Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 7353 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 7353 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 19779-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, (già RAGIONE_SOCIALE E RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente principale –
contro
NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
ricorrente incidentale nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE, (già RAGIONE_SOCIALE E RAGIONE_SOCIALE);
ricorrente principale – controricorrente incidentale avverso la sentenza n. 4356/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 29/11/2019 R.G.N. 2083/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
del 30/01/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Rep.
Ud. 30/01/2024
CC
Fatti di causa
La Corte d’appello di Roma, con la sentenza in atti, ha rigettato l’appello principale e incidentale proposti dal RAGIONE_SOCIALE e da NOMECOGNOMENOME avverso la sentenza del tribunale di Roma che accoglieva in parte il ricorso proposto da NOME e dichiarava che aveva subito un demansionamento ed una dequalificazione illegittimi dal maggio 2009 sino al giugno 2015, condannando la società convenuta ad attribuire al ricorrente mansioni formalmente di livello contrattuale TARGA_VEICOLO ed al risarcimento del danno alla professiona lità (patrimoniale e non) nella somma di € 84.699,20, calcolati nei modi e nei termini indicati, oltre accessori e spese processuali.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione in via principale RAGIONE_SOCIALE con quattro motivi, a cui ha resistito NOME COGNOME con controricorso contenente ricorso incidentale a cui ha replicato RAGIONE_SOCIALE con controricorso a ricorso incidentale.
Le parti hanno depositato memorie.
Il collegio ha riservato il deposito della motivazione all’esito della camera di consiglio.
Ragioni della decisione
1.- Col primo motivo del ricorso principale si deduce la violazione degli articoli 2103 e 1362 c.c. in ordine all’interpretazione della declaratoria contrattuale della categoria dei quadri direttivi, con particolare riguardo all’articolo 76 del CCNL 2007 e all’articolo 82 del CCNL 2012, per avere la Corte dato per scontata la natura demansionante delle mansioni di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE svolte da COGNOME dopo il maggio 2009, senza tuttavia procedere ad una verifica circa la riconducibilità di tale attività nell’ambito della declaratoria
contrattuale dei quadri direttivi di primo livello (ai sensi dell’art 76 del CCNL 2007 al pari dell’art 82 del CCNL 2012). 1.1. La Corte d’appello ha affermato che NOME ‘NOME era stato effettivamente demansionato nei termini e nei limiti accertati dal primo giudice, essendo risultato comprovato che – una volta cessato il suo distacco presso la banca Aletti, dove pacificamente aveva svolto mansioni di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, occupandosi della clientela con patrimonio particolarmente elevato e fungendo da consulente per gli investimenti di tale clientela facoltosa -fosse stato adibito a mansioni inferiori sotto il profilo qualitativo e quantitativo rispetto al suo livello di inquadramento QD1, atteso che era stato assegnato ad una agenzia come gestore affluent e in quanto tale doveva seguire tutta la clientela di qualsiasi livello, occupandosi anche di attività di carattere amministrativo come l’apertura dei conti di credito e la consegna delle carte di credito e bancomat, riferendo al direttore di agenzia.
Di seguito, quindi, era stato trasferito in altre agenzie dove aveva continuato a svolgere mansioni non particolarmente elevate, dovendosi tra l’altro occupare anche del recupero crediti contattando telefonicamente per lettera i clienti morosi per sollecitare la sistemazione delle posizioni debitorie; un teste aveva anche dichiarato di aver assistito a una discussione fra il ricorrente e il direttore dell’agenzia di INDIRIZZO che gli aveva rimproverato il mancato approvvigionamento dei tagliandi necessari per l’invio delle raccomandate
1.2.- La Corte di appello ha quindi posto a fondamento della decisione il riferimento alle mansioni in concreto svolte (afferenti principalmente alle due tipiche figure professionali del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) ed ha confermato quanto accertato dal primo giudice.
Nessun riferimento risulta operato nella sentenza impugnata alle declaratorie contrattuali collettive in ordine alla
riconduzione delle figure in oggetto e dei compiti svolti in concreto; mentre nemmeno risulta spiegato (se non in maniera tautologica attraverso il richiamo di un non meglio precisato piano quantitativo e qualitativo) sotto quale altro criterio di valore si sia prodotto il demansionamento rispetto al patrimonio professionale pregresso del lavoratore.
La Corte ha menzionato i profili professionali di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE senza accertare a quale categoria professionale facciano riferimento e senza spiegare perché l’una sia una figura professionale demansionante rispetto all’altra. Non è d ato sapere dalla sentenza se RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE siano figure professionali appartenenti a livelli, aree, categorie, declaratorie differenti. Il mero riferimento al criterio quantitativo delle operazioni finanziarie risulta, in tale contesto, di per sé scarsamente significativo, mancando l’ esplicitazione dei parametri in forza dei quali le mansioni delle due figure siano differenti e la spiegazione del perché seguire clienti differenti (più facoltosi o meno facoltosi) sia una attività che comporti demansionamento sul piano professionale.
