Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15700 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 15700 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 25241-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME;
– intimato – e sul ricorso 25269-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
R.G.N. 25241NUMERO_DOCUMENTO2021
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 23/04/2024
CC
NOME, elettivamente domiciliato in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1078/2021 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 02/08/2021 R.G.N. 579/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/04/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
1. con sentenza 2 agosto 2021, la Corte d’appello di Milano ha rigettato i reclami principale di RAGIONE_SOCIALE e incidentale del lavoratore avverso la sentenza di primo grado, che, in esito a rito RAGIONE_SOCIALE, ha dichiarato illegittimo il licenziamento intimato dalla prima al suo dipendente (dall’anno 2003) NOME COGNOME, in data 26 febbraio 2020, per giustificato motivo oggettivo e condannato la società datrice alla reintegrazione e al pagamento, in suo favore, di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retri buzione globale di fatto dal licenziamento alla reintegrazione effettiva nei limiti delle dodici mensilità, oltre accessori di legge e con detrazione dell’eventuale aliunde perceptum , nonché al versamento dei relativi contributi assistenziali e previdenziali. Essa ha, infatti, ritenuto giustificato motivo oggettivo del recesso datoriale la cessazione del servizio di vigilanza armata al sito, in Milano INDIRIZZO, di RAGIONE_SOCIALE, cui il lavoratore era addetto, a causa del cambio di appalto, a norma degli artt. 24 ss. del vigente CCNL per i dipendenti di istituti e di imprese RAGIONE_SOCIALE, con previsione della sua assunzione alle dipendenze della
subentrante RAGIONE_SOCIALE dal 1° marzo 2020, per effetto del verbale di accordo del 20 febbraio 2020;
2. preliminarmente, la Corte territoriale ha ribadito la non sospendibilità del giudizio, ai sensi né dell’art. 295 c.p.c. né dell’art. 367 c.p.c., in pendenza davanti alla Corte di Cassazione del giudizio relativo al primo licenziamento del lavoratore (per giustificato motivo oggettivo, in data 19 dicembre 2013 per perdita di altro appalto), in quanto limitato alla tutela da applicare, se in base al quarto ovvero al quinto comma del novellato testo dell’art. 18 legge n. 300/1970, non interferente in modo rilevante, alla stregua dei requisiti prescritti per le ipotesi di sospensione invocate, sull’odierno giudizio di accertamento di illegittimità (o meno) del secondo licenziamento;
3. essa ha così confermato la sentenza del Tribunale di Milano, che, in virtù del giudicato formatosi su quella dello stesso Tribunale n. 2513/2012 (che aveva riconosciuto, in altro giudizio anteriore all’impugnazione del primo licenziamento, il diritto de l lavoratore all’inquadramento nel III livello del CCNL di settore con mansioni di capoturno decorrente dal 1° gennaio 2008), aveva accertato non dovere il predetto essere impiegato in servizi di piantonamento o di vigilanza presso istituti o ipermercati (come da ultimo RAGIONE_SOCIALE), oggetto dei vari appalti succedutisi nel tempo, ai quali era stato invece addetto. E di conseguenza, dichiarato illegittima, a norma tanto del testo vigente dell’art. 2103 c.c., tanto del CCNL RAGIONE_SOCIALE del 2006 e del 2013, una tale assegnazione di IV livello, anziché come capoturno, comportante la manifesta insussistenza del fatto materiale alla base del licenziamento del 26 febbraio 2020 (così come anche del primo), non essendo il lavoratore tenuto al passaggio alle dipendenze della impresa subentrante nell’appalto;
infine, la Corte d’appello ha ritenuto applicabile la tutela reintegratoria ed escluso, ai fini del risarcimento del danno, il concorso colposo del lavoratore per il rifiuto di prestare la propria attività alle dipendenze di tale impresa, avendo esercitato un proprio diritto;
con atto notificato il 30 settembre 2021, la società ha proposto ricorso per cassazione con sette motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c., cui il lavoratore ha resistito con controricorso;
il medesimo ricorso, per un disguido telematico, è stato iscritto due volte al Ruolo Generale (una prima volta a R.G. 25241/2021 e una seconda a R.G. 25269/2021), sicché il secondo (R.G. 25269/2021) è stato riunito al primo (R.G. 25241/2021), come da separata annotazione ordinatoria nello statino di odierna adunanza del ricorso R.G. 25269/2021, per la decisione di entrambi, tra le stesse parti e di identico contenuto.
