Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2226 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 2226 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 15982-2019 proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 389/2018 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 20/11/2018 R.G.N. 325/2018;
Oggetto
R.G.N. 15982/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 16/10/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/10/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME
RITENUTO CHE
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Genova, riformando la decisione di prime cure, ha rigettato la domanda volta ad ottenere la retrodatazione, al 1° aprile 2007, della pensione di vecchiaia per lavoratori parasubordinati erogata dall’INPS all’attuale ricorrente solo a partire da ottobre 2014 sul presupposto della mancata maturazione, alla data pretesa, dei requisiti, anagrafici e contributivi, previsti per la gestione separata.
In sintesi, il pensionato, che aveva versato contributi presso il fondo lavoratori dipendenti dell’AGO e, poi, presso la gestione separata, aveva presentato domanda, il 24 settembre 2014, avvalendosi della facoltà di cui all’art. 3, d.m. n. 282/1996, argomentando nel senso che, per aver compiuto l’età anagrafica per il pensionamento di vecchiaia nel sistema contributivo (57 anni) nel marzo 2007, trovava applicazione la clausola di salvaguardia di cui all’art. 1, co.3, legge n.243/2004, con conseguente inopponibilità del nuovo e più rigoroso requisito prescritto dalla legge.
La sentenza, con la quale la Corte di merito si è conformata alla consolidata giurisprudenza di legittimità, è impugnata da COGNOME NOMECOGNOME con ricorso affidato ad un unico motivo con il quale si duole di violazione di legge; resiste con controricorso l’INPS, ulteriormente illustrato con memoria;
CONSIDERATO CHE
La questione controversa è già stata esaminata con plurime sentenze ed ordinanze, nn. 24926/2024; 24887/2024; 24779/2024; 24773/2024; 24815/2024; 15460/2024; 15459/2024; 15458/2024; 15329/2024; 15327/2024;
15326/2024; 15322/2024; 12882/2024; 36199/2023; 36030/2023; 30689/2023; 29250/2023; 29234/2023; 30257/2022; 30256/2022; 21361/2021.
Occorre infatti distinguere tra la data di perfezionamento del diritto alla pensione e la data di decorrenza del trattamento pensionistico che, nel caso di specie, decorre dalla domanda, come fatto palese dall’art. 3 D.M. 282/96: esso, ai fini dell’esercizio della facoltà di computo, richiede apposita domanda, e solo per effetto di essa, e quindi a partire da essa, la contribuzione pregressa può costituire parte dell’ammontare contributivo necessario per la liquidazione chiesta (v. Cass. n. 24946/2024).
Si può qui aggiungere che, in tema di cumulo di contributi maturati presso diverse gestioni dell’AGO, la regola generale è quella dell’art. 22, co. 5 L. n. 153/69: il trattamento pensionistico «decorre dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda».
Detto che la Gestione separata è una gestione facente parte dell’AGO, come il FPLD e le gestioni speciali dei lavoratori autonomi (Cass. 10396/09), il computo di cui all’art. 3 D.M. 282/96 è una vera e propria ipotesi di cumulo, secondo quanto emerge da Cass. 10396/09, nel momento in cui tale pronuncia ha richiamato la disciplina del cumulo dell’art. 16 L. n. 233/90 in relazione alla facoltà di computo.
Trattandosi dunque di cumulo, deve valere l’art. 22, co. 5 L. n. 153/69, per cui il trattamento conseguito mediante cumulo ex art. 3 del d.m. 282/1996 decorre dal primo giorno del mese successivo alla domanda di pensione e non già dal primo giorno del mese successivo al compimento dell’età pensionabile.
Non si rinvengono, infine , nell’impianto argomentativo impugnatorio, elementi tali da indurre il Collegio ad una rivisitazione del consolidato orientamento.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in euro 200,00 per esborsi, 3.000,00 euro per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento. Ai sensi dell’art.13,co.1 -quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13,co. 1, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 16 ottobre