Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5361 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5361 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso R.G. n. 16495/2022
promosso da
COGNOME NOME , in proprio ex art. 86 c.p.c. (PEC: EMAIL), elettivamente domiciliato presso il suo studio in Asti, INDIRIZZO
parte ricorrente
contro
COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’ avv. Prof. NOME COGNOME (PEC: EMAIL) e dall’avv. NOME COGNOME (PECEMAIL), presso il cui studio, a Roma, INDIRIZZO è elettivamente domiciliato, in virtù di procura speciale in atti;
intimato avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 1275/2023 depositata il 19/04/2023, notificata in data 31/05/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Letti gli atti e i documenti di causa.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione NOME COGNOME proponeva opposizione al decreto ingiuntivo n. 24667/2019, emesso dal Tribunale di Milano a favore di NOME COGNOME in data 22/11/2019, non esecutivo, di cui non era andata a buon fine la notifica all’indirizzo di residenza del debitore, in Milano, INDIRIZZO nel termine perentorio di 60 giorni previsto ex art. 644 c.p.c.
L ‘ opponente assumeva di essere venuto a conoscenza del predetto decreto ingiuntivo in occasione del ritiro di un altro decreto ingiuntivo, recante il n. 5630/2020, emesso dal Tribunale di Torino e notificato, ai sensi dell’art. 140 c.p.c., in data 09/11/2020, al nuovo indirizzo di residenza del debitore, sito a Torino, evidenziando che nel testo del ricorso del ‘secondo’ d ecreto ingiuntivo veniva specificata la riproposizione del ricorso in relazione al medesimo credito già fatto valere con l’emissione del ‘primo’ decreto ingiuntivo, la cui notificazione era però mancata.
NOME COGNOME dunque, proponeva opposizione al primo decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Milano eccependo: l ‘ inefficacia dello stesso in considerazione del tentativo infruttuoso di notifica e considerata comunque l’assenza di una dichiarazione di rinuncia volontaria al decreto; la litispendenza e l’incompetenza del Tribunale di Milano; nel merito la prescrizione e decadenza dal diritto azionato nonché l’inesistenza del contratto di mandato posto a fondamento dell’azione .
Si costituiva NOME COGNOME chiedendo la declaratoria di inammissibilità dell’opposizione per difetto di interesse ad agire e di legittimazione, attesa l’inefficacia del decreto ingiuntivo ex art. 644 c.p.c. per omessa notifica del decreto.
Aggiungeva, inoltre, che la volontà di non avvalersi del ‘primo’ d ecreto ingiuntivo era s tata espressa nel ricorso relativo al ‘secondo’ d ecreto ingiuntivo, evidenziando che la stessa parte opponente aveva qualificato quella notifica come inesistente e ritenuto inefficace il decreto stesso.
Il Tribunale, premettendo che il debitore ingiunto ha l’onere di proporre opposizione nel termine di legge, poiché la nullità/inesistenza della notifica non impedisce il decorso del termine, concludeva per la legittimazione di NOME COGNOME all’opposizione e dichiarava l’incompetenza territoriale del Tribunale di Milano, per essere competente il Tribunale di Torino, con dichiarazione di nullità del decreto ingiuntivo opposto, condannando NOME COGNOME a rimborsare a NOME COGNOME le spese di lite, liquidate in € 3 .900,00 oltre IVA e CPA e 15 % di spese generali.
Con l’unico motivo di appello NOME COGNOME lamentava l’erroneità della sentenza che, secondo la parte, avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità dell’ opposizione per carenza di interesse ad agire dell’opponente, attesa l’inefficacia del decreto ingiuntivo in mancanza della notificazione entro il termine perentorio di 60 gg. stabilito dall’art. 644 c.p.c. e considerata la sua volontà di non volersi più avvalere del decreto ingiuntivo ottenuto dal Tribunale di Milano, espressa esplicitamente nel secondo ricorso per ingiunzione, presentato davanti al Tribunale di Torino, laddove aveva dato espressamente atto di voler riproporre la medesima domanda per il medesimo credito.
