Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27116 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L   Num. 27116  Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 25397/2020 proposto da:
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e domiciliato presso la Cancelleria della Suprema Corte di Cassazione;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente-
avverso  la  SENTENZA  della  CORTE  D’APPELLO  DI  PERUGIA  n.  6/2020, pubblicata il 31 gennaio 2020.
Udita  la  relazione  svolta  nella  camera  di  consiglio  dell’8  ottobre  2025  dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Con ricorso depositato il 9 settembre 2016 NOME COGNOME ha adito il Tribunale di Terni per sentire accertare e dichiarare il diritto alla ricostituzione della pensione di anzianità di cui era titolare, da effettuare mediante accredito del maggior valore retributivo da riconoscere alle settimane di contribuzione figurativa per malattia collocate nel periodo utile per determinare la retribuzione pensionabile in modo da ricomprendere, nella base di calcolo, anche le competenze extramensili.
Egli ha affermato che avrebbe avuto diritto a un trattamento pensionistico più favorevole di € 19,22 mensili.
Il Tribunale di Terni, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 30/2018, ha accolto il ricorso.
L’RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello che la Corte d’appello di Perugia, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 6/2020, ha accolto.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE si è difesa con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con  il  primo  motivo  parte  ricorrente  lamenta  la  violazione  e  falsa applicazione dell’art. 47, commi 3 e 6, d.P.R. n. 639 del 1970, modificato dall’art. 38 d.l. n. 98 del 2011, conv. dalla legge n. 111 del 2011 in quanto la Corte territoriale  avrebbe  errato  nel  ritenere  applicabile  la  decadenza  di  cui  a quest’ultima disposizione ai soli trattamenti liquidati dopo il 6 luglio 2011 .
Con il secondo motivo contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 47, d.P.R. n. 639 del 1970, come interpretato dall’art. 6 d.l. n. 103 del 1991, conv. dalla  legge  n.  166  del  1991  atteso  che  la  decadenza  in  esame  non  poteva comportare l’estinzione del diritto alla pensione correttamente determinata in sé considerato.
Le due censure, che possono essere trattate congiuntamente, stante la stretta connessione, sono fondate nei termini che seguono.
Questa Suprema Corte è già intervenuta sulle questioni qui in rilievo con la recente sentenza Cass., Sez. L., n. 28416 del 14/12/2020 (ma si considerino
anche Cass., Sez. L, n. 17430 del 17/06/2021; Cass., Sez. 6-L, n. 4858 del 15/02/2022;  Cass.,  Sez.  L,  n.  15446  del  3/06/2024),  alle  cui  considerazioni occorre dare continuità.
In particolare, si è ribadito il principio (affermatosi a partire da ll’ordinanza Sez. VI-L, n. 7756 del 19/4/2016 e, più di recente, con le ordinanze n. 3580/2019 e 16661/2018 e con la sentenza Sez. L, n. 29754 del 15/11/2019) secondo cui, sulla base dei principi e delle ragioni enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 15352/2015 (che, intervenendo nella materia delle emotrasfusioni in relazione ai termini introdotti dall’art. 1, comma 9, legge n. 238/1997 per la domanda volta al conseguimento dell’indennizzo da vaccinazioni o di epatiti post trasfusionali e pensioni da HIV, ha ritenuto applicabile il nuovo termine anche per i fatti pregressi, ma a decorrere dall’entrata in vigore delle nuove disposizioni), il termine di decadenza int rodotto dall’art. 38, comma 1, lett. d), n. 1), del d.l. n. 98 del 2011, convertito dalla legge n. 111 del 2011, con riguardo ‘alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito’, decorrente ‘dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte’, trova applicazione anche con riguardo a prestazioni già liquidate, ma solo a decorrere dall’entrata in vigore della citata disposizione.
Dalla sentenza delle Sezioni Unite sopra richiamata sono enucleabili principi validi anche nell’interpretazione della decadenza introdotta dall’art. 42 citato.
In particolare, venendo in rilievo un problema di diritto transitorio attinente alla determinazione dell’incidenza di una legge sopravvenuta che introduca ex novo un termine di decadenza su una situazione ancora pendente, si è escluso che la nuova previsione di un termine di decadenza da parte del legislatore possa avere effetto retroattivo, facendo decorrere il termine prima dell ‘ entrata in vigore della legge che l ‘ abbia istituito, e si è affermato, conformemente ai principi generali dell ‘ ordinamento in materia di termini, che, ove una modifica normativa introduca un termine di decadenza prima non previsto, la nuova disciplina si applichi anche alle situazioni soggettive già in essere, ma la
decorrenza del termine viene fissata con riferimento all ‘ entrata in vigore della modifica legislativa.