il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380 bis 1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
CONSIDERATO CHE
al presente ricorso rubricato R.G. 25241/2021 deve essere preliminarmente riunito quello rubricato R.G. 25269/2021, tra le stesse parti e di identico contenuto;
con il primo motivo, la ricorrente ha dedotto violazione o falsa applicazione degli artt. 2103, primo comma c.c. come mod. dal d.lgs. 81/2015, 31 CCNL RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, 18 legge n. 300/1970, 115, 116 c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto illegittimo il licenziamento del lavoratore in base all’inapplicabilità alla fattispecie della disciplina dell’art. 2103, primo comma c.c., come modificato dal d.lgs. 81/2015, nonostante la natura permanente dell’illecito di demansionamento (di attuazione e rinnovazione quotidiana
del mantenimento del lavoratore in mansioni inferiori a quelle spettantegli per legge e per contratto) comportante la conseguente applicazione del nuovo testo della norma denunciata dalla data di sua entrata in vigore (25 giugno 2015) e pertanto al periodo ad esso successivo, di collocazione della data di reintegrazione del predetto (il 29 luglio 2015), in combinata disposizione, in riferimento alle ‘mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente s volte’ , con quelle previste per il III livello del CCNL di settore con mansioni di capoturno (riconosciuto al lavoratore dal giudicato Tribunale di Milano n. 2513/2012 dal 1° gennaio 2008) dall’art. 31 del CCNL RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in vigore dal 1° febbraio 2013 per i lavoratori che, in particolare, svolgano ‘con autonomia operativa prevalentemente compiti di coordinamento e controllo di un numero di guardie superiore a 30 unità in servizio presso unità operative autonome’ , mai svolte dal lavoratore, come risultante dai verbali di causa relativi alle deposizioni testimoniali in merito raccolte (trascritte per la parte d’interesse), con designazione della singola guardia giurata in servizio come ‘pattuglia’, secondo il Regolamento della Questura di Milano;
3. con il quarto, essa ha dedotto violazione o falsa applicazione degli artt. 2103, secondo comma c.c. come mod. dal d.lgs. 81/2015, 31 CCNL RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, 18 legge n. 300/1970, 115, 116 c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto illegittimo il licenziamento del lavoratore in base all’inapplicabilità alla fattispecie della disciplina dell’art. 2103, secondo comma c.c., come modificato dal d.lgs. 81/2015, invece applicabile al caso di specie, in presenza dell’avvenuta riorganizzazione e ristrutturazione aziendale, comunicata al predetto sin dal gennaio 2019 e giustificante, siccome legittimo, il comportamento datoriale di spostamento del
lavoratore a mansioni di inquadramento inferiore, nel rispetto dei limiti della disposizione normativa: così ricorrendo il presupposto organizzativo e il relativo nesso di causalità con il licenziamento, essendo poi insindacabile la scelta imprenditoriale di assegnazione, al predetto o ad altro lavoratore, della posizione di capoturno dell’Area di Varese e Milano (accorpata nel 2019), in assenza peraltro di alcun confronto oggettivo sulla base dei criteri di scelta legali, a titolo parametrico del criterio di correttezza e buona fede da applicare;
essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono infondati;
in via di premessa, occorre ribadire che il protrarsi nel tempo di una situazione illegittima, come il demansionamento del lavoratore, non può essere intesa semplicemente come acquiescenza ad una situazione imposta dal datore di lavoro, trattandosi di una forma di illecito permanente; con la conseguenza che la pretesa risarcitoria per il danno alla professionalità si rinnova in relazione al protrarsi dell’evento dannoso, impedendo il decorso della prescrizione fino al momento in cui il comportamento contra jus non sia cessato e che non sussistono limiti alla proposizione della domanda ed al conseguente soddisfacimento del diritto ad essa sotteso per tutto il tempo durante il quale la condotta è stata perpetuata (Cass. 4 novembre 2021, n. 31558, in motivazione sub p.to 6).