NOME COGNOME costituitosi chiedeva il rigetto dell’appello .
Con sentenza n. 1275/2023, la Corte d’appello di Milano respingeva l’impugnazione , con conseguente rigetto della domanda di condanna dell’appellato ex art. 96 c.p.c. e condanna del l’appellante al pagamento delle spese di lite.
La Corte di merito, richiamando un precedente di legittimità, riteneva che, nella specie, la notificazione del decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Milano fosse inesistente, aggiungendo che, in questo caso, l’ingiunto, oltre che con l’apposito procedimento ex art. 188 disp. att. c.p.c., poteva proporre la domanda d’inefficacia nei modi ordinari, anche sotto forma di opposizione, poiché i due istituti erano tra loro concorrenti e, in particolare, l’incardinamento del procedimento d’inefficacia non condizionava la proponibilità della domanda nelle forme ordinarie.
La menzionata Corte, in particolare, riteneva che, indipendentemente dalla sua notificazione, il decreto ingiuntivo emesso dall’autorità giudiziaria è un provvedimento giudiziale che determina in concreto la pretesa attorea, secondo la legge propria del procedimento ingiuntivo, e può avere effetti anticipatori, in caso di concessione della esecuzione provvisoria. La circostanza che il decreto sia sottoposto ad un termine di efficacia, e debba essere notificato entro sessanta giorni dalla pronunzia, non incide sulla sua natura, tenuto conto che la previsione del suddetto termine è rivolta esclusivamente a tutelare l’intimato. In tale ottica, la parte contro cui è emesso decreto ingiuntivo è legittimata, in caso di mancanza di fatto o di giuridica inesistenza della notificazione nei termini di cui all’art. 644 c.p.c., a richiedere la dichiarazione di inefficacia di tale provvedimento con la procedura ex art. 188 disp. att., c.p.c. o ad esperire autonoma domanda, volta all’accertamento dell’inefficacia del decre to, con la conseguenza che, in questi casi, è legittimamente proposta una opposizione ex art. 645 c.p.c., con la quale viene sollecitata la pronuncia giurisdizionale in ordine alla sussistenza della pretesa, potendo far venir meno l’interesse all’accertamento giudiziale richiesto solo una formale rinuncia alla pretesa da parte del creditore.
Tale rinuncia, secondo la Corte di merito, nella specie, non era intervenuta, poiché, non solo nel nuovo ricorso monitorio non vi era una espressa rinuncia al precedente decreto ingiuntivo, ma NOME COGNOME non
aveva neppure dato riscontro alla successiva richiesta di chiarimenti in proposito formulata dal debitore ingiunto circa l’effettiva volontà, o meno, di rinunciare all’ingiunzione milanese , con ciò determinando NOME COGNOME a introdurre l’opposizione.
Contro tale sentenza, NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a tre motivi di impugnazione.
NOME COGNOME si è difeso con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e/o falsa applicazione , ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., dell’art. 644 c.p.c., dell’art. 188 disp. att. c.p.c. e dell’art. 111 Cost. , nonché la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 100, 644 e 188 disp. att. c.p.c., per avere la Corte d’appello ritenuto ammissibile una duplicazione nella opposizione portata avanti giudiziariamente con modalità del tutto strumentali e, pertanto, inammissibile per carenza di interesse ad agire del debitore ingiunto, dovendo ritenersi certamente abbandonat a l’azione esperita con la richiesta del primo decreto ingiuntivo, essendo stata successivamente formulata la stessa domanda monitoria ad un altro Ufficio Giudiziario, il Tribunale di Torino, che aveva emesso un secondo decreto ingiuntivo, notificato ed opposto per gli stessi motivi di merito.
