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Demansionamento: la guida alla valutazione corretta

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7353/2024, ha annullato una sentenza di merito che aveva confermato il demansionamento di un dipendente bancario. La Corte ha stabilito che per valutare un caso di demansionamento non basta un’analisi superficiale, ma è necessaria una comparazione concreta e dettagliata tra le vecchie e le nuove mansioni, basata sulle declaratorie contrattuali e su specifici parametri qualitativi e quantitativi, per tutelare il patrimonio professionale del lavoratore.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Demansionamento: quando il cambio di mansioni è illegittimo secondo la Cassazione

Il demansionamento è una delle questioni più delicate nel diritto del lavoro, poiché tocca il cuore della professionalità e della dignità del lavoratore. Ma come si stabilisce se un cambio di mansioni è legittimo o se, al contrario, configura un illecito? Con la recente ordinanza n. 7353 del 2024, la Corte di Cassazione torna sul tema, fornendo criteri rigorosi che i giudici di merito devono seguire per una valutazione corretta, che non può mai essere superficiale o tautologica.

I fatti del caso

Un dipendente di un importante istituto bancario, con la qualifica di Quadro Direttivo (QD1), aveva svolto per un periodo mansioni di “Private Banker” presso una banca specializzata, occupandosi di una clientela con patrimoni di particolare rilievo e agendo come consulente per gli investimenti. Successivamente, rientrato presso l’istituto bancario principale, veniva assegnato a una filiale con il ruolo di “Gestore Affluent”.

Secondo il lavoratore, questo cambiamento aveva comportato un grave demansionamento. Le nuove mansioni, infatti, lo obbligavano a seguire una clientela di qualsiasi livello, a svolgere compiti meramente amministrativi (come l’apertura di conti o la consegna di carte di credito) e persino attività di recupero crediti. La Corte d’Appello aveva confermato la decisione di primo grado, riconoscendo il demansionamento e il conseguente diritto al risarcimento del danno.

L’istituto bancario, tuttavia, ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nel suo giudizio, omettendo una reale e approfondita comparazione tra i due profili professionali sulla base delle previsioni del contratto collettivo.

La decisione della Corte di Cassazione e la valutazione del demansionamento

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’istituto bancario, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa a un nuovo giudice. Il punto centrale della decisione è il metodo con cui deve essere accertato il demansionamento.

Secondo gli Ermellini, la Corte d’Appello ha commesso un errore fondamentale: ha dato per scontata la natura dequalificante delle nuove mansioni basandosi su un generico “piano quantitativo e qualitativo”, senza però entrare nel merito dell’analisi. Non ha spiegato perché il ruolo di “Gestore Affluent” sarebbe professionalmente inferiore a quello di “Private Banker”, né ha fatto riferimento alle declaratorie contrattuali del CCNL di settore, che definiscono i profili e le categorie.

In pratica, il giudizio d’appello è risultato tautologico, limitandosi a menzionare i due profili senza spiegare i parametri concreti in base ai quali uno sarebbe demansionante rispetto all’altro.

Le motivazioni

La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: per valutare l’equivalenza delle mansioni ai sensi dell’art. 2103 del Codice Civile (nella versione applicabile al caso, antecedente al Jobs Act), non basta un riferimento astratto al livello di inquadramento. Il giudice deve effettuare una verifica concreta e approfondita, operando un raffronto tra:

1. Le mansioni effettivamente svolte in precedenza e quelle nuove: L’analisi deve essere fattuale e dettagliata.
2. La competenza tecnica professionale acquisita dal lavoratore: Le nuove mansioni devono essere aderenti al bagaglio di conoscenze ed esperienze del dipendente, consentendone la salvaguardia e l’accrescimento.
3. Le declaratorie del contratto collettivo: È indispensabile confrontare i profili professionali descritti nel CCNL per comprendere le differenze in termini di responsabilità, autonomia e contenuto professionale.
4. Altri parametri di valore: La valutazione deve considerare anche la diversità di responsabilità, le relazioni professionali e l’omogeneità sostanziale dei compiti.

La Corte d’Appello, invece, ha omesso questo raffronto, venendo meno a una delle verifiche necessarie che il giudice deve compiere in materia di inquadramento professionale e demansionamento. Non si può prescindere da questo esame approfondito per stabilire se il patrimonio professionale del lavoratore sia stato leso.

Le conclusioni

Questa ordinanza è un monito importante per i giudici di merito e offre una chiara linea guida per lavoratori e aziende. La valutazione del demansionamento non può basarsi su impressioni o affermazioni generiche. Richiede un’analisi rigorosa e documentata, ancorata ai contratti collettivi e a una comparazione fattuale dei compiti. La sentenza impugnata è stata annullata proprio per questa carenza istruttoria e motivazionale. Il nuovo giudice d’appello dovrà ora riesaminare il caso, applicando i corretti criteri indicati dalla Cassazione per stabilire se vi sia stata un’effettiva dequalificazione professionale e, in caso affermativo, quantificare il giusto risarcimento.

Come deve essere valutato un presunto caso di demansionamento dal giudice?
Il giudice deve effettuare una comparazione concreta e dettagliata tra le mansioni precedenti e quelle nuove, verificando che queste ultime siano aderenti alla competenza tecnica acquisita dal lavoratore e ne salvaguardino il livello professionale. L’analisi deve basarsi anche sulle declaratorie contrattuali del CCNL e su altri parametri oggettivi come responsabilità e autonomia.

È sufficiente che le nuove mansioni rientrino nello stesso livello di inquadramento formale per escludere il demansionamento?
No, l’equivalenza formale non è sufficiente. La valutazione deve essere sostanziale e concreta, finalizzata a verificare che le nuove mansioni non svuotino o impoveriscano il patrimonio di competenze ed esperienze acquisite dal dipendente, ma ne garantiscano lo svolgimento e l’accrescimento.

Qual è stato l’errore commesso dalla Corte d’Appello in questo specifico caso?
La Corte d’Appello ha affermato il demansionamento in modo tautologico, senza effettuare un reale confronto tra i profili professionali di ‘Private Banker’ e ‘Gestore Affluent’ sulla base delle previsioni del contratto collettivo o di altri criteri specifici. Ha omesso di spiegare perché e in cosa le nuove mansioni fossero qualitativamente e quantitativamente inferiori, rendendo la sua motivazione insufficiente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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