tali domande , e con sentenza n. 1045/2013 il medesimo Tribunale respingeva la successiva domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, e volta ad ottenere il riconoscimento dell’origine professionale del ‘disturbo psicosomatico da stress, evoluto in disturbo depressivo grave’ provocato dalle illegittime condotte del Comune, ed il relativo indennizzo.
La Corte di Appello di Lecce con sentenza n. 264/2017 rigettava gli appelli proposti da NOME COGNOME avverso tali sentenze.
La Corte territoriale condivideva le statuizioni del primo giudice, che aveva escluso l’obbligo del Comune di verificare la preventiva disponibilità di risorse interne di pari categoria prima di conferire la dirigenza della Polizia Municipale a NOME COGNOME, soggetto esterno all’Amministrazione.
Evidenziava che l’art. 110 TUEL si applica solo ai Comuni per i quali non è prevista la dirigenza, rilevando che l’organigramma del Comune di Massafra prevede la dirigenza e che il posto di dirigente della Polizia Municipale era previsto nella pianta organica.
Riteneva pertanto che a norma dell’art. 63 dello Statuto, in caso di vacanza poteva essere assegnato a personale assunto con contratto a tempo determinato, senza l’accertamento di ulteriori presupposti.
Alla luce di tali statuizioni, riguardanti il primo motivo di appello, escludeva l’autonoma rilevanza del secondo e del terzo motivo.
In ordine al quarto motivo, evidenziava che secondo il Tribunale, in base alla legge quadro sull’ordinamento della Polizia Municipale, il vice Comandante non è il vicario del Comandante, e dall’istruttoria testimoniale era emerso che il COGNOME aveva svolto in autonomia tutti i compiti a lui assegnati dalla COGNOME.
Riteneva che il riferimento al mobbing non costituisse un errore nell’interpretazione della domanda, ma un approfondimento teorico favorito da taluni accenni, come quello riguardante il progressivo isolamento, contenuto nella prospettazione in fatto delle tesi del COGNOME.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, illustrati da memoria.
Il Comune di Massafra ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.
DIRITTO
Con il primo motivo il ricorso denuncia la falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ.
Addebita alla sentenza impugnata di non essersi conformata alla giurisprudenza di legittimità, secondo cui il conferimento di un incarico dirigenziale non è incompatibile con la preventiva attivazione di una procedura selettiva tra gli aspiranti, che assuma le caratteristiche del pubblico concorso.
Richiama la giurisprudenza amministrativa secondo cui l’art. 110 TUEL, pur consentendo agli enti locali di affidare incarichi di responsabilità dirigenziale con contratti a tempo determinato, non li esonera dallo svolgimento di procedure concorsuali; evidenzia pertanto che la presenza in pianta organica dei posti vacanti nel ruolo della dirigenza dell’ente locale non consente, di per sé sola, il ricorso a personalità esterne.
Con il secondo motivo il ricorso denuncia la nullità della sentenza ed il mancato esame dei motivi di appello, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ.
Lamenta che la Corte territoriale ha ritenuto irrilevanti il secondo ed il terzo motivo di appello, senza esplicitare alcuna motivazione.
Deduce la contrarietà a norme imperative delle statuizioni della sentenza impugnata secondo cui il Vice Comandante non è il vicario del Comandante, e secondo cui dall’istruttoria è emerso che il COGNOME aveva svolto gli incarichi a lui assegnati dalla COGNOME; precisa che tali incarichi erano di categoria inferiore a quella di appartenenza, come era emerso dall’istruttoria.
Sostiene che ai fini dell’indagine sull’equivalenza delle mansioni, non è sufficiente il riferimento astratto al livello di categoria, ma è necessario accertare che le nuove mansioni siano aderenti alla specifica competenza del dipendente, in modo da salvaguardare il livello professionale acquisito e da garantirne l’accrescimento; precisa che lo ius variandi del datore di lavoro ha come limite imprescindibile la tutela del patrimonio professionale del lavoratore.
Evidenzia che il COGNOME era stato adibito a mansioni meramente esecutive, assegnate da un soggetto non legittimato, e stabilmente sottoposto ad un soggetto inquadrato nella categoria C.
Il primo motivo, che deduce l’i llegittimità della nomina senza previa selezione di NOME COGNOME quale dirigente della Polizia Municipale, in quanto soggetto esterno alla dotazione organica del Comune di Massafra, è infondato.
Va infatti evidenziato che l’illegittimità della nomina della COGNOME avrebbe potuto essere accertata in via principale solo in contraddittorio con la medesima, che è invece rimasta estranea al presente giudizio, mentre l’accertamento incidentale dell’illegittimità della suddetta nomina ai sensi dell’art. 34 cod. proc. civ. non potrebbe produrre alcun utile effetto nella sfera giuridica del COGNOME, giacché non comporterebbe automaticamente l’illegittimità della revoca o del mancato rinnovo dell’in carico di dirigente della Polizia Municipale.
4. La censura, proposta nell’ambito del secondo motivo, con cui il ricorrente lamenta l’omesso esame del secondo e del terzo motivo di appello, è formulata senza il necessario rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione di cui agli artt. 366 n. 4 e 369 n. 4 cod. proc. civ., in quanto non riporta nemmeno in sintesi i suddetti motivi, né localizza l’atto di appello.
