Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 33781 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 33781 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 21/12/2024
1.La Corte di Appello di Ancona ha rigettato il gravame proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno che aveva rigettato la domanda della medesima, volta ad ottenere l’accertamento del demansionamento subito, nonché il risarcimento del danno.
La ricorrente, infermiera professionale in servizio presso il Presidio Ospedaliero INDIRIZZO di Ascoli Piceno, aveva dedotto di avere svolto mansioni di lavaggio e pulizia degli strumenti chirurgici, di competenza degli OSS.
Respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso, la Corte territoriale ha richiamato i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui il lavoratore, per motivate e contingenti esigenze aziendali, può essere adibito anche a compiti inferiori, purché marginali rispetto a quelli propri del suo livello ed ha pertanto osservato che la tassatività delle mansioni indicate per la categoria di appartenenza non va intesa in senso rigido, ma cede il passo nelle ipotesi in cui, come quella in esame, le prestazioni che rientrano tra quelle previste per la categoria inferiore siano marginali e vengano svolte solo in caso di situazioni contingenti.
Ha evidenziato che, in base alle dichiarazioni dei testi escussi, il lavaggio e la disinfezione degli strumenti chirurgici era avvenuto in momenti limitati del turno lavorativo, ossia il pomeriggio, in occasione dell’assenza del personale ausiliario; a fronte della durata limitata e assolutamente marginale dello svolgimento di mansioni inferiori rispetto a tutte le altre che caratterizzano il profilo professionale della COGNOME, ha pertanto escluso la sussistenza in tali ipotesi di un danno all’im magine o alla professionalità.
Ha aggiunto che per la declaratoria contrattuale e le risultanze della prova testimoniale l’infermiere professionale non è del tutto estraneo all’attività di
pulizia e disinfezione degli strumenti medici e chirurgici, in quanto il controllo della pulizia e la sterilizzazione ricade nell’ambito delle sue mansioni.
Ha sul punto evidenziato che in relazione al profilo di collaboratore professionale sanitario, il CCNL 1998/2001 prevede anche lo svolgimento delle funzioni di carattere strumentale rispetto alle attività che rientrano nella sua competenza professionale specifica; ha in particolare precisato che il profilo professionale dell’infermiere, ricavabile dal DM n. 739 del 14.9.1994 indica, tra le altre, l’attività di assistenza infermieristica alla persona, nonché la collaborazione con gli altri operatori sanitari e sociali.
Ha in particolare osservato che in tale attività di assistenza e di collaborazione si inserisce quella che pone gli infermieri a diretto contatto con i medici chirurghi che utilizzano gli strumenti, che vanno puliti e sterilizzati prima dell’utilizzo ed ha pertanto ritenuto che la suddetta operazione di pulizia assume carattere strumentale dell’attività del collaboratore professionale sanitario e rientra dunque nelle sue competenze, tanto più che in base all’allegato 2 del DPR n. 384/1990 richiama to dall’appellante e riguardante il mansionario dell’operatore tecnico di assistenza, questi è addetto al lavaggio, all’asciugatura e alla preparazione del materiale da inviare alla sterilizzazione e alla relativa conservazione non rientrano tra le sue mansioni.
Ha pertanto ritenuto che nel caso di specie lo svolgimento saltuario dell’attività di lavaggio e asciugatura di strumenti medici e chirurgici, propedeutica alla loro sterilizzazione, strumentale rispetto ad altra di specifica competenza dell’infermiere pro fessionale, non comporti alcun demansionamento.
Avverso tale sentenza la COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria.
ASUR Marche ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.
DIRITTO
Con il primo motivo il ricorso denuncia travisamento della prova sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5 cod. proc. civ.
Si evidenzia che il ricorso di primo grado non aveva accennato alla disinfezione e che i testi non avevano mai dichiarato che i ferri vengono disinfettati; precisa che gli strumenti chirurgici vengono lavati con sapone disinfettante in una lavaferri, non disinfettati dopo la pulizia (la macchina a vapore, sterilizzatrice, effettua l’azione sterilizzante), e che non c’è dunque un controllo costante sulla procedura di disinfezione, che può essere svolta da operatori ausiliari, come avviene nel turno di mattina.
Aggiunge che tale operazione manuale ed esecutiva viene svolta da personale ausiliario la mattina e dalla ricorrente, laureata, il pomeriggio, la notte ed in pronta disponibilità.
Addebita alla Corte territoriale di avere erroneamente ritenuto che le deposizioni dei testi sono concordi; richiama le deposizioni dei testi, evidenziando che le dichiarazioni del teste COGNOME non sono in linea con quelle del teste COGNOME
Precisa che in base alle deposizioni dei testi risulta che il lasso di tempo dedicato al lavaggio dei ferri non è marginale, in quanto copre i ¾ dei turni e che gli infermieri svolgono le attività di lavaggio, di asciugatura e di confezionamento dei ferri tutti i pomeriggi e tutte le notti del mese e durante tutte le pronte disponibilità; lamenta che la sentenza impugnata ha statuito sulla base di una procedura aziendale inesistente.