Ad opinione del ricorrente, la Corte d’Appello e il Tribunale hanno errato nel dichiarare -pur se con diversa motivazione ammissibile l’opposizione al decreto ingiuntivo, incorrendo prima di tutto in una violazione dell’art. 100 c.p.c., poiché l’interesse era inesistente, dato che, riproponendo il ricorso monitorio davanti al Tribunale di Torino, il creditore aveva già rinunciato al precedente decreto, anche esplicitando tale volontà nel nuovo ricorso per decreto ingiuntivo.
Inoltre, sempre a d opinione della parte, la Corte d’appello ha erroneamente ritenuto sussistente la legittimazione all’opposizione ex art . 645 c.p.c. , sul presupposto che l’inefficacia del decreto ingiuntivo non opera di diritto, non solo perché la rinuncia alla pretesa di cui al primo decreto ingiuntivo era stata formalizzata all’interno del secondo ricorso monitorio davanti al Tribunale di Torino, e non poteva quindi essere formalizzata in sede stragiudiziale, ma anche perché, essendo mancata la notifica del decreto ingiuntivo, il creditore poteva riproporre solamente la domanda con un nuovo ricorso, come previsto dall’art. 644 c .p.c., per ottenere un altro decreto, e ciò anche se l’inefficacia non era stata dichiarata dal Giudice.
In sintesi, secondo il ricorrente, solo per i diversi casi in cui il decreto ingiuntivo sia notificato fuori termine o la cui notifica sia nulla, l’unico rimedio consentito all’intimato è quello dell’opposizione ai sensi dell’art. 645 c.p.c., mentre, in casi come quello in esame – ove la notifica del decreto ingiuntivo non vi è stata, perché non è andata a buon fine l’opposizione al decreto ingiuntivo è inammissibile poiché essa presuppone la avvenuta notifica rituale (anche tardiva) del decreto ingiuntivo stesso.
Con il secondo motivo di ricorso è dedott a l’omessa considerazione di un fatto decisivo per il giudizio, posto a fondamento della decisione, oggetto di contraddittorio, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., per avere la Corte d’appello ritenuto che solo una formale rinuncia alla pretesa da parte del creditore poteva far venir meno l’interesse all’accertamento giudiziale richiesto, senza considerare che, nel caso di specie, non vi era una notifica tardiva nulla o irregolare, ma una notifica inesistente, per cui non era ammessa opposizione, ed, inoltre, vi era stata la riproposizione della domanda monitoria davanti ad un altro giudice, che implica l’ abbandono ex lege del primo decreto per violazione del ne bis in idem e litispendenza. Inoltre, secondo il ricorrente, la Corte di merito ha erroneamente ritenuto che la volontà espressa del creditore ingiungente di rinunciare al primo decreto
ingiuntivo fosse mancata, poiché tale volontà era stata, invece, espressa in via giudiziaria proprio nel secondo ricorso per ingiunzione, laddove lo stesso dava espressamente atto formalmente di voler riproporre la medesima domanda per il medesimo credito. Peraltro, dal mancato esercizio della facoltà di cui all’art. 188 disp. att. c.p.c. da parte del debitore non potevano derivare effetti preclusivi in danno del creditore, quali l’impossibilità di avanzare una nuova richiesta di decreto ingiuntivo.
Con il terzo motivo di ricorso è formulata la richiesta di riforma della statuizione sulle s pese di lite, per effetto dell’accoglimento del ricorso per cassazione, con condanna del debitore ingiunto alla responsabilità processuale aggravata, ai sensi dell’art. 96, commi 1 e 3, c.p.c., nonché ai sensi dell’art. 89, co mma 2 c.p.c., posto che l’opposizione doveva essere ritenuta fin dal primo grado espressione di reiterato grave abuso del processo (e contenente anche false accuse e sconvenienti attestazioni contro un collega avanti alla Autorità Giudiziaria Giudicante).
Il primo motivo di ricorso è fondato sia pure nei termini di seguito evidenziati.