Nemmeno risulta trascritto in sentenza, né negli atti, quanto avrebbe accertato il giudice di primo grado (a proposito del richiamo secondo cui NOMECOGNOMENOME sarebbe stato effettivamente demansionato nei termini e nei limiti accertati dal primo giudice); non si può neppure recuperare questo necessario accertamento attraverso il rinvio al giudizio del giudice di primo grado, la cui sentenza non è stata neanche indicata e prodotta tra i documenti del controricorso. Si parla nel controricorso di un demansionamento illegittimo sul piano tabellare ma nella sentenza non sono riportate o considerate le declaratorie contrattuali da cui, pur senza pretesa di esaustività, sembrerebbe muovere il giudizio di valenza. Non risultano trascritte le figure professionali con indicazione della rispettiva appartenenza, né la Corte indica quali siano stati
gli altri parametri del giudizio di valenza in concreto che pure il giudice deve effettuare nella materia; se si tratta di demansionamento per motivi di valore, di non omogeneità sostanziale, per valutazioni professionali contrattuali, per diversità di responsabilità e di relazioni professionali, ecc.
Va considerato ovviamente che, poiché il baricentro dell’art. 2103, nella formulazione anteriore alla novella operata con il d.lgs. n. 81 del 2015, è dato dalla protezione della professionalità acquisita dal prestatore di lavoro, il divieto di variazioni in peius delle mansioni opera anche quando al lavoratore, pur nella formale equipollenza delle precedenti e delle nuove mansioni, siano assegnati di fatto compiti sostanzialmente inferiori quanto a contenuto professionale e che, pertanto, nell’indagine circa l’esistenza o meno di una equivalenza tra i compiti a raffronto non basta il riferimento in astratto a livello di categoria, ma è necessario accertare che le nuove mansioni siano aderenti alla specifica competenza tecnica professionale del dipendente e siano tali da salvaguardarne il livello professionale acquisito, in una prospettiva dinamica di valorizzazione delle capacità di arricchimento del bagaglio di conoscenza ed esperienze (Cass. sentenza nn. 1916/2015, 5798/2013, 25033/2006).
La Corte di appello all’interno del proprio ragionamento decisorio non ha operato alcun raffronto con le declaratorie contrattuali, né ha esplicitato altri criteri di comparazione, venendo quindi meno una delle necessarie verifiche che il giudice deve compiere ai sensi dell’art. 2103 c.c. in materia di inquadramento professionale del lavoratore e di giudizio di demansionamento, da cui non si può in alcun modo prescindere.
L’art.2103 c.c. ratione temporis applicabile rapporta l’equivalenza delle mansioni alle ultime effettivamente svolte; e bisognava, quindi, operare un giudizio esplicitando i criteri di comparazione allo scopo di verificare se le mansioni
poste a raffronto rientrassero nel patrimonio professionale dello stesso lavoratore senza stravolgerne in alcun modo i reali contenuti.
Come è stato più volte affermato da questa Corte ‘in tema di esercizio dello “ius variandi”, il giudice di merito deve accertare, in concreto, se le nuove mansioni siano aderenti alla competenza professionale specifica acquisita dal dipendente e ne garantiscano, al contempo, lo svolgimento e l’accrescimento del bagaglio di conoscenze ed esperienze, senza che assuma rilievo l’equivalenza formale fra le vecchie e le nuove mansioni. (Sez. L, Sentenza n. 1916 del 03/02/2015). L’esercizio dello “ius variandi” datoriale, vigente l’art. 2103 c.c. nella formulazione anteriore alla novella operata con il d.lgs. n. 81 del 2015, trova il suo limite nella salvaguardia del livello professionale raggiunto dal prestatore, sicché -pur in presenza dell’accorpamento convenzionale delle mansioni in una medesima qualifica l’equivalenza deve essere valutata in concreto dal giudice di merito, al fine di verificare che le nuove mansioni siano aderenti alla specifica competenza tecnico professionale acquisita dal dipendente. Sez. L – , Ordinanza n. 28240 del 06/11/2018.
2.- Con il secondo motivo si deduce, ex articolo 360 n. 4 c.p.c., nullità della sentenza per omessa pronuncia circa i motivi d’appello proposti sub Cap. III e IV del ricorso ex articolo 433 c.p.c. di RAGIONE_SOCIALE BPM spa, per avere la sentenza gravata completamente omesso di valutare le argomentazioni in relazione all’effettiva imputabilità del preteso demansionamento (atteso il comportamento concludente del lavoratore per aver anzitempo posto fine al distacco in Banca Aletti dove operava come private banker e per aver rifiutato una proposta di ricollocazione come
direttore di filiale) ed, inoltre, in relazione alla impossibilità di assegnare al lavoratore mansioni non equivalenti in caso di indisponibilità di altre posizioni lavorative equivalenti al fine di evitare il licenziamento.