Il preliminare chiarimento impone la correzione, ai sensi dell’art. 384, ultimo comma c.p.c., dell’errore di diritto in cui è incorsa la Corte territoriale, laddove ha affermato la situazione di ‘cristallizzazione’ della situazione di illecito permanente (di inottemperanza del ‘la datrice di lavoro … all’ordine giudiziale di inquadrare NOME nel III livello
con mansioni di capoturno’ ) all’epoca (25 giugno 2015) ‘della modifica introdotta con il D. L.vo n. 81/15 per effetto del giudicato che non può quindi essere travolto dalla successiva formulazione della norma in questione’ (così al quarto capoverso di pg. 11 della sentenza). Il che, per la ribadita qualificazione del demansionamento del lavoratore alla stregua di illecito permanente, ovviamente non è: non essendosi esaurita (secondo la Corte d’appello, invece, ‘già cristallizzata’ ) la fattispecie, in atto per effetto del giudicato sulla sentenza del Tribunale di Milano n. 2513/2012, di riconoscimento del diritto del lavoratore all’inquadramento nel III livello del CCNL di settore con mansioni di capoturno decorrente dal 1° gennaio 2008.
Dato allora atto dell’entrata in vigore del nuovo testo dell’art. 2103, come sostituito dall’art. 3 d.lgs. 81/2015, in data 25 giugno 2015 -e pertanto anteriore a quella (il 29 luglio 2015) di reintegrazione del lavoratore, a seguito dell’accertata illegittimità del (primo) licenziamento intimatogli il 19 dicembre 2013 per perdita di appalto, nonché a fortiori dall’adibizione dal 1° novembre 2019 a mansioni di piantonamento all’RAGIONE_SOCIALE, sito in Milano INDIRIZZO, fino al licenziamento del febbraio 2020 per la perdita dell’appalto la nuova norma è certamente applicabile (così anche: Cass. 2 maggio 2024, n. 11870, in motivazione). E tanto nel suo primo comma, secondo cui: ‘ Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte ‘ ; tanto nel suo secondo comma, per il quale: ‘In caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incide sulla posizione del lavoratore, lo stesso può essere assegnato a mansioni appartenenti al livello di
inquadramento inferiore purché rientranti nella medesima categoria legale’ ;
6. tanto detto, occorre peraltro escludere che l’applicabilità alla controversia ratione temporis del testo novellato dell’art. 2103 c.c., e così pure del CCNL per dipendenti da istituti e imprese di vigilanza privata del 1° febbraio 2013 (in particolare del suo art. 31), comporti la legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo propugnata dalla società ricorrente.