2.1. Per statuire sulla censura, occorre tenere presente che NOME COGNOME risulta avere proposto opposizione al decreto ingiuntivo non provvisoriamente esecutivo, emesso dal Tribunale di Milano, la cui notificazione non era stata portata a termine e, dunque, non era esistente, facendo valere, in via pregiudiziale, l’inefficacia dello stesso, oltre alla litispendenza con l’altro giudizio di opposizione, proposto contro il decreto ingiuntivo successivamente emesso dal Tribunale di Torino per lo stesso credito e, comunque, l’incompetenza del Tribunale di Milano (v. p. 4 della sentenza impugnata).
2.2. Com’è noto, l’art. 644 c.p.c. stabilisce che «Il decreto di ingiunzione diventa inefficace qualora la notificazione non sia eseguita nel termine di
sessanta giorni dalla pronuncia, se deve avvenire nel territorio della Repubblica, e di novanta giorni negli altri casi; ma la domanda può essere riproposta.»
L’art. 188 disp. att. c.p.c. prevede, poi, che «La parte alla quale non è stato notificato il decreto d’ingiunzione nei termini di cui all’articolo 644 del codice può chiedere con ricorso al giudice, che ha pronunciato il decreto, che ne dichiari l’inefficacia. Il giudice fissa con decreto un’udienza per la comparizione delle parti davanti a sé e il termine entro il quale il ricorso e il decreto debbono essere notificati alla controparte. La notificazione è fatta nel domicilio di cui all’articolo 638 del codice se avviene entro l’anno dalla pronuncia e personalmente alla parte a norma degli articoli 137 e seguenti del codice se è fatta posteriormente. Il giudice, sentite le parti, dichiara con ordinanza non impugnabile l’inefficacia del decreto ingiuntivo a tutti gli effetti. Il rigetto dell’istanza non impedisce alla parte di proporre domanda di dichiarazione d’inefficacia nei modi ordinari.»
2.3. Questa Corte ha più volte precisato che il procedimento regolato dall’art. 188 disp. att. c.p.c. è esperibile solo quando la notificazione del decreto ingiuntivo sia inesistente (perché non è stata eseguita o portata o termine, ovvero perché viziata da inesistenza giuridica), ma non nel caso in cui la notificazione sia stata portata a termine, sia pure tardivamente, o sia viziata da nullità (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 36496 del 24/11/2021; Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 23903 del 02/10/2018; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 8126 del 02/04/2010).
In particolare, si è evidenziato che, qualora il creditore, munito di decreto ingiuntivo, provveda a rituale notificazione del medesimo, ancorché dopo il decorso del termine d’efficacia fissato dall’art 644 c.p.c., le ragioni del debitore, comprese quelle relative all’inefficacia del titolo prevista dalla citata norma, possono essere fatte valere solo con l’ordinaria opposizione
da esperirsi nel termine di legge, e non anche attraverso gli strumenti previsti dagli artt. 188 disp. att. c.p.c. (ricorso per la declaratoria d’inefficacia del decreto) e 650 c.p.c. (opposizione tardiva), i quali presuppongono, rispettivamente, la mancanza o la giuridica inesistenza della notificazione del decreto, e il difetto di tempestiva conoscenza del decreto stesso per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore (v. da ultimo Cass., Sez. 3, Sentenza n. 36496 del 24/11/2021).
In una pronuncia oramai non più recente, questa Corte ha affermato che, se un decreto ingiuntivo non è notificato, o la notifica di esso è giuridicamente inesistente, la parte contro la quale è stato emesso può, decorso il termine stabilito dall’art. 644 c.p.c., chiederne la declaratoria di inefficacia, ai sensi dell’art. 188 disp. att. c.p.c., o con la procedura prevista dai primi due commi, o con autonoma domanda, come espressamente consentito dall’ultimo comma dell’art icolo da ultimo richiamato (così Cass., Sez. 3, Sentenza n. 9872 del 10/10/1997).
