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Demansionamento medico: quando non c’è risarcimento

Un chirurgo ha citato in giudizio la propria struttura sanitaria per demansionamento medico e mobbing, lamentando una drastica riduzione della sua attività operatoria. La Corte di Appello ha respinto la richiesta, non riscontrando un’emarginazione voluta, ma una gestione non paritaria degli interventi. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, dichiarando il ricorso inammissibile. È stato chiarito che, per configurare un demansionamento medico risarcibile, non basta una disparità quantitativa di incarichi, ma è necessaria la prova di una sostanziale inattività o l’assegnazione a mansioni estranee alla propria specializzazione.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Demansionamento Medico: La Cassazione Nega il Risarcimento in Assenza di Inattività

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, offre un’importante chiave di lettura sul tema del demansionamento medico e sui presupposti necessari per ottenere un risarcimento del danno. La pronuncia chiarisce che una semplice diminuzione quantitativa degli interventi chirurgici, in assenza di una totale inattività, non è sufficiente a configurare una dequalificazione professionale risarcibile. Questo articolo analizza la vicenda e le motivazioni della Suprema Corte.

I Fatti: La Vicenda del Chirurgo e la Presunta Emarginazione

Un medico chirurgo operante presso un’azienda sanitaria locale lamentava di essere stato vittima, per un lungo periodo, di comportamenti discriminatori e vessatori. In particolare, denunciava:

* Una sistematica esclusione dalle liste operatorie, venendo incluso solo saltuariamente come secondo o terzo operatore.
* L’impiego come primo operatore solo in interventi di bassa o media difficoltà.
* L’assegnazione a turni di reperibilità dove gli interventi urgenti erano rari.

In primo grado, il Tribunale aveva accolto le sue richieste, riconoscendo l’illegittimità della condotta dell’azienda e condannandola a un cospicuo risarcimento per danno patrimoniale e non patrimoniale. La situazione si è però ribaltata in appello.

La Riforma in Appello: Nessun Demansionamento Medico Provato

La Corte d’Appello ha riformato integralmente la sentenza di primo grado, respingendo le domande del medico. Secondo i giudici di secondo grado, le prove raccolte non dimostravano una “esclusione mirata”, quanto piuttosto una “distribuzione non paritaria” degli interventi. Tale distribuzione era dettata da una maggiore fiducia del primario verso altri medici con cui aveva una più lunga consuetudine professionale.

La Corte ha sottolineato che il chirurgo non era rimasto inattivo, essendo stato comunque impiegato in attività ambulatoriali, di guardia medica e, seppur con minor frequenza, chirurgiche. Pertanto, non si poteva configurare un vero e proprio demansionamento medico né una volontà di emarginazione.

La Decisione della Cassazione sul Demansionamento Medico

Il medico ha proposto ricorso per Cassazione, ma la Suprema Corte lo ha dichiarato inammissibile, confermando la decisione d’appello.

La Distinzione tra Errore di Fatto e Violazione di Legge

Il ricorrente lamentava la violazione di diverse norme di legge e contrattuali. Tuttavia, la Cassazione ha osservato che le critiche non riguardavano un’errata interpretazione delle norme, bensì la ricostruzione dei fatti operata dalla Corte d’Appello. In altre parole, il medico contestava come i giudici avessero valutato le prove (tabelle degli interventi, testimonianze), non quali leggi avessero applicato. Questo tipo di censura, che attiene al merito della vicenda, non è ammissibile in sede di legittimità, se non nei ristretti limiti del vizio di motivazione.

I Limiti del Diritto del Dirigente Medico

La Corte ha richiamato un principio consolidato: nell’impiego pubblico contrattualizzato, il dirigente medico non ha un diritto soggettivo a svolgere un numero di interventi qualitativamente e quantitativamente identico a quello dei colleghi. Ciò che la legge tutela è che il professionista non venga:

1. Lasciato in una condizione di sostanziale inattività.
2. Assegnato a svolgere funzioni che esulino completamente dal suo bagaglio di conoscenze specialistiche.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva accertato che nessuna di queste due condizioni si era verificata. Il medico era stato sottoutilizzato in sala operatoria, ma non demansionato o reso inattivo.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione centrale della Cassazione si fonda sulla netta distinzione tra il giudizio di fatto, riservato ai tribunali di merito, e il giudizio di diritto, proprio della Corte di Cassazione. Il ricorrente, pur lamentando una violazione di legge, tentava in realtà di ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove, cosa preclusa in sede di legittimità. La Corte d’Appello aveva esaminato i dati sulla frequenza degli interventi, ma li aveva interpretati in modo diverso rispetto al medico, concludendo per l’assenza di un intento emarginante o di una dequalificazione professionale. Tale valutazione, essendo logicamente argomentata e non palesemente contraddittoria, non poteva essere sindacata dalla Cassazione.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale per le controversie in materia di demansionamento medico: per ottenere un risarcimento, non è sufficiente dimostrare di aver lavorato meno o su casi meno complessi rispetto ai colleghi. È indispensabile provare una dequalificazione sostanziale, che si manifesta con l’inattività forzata o l’assegnazione a compiti estranei alla propria professionalità. Le scelte organizzative del datore di lavoro, pur se possono creare disparità, non sono di per sé illegittime se non svuotano di contenuto la posizione lavorativa del dirigente.

Una semplice riduzione del numero di interventi chirurgici costituisce demansionamento medico?
No. Secondo l’ordinanza, una mera disparità quantitativa negli interventi, anche se significativa, non configura di per sé demansionamento se il medico non viene lasciato in uno stato di sostanziale inattività e continua a svolgere compiti rientranti nel suo bagaglio di conoscenze specialistiche (es. attività ambulatoriale, guardia medica).

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove fatta dal giudice d’appello?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che non può riesaminare le prove o la ricostruzione dei fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione, non sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito.

Un dirigente medico ha diritto a svolgere un numero di interventi pari a quello dei colleghi?
No. L’ordinanza chiarisce che il dirigente medico non ha un diritto soggettivo a svolgere interventi qualitativamente e quantitativamente equivalenti a quelli affidati ad altri colleghi della stessa struttura, a condizione che non venga lasciato in una condizione di sostanziale inattività o adibito a funzioni che esulino completamente dalle sue competenze.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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