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Decurtazione stipendio: illegittima se è sanzione

La Cassazione conferma la decisione di merito: illegittima la decurtazione stipendio operata da un’azienda di trasporti ai danni di un lavoratore collocato in aspettativa forzata. La Corte ha qualificato la trattenuta come una sanzione disciplinare applicata senza le dovute garanzie procedurali, basandosi sulle specifiche norme aziendali piuttosto che sulle normative generali invocate dall’azienda.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Decurtazione Stipendio: Illegittima se Nasconde una Sanzione Disciplinare

La decurtazione stipendio è una delle misure più delicate che un datore di lavoro possa adottare. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un principio fondamentale: una trattenuta sulla busta paga, anche se giustificata come conseguenza di un collocamento in aspettativa, è illegittima se di fatto costituisce una sanzione disciplinare applicata senza rispettare le garanzie procedurali previste dalla legge. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa: L’Aspettativa Forzata e la Trattenuta sulla Busta Paga

Il caso ha origine dalla decisione di un’importante azienda di trasporti di collocare un proprio dipendente in aspettativa non retribuita. A seguito di questa misura, l’azienda ha operato una trattenuta di quasi 2.000 euro dalla sua busta paga. Il lavoratore ha impugnato tale provvedimento, sostenendone l’illegittimità.

Il Tribunale di primo grado aveva dato ragione al lavoratore, ma è stata la Corte d’Appello a delineare i contorni della questione. I giudici di secondo grado, pur ammettendo che in astratto la legge (nello specifico, il R.D. 148/1981) consentisse il collocamento in aspettativa d’ufficio in determinate circostanze (come prolungata infermità o impedimento alle funzioni), hanno stabilito che nel caso specifico la decurtazione stipendio fosse illegittima per le modalità con cui era stata attuata.

La Decisione d’Appello: Legittimità Astratta, Illegittimità Concreta

La Corte d’Appello ha evidenziato una contraddizione cruciale. La condotta dell’azienda non era disciplinata dalla normativa generale invocata, bensì da una specifica procedura interna (l’art. 3.2.9) relativa al rifiuto del lavoratore di sottoporsi ad accertamenti sanitari. Tale procedura prevedeva che, in caso di rifiuto, il medico competente dichiarasse il lavoratore temporaneamente inidoneo alla mansione, ma non menzionava la sospensione della retribuzione.

Di conseguenza, la trattenuta economica è stata interpretata non come una logica conseguenza dell’aspettativa, ma come una vera e propria sanzione con natura disciplinare. In quanto tale, avrebbe dovuto essere preceduta dalle garanzie previste dall’articolo 7 dello Statuto dei Lavoratori (Legge 300/70), come la contestazione formale dell’addebito e la possibilità per il lavoratore di presentare le proprie difese.

Le Motivazioni della Cassazione: Quando la Decurtazione Stipendio Diventa Sanzione

L’azienda ha presentato ricorso in Cassazione, insistendo sull’applicabilità della normativa generale che prevede l’aspettativa. Tuttavia, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, definendolo in parte inammissibile e in parte infondato. Il motivo principale del rigetto risiede nel fatto che l’azienda non ha contestato la vera ratio decidendi della sentenza d’appello.

Il punto centrale, hanno spiegato gli Ermellini, non era se l’aspettativa fosse o meno applicabile in astratto, ma che le specifiche modalità adottate, e in particolare la decurtazione stipendio, trasformavano il provvedimento in una sanzione. La decisione dei giudici d’appello si fondava sull’analisi della procedura aziendale interna, che la stessa azienda aveva ignorato. Il ricorso dell’azienda, concentrandosi solo sulla normativa generale e non affrontando il punto cruciale della disciplina interna, non poteva che essere respinto.

La Cassazione ha quindi confermato che la misura adottata, per le sue caratteristiche punitive e per la mancanza delle garanzie procedurali, era illegittima. La trattenuta economica era, nella sostanza, assimilabile a una sanzione di ‘sospensione dal servizio’, che richiede un iter disciplinare ben definito.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza ribadisce un principio di garanzia fondamentale per i lavoratori. Un datore di lavoro non può utilizzare strumenti amministrativi, come il collocamento in aspettativa, per infliggere di fatto sanzioni economiche punitive senza seguire il corretto procedimento disciplinare. La forma non può prevalere sulla sostanza: se una misura incide sulla retribuzione e ha un chiaro intento sanzionatorio, deve essere assoggettata alle tutele previste dallo Statuto dei Lavoratori. Per le aziende, ciò significa che è essenziale non solo seguire le normative generali, ma anche e soprattutto applicare correttamente e coerentemente le proprie procedure interne, che possono fornire una tutela aggiuntiva al lavoratore e che, una volta adottate, diventano vincolanti.

È sempre legittima la decurtazione dello stipendio se un lavoratore viene messo in aspettativa d’ufficio?
No, non sempre. Secondo questa ordinanza, se la decurtazione, per le modalità con cui viene applicata, assume una natura punitiva e sanzionatoria, diventa illegittima se non vengono rispettate le procedure di garanzia previste per le sanzioni disciplinari (art. 7, L. 300/70).

Perché la trattenuta sullo stipendio è stata considerata una sanzione disciplinare in questo caso?
Perché la procedura aziendale interna, applicabile al caso specifico (rifiuto di sottoporsi a visita medica), non prevedeva la sospensione della retribuzione ma solo una dichiarazione di inidoneità temporanea. La decurtazione è stata quindi vista come una misura punitiva aggiuntiva, non giustificata dalla procedura stessa, e assimilabile alla sanzione della ‘sospensione dal servizio’.

Cosa deve fare un’azienda prima di applicare una misura che incide sulla retribuzione e ha carattere punitivo?
Deve seguire l’iter previsto dall’articolo 7 dello Statuto dei Lavoratori. Questo include la contestazione formale e specifica dell’addebito al lavoratore, la concessione di un termine per presentare le proprie difese e una decisione finale motivata. Non può mascherare una sanzione da provvedimento amministrativo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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