In tale ottica, la Corte, nella menzionata pronuncia, ha affermato che, in caso di notifica inesistente, è legittimamente proposta una opposizione ex art. 645 c.p.c., quando vi sia contestazione sul credito fatto valere, poiché l’opposizione costituisce l’ atto introduttivo del giudizio con cui viene sollecitata la pronuncia giurisdizionale in ordine alla sussistenza della pretesa, e solo una formale rinuncia alla pretesa da parte del creditore, può far venir meno l’int eresse all’accertamento giudiziale richiesto (v. ancora Cass., Sez. 3, Sentenza n. 9872 del 10/10/1997, ove però è stato escluso che la controversia ricadesse nell’ipotesi descritta, perché vi era stata una notificazione nulla, e non inesistente, del decreto ingiuntivo opposto).
2.4. Proprio con riguardo all’interesse all’accertamento dell’inefficacia del decreto ingiuntivo con un’autonoma domanda , occorre tuttavia effettuare alcune precisazioni, che delimitano l’ambito operativo d el principio riportato.
Come sopra evidenziato, il legislatore, con il disposto de ll’art. 188 disp. att. c.p.c., ha voluto introdurre uno speciale procedimento camerale, particolarmente connotato nei presupposti e nelle caratteristiche procedurali.
Ove la parte decida di non avvalersi di tale procedimento, scegliendo di proporre un ‘azione volta all’accertamento dell’inefficacia del decreto ingiuntivo, anche mediante la presentazione di un’opposizione ex art. 645 c.p.c., devono applicarsi le regole generali che disciplinano il processo.
2.5. In particolare, occorre tenere presente che, ai sensi dell’art. 100 c.p.c., «Per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse».
Questa Corte ha di recente ribadito che l’ interesse ad agire, previsto quale condizione dell’azione ex art. 100 c.p.c., va identificato in una situazione di carattere oggettivo derivante da un fatto lesivo, in senso ampio, del diritto e consistente in ciò che senza il processo e l’esercizio della giurisdizione l’attore soffrirebbe un danno. Ne deriva che tale interesse deve avere necessariamente carattere attuale, poiché solo in tal caso trascende il piano di una mera prospettazione soggettiva assurgendo a giuridica ed oggettiva consistenza, e resta invece escluso quando il giudizio sia strumentale alla soluzione soltanto in via di massima o accademica di una questione di diritto in vista di situazioni future o meramente ipotetiche (Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 12532 del 08/05/2024).
In numerose altre pronunce, questa stessa Corte ha efficacemente affermato che l’interesse ad agire deve essere concreto ed attuale , consistendo nell’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice (tra le tante, v. Cass., Sez. 1. Sentenza n. 7786 del 29/03/2007).
In quanto condizione dell’azione, peraltro, l’interesse ad agire deve sussistere fino al momento della decisione, quale espressione del bisogno di
tutela giurisdizionale (cfr. Cass., Sez. 2, Sentenza n. 17029 del 11/08/2016; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 14649 del 11/06/2013).
Ove, poi, l’azione si sostanzi in una domanda volta all’accertamento negativo di un diritto , costituisce condizione dell’azione ex art. 100 c.p.c. l’avvenuto compimento di un atto di esercizio, rivendicazione o seria manifestazione di vitalità del diritto della cui inesistenza si invoca la declaratoria d’inesistenza (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 24552 del 12/09/2024; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 16281 del 04/08/2016).
2.6. Nel caso di specie, lo stesso controricorrente ha dedotto che il decreto ingiuntivo, emesso dal Tribunale di Milano, non gli era stato notificato, spiegando che, per lo stesso credito, aveva ricevuto la notifica di un altro decreto ingiuntivo, emesso dal Tribunale di Torino, a seguito della quale aveva incardinato un altro giudizio di opposizione (p. 2 del controricorso).