Tale soluzione realizza il bilanciamento di due contrapposte esigenze e cioè, da  un  lato,  quella  di  garantire  l ‘ efficacia  del  fine  sollecitatorio  perseguito  dal legislatore  con  l ‘ introduzione  del  termine  decadenziale  e,  dall ‘ altro,  quella  di tutelare l ‘ interesse del  privato,  onerato  della  decadenza,  a  non  vedersi addebitare un comportamento inerte allo stesso non imputabile (Cass. n. 13355 del 12/6/2014).
Secondo i principi generali, poi, la decadenza – una volta maturata – copre ogni questione e, dunque, inibisce la riliquidazione ulteriore, quale che sia la ragione invocata dalla parte alla base della stessa. Resta, al riguardo, il problema di vedere se, in riferimento alla richiesta di adeguamento o ricalcolo di prestazioni pensionistiche parzialmente già riconosciute, la decadenza riguardi, in considerazione della natura della prestazione, solo le differenze sui ratei maturati precedenti il triennio ovvero, in generale, ogni differenza comunque dovuta per il titolo in relazione al quale è richiesto l ‘ adeguamento o il ricalcolo. È il problema se la decadenza sia tombale, pur con riferimento alle differenze rivendicabili dal privato in aggiunta alla prestazione già riconosciuta (la prestazione riconosciuta non è, invece, affatto in discussione) ovvero mobile, ossia se la decadenza riguardi soltanto le differenze sui ratei per i quali il termine è decorso e non anche eventuali differenze sui ratei futuri (e, altresì, sui ratei pregressi per i quali non è maturata la decadenza).
Nel primo senso, milita la considerazione della natura della decadenza, che è volta a definire una volta per tutte, anche nell ‘ interesse della stabilità dei conti pubblici,  l ‘ ammontare  della  prestazione  da  erogare,  soluzione  questa,  però, ipotizzabile solo in quei casi in cui la prestazione nel suo nucleo essenziale è, comunque, riconosciuta e mantenuta. Nel secondo senso, invece, rileva la natura della prestazione, che è costituzionalmente protetta ed imprescrittibile.
Una guida alla soluzione della questione deriva dalla piana lettura della lettera delle norme applicabili: in particolare, l ‘ art. 47, comma 6, estende alle azioni di riliquidazione i commi 2 e 3, in relazione ai quali l ‘ art. 6 del d.l. n. 103 del 1991, convertito dalla legge n. 166 del 1991, chiarisce che la decadenza determina
l ‘ estinzione del diritto ai ratei pregressi. Infatti, prevede la norma che il decorso dei termini previsti dall ‘ art. 47, commi 2 e 3, del d.P.R. n. 639 del 1970, posti a pena di decadenza per l ‘ esercizio del diritto alla prestazione previdenziale, ‘ determina l ‘ estinzione del diritto ai ratei pregressi delle prestazioni previdenziali e l ‘ inammissibilità della relativa domanda giudiziale ‘ , precisando poi che in caso di mancata proposizione del ricorso amministrativo i termini decorrono dall ‘ insorgenza del diritto ai singoli ratei.
Il problema è stato esaminato dalla giurisprudenza di legittimità in relazione alla natura del termine decadenziale in genere, che è stato riferito ai singoli ratei (tra le tante, le sentenze Cass., Sez. L, n. 13104 del 08/09/2003; Sez. L, n. 152 del 09/01/1999; Sez. L, n. 2364 del 07/02/2004), in ragione della loro autonoma cadenza temporale.
L ‘ art. 6 non riguarda, però, solo la domanda di pensione e, dunque, il caso di pensione negata in toto , ma ha portata generale, potendo applicarsi anche alla domanda di riliquidazione.
Ciò è confermato proprio dall ‘ art. 38 del d.l. n. 98 del 2011, che ha modificato la disciplina del 1970, sia aggiungendo all ‘ art. 47 un comma, secondo cui le decadenza si applica alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l ‘ adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito, sia aggiungendo, dopo l ‘ art. 47, un art. 47 bis, a norma del quale ‘ si prescrivono in cinque anni i ratei arretrati, ancorché non liquidati e dovuti a seguito di pronuncia giudiziale dichiarativa del relativo diritto, dei trattamenti pensionistici, nonché delle prestazioni della gestione di cui all ‘ art. 24 della legge 9 marzo 1988, n. 88, o delle relative differenze dovute a seguito di riliquidazioni ‘ . L ‘ intento del legislatore, con l ‘ introduzione della decadenza anche in tema di ricalcoli pensionistici, è, dunque, quello di continuare a incidere unicamente sui ratei pregressi.
Tale  interpretazione  trova  conferma  anche  da  quanto  si  ricava  dai  lavori preparatori e dalla relazione che accompagna l ‘ emanazione dell ‘ art. 38, dove si afferma  che,  a  differenza  del  diritto  al  trattamento  pensionistico  di  per  sé imprescrittibile,  il  diritto  ai  singoli  ratei  è  reputato  soggetto  a  prescrizione
siccome considerato dalla giurisprudenza di contenuto esclusivamente patrimoniale, periodicamente risorgente e limitatamente disponibile.