Con il secondo motivo il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’Accordo Conferenza Stato -Regioni del 22.9.2001, del CCNL Comparto Sanità 1998-2001 e del CCNL Comparto Sanità 20.9.2001.
Addebita alla sentenza impugnata di avere recepito le dichiarazioni del teste COGNOME senza accertare in cosa consista la ‘decontaminazione’ (procedura inesistente), senza verificare quando sussiste ‘l’impossibilità di utilizzare gli OSS’ (o se si tratti di una scelta aziendale fondata esclusivamente su motivi economici), e senza verificare se il lavaggio competa all’infermiere e se l’OSS non possa lavare i ferri da solo senza supervisione.
Sostiene che la pulizia dei ferri è rimessa all’OSS come mansione specifica e non costituisce mansione strumentale dell’infermiere.
Critica la sentenza impugnata per avere ritenuto che la pulizia dei ferri costituisce mansione specifica assegnata per contratto o per legge ad una determinata qualifica, e contemporaneamente strumentale per una diversa qualifica.
Evidenzia che la figura dell’OSS è prevista dall’Accordo Conferenza Stato -Regioni del 22.2.2001, mentre il CCNL Comparto Sanità 1998/2001 del 7.4.1999, anteriore al mansionario dell’OSS del 22.9.2001 e citato nella sentenza impugnata non prevede gli OSS (che hanno sostituito gli OTA previsti nel CCNL 1998-2001 acquisendo maggiori competenze tecniche e più ampie responsabilità ed autonomia).
Precisa che la pulizia e la manutenzione di utensili e apparecchiature rientrano nella declaratoria professionale della categoria B di cui all’art. 56 del CCNL, nella quale erano inseriti gli OTA; evidenzia che in base al CCNI del 20.9.2001, l’OSS è inserito nella categoria BS e lavora secondo la regola multiprofessionale, svolgendo attività di assistenza diretta e di supporto alla gestione dell’ambiente di vita, di intervento igienico sanitario e di carattere sociale, nonché di supporto gestionale, organizzativo e formativo.
Con il terzo motivo il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 14 del DPR n. 509/1979.
Addebita alla Corte territoriale di avere erroneamente ritenuto che la pulizia degli strumenti chirurgici rientri nelle attività accessorie e strumentali della prestazione infermieristica quando sono marginali.
Torna a sostenere che il CCNI del 20.9.2001 attribuisce il lavaggio dei ferri esclusivamente all’OSS (collocato nella categoria BS), che non è collocato nel ruolo immediatamente inferiore rispetto all’infermiere professionale (collocato nella categoria D).
Evidenzia che l’art. 14 del DPR n. 509/1979 consente lo svolgimento di mansioni immediatamente inferiori solo qualora l’organizzazione del lavoro non ne consenta l’attribuzione ad altri dipendenti, circostanza non dimostrata dall’Azienda resistente.
Aggiunge che nel caso di specie lo svolgimento delle mansioni inferiori si era protratto oltre il termine di 90 giorni previsto dall’art. 14 del DPR n. 509/1979,
avendo i testi riferito che la COGNOME aveva svolto le attività di lavaggio dei ferri dal 2011.
Con il quarto motivo, il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 52 d.lgs. n. 165/2001, 2103 cod. civ., D.M. n. 739/1994, 8 DPR n. 567/1987, 11, co,,a 1, legge 17/1999, 17, comma 2, d.lgs. 26.11.1999 e 14, comma 2, d.lgs. n. 66/2003.
Addebita alla Corte territoriale di non avere considerato la distinzione esistente nella disciplina delle mansioni tra il rapporto di lavoro pubblico e quello privato; evidenzia che nel rapporto di lavoro pubblico la ricognizione delle mansioni equivalenti deve avvenire nell’ambito dell’area di inquadramento, mentre per l’impiego privato deve avvenire all’interno del livello e della categoria legale.
Critica la sentenza impugnata per avere illegittimamente introdotto una deroga al principio formalistico dello ius variandi , facendo errata applicazione dei principi enunciati dal giudice di legittimità.
Evidenzia che il D.M. n. 739/1994 non fa alcun accenno alla sterilizzazione e sostiene che il giudice di appello ha inventato una mansione inesistente.
Aggiunge che la questione della sterilizzazione non è mai stata prospettata dalle parti.