Non può, e soprattutto non deve, essere trascurata la circostanza (correttamente valutata dalla Corte territoriale, in particolare: al primo periodo e ai primi due capoversi di pg. 11 e al primo periodo di pg. 12 della sentenza) della persistenza, coerente con la natura di illecito permanente del demansionamento del lavoratore, del comportamento contra jus della società datrice, per avere sempre adibito il lavoratore, dopo la sua reintegrazione in data 29 luglio 2015, ‘in servizi di mero piantonamento e/o d i vigilanza presso istituti (Banca Intesa) o ipermercati (RAGIONE_SOCIALE e da ultimo RAGIONE_SOCIALE oggetto dei vari appalti succedutisi nel tempo’ (così al primo periodo di pg. 11 della sentenza) ‘e non al ruolo di capoturno (ora capozona)’ (così al primo capoverso, in fine, di pg. 11 della sentenza). Ciò che allora preclude l’esito auspicato dalla società ricorrente è proprio la protratta illegittimità del comportamento datoriale, in riferimento tanto:
a ) alla pretesa riconducibilità (veicolata con il primo motivo) delle mansioni illegittimamente assegnate al lavoratore dalla sua reintegrazione del 29 luglio 2015 (di mero piantonamento e vigilanza, corrispondenti al IV livello del CCNL, in violazione del giudicato del Tribunale di Milano n. 2513/2012, di riconoscimento del suo diritto dal 1° gennaio 2008 all’inquadramento nel III livello del CCNL di settore con
mansioni di capoturno) a quelle previste per il III livello del CCNL di settore con mansioni di capoturno dall’art. 31 del CCNL RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in vigore dal 1° febbraio 2013;
b ) alla supposta dipendenza eziologica (veicolata con il quarto motivo) del giustificato motivo oggettivo di licenziamento dalla riorganizzazione e ristrutturazione aziendale, comunicata al predetto sin dal gennaio 2019;
6.1. sotto il profilo sub a ), l’art. 31 del CCNL citato stabilisce l’inquadramento del personale tecnico operativo del settore al III livello per i ‘lavoratori che, comunque denominati, oltre alle attività indicate dall’art. 3 D.M. 10 dicembre 2010 n. 269’ (tra le quali comprese, ‘a titolo esemplificativo’ quelle di ‘ … vigilanza ispettiva … vigilanza fissa …’ , indubbiamente rientranti nel IV livello del CCNL) ‘svolgono con autonomia operativa prevalentemente compiti di coordinamento e controllo di un numero di guardie superiore a 30 unità in servizio presso unità operative autonome e l’attività ispettiva indipendentemente dal numero degli addetti’ ; salvo che ‘Al personale in forza alla data di stipula del presente contratto, inquadrato nei terzi livelli di cui al sistema classificatorio previsto dal CCNL 6 dicembre 2006 verrà mantenuto il precedente inquadramento, fermo restando che detto personale, anche in r agione dell’adottato criterio della polifunzionalità sul quale insiste il nuovo sistema classificatorio introdotto con il presente contratto, sarà tenuto a svolgere tutte le mansioni proprie della guardia particolare giurata come indicate dal D.M. 269/2010, salvo il diritto alle effettive mansioni del 3° livello di cui al nuovo sistema classificatorio ove le mansioni da esso precedentemente svolte in via continuativa e prevalente coincidessero con quelle previste dall’attuale terzo livello’ . Ebbene, proprio la ‘salvezza’ del ‘diritto alle effettive mansioni del 3° livello di cui al nuovo sistema classificatorio