L ‘ interpretazione che limita ai ratei l ‘ applicazione dei termini di prescrizione e decadenza anche nel caso di riliquidazioni è in linea con i principi affermati in materia dalla Corte costituzionale, che ha sempre ritenuto il diritto a pensione come diritto fondamentale, irrinunciabile, imprescrittibile e non sottoponibile a decadenza, in conformità al principio costituzionalmente garantito che non può comportare deroghe legislative (tra le altre, Corte costituzionale 26 febbraio 2010, n. 71; 22 luglio 99, n. 345; 15 luglio 85, n. 203).
Una diversa lettura (che applicasse la decadenza all ‘ intera pretesa di rideterminazione, travolgendo i ratei futuri ed infratriennali) sarebbe del resto incompatibile con la Costituzione tutte le volte in cui la misura della prestazione riconosciuta o pagata non salvaguardi il nucleo essenziale della prestazione, come quando solo una parte esigua della prestazione sia riconosciuta e pagata dall ‘ ente previdenziale. Per tali casi, ritenere il diritto alle differenze pensionistiche perduto per decadenza comporterebbe, di fatto, la vanificazione del diritto alla pensione, in netto contrasto con l ‘ art. 38 Cost.
La ricostruzione che qui si critica, del resto, porrebbe problemi di non agevole soluzione volti ad individuare (per ciascuna prestazione periodica, peraltro), in difetto di criteri legali o costituzionali chiari, quale sia il nucleo essenziale della prestazione pensionistica incomprimibile.
Le  indicate  considerazioni  inducono,  pertanto,  questa  Suprema  Corte  ad optare  per  l ‘ altra  interpretazione,  che  non  pone  le  indicate  criticità  e  che  è costituzionalmente conforme.
L ‘ applicazione  della  decadenza  della  domanda  di  riliquidazione  ai  soli  ratei pregressi  ultratriennali  e  non  all ‘ intera  pretesa  del  privato  attua  un  giusto equilibrio tra il diritto alla pensione e l ‘ obiettivo decorso del tempo assicurato dalla  decadenza  mobile  che,  comunque,  sanziona  il  pensionato  in  modo significativo con la perdita dell ‘ integrazione dei ratei ultratriennali rispetto alla domanda giudiziale.
Per converso alcun bilanciamento tra gli opposti interessi sarebbe assicurato dall ‘ accoglimento della tesi opposta, che produrrebbe una pensione decurtata
per sempre in modo contra legem , con effetto completamente ablativo del diritto alle differenze (a fronte di una situazione di ignoranza del pensionato quanto all ‘ esatto  importo  della  prestazione,  che  potrebbe  protrarsi  per  anni)  e  con incidenza  normale  rilevante  su  una  situazione  soggettiva  costituzionalmente protetta.
Può, dunque, affermarsi che, in riferimento alla richiesta di adeguamento o ricalcolo di prestazioni pensionistiche parzialmente già riconosciute, la decadenza  riguardi,  in  considerazione  della  natura  della  prestazione,  solo  le differenze sui ratei maturati precedenti il triennio dalla domanda giudiziale.
2) Il ricorso è accolto nei termini di cui in motivazione.
La sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione, la quale deciderà la causa nel merito, anche in ordine alle spese di legittimità, applicando i seguenti principi di diritto:
‘La decadenza triennale di cui all’art. 47 del d.P.R. n. 639 del 1970, come modificato dall’art. 38, comma 1, lett. d), del d.l. n. 98 del 2011, conv., con modif.,  dalla  legge  n.  111  del  2011,  si  applica  anche  alla  riliquidazione  dei trattamenti pensionistici già in essere, con decorrenza dalla data di entrata in vigore del d.l. citato, ossia dal 6 luglio 2011’;
‘In tema di richiesta di adeguamento o ricalcolo di prestazioni pensionistiche parzialmente già riconosciute, la decadenza triennale di cui all’art. 47 del d.P.R. n. 639 del 1970, come modificato dall’art. 38, comma 1, lett. d), del d.l. n. 98 del 2011, conv., con modif., dalla legge n. 111 del 2011, si applica solo alle differenze sui ratei maturati precedenti il triennio dalla domanda giudiziale’.
P.Q.M.
La  Corte,  accoglie  il  ricorso  per  quanto  di  ragione;  cassa  la  sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione, la quale deciderà la causa nel merito, anche in ordine alle spese di legittimità.
Così  deciso  in  Roma,  nella  camera  di  consiglio  della  IV  Sezione  Civile,  l’8 ottobre 2025.
La Presidente NOME COGNOME