A fondamento dell’opposizione proposta contro il decreto ingiuntivo del Tribunale di Milano, NOME COGNOME ha dedotto di non avere ricevuto risposta alla richiesta, rivolta a NOME COGNOME, di chiarire se, riproponendo l’iniziativa monitoria presso il Tribunale di Torino, avesse inteso rinunciare al decreto ingiuntivo non notificato (p. 2-3 del controricorso).
Lo stesso NOME COGNOME nel controricorso, ha tuttavia dedotto che la controparte si è difesa, nel menzionato giudizio di opposizione, eccependo da subito il difetto di interesse ad agire dell’opponente , evidenziando di avere espressamente manifestato nel secondo ricorso monitorio la volontà di riproporre la medesima domanda a Torino, dopo che la notifica del decreto ingiuntivo ottenuto a Milano non era andata a buon fine (p. 3 del controricorso).
In effetti, anche nelle conclusioni riportate nella sentenza impugnata, NOME COGNOME risulta avere concluso chiedendo «… in via preliminare assorbente, dichiarare inammissibile l’opposizione spiegata, vista la palese carenza di interesse ad agire dell’opponente contro un decreto ingiuntivo
non notificato ritualmente poiché espressamente riproposto come per legge presso altro Tribunale…» (p. 2 della sentenza impugnata).
In tale quadro, nessun concreto e attuale interesse alla proposizione dell’opposizione è ravvisabile in capo a NOME COGNOME a fronte della mera adozione del decreto ingiuntivo in questione, divenuto inefficace per mancata notifica nel termine di legge.
La mancata notificazione di detto decreto non ha determinato la pendenza della lite, ai sensi dell’art. 643 c.p.c., e, stante l ‘in contestata decorrenza del termine per la notifica previsto dall’art. 644 c.p.c. , sostenuta da entrambe le parti, non vi è stata alcuna incertezza sull’inefficacia del decreto stesso.
In teoria, NOME COGNOME avrebbe potuto ugualmente notificare, sia pure tardivamente, a NOME COGNOME il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Milano, ma è incontestato tra le parti che tale notificazione non è intervenuta né prima dell’ opposizione né nel corso del relativo giudizio. Il controricorrente non ha neppure dedotto di avere ricevuto la manifestazione della volontà della controparte di effettuare tale notificazione, lamentando solo il silenzio di NOME COGNOME di fronte a una esplicita richiesta di chiarimento in ordine alla volontà di rinunciare al decreto ingiuntivo in questione, che, comunque, da entrambe le parti era ritenuto inefficace.
La tardiva notificazione del decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Milano si prospetta, dunque, meramente ipotetica ed eventuale, sicché, per i motivi sopra evidenziati, non è idonea a rappresentare un interesse ad agire per ottenere l’accertamento dell’inefficacia del decreto ingiuntivo, che risulta, anzi, incontestata.
Peraltro, ove, in futuro, nonostante l’inefficacia, il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Milano dovesse essere notificato tardivamente, NOME COGNOME non resterebbe privo di tutela, dal momento che, come sopra evidenziato, potrebbe proporre opposizione ex art. 645 c.p.c.,
avendo, stavolta sì, interesse ad agire, al fine di far valere l’inefficacia del decreto ingiuntivo.
L’accoglimento del primo motivo di ricorso rende superfluo l’esame degli altri, che devono ritenersi assorbiti, come anche le questioni che il controricorrente ha dedotto di voler riproporre nell’eventuale giudizio di merito che, come appena illustrato, non poteva essere iniziato.
In conclusione, accolto il primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio, poiché il giudizio introdotto con l’opposizione a decreto ingiuntivo davanti al Tribunale di Milano non poteva essere proposto.
Tenuto conto della particolarità della vicenda e dell ‘assenza di un orientamento interpretativo consolidato sulle specifiche questioni affrontate , le spese dell’intero giudizio devono essere compensate.
P.Q.M.
La Corte
accoglie il primo motivo di ricorso e, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata senza rinvio perché la causa non poteva essere proposta; compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile