Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11157 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 11157 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 19160-2019 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME;
– resistenti con mandato –
Oggetto
Accertamento del maggior reddito e definizione bonaria della controversia fiscale.
R.G.N. 19160/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 12/02/2025
CC
avverso la sentenza n. 639/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 10/01/2019 R.G.N. 332/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/02/2025 dalla Consigliera Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
La Corte d’Appello di Torino, in sede di rinvio da Cass. nr. 4744 del 2018, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato l’originari o ricorso di NOME COGNOME avente ad oggetto un avviso di addebito Inps per contributi dovuti alla Gestione commercianti derivanti dal «maggior reddito» accertato dall’Agenzia delle Entrate.
A fondamento della decisione, per quanto solo rileva in questa sede, la Corte territoriale ha ritenuto ininfluente che la lite fiscale fosse stata definita ex art. 39, comma 12, D.L. nr. 98 del 2001, conv. in legge nr. 111 del 2001. A differenza di altri istituti che comportavano una rideterminazione del reddito imponibile, l’unico effetto riconducibile alla definizione agevolata era, infatti, costituito dalla fine della lite in cui fosse parte l’Agenzia delle Entrate. La definizione fiscale non incideva, invece, sul contenuto dell’atto di accertamento, a monte, e non comportava alcuna revisione della base imponibile. Ne conseguiva l’infondatezza delle pretese della ricorrente volte ad escludere il debito contributivo o, in subordine, ad ottenerne una riduzione in misura corrispondente a quella dell’imposta versata per effetto della definizione agevolata.
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME con un motivo, successivamente illustrato con memoria. L’INPS ha rilasciato procura in calce alla copia notificata del ricorso, senza svolgere attività difensiva.
CONSIDERATO CHE:
Con l’unico motivo di ricorso è dedotta la violazione di plurime disposizioni di legge (art. 10, comma 1, D.Lgs. nr. 241 del 1977; art. 1, comma 1, D.Lgs. nr. 462 del 1997; art. 39, comma 12, D.L. nr. 98 del 2011, conv. in legge nr. 111 del 2011; art. 16 della legge nr. 289 del 2002; art. 229 cod.civ.).
È censurata la decisione della Corte territoriale nella parte in cui afferma che la definizione agevolata non incide sull’accertamento del maggior reddito e non comporta alcuna revisione dell’imponibile contributivo, lasciando, in definitiva, impregiudicata l’efficacia dell’accertamento compiuto dall’Agenzia delle Entrate. Si assume , invece, l’incidenza della definizione agevolata sulla contribuzione. Diversamente, l’INPS resterebbe esonerato della prova della pretesa creditoria.
Le censure sono infondate.
La decisione è in linea con la più recente giurisprudenza di questa Corte secondo cui la definizione concordata della lite fiscale persegue l’esclusiva finalità di sfoltire il contenzioso tributario e non incide in alcun modo sul contenuto e sulla portata presuntiva dell’atto di accertamento dell’Agenzia delle Entrate. Tale atto conserva intatta la sua efficacia ai fini extrafiscali, in particolare nel calcolo dei contributi INPS a percentuale sul maggior reddito (Cass. nr. 21541 del 2019; Cass. nr. 23301 del 2019).
Il consolidamento e la definitività dell’accertamento ai fini contributivi possono, però, essere impediti dalla resistenza dell’obbligato e, pertanto, dall’offerta di prove di segno contrario (Cass. nr. 24774 del 2019; Cass. nn. 950 e 3386 del 2021, in motiv.). In assenza di contestazione, i fatti, oggetto dell’accertamento fiscale, diventano definitivi, con ogni
conseguente riflesso sull’obbligazione contributiva (Cass. nr. 2474 del 2019).
Tali principi di diritto, confermati a più riprese da questa Corte (fra le recenti, Cass. nr. 31345 del 2024, in motivaz.), rivelano l ‘ infondatezza della prospettazione di parte ricorrente che, senza dedurre, in ricorso, elementi circostanziati e persuasivi, idonei a infirmare la pretesa dell’Istituto, si limita a far leva sulla sopravvenienza della definizione concordata e sulla sua idoneità a caducare integralmente il credito vantato o, a tutto voler concedere, a rideterminare, in misura proporzionata all’importo fissato nella definizione concordata, il debito per contributi.
Segue, pertanto, il rigetto del ricorso. Nulla deve provvedersi in ordine alle spese, in difetto di attività difensiva da parte dell’INPS.
Sussistono, invece, in ragione dell’esito del ricorso, i presupposti processuali per il pagamento, da parte della ricorrente, del doppio contributo, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 12