I motivi, che vanno trattati congiuntamente per ragioni di connessione logica, sono fondati per quanto di ragione.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, fermo restando che l’attività prevalente ed assorbente svolta dal lavoratore deve rientrare tra quelle previste dalla categoria di appartenenza, il lavoratore può essere adibito, per motivate esigenze aziendali collegate a ragioni contingenti non diversamente risolvibili, a compiti inferiori se marginali rispetto a quelli propri del proprio livello (Cass. n. 8910/2019 e giurisprudenza ivi richiamata).
Si è inoltre ritenuto che le motivate esigenze aziendali devono avere carattere temporaneo, sicché l’utilizzo di fatto costante secondo un turno programmato di un lavoratore o di una lavoratrice in mansioni inferiori, neanche complementari a quelle del profilo rivestito, sia pure in maniera non particolarmente ricorrente in termini di ore adibite alla mansione inferiore, ma finalizzato di fatto alla
copertura di posizioni lavorative non presenti nell’organico aziendale, non può ritenersi rispettoso del principio di tutela della professionalità di cui all’art. 2103 cod. civ. mancando proprio quelle motivate esigenze aziendali anche connotate da temporaneità o da altrettante obiettive ragioni contingenti, che legittimano l’utilizzo del dipendente in mansioni non corrispondenti al livello o alla qualifica rivestita.
Tali principi, enunciati in materia di impiego privato, sono stati ritenuti estensibili al lavoro pubblico contrattualizzato (v. Cass. n. 17774/2006); si è in particolare affermata l’esigibilità di attività corrispondenti a mansioni inferiori, da parte del datore di lavoro pubblico, quando le stesse abbiano carattere marginale e rispondano ad esigenze organizzative di efficienza e di economia del lavoro, ovvero di sicurezza, con il limite negativo della completa estraneità alla professionalità del lavor atore, che ha l’onere di dimostrarla.
Nel pubblico impiego contrattualizzato è stata dunque ritenuta la legittimità dell’adibizione del dipendente a mansioni inferiori ‘per esigenze di servizio’, purché sia assicurato in modo prevalente ed assorbente l’espletamento di quelle concernenti la qualifica di appartenenza (Cass. n. 4301/2013).
In tale ambito si è dunque precisato che l’unica ulteriore condizione del legittimo esercizio del potere di specificazione o di conformazione dell’attività dovuta è costituita dall’esistenza di un’obiettiva esigenza aziendale, non rilevando che le mansioni assegnate siano proprie di un profilo professionale di categoria meno elevata, né la carenza del requisito della temporaneità dell’esigenza di flessibilità (Cass. n. 19419/2020).
Si è anche sottolineato che l’eventuale adibizione a mansioni inferiori, per gli effetti che produce, deve risultate da atti della PA datrice di lavoro adeguatamente motivati in quanto, nella gestione del rapporto, il datore di lavoro pubblico è obbligato ad attenersi ai principi di correttezza e buona fede applicabili alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento di cui all’art. 97 Cost. (vedi, fra le tante: Cass. SU n. 21671/2013).
Tali principi sono stati successivamente ribaditi da questa Corte, che ha escluso il demansionamento di un infermiere adibito occasionalmente ed in via residuale a mansioni di chiusura e confezionamento di rifiuti tossici in forza di
una circolare aziendale, valorizzando le disposizioni aziendali, genericamente riferite al ‘personale sanitario’ e riguardanti situazioni eccezionali in cui era venuta in rilievo l’esigenza di evitare l’abbandono di rifiuti di tale tipologia, in mancanza di personale ausiliario OTA (v. Cass. n. 22901/2022).
Non è dunque conforme a tali principi la sentenza impugnata, che ha ritenuto la legittimità dell’attribuzione alla Cannella delle mansioni relative al lavaggio dei ferri in quanto marginali e strumentali rispetto alle mansioni dell’infermiere senza ritenere necessaria l’ulteriore condizione di legittimità per l’attribuzione di mansioni inferiori, costituita dalla sussistenza di un’ obiettiva esigenza aziendale, risultante da atti motivati della AAzienda.
La Corte territoriale ha in particolare accertato che il lavaggio e la disinfezione degli strumenti chirurgici da parte degli infermieri venivano effettuati di pomeriggio, in occasione dell’assenza del personale ausiliario ed ha ritenuto sufficiente tale condizione ai fini della legittimità dell’attribuzione alla Cannella delle mansioni di lavaggio dei ferri, senza verificare le modalità con cui l’Azienda aveva organizzato il lavaggio e la disinfezione degli strumenti chirurgici adottando i relativi atti di gestione di tali mansioni.
Il ricorso va dunque accolto per quanto di ragione; la sentenza impugnata va cassata con rinvio, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Ancona in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, il 5 dicembre 2024.
Il Presidente
Dott. NOME COGNOME