3.- Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 c.c. in relazione alla possibilità di assegnare al lavoratore mansioni non equivalenti in caso di indisponibilità di altre posizioni lavorative equivalenti, al fine di evitare il licenziamento ex articolo 360 n. 5 c.p.c., non avendo la Corte valutato il comportamento tenuto dal signor COGNOME in costanza di rapporto, consistito nel avere deciso di cessare anzitempo il distacco presso banca Aletti e di rientrare presso il banco BPM pur essendo consapevole circa l’impossibilità di continuare a svolgere mansioni di private RAGIONE_SOCIALE; nell’aver rifiutato le proposte di ricollocazione come direttore o vice direttore di filiale, nell’avere accettato per diversi anni le nuove mansioni assegnategli senza sollevare remora o obiezione.
4.Col quarto motivo si prospetta la violazione falsa applicazione dell’art.1227, comma 2 c.c. in ordine alla risarcibilità dei danni che il lavoratore avrebbe potuto evitare con l’ordinaria diligenza, atteso che l’omessa valutazione delle circostanze sopra indicate aveva altresì impedito alla Corte territoriale di applicare correttamente la norma citata nella parte in cui prescrive che il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza.
5.- Il secondo, il terzo ed il quarto motivo devono ritenersi assorbiti dall’accoglimento del primo motivo , a seguito del quale il giudice di rinvio dovrà compiere nuovamente per intero il procedimento di valutazione delle mansioni, rispondere ai motivi di appello, e considerare tutte le circostanze afferenti al calcolo del danno.
6.- Con il primo motivo di ricorso incidentale si sostiene la violazione dell’articolo 112 c.p.c. e la nullità della sentenza ex articolo 360 n. 4 c.p.c., per avere la Corte di appello sostenuto che si fosse formato il giudicato sulla questione della natura convenzionale o meno dell’attribuzione a NOME della qualifica di quadro direttivo di Quarto livello. La Corte d’appello ha affermato che sui capi della sentenza di primo grado con i quali era stata respinta la domanda di NOME diretta da ottenere il ripristino delle mansioni di private banker, così come quello per ottenere l’assegnazione di mansioni di livello QD4 si fosse oramai formato il giudicato, non essendo stata proposta impugnazione in via principale o incidentale avverso tale parte della decisione del tribunale, che aveva riconosciuto il QD1.
E’ pacifico che il tribunale ave sse ritenuto infondata la domanda di assegnazione di mansioni di livello QD4, avendo ritenuto che l’attore fosse stato assunto con la qualifica di QD4 non già perché coerente con le mansioni di private banker a lui assegnate, ma quale condizione economico normativa di miglior favore; condizione che non poteva costituire un parametro per il governo della regola posta dall’art.2103 c.c. in materia di divieto di demansionamento e dequalificazione, posto che per definizione il lavoratore si trovava in questi casi sin dall’inizio in una condizione in cui le sue mansioni erano inferiori rispetto alla qualifica rivestita, condizione alla quale, in quanto consentita, non può attribuirsi carattere di illiceità.
Anche sul punto la sentenza d’appello deve essere però riformata atteso che, come risulta dalla comparsa di costituzione in appello trascritta nel ricorso incidentale, l’allora appellato ed appellante incidentale aveva rappresentato che, ai sensi dell’art.2103 c.c. tale capo di sentenza ‘doveva ritenersi oggi impugnato dal momento che l’erroneo livello inferiore sancito dal primo giudice da QD4 a
QD1 ha comportato nell’interpretazione generale della complessiva vicenda un’erronea statuizione sotto il profilo della gravità del demansionamento subito dall’odierno appellato e dunque del risarcimento dei danni ad esso riconosciuti’.
Né si può sostenere alcuna implicita conferma o reiezione a fronte di una espressa affermazione di non impugnazione di una statuizione che è stata invece impugnata.
7.- Con il secondo motivo di ricorso incidentale si sostiene la violazione dell’art. 2113 c.c. e dell’art. 76 del CCNL del settore del credito del 2007, violazione di norme di legge e di contratto collettivo ex articolo 360 numero 3 c.p.c. laddove, in via subordinata, qualora si dovesse sostenere che la Corte abbia inteso implicitamente rigettare le censure in punto di qualifica convenzionale, essa aveva nondimeno omesso o erroneamente condotto il processo valutativo volto a verificare l’effettiva riconducibilità delle mansioni di NOME al livello retributivo riconosciuto, tenendo conto da un lato del fatto che secondo la statuizione della contrattazione collettiva il primo livello retributivo è il livello minimo corrispondente a mansioni di responsabilità le più basse della categoria, mentre il quarto livello è certamente corrispondente a mansioni di elevata professionalità e responsabilità, quali erano quelle di NOMECOGNOMENOME.
Il presente motivo, prospettato in via subordinata rispetto all’accoglimento del primo, deve ritenersi assorbito.
8. Sulla scorta di tali premesse, occorre quindi procedere all’accoglimento del primo motivo del ricorso principale e del primo motivo del ricorso incidentale; assorbiti tutti gli altri. La sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi ed ai ricorsi accolti, con rimessione della causa al giudice di rinvio indicato in dispositivo per la prosecuzione della causa secondo i principi enunciati e la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.
9.- Si dà atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, ex art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale ed il primo motivo del ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi di ricorso principale ed incidentale accolti e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma in diversa composizione per la prosecuzione della causa e la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale ed incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto
Così deciso in Roma all’udienza del 30 gennaio 2024.