Il requisito imposto dal richiamato art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ. deve essere verificato anche in caso di denuncia di errores in procedendo , rispetto ai quali la Corte è giudice del «fatto processuale», perché l’esercizio del potere-dovere di esame diretto degli atti è subordinato al rispetto delle regole di ammissibilità e di procedibilità stabilite dal codice di rito, in nulla derogate dall’estensione ai profili di fatto del potere cognitivo del giudice di legittimità (Cass. S.U. n. 8077/2012); la parte non è dunque dispensata dall’onere di indicare in modo specifico i fatti processuali alla base dell’errore denunciato e di riportare nel ricorso, nelle parti essenziali, gli atti rilevanti, non essendo consentito il mero rinvio per relationem , perché la Corte di Cassazione, anche quando è giudice del fatto processuale, deve essere posta in condizione di valutare ex actis la fondatezza della censura e deve procedere solo ad una verifica degli atti stessi non già alla loro ricerca (cfr. fra le più recenti Cass. S.U. n. 20181/2019; Cass. n. 20924/2019).
Gli oneri sopra richiamati sono, altresì, funzionali a permettere il pronto reperimento degli atti e dei documenti il cui esame risulti indispensabile ai fini della decisione sicché, se da un lato può essere sufficiente per escludere la sanzione della improcedibilità il deposito della richiesta di trasmissione del fascicolo d’ufficio nonché dei fascicoli di parte di entrambi i gradi del giudizio di merito, dall’altro non si può mai prescindere dalla specificazione dell’esatta sede in cui il documento o l’atto sia rinvenibile (Cass. S.U. n. 25038/2013) .
La decisione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 28 ottobre 2021, COGNOME ed altri contro Italia, ha escluso che l’orientamento sopra richiamato sia in sé lesivo del diritto di accesso alla giurisdizione superiore ed ha rilevato che la cosiddetta autosufficienza del ricorso, se applicata senza cadere in eccessivo formalismo, serve a semplificare l’attività dell’organo giurisdizionale nazionale e ad assicurare nello stesso tempo la certezza del diritto nonché la corretta
amministrazione della giustizia (punto 75) in quanto, consentendo alla Corte di Cassazione di comprendere il contenuto delle doglianze sulla base della sola lettura del ricorso, garantisce un utilizzo appropriato e più efficace delle risorse disponibili ( punti 78, 104 e 105).
Le Sezioni Unite di questa Corte, nel recepire detta sollecitazione, con la sentenza n. 8950 del 18 marzo 2022 hanno affermato che l’onere di «specifica indicazione» imposto dall’art. 366 n. 6 cod. proc. civ. non si può «tradurre in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso», ma hanno anche ritenuto necessaria l’individuazione chiara del contenuto dell’atto .
La censura riguardante le statuizioni sul quarto motivo di appello, anch’essa proposta nell’ambito del secondo motivo, è infondata.
La Corte territoriale ha infatti indicato gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento (la legge quadro sull’ordinamento della Polizia Municipale ed il raffronto tra le mansioni svolte in concreto dal COGNOME e quelle proprie della categoria di appartenenza, alla luce delle risultanze dell’istruttoria testimoniale).
La censura muove dall’erroneo presupposto che ai fini dell’indagine sull’equivalenza delle mansioni non sia sufficiente il riferimento astratto al livello di categoria, ma sia necessario accertare che le nuove mansioni siano aderenti alla specifica competenza del dipendente, in modo da salvaguardare il livello professionale acquisito e da garantirne l’accrescimento.
Deve infatti rammentarsi che in tema di pubblico impiego privatizzato, l’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 assegna rilievo solo al criterio dell’equivalenza formale delle mansioni, con riferimento alla classificazione prevista in astratto dai contratti collettivi, indipendentemente dalla professionalità in concreto acquisita, senza che il giudice possa sindacare la natura equivalente della mansione, non potendosi avere riguardo alla norma generale di cui all’art. 2103 c.c. (Cass. Sez. L – , Sentenza n. 18817 del 16/07/2018)
Con specifico riferimento al lavoro pubblico negli enti locali, il conferimento di una posizione organizzativa non comporta l’inquadramento in una nuova categoria contrattuale, ma unicamente l’attribuzione di una posizione di responsabilità, con correlato beneficio economico; ne consegue in termini
generali che la revoca di tale posizione non costituisce demansionamento e non rientra nell’ambito di applicazione del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 52, trovando applicazione il principio di turnazione degli incarichi, in forza del quale alla scadenza il dipendente resta inquadrato nella categoria di appartenenza, con il relativo trattamento economico (Cass. n. 22405/2020; Cass. n. 27384/2019; Cass. n. 18561/2019; Cass. n. 14881/2023 e Cass. n. 6367/2015).
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per il ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi ed in € 5.000,00 per competenze professionali, oltre spese generali in misura del 15% e accessori di legge;
dà atto della sussistenza dell’obbligo per parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 9.2.2024.
Il Presidente
NOME COGNOME