ove le mansioni da esso precedentemente svolte in via continuativa e prevalente coincidessero con quelle previste dall’attuale terzo livello’ -su cui si fonda la pretesa legittimità del licenziamento, per la rispondenza della scrutinata previsione del III livello all’adibizione del lavoratore alle suddette mansioni inferiori (essendo incontestato che egli, avente diritto al III livello con mansioni di capoturno, non abbia in precedenza svolto dette mansioni, tanto meno in via continuativa né prevalente) -nel caso di specie non ricorre, in assenza di una corretta applicazione al lavoratore del III livello (riconosciutogli dal 1° gennaio 2008) in ragione di un suo diverso impiego dipendente da una situazione aziendale che ciò effettivamente comportasse all’a tto della sua reintegrazione (il 29 luglio 2015), quanto piuttosto della protratta inottemperanza al giudicato del Tribunale di Milano n. 2513/2012, integrante comportamento datoriale illegittimo e pertanto irrecuperabile ai fini in esame; 6.2. sotto il profilo sub b ), appare di assoluta evidenza il difetto di nesso causale (ritenuto anche dalla Corte territoriale, al penultimo capoverso di pg. 12 della sentenza) tra l’allegata riorganizzazione e ristrutturazione aziendale, comunicata al lavoratore dal gennaio 2019 (illustrata in particolare a pg. 33 del ricorso) e il motivo del licenziamento per soppressione del suo posto di lavoro (per cessazione del servizio di vigilanza armata presso i siti ‘RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO a causa di perdita dell’appalto e rifiuto del lavoratore di prestare la propria attività dal 1° marzo 2020 alle dipendenze della subentrante RAGIONE_SOCIALE, per effetto del verbale di accordo del 20 febbraio 2020), attribuitogli per effetto, come più volte ripetuto, di un comportamento illecito protratto fino a tale momento: ben anteriore alla sopravvenuta riorganizzazione e ristrutturazione aziendale e pertanto indipendente da essa;
7. con il secondo motivo, la ricorrente ha dedotto omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in riferimento alla circostanza documentale della mai avvenuta assegnazione del lavoratore al coordinamento di un numero di guardie giurate in servizio nel turno superiore alle 30 unità, comportante la legittima assegnazione alle mansioni proprie della guardia giurata, decisivo ai fini di accertare, in base alla declaratoria del III livello del CCNL RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in vigore dal 1° febbraio 2013 e del criterio di polifunzionalità in esso previsto, la legittimità della sua assegnazione, da ultimo, all’appalto RAGIONE_SOCIALE e di quella conseguente del licenziamento per la sua perdita dalla società datrice;
8. con il sesto, la ricorrente ha dedotto omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in riferimento alla circostanza documentale della richiesta del lavoratore ai propri coordinatori, fin dalla data di reintegrazione nel posto di lavoro, di essere assegnato a turni di lavoro diurno, vicini alla propria residenza, della durata di ore 7,15, con esclusione dei servizi su appalti con turnazione su 24 ore, con la conseguente legittimità della sua adibizione dal 1° novembre 2019 al presidio RAGIONE_SOCIALE in INDIRIZZO INDIRIZZO con mansioni di piantonamento alla barriera casse ed orario continuato 15.30/22,30;
essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono inammissibili;
ricorre, infatti, l’ ipotesi di doppia conforme, prevista dall’art. 348 ter , quinto comma c.p.c., applicabile ratione temporis , nella quale il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo dedotto ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando
che esse sono tra loro diverse (Cass. 22 dicembre 2016, n. 26774; Cass. 6 agosto 2019, n. 20994): non avendo la ricorrente ciò fatto;
10.1. in ogni caso, l’infondatezza dei due motivi congiuntamente scrutinati ne comporta l’assorbimento, per irrilevanza;
Con il terzo motivo, la ricorrente ha dedotto nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4 c.p.c., per omessa pronuncia in ordine al motivo di reclamo relativo alla legittima assegnazione del lavoratore a mansioni di guardia giurata dal 1° novembre 2019 (appalto RAGIONE_SOCIALE), ai sensi dell’art. 2103, secondo comma c.c., a seguito della riorganizzazione aziendale nel gennaio 2019; 12. esso è infondato;
al di là della rubricazione impropria del motivo, in merito al denunciato vizio di omessa pronuncia, esso non si configura.
