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Demansionamento PA: quando è legittimo?

Un gruppo di dipendenti pubblici ha citato in giudizio il proprio datore di lavoro, un ministero, per demansionamento, sostenendo di essere stati adibiti a compiti inferiori rispetto alla qualifica di assunzione. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del ministero, chiarendo che, in base al nuovo contratto collettivo nazionale, tutte le mansioni all’interno della stessa area professionale sono considerate equivalenti. Di conseguenza, l’assegnazione di tali compiti non costituisce demansionamento. La causa è stata rinviata alla Corte d’Appello per riesaminare il periodo precedente all’entrata in vigore del nuovo contratto.

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Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Demansionamento nella Pubblica Amministrazione: Quando è Legittimo?

Il demansionamento è una delle questioni più delicate nel diritto del lavoro, specialmente nel settore pubblico. Si verifica quando un lavoratore viene adibito a mansioni inferiori rispetto alla sua qualifica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, stabilendo che la legittimità dell’assegnazione di mansioni diverse dipende strettamente dal sistema di classificazione previsto dalla contrattazione collettiva vigente. Vediamo nel dettaglio questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Un gruppo di dipendenti di un’amministrazione pubblica, assunti con il profilo di “assistenti alla fruizione, accoglienza e vigilanza” (fascia economica F3), ha intentato una causa contro il proprio datore di lavoro. Lamentavano di essere stati sistematicamente impiegati in compiti propri di una qualifica inferiore, quella di “operatore alla custodia, vigilanza ed accoglienza” (fascia economica F1), consistenti prevalentemente in attività di sorveglianza e apertura/chiusura degli spazi.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato ragione ai lavoratori, riconoscendo il demansionamento e condannando l’amministrazione al risarcimento del danno, quantificato dalla Corte d’Appello nel 25% della retribuzione percepita.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Demansionamento

La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione dei giudici di merito, accogliendo il ricorso del ministero. Il punto centrale della sentenza riguarda l’interpretazione del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) del Comparto Ministeri del 2007.

Secondo la Suprema Corte, questo contratto ha introdotto un nuovo sistema di classificazione del personale basato su “aree” professionali omogenee. All’interno di ciascuna area, tutte le mansioni sono considerate professionalmente equivalenti, anche se collocate in fasce economiche diverse. Le fasce (come F1 e F3) non rappresentano più livelli qualitativamente distinti di professionalità, ma piuttosto progressioni economiche legate all’arricchimento professionale del dipendente.

Di conseguenza, l’assegnazione a un dipendente di mansioni riconducibili a una fascia economica inferiore, ma appartenenti alla stessa area professionale, non costituisce demansionamento ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. 165/2001.

L’impatto della Contrattazione Collettiva sul Demansionamento

La Corte ha sottolineato come la contrattazione collettiva nel pubblico impiego abbia il potere di definire l’equivalenza delle mansioni. Il passaggio dal CCNL del 1999 a quello del 2007 ha segnato una svolta, passando da un sistema rigido basato su qualifiche funzionali a uno più flessibile fondato su aree. Questo ha ampliato lo ius variandi del datore di lavoro pubblico, consentendogli di spostare il personale tra diverse mansioni all’interno della medesima area per rispondere a esigenze organizzative.

Tuttavia, la Corte ha rilevato una criticità: la richiesta dei lavoratori potrebbe coprire anche un periodo antecedente all’entrata in vigore del nuovo CCNL. Sotto il vigore del CCNL del 1999, la distinzione tra le qualifiche era netta e l’assegnazione a mansioni inferiori avrebbe potuto configurare un illecito. Per questa ragione, la causa è stata rinviata alla Corte d’Appello per una nuova valutazione che tenga conto dei diversi regimi contrattuali applicabili nel tempo.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Corte si fonda sulla ricostruzione dell’evoluzione della normativa contrattuale. Il CCNL del 2007, mirando a una maggiore flessibilità nella gestione delle risorse umane, ha superato la precedente “parcellizzazione” dei profili professionali. Ha creato ampie “aree” che raggruppano competenze, conoscenze e capacità omogenee. In questo nuovo quadro, si presume che ogni dipendente possa svolgere tutte le mansioni dell’area di appartenenza. L’assegnazione di compiti specifici diventa un atto gestionale, non un’alterazione della qualifica professionale.

La Corte chiarisce che questo sistema non è illegittimo, poiché la legge affida proprio alla contrattazione collettiva il compito di definire gli inquadramenti del personale pubblico. Le scelte dei sindacati e delle amministrazioni in sede di negoziazione sono vincolanti e prevalgono sulla disciplina generale del codice civile in materia di mansioni (art. 2103 c.c.), a meno che non ledano diritti già acquisiti e consolidati nel patrimonio del lavoratore (cd. ‘diritti quesiti’), come le retribuzioni già maturate.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un punto di riferimento fondamentale per le controversie in materia di demansionamento nel pubblico impiego. Le conclusioni principali sono due:

1. Centralità del CCNL: La sussistenza di un demansionamento non può essere valutata in astratto, ma deve essere verificata sulla base del sistema di classificazione previsto dal CCNL applicabile al momento dei fatti. Se il contratto definisce come equivalenti tutte le mansioni di una stessa area, il datore di lavoro ha ampia facoltà di assegnarle senza che ciò configuri un illecito.

2. Importanza del fattore tempo: È essenziale distinguere i periodi di vigenza dei diversi contratti collettivi. Un comportamento che risulta legittimo sotto un nuovo regime contrattuale potrebbe essere stato illegittimo in base al contratto precedente. I giudici di merito sono tenuti a compiere questa analisi cronologica per decidere correttamente la controversia.

Assegnare a un dipendente pubblico mansioni diverse da quelle di assunzione è sempre demansionamento?
No. Secondo la Corte di Cassazione, non si configura demansionamento se il contratto collettivo (CCNL) considera professionalmente equivalenti tutte le mansioni all’interno della stessa area di inquadramento, anche se appartenenti a fasce retributive diverse. La legittimità dipende dal sistema di classificazione vigente.

Come ha influito il CCNL del 2007 sulla classificazione del personale ministeriale?
Il CCNL del 2007 ha superato la rigida divisione in qualifiche funzionali, introducendo un sistema basato su tre ampie ‘aree’. All’interno di ciascuna area, le mansioni sono considerate omogenee ed equivalenti, garantendo maggiore flessibilità gestionale al datore di lavoro pubblico nell’assegnazione dei compiti.

Il danno da demansionamento deve essere provato in modo specifico dal lavoratore?
No, non necessariamente. La Corte ha confermato il principio secondo cui, una volta accertata una situazione di dequalificazione professionale, il giudice di merito può liquidare il danno in via equitativa. Questa valutazione si basa su elementi di fatto come la durata e la natura del demansionamento, l’esperienza pregressa del lavoratore e le altre circostanze del caso concreto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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