La Corte territoriale ha, infatti, espressamente illustrato il motivo relativo alla ‘adibizione di NOME a mansioni di guardia particolare giurata … o comunque dall’1/11/19 (data di assegnazione all’appalto RAGIONE_SOCIALE) … ‘ (così al primo capoverso di pg. 8 della sentenza) e lo ha rigettato, quanto meno implicitamente (Cass. 28 marzo 2014, n. 7406; Cass. 8 maggio 2023, n. 12131): avendo ritenuto inapplicabile tout court l’art. 2103 c.c. (dal secondo capoverso di pg. 11 al primo di pg. 12 della sentenza) a tutti gli appalti cui il lavoratore era stato assegnato dopo la sua reintegrazione, ‘sempre … in servizi di mero piantonamento e/o di vigilanza presso … o ipermercati (RAGIONE_SOCIALE e da ultimo RAGIONE_SOCIALE‘ oggetto dei vari appalti succedutisi nel tempo’ (così al primo periodo di pg. 11 della sentenza);
14. con il quinto motivo, la ricorrente ha dedotto violazione o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5
c.p.c. dell’art. 115 c.p.c., per non avere la Corte territoriale ammesso le prove aventi ad oggetto l’avvenuta riorganizzazione aziendale di RAGIONE_SOCIALE nell’anno 2019;
15. esso è assorbito dall’infondatezza del primo e del quarto motivo congiuntamente esaminati;
16. con il settimo, la ricorrente ha infine dedotto violazione o falsa applicazione dell’art. 18, quarto comma legge n. 300/1970, per avere la Corte territoriale accertato la manifesta insussistenza del fatto a base del licenziamento del lavoratore e l’ecc essiva onerosità della sua reintegrazione; 17. anch’esso è infondato;
18. in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ove sia stata accertata la ‘manifesta insussistenza del fatto’, a seguito della sentenza n. 125 del 2022 della Corte costituzionale (che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 3 Cost., l’art. 18, settimo comma, secondo periodo, della legge n. 300/1970, come modificato dall’art. 1, comma 42, lett. b ), legge n. 92/2012, nella parte in cui prevedeva un potere discrezionale del giudice in ordine all’applicazione della tutela reale) va sempre applicata (a seguito della sentenza n. 59 del 2021 della Corte costituzionale) la sanzione reintegratoria, senza che assuma rilevanza la valutazione sulla non eccessiva onerosità del rimedio;
18.1. costituisce, infatti, principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo il quale l’efficacia delle sentenze dichiarative dell’illegittimità costituzionale di una norma di legge, quali quelle sopra citate, non si estende ai soli rapporti già esauriti per formazione del giudicato o per essersi comunque verificato altro evento cui l’ordinamento ricollega il consolidamento del rapporto medesimo, mentre tale efficacia si dispiega pienamente in
tutte le altre ipotesi (Cass. n. 2406 del 2003; Cass. n. 1277 del 2002; Cass. n. 1203 del 1999; Cass. n. 891 del 1974); 18.2. orbene, con la sentenza n. 125 del 2022, il Giudice delle leggi ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, settimo comma, secondo periodo, della l. n. 300 del 1970, come modificato dall’art. 1, comma 42, lettera b), della l. n. 92 del 2012, limitatamente alla parola ‘manifesta’, con la conseguenza che, in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ove sia stata accertata la ‘insussistenza dei fatto’ (da intendersi, nella giurisprudenza consolidata di questa Corte inaugurata da Cass. n. 10435 del 2018, comprensivo della impossibilità di ricollocare altrove il lavoratore) va applicata la sanzione reintegratoria, senza che assuma rilevanza la valutazione circa la sussistenza, o meno, di una chiara, evidente e facilmente verificabile assenza dei presupposti dì legittimità del recesso; inoltre, con la sentenza n. 59 del 2021, era già stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della medesima disposizione nella parte in cui prevedeva, in caso di accertata illegittimità del licenziamento, un potere discrezionale del giudice in ordine all’applicazione della tutela reale (cfr. Cass. n. 16975 del 2022; Cass. n. 30167 del 2022; Cass. n. 34049 del 2022; Cass. n. 34051 del 2022; Cass. n. 35496 del 2022; Cass. n. 36956 del 2022; Cass. n. 37949 del 2022; Cass. n. 38183 del 2022; Cass. n. 1299 del 2023; alle quali tutte si rinvia anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c.);
19. pertanto, i ricorsi riuniti devono essere rigettati, con la regolazione delle spese del giudizio di legittimità secondo il regime di soccombenza e con raddoppio del contributo unificato per la ricorrente, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
La Corte
decidendo nei due ricorsi rubricati R.G. 25241/2021 e R.G. 25269/ 2021, riunito il secondo al primo, li rigetta e condanna la società ricorrente alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 5.000,00 per compensi professionali; oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 23